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Palazzo Capponi nel XVIII secolo

Nel documento Palazzo Capponi (pagine 80-131)

Palazzo Capponi nel

XVIII

secolo

deva di eseguire scavi “nel giardinetto e cantine del signor marchese Capponi posto nella strada di Ripetta verso il Popolo” con l’obbligo, qualora fossero rinvenute “in detta cava marmi, statue, colonne, stucchi, pitture et ogni altra sorte d’antichità” di darne notizia, secondo la nor-mativa vigente, alle preposte autorità8.

Se le acquisizioni di manufatti ed opere d’arte da parte del marchese avevano, certamente, una prima ragion d’es-sere nella consuetudine delle famiglie patrizie – tra cui quella Capponi era annoverata già dal secolo precedente – di formarsi una collezione d’arte, che fosse motivo di prestigio sociale e culturale per la casata, la passione per gli studi antiquari trasse notevole impulso e si radicò fra gli interessi di Alessandro Gregorio, grazie al nuovo clima culturale, proteso alla restitutio della Roma antica, promosso da Clemente XIAlbani (-) nel corso del suo pontificato. In quegli anni si svolse, infatti, nell’Urbe un’intensa attività di scavi patrocinati da patrizi ed anti-quari con il fine più o meno velato di reperire opere d’ar-te antica, sicché la licenza concessa al marchese Capponi, più sopra menzionata, non rappresenta, a scorrere rapida-mente il Registro della Presidenza delle Strade, un unicum neanche per la sola area di Campo Marzio e Ripetta: fra il

 e  vennero eseguiti gli scavi che riportarono alla luce la colonna di Antonino Pio, nel  fu aperta una cava sulla via Flaminia all’altezza di piazza Sciarra, nel

 si eseguirono scavi nei pressi del Torrione di Porta del Popolo, mentre nel settembre del  venne vistata una licenza di “scavare, e levare dal fiume Tevere tanto dentro che fuori di Roma...qualunque sorte di Materiale che potessimo essere dentro il medesimo Fiume, e che rendono difficile la di Lui navigazione, purché le Ripe e sponde d’esso restino illese; con condizione però che in simile operazione trovandosi dentro fiume Statue, Colon-ne, lastre, Casse, Pietre di valore, Barche affogate, Gioie, Oro, Argento monetato, e non monetato, e simil robbe, ne debbano dar subito avviso”9.

Il pontificato di Clemente XIsi caratterizzò inoltre per una serie di atti nei quali venne concretandosi una precisa politica di tutela delle antichità. Oltre ad introdurre, fra il

 e il , una legislazione in materia di beni archeolo-gici finalizzata ad impedirne l’esportazione e – potremmo dire con termine moderno – la “fuga” all’estero10, il pontefice, in ciò differenziandosi dai suoi predecessori interessati soprattutto all’accrescimento delle collezioni familiari, promosse l’acquisizione pubblica di tali beni, dapprima tentando di costituire in Vaticano un nuovo museo di antichità nel cortile del Belvedere (), e poi

attraverso la donazione di alcune opere d’arte antica al Campidoglio affinché fossero collocate nell’atrio del palazzo Nuovo (), iniziativa questa che prefigurava la nascita del primo museo pubblico romano, evento di cui sarà protagonista, poco più tardi, lo stesso marchese Capponi11.

Se gli interessi per l’antiquaria di Alessandro Gregorio nacquero in un clima culturale e politico favorevole al recupero e alla tutela delle memorie del passato, essi si alimentarono e consolidarono mediante la conoscenza di celebri antiquari ed eruditi, quali Ficoroni, Fontanini, P.L. Ghezzi e Gori (fig. ), e attraverso la frequentazione di Accademie e circoli, ossia di istituzioni di consolidato prestigio culturale e sociale nel cui ambito si svolgevano, in quell’epoca, i più qualificati dibattiti culturali, favoren-do gli scambi fra studiosi laici ed ecclesiastici nonché il reclutamento di intellettuali da parte della curia romana.

Nel corso della sua vita Alessandro Gregorio fu onorato della cooptazione in numerose Accademie, come attesta un documento dell’archivio familiare che ne riporta l’elenco: egli fu membro degli Arcadi (con il nome di Sofi-leo Cefisio), dei Quirini, dell’Accademia della Crusca ( luglio ), dell’Accademia Reale di Parigi dell’Iscrizioni e Belle Lettere, dell’Etrusca Accademia di Cortona, di quella del Disegno di Roma, dell’Istituto di Bologna e dell’Accademia dei Dissonanti di Modena ( luglio )12. Non tutti questi circoli ebbero lo stesso peso nella vita del marchese e per l’affermarsi della sua figura pubblica: se infatti l’aggregazione ad alcuni di essi o il conferimento di cariche particolari – ad esempio, la nomina di membro onorario dell’Académie des Inscriptions del  e quella a Lucumone dell’Accademia Etrusca del 13– giunsero in età matura o furono il riconoscimento datogli a posteriori per la sua costante dedizione agli studi, l’appartenenza ad una delle Accademie allora più in voga, quella dei Quiri-ni, servì da trampolino ad Alessandro per affermarsi in ambito culturale e istituzionale.

La sua partecipazione alle riunioni dell’Accademia romana si può far risalire forse già agli anni Dieci del Settecento, come sembra potersi evincere da una lettera del  agosto  inviata dal Capponi a Ludovico Antonio Muratori, anche lui Quirino, in cui il marchese riferisce di frequentarla già da lungo tempo, “per lo spazio di vent’anni (...) tutte le sere senza mancar mai”14. L’Accade-mia, voluta dal cardinal Lorenzo Corsini, futuro Clemente

XII, si era riunita per la prima volta il  gennaio del  e gli incontri avevano luogo in palazzo Pamphili a piazza Navona, nuova residenza del cardinale in Roma15; a quegli

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anni e a quelle frequentazioni risaliva, con ogni probabi-lità, la reciproca stima tra i due, legati, oltre che dalle comuni origini toscane, dal culto appassionato dei classici della letteratura toscana, di cui erano ben fornite le loro biblioteche. Ed è proprio Alessandro Gregorio che nel

, insignito intanto della carica di edile, si preoccupa, anche in onore dei Corsini, di far rivivere questa Accade-mia le cui riunioni non si tenevano da tempo.

Sotto l’influsso del marchese Capponi, la rinnovata Accademia aprì i suoi incontri, oltre che ai temi consueti di storia letteraria, agli studi sull’antichità ed incluse fra i suoi corrispondenti alcuni noti studiosi, come Gianfran-cesco Baldini fondatore dell’Accademia Etrusca di Corto-na16, Ridolfino Venuti auditore del cardinal Alessandro

Albani e futuro Commissario per le antichità di Roma17, Giovanni Gaetano Bottari fine erudito e bibliotecario presso il cardinal Neri Corsini18, e l’antiquario e mercante d’arte Pietro Forier19.

Un evento che influì in modo determinante sul cursus honorum del marchese fu l’elezione al soglio pontificio di Clemente XII Corsini, il  luglio . Da quel momento, grazie ai legami personali con Lorenzo Corsini e ad una certa notorietà nel frattempo conseguita nella cerchia degli eruditi e degli antiquari, Alessandro Gregorio iniziò a ricoprire cariche pubbliche di rilievo.

Il  ottobre del , all’età di quarantasette anni, egli fu nominato Foriere maggiore dei palazzi apostolici e ottenne la dignità di cameriere segreto connessa a tale titolo20. L’incarico, conferitogli per la personale fiducia di cui godeva presso il Corsini, consisteva tra l’altro nel so-vrintendere alle fabbriche, acque e suppellettili del Palaz-zo, e comportava una frequentazione quasi quotidiana e diretta col pontefice, che portò il Capponi ad assumere il ruolo di suo consigliere personale per quel che atteneva alle questioni archeologiche ed antiquarie.

Un primo ufficiale riconoscimento delle competenze assunte dal Capponi in tale ambito giunse nell’autunno del 21, allorché le Autorità Capitoline gli affidarono, assieme al marchese Girolamo Theodoli, il compito di provvedere al “Ristauramento dell’Antico Arco di Co-stantino Magno vicino al Colosseo”22. L’intervento con-servativo, scrupolosamente riportato nelle sue diverse fasi da Alessandro in alcune note manoscritte e nella Memoria23presentata ai Conservatori di Roma a lavori ultimati, nel giugno del , fu compiuto dall’architetto Filippo Barigioni e dallo scultore Pietro Bracci, e consi-stette principalmente nel rifacimento di alcune parti del-l’ornamentazione scultorea. Bracci, come è noto, eseguì una serie di restauri integrativi sia delle lastre scolpite a bassorilievo che delle statue di barbari a figura intera;

nelle prime furono scolpite le teste dell’imperatore, di alcuni soldati e donne; le statue furono completate delle braccia, delle mani e della testa, mentre una delle figure isolate (quella “che manca nella facciata dell’Arco di Costantino verso S. Gregorio”) fu rifatta integralmente in marmo acquistato da tal G.B. Vacca, “Mercante di Marmi in Massa di Carrara”24. Dal chirografo di Cle-mente XIIdel  agosto del  si apprende che la som-ma stanziata per tale lavoro, di circa  scudi, non fu interamente spesa e che  scudi residui servirono a pagare il “trasporto e la collocazione rispettivamente nel nostro Palazzo di Campidoglio, delle statue vendute dal

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. Pier Leone Ghezzi, Caricatura del marchese Alessandro Gregorio Capponi.

Biblioteca Apostolica Vaticana, Vaticano, Ms. Ottob.lat., c. r.

Reverendissimo Card. Alessandro Albani”25.

Negli stessi anni in cui coordinava l’intervento di restauro dell’arco di Costantino, il marchese Capponi si era infatti adoperato presso il pontefice per l’acquisto della prestigiosa collezione di sculture che il cardinale Alessandro Albani aveva formato nel corso del ventennio precedente e che ora, per far fronte a sopraggiunte diffi-coltà finanziarie, veniva posta in vendita. L’operazione, conclusasi con successo il  dicembre del , portò Alessandro Gregorio, per le sue risapute qualità di cono-scitore ed esperto d’arte antica, a ricoprire un nuovo e ancor più prestigioso incarico: il  dicembre del  fu dal papa nominato, a vita, Presidente antiquario del neocostituito Museo Capitolino26.

Nella fase di transizione dal collezionismo privato al museo pubblico la costituzione dei Capitolini segna certa-mente una tappa fondamentale, e il marchese Alessandro Gregorio Capponi vi ebbe un ruolo determinante. Dalla lettura dei documenti che descrivono le vicende dell’ac-quisto della collezione Albani appare in modo evidente che l’operazione fu da subito concepita in raccordo alla formazione di una raccolta pubblica di antichità insediata in Campidoglio, ed è altrettanto certo che fu proprio il Capponi ad aver chiare, di tale iniziativa, le implicazioni di ordine conservativo e connesse alla divulgazione della cultura27. “Acquistare e collocare in Campidoglio una raccolta di statue e di iscrizioni” come quella – riteneva il Capponi – avrebbe consentito di far rimanere a Roma un’importante collezione evitandone la dispersione all’e-stero, come era già accaduto per “quella di Bracciano, colla quadreria andata in Spagna che già fu della regina di Svezia e quella di casa Chigi andata in Polonia”28. L’aspet-to maggiormente innovativo di questa sensibilità che animava il marchese verso la conservazione delle cose d’arte è però da cogliersi non tanto nella sua preoccupa-zione di mantenere la collepreoccupa-zione intatta e custodita nell’Urbe, quanto piuttosto nel proposito di affidarne la tutela ad una pubblica istituzione con finalità di promo-zione e di divulgapromo-zione culturale: “che restino conservate e rese pubbliche le opere più segnalate degli Antichi Arte-fici (...) quali tanto conferiscono a promuover la Magnifi-cenza e lo splendor di Roma appresso alle Nazioni stra-niere; come pure mirabilmente contribuiscono a coltivar l’esercizio e l’avanzamento della Gioventù studiosa dell’Arti Liberali”29.

In qualità di Presidente, Alessandro Gregorio fu incari-cato di scegliere le sale capitoline destinate ad accogliere la collezione, e di sovrintendere al suo trasporto ed

allesti-mento, operazioni nelle quali il marchese si fece assistere da antiquari e maestranze di sua fiducia.

Le sale dell’appartamento del palazzo Nuovo furono individuate come sede adeguata; i lavori di trasformazione e gli adattamenti necessari alla loro nuova destinazione furono affidati dal marchese all’architetto Filippo Barigio-ni30, già sperimentato nel restauro dell’arco di Costantino, e al suo “primo giovane, mastro Pavolo de Rossi”, nonché al pittore Giuseppe Zannini e allo scalpellino Pietro Blasi, già noti al Capponi per aver eseguito alcuni interventi di ristrutturazione all’interno della sua residenza di via di Ripetta31. Le opere furono sottoposte a restauri, prima di essere traslocate, e l’incarico fu assegnato a Carlo Antonio Napoleoni, noto scultore e mercante d’arte32, al quale più volte il marchese si era rivolto negli anni precedenti per l’acquisto, la stima e il restauro di opere della sua collezio-ne privata33.

Gli antiquari Francesco Ficoroni e Francesco Palazzi34 assistettero, invece, il marchese nella sistemazione delle opere, e nella definizione di criteri espositivi che, come già messo in luce dagli studiosi35, rispecchiavano l’intento didattico e divulgativo ed erano di tenore perlopiù illu-strativo e storico-documentario. L’allestimento delle opere era, pertanto, scandito da raggruppamenti tipologi-ci e tematitipologi-ci e, mentre nella parte alta delle pareti erano murate le iscrizioni antiche, quella inferiore era “cinta intorno da una nobile gradinata a tre ordini di fino marmo bianco”36, su cui erano collocate le statue, i busti e le teste. Sia le iscrizioni che le statue erano, inoltre, dispo-ste in modo omogeneo: se le prime erano raccolte in base alla provenienza (come quelle esposte nella Galleria, tutte provenienti dal Colombario di Livia), o in base al conte-nuto (come quelle contenenti titolature imperiali e conso-lari esposte nella Stanza prima), o al carattere sacro, istitu-zionale, militare e professionale (concentrate nella Stanza seconda assieme ad una piccola raccolta di bolli laterizi), le sculture erano raggruppate in base al soggetto raffigu-rato, a seconda che si trattasse di ritratti di imperatori ed imperatrici, di busti di filosofi o di oratori. La stessa disposizione lungo le pareti era tale da suggerire al visita-tore un esame sobrio delle opere, offerte alla vista in ordi-ne razionale, ed un percorso di valenza didattica, da seguire da sinistra verso destra per poi proseguire nella sala successiva.

Negli anni a seguire, l’attività di Alessandro Gregorio si concentrò sempre più sugli studi antiquari, condotti sia nella sua veste di Presidente del Museo Capitolino che privatamente, allo scopo di ampliare la raccolta privata.

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Durante la presidenza del Capponi il Museo si arricchì di molti pezzi di rilievo, provenienti da scavi o da raccolte patrizie; fra le opere reperibili sul mercato antiquario, il marchese selezionò quelle che, per qualità, potevano considerarsi confacenti alla dignità scientifica della sede cui erano destinate; opere che fossero rilevanti non sola-mente sotto il profilo artistico, bensì anche storico e documentario, ed idonee perciò a connotare il Museo quale luogo deputato alla conoscenza e allo studio dell’antico37. Conformemente ai criteri così delineati entrarono a far parte del Museo il Gladiatore Ludovisi e il Gladiatore ferito, l’Apollo citaredo pervenuto dallo studio di C. Napoleoni, la statua colossale del Pirro, proprietà avita di casa Massimo, il gruppo di Ercole in lotta con l’Idra di Lerna ed altre sculture di Casa Verospi, il

Fanciul-lo con l’oca rinvenuta nelFanciul-lo scavo per la realizzazione della strada che doveva collegare S. Giovanni in Laterano alla chiesa di S. Croce in Gerusalemme, il Bassorilievo con iscrizione palmirena proveniente dalla villa Giustiniani a S.

Giovanni38. Fra il  e il  il Capponi volle inserire fra le opere del Capitolino anche un altorilievo raffigurante un “Archigallo” ritrovato nella Vigna dei Canonici di Lanuvio, e tutta l’operazione fu illustrata in una pubblica-zione curata da Domenico Giorgi, Interpretatio Veteris Monumenti, corredata da un’incisione dell’opera eseguita dal Frezza su disegno del Campiglia39(figg. , ). Nel 

vennero acquisiti i frammenti marmorei dell’antica Forma Urbis40, recuperati in Palazzo Farnese dove giacevano da anni in completo abbandono, e un grande vaso di metallo ritrovato al Porto di Anzio sul quale “vi era la iscrizione

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. Domenico Giorgi, Interpretatio veteris monumenti,, Frontespizio.

Roma, Biblioteca della Camera dei Deputati, Fondo Kissner

. Domenico Giorgi, Interpretatio veteris monumenti,

, Immagine raffigurante l’Archigallo.

Roma, Biblioteca della Camera dei Deputati, Fondo Kissner

greca di Mitridate re di Ponto”, che lo stesso pontefice Benedetto XIV inviò al Capponi perché “io lo ponga in Campidoglio colle altre cose”41.

In questi anni il museo si arricchì anche di alcune opere provenienti dalla collezione privata del marchese e da lui destinate al Capitolino: una lastra di marmo scolpita, collocata sul pavimento dell’atrio del museo – come segnala la guida del Lucatelli42 – e raffigurante “l’Istro-menti architettonici antichi con il Piede Geometrico”43 (fig. ); e la statua in marmo rosso antico raffigurante un Fauno, riportata alla sua interezza da un importante inter-vento di restauro, – che ebbe luogo nel palazzo di via di Ripetta – eseguito da Clemente Bianchi e Bartolomeo Cavaceppi, i quali, sotto la supervisione dello stesso marchese e di esperti da lui incaricati (i pittori Pannini, Campiglia, Costanzi e lo scultore Slodtz), collazionarono insieme le diverse parti della scultura provenienti dalla collezione Capponi e Furietti44.

Alessandro Gregorio seguì con grande attenzione, inol-tre, l’attività delle cave archeologiche, da cui potevano trarsi nuove opere per il Capitolino, ma anche qualche reperto per la sua privata collezione: vigilò sulla cava nella Vigna Cicolini presso la catacomba dei SS. Pietro e Marcellino45e sul ritrovamento di un colombario nella villa del marchese Magnani di Bologna nel , sulla cava di A. Santarelli al Circo Massimo, su quelle di S. Giovanni a Porta Latina e presso S. Sisto vecchio, fra il  e il ;

nella decade successiva – fra il  e il  – fece esegui-re egli stesso degli scavi nella sua vigna fuori Porta del Popolo, da cui trasse diverso materiale che fece collocare nel cortile del palazzo in via di Ripetta46.

Nel contempo, diverse operazioni di scavo furono avviate dal marchese per volontà dello stesso Clemente

XII, anche se non sempre con l’obiettivo di un’indagine propriamente archeologica. Anche nella Roma di Clemen-te Corsini, come già era accaduto nei secoli precedenti e in ultimo persino nel corso del pontificato di Clemente

XI47, molte cave venivano aperte con lo scopo di procurar-si materiali da costruzione. Fra il  e il  Alessandro Gregorio, “per la singolare cognizione che hà dell’anti-co”, fu incaricato dal pontefice della “direzione” e “so-printendenza” di nuovi scavi archeologici da aprirsi “ne’

luoghi di Roma che stimerà propri”, il cui scopo era prin-cipalmente quello di ricavarne materiali di pregio ad uso delle fabbriche pontificie: “Volendo la Santità di Nostro Signore che si faccino quelle cave di sassi, marmi e di ogni altro materiale, che occorvino, e possino in avvenire occorrere per servigio della Santità Sua”48. Fra gli scavi

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. G. Lucatelli Museo Capitolino o sia descrizione delle Statue, Busti, Bassorilievi (…), , Iscrizione che ricorda la donazione di un bassorilievo da parte di Alessandro Gregorio Capponi al Museo Capitolino.

Roma, Biblioteca della Camera dei Deputati, Fondo Kissner

. Giovanni Marangoni, Memorie sacre e profane dell’Anfiteatro Flavio (…),, Frontespizio con dedica al marchese Alessandro Gregorio Capponi.

Roma, Biblioteca della Camera dei Deputati, Fondo Kissner

avviati in quel torno d’anni, ve ne è uno documentato nella proprietà del Signor Calzoletti presso Isola Farnese, affidato al “capo mastro cavatore” Domenico Ergeret, che è seguito con particolare cura anche dal cardinal nepote Neri Corsini49. Nell’ambito di questi lavori potevano facil-mente emergere anche opere di un certo interesse artisti-co, come accadde nel  nel corso dello scavo presso i padri Olivetani, “dove io A.G.C. cavai già otto anni per la S. M.a di Clemente XIIe trovai quella Venere che ora sta nella Galleria Corsini con altri marmi”50; o nel marzo del

, “nello scavare a S. Giovanni Laterano nel sito dove si fabbrica adesso la Cappella che N.S. Papa Clemente XII

fà fare di pianta in onore di S. Andrea Corsini, dove già fu il Palazzo di Laterano la Casa di Marco Aurelio Imperato-re”, dove venne rinvenuta la “sedia di marmo con bassori-lievi”, identificabile con il seggio romano ancora oggi posto nel Museo Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Corsini, nella sala detta “del trono”. L’opera, ritenuta subito di grande valore, fu fatta riprodurre in disegno dal pittore Nugarini, allievo del Masucci, ed una copia più piccola dello stesso fu inviata dal Capponi “a Parigi all’Accademia Reale delle Iscrizioni e belle lettere a Monsieur de Boze Segretario di quell’Accademia”51.

All’inizio del  un colpo apoplettico compromise la salute del marchese Capponi: “Comincio male questa mia

All’inizio del  un colpo apoplettico compromise la salute del marchese Capponi: “Comincio male questa mia

Nel documento Palazzo Capponi (pagine 80-131)