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L’incidenza della sentenza a Sezioni Unite n. 24772 del 2008 in tema di mandato senza rappresentanza

LA STRUTTURA DELL’OPERAZIONE ECONOMICA E LA CONNESSA QUESTIONE DELLA TUTELA DEL LESSEE

2. Inadempimento del fornitore del bene: la controversa ammissibilità di una tutela diretta a favore del lessee

2.2 L’incidenza della sentenza a Sezioni Unite n. 24772 del 2008 in tema di mandato senza rappresentanza

L’excursus del percorso seguito dalla giurisprudenza al fine di riconoscere una tutela diretta all’utilizzatore avverso il fornitore inadempiente ha evidenziato che l’intero impianto teorico si fonda sulla peculiare interpretazione attribuita all’art. 1705 c.c. (con particolare riguardo al secondo comma): la portata applicativa della disposizione è stata estesa alle azioni processuali relative ai diritti di credito derivanti dal rapporto di mandato, seppur con le dovute cautele e limitazioni. Tale interpretazione dell’art. 1705 c.c. costituisce la “pietra angolare” che regge l’intera costruzione argomentativa congegnata dai giudici della Corte di Cassazione; non deve sorprendere, allora, che l’innovativa pronuncia resa a Sezioni Unite nel 2008 59 proprio in tema di mandato senza rappresentanza – pur non avendo quale specifico oggetto d’indagine la locazione finanziaria né la connessa questione della tutela dell’utilizzatore – abbia profondamente inciso sulla posizione cui si era assestata la giurisprudenza.

L’intervento delle Sezioni Unite sul tema si era reso necessario alla luce del rilevato contrasto giurisprudenziale fra due distinti orientamenti interpretativi relativi all’ambito operativo dell’art. 1705 c.c., questione dalla quale discendevano risvolti pratici di estrema rilevanza sotto il profilo dei poteri riconosciuti al mandante.

La sentenza in commento procede, in primis, ad una accurata disamina dei differenti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali formatisi sul tema: un primo

58 Si pensi, a tal proposito, agli artt. 1705, comma 2 e 1706, comma 1, c.c.

59 Cfr. Cass. civ., sez. un., 8 ottobre 2008, n. 24772, Il Corriere Giuridico, fasc. 5, 2009, pp. 691 ss. con note di MAFFEIS D. e DE GIORGI D.

filone60, più rigoroso, interpretava la disposizione di cui al secondo comma dell’art.

1705 c.c. quale norma di carattere eccezionale rispetto alla previsione generale contenuta al primo comma – secondo la quale «Il mandatario che agisce in proprio nome acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato». La dottrina ne aveva dedotto che il mandante avesse il potere di sostituirsi al mandatario nell’esercizio dei soli diritti di credito di natura sostanziale derivanti dall’esecuzione del mandato con esclusione, dunque, delle relative azioni contrattuali esperibili contro il terzo contraente. Antitetica era la posizione di altra parte della giurisprudenza61, definita minoritaria dalle Sezioni Unite, secondo la quale il mandante era legittimato ad agire direttamente in giudizio – esercitando dunque tutte le azioni scaturenti dal contratto di mandato – per la tutela dei diritti di credito spettanti al mandatario e nascenti dall’esecuzione del contratto stesso, quale naturale conseguenza del suo potere di subingresso nella posizione sostanziale.

Esaurita la ricognizione degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali sulla controversa portata della disposizione de qua, mediante una lettura sistematica delle norme codicistiche in tema di contratto di mandato le Sezioni Unite giungono alla conclusione che l’art. 1705 c.c. costituisca, in realtà, regola di carattere generale rispetto ad altre previsioni – quali l’art. 1706, comma 1, c.c. che concede al mandante l’esercizio dell’azione di rivendica sui beni mobili acquistati dal mandatario e l’art.

1707, prima parte, c.c. – che conferiscono al mandante, in via del tutto eccezionale, una diretta reclamabilità del diritto sul piano processuale. A tal proposito, i giudici argomentano: «Queste regole operazionali, tanto sostanziali quanto processuali, nel porsi come eccezioni rispetto alla disciplina generale del mandato, sono pertanto di

60 Cfr. Cass. civ., 5 novembre 1998, n. 11118; Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2005, n. 1312; Cass. civ., 25 agosto 2006, n. 18512 e Cass. civ., sez. III, 8 giugno 2007, n. 13375. Nella prima delle citate pronunce si argomenta che «la disposizione del comma 2 prima parte dell’art. 1705 c.c., introduce, per ragioni di tutela dell’interesse del mandante, una eccezione al fondamentale principio di cui sopra enunciato nel comma 1 dell’articolo […]. La natura eccezionale della norma, le finalità di tutela del mandante, l’inequivocità della espressione “diritti di credito derivanti dall’esercizio del mandato”

inducono ad escludere, al di fuori dell’azione diretta al soddisfacimento di detti crediti, che il mandante possa esperire contro il terzo le azioni da contratto […]».

61 Cfr. Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2006, n. 17145 e Cass. civ., sez. III, 10 giugno 2004, n. 11014. Nella seconda delle citate pronunce i giudici affermano che «[…] il mandante, per ragioni di tutela del suo interesse, può sempre agire direttamente per il soddisfacimento del credito, anche se trattasi di credito derivante da un contratto stipulato dal mandatario senza rappresentanza».

stretta interpretazione, e non consentono alcuna integrazione di tipo analogico, né possono, nella specie, essere interpretate estensivamente, nella già rilevata ottica della tutela della posizione del terzo contraente. L’espressione “diritti di credito” di cui all’art. 1705 c.c., comma 2, va, pertanto, rigorosamente circoscritta all’esercizio (fisiologico) dei diritti sostanziali acquistati dal mandatario, con conseguente esclusione delle azioni poste a loro tutela (annullamento, risoluzione, rescissione, risarcimento)». Deve pertanto escludersi che il mandatario possa cedere la sua posizione contrattuale al mandante senza il consenso del contraente-terzo ceduto.

Non è sfuggito ai primi commentatori che una siffatta presa di posizione da parte delle Sezioni Unite fosse idonea a minare le fondamenta, faticosamente costruite dalla giurisprudenza, della legittimazione dell’utilizzatore ad agire in giudizio avverso il fornitore inadempiente: l’esperibilità di azioni dirette trovava infatti fondamento esclusivo nella interpretazione estensiva dell’art. 1705, comma 2, c.c.

In questo quadro di rinnovato timore per l’esistenza di possibili “zone franche”

dell’ordinamento si inscrive l’ordinanza della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione62, la quale ha esortato un nuovo intervento chiarificatore delle Sezioni Unite sul fondamento giuridico della proponibilità di azioni dirette da parte del lessee.

Nell’ordinanza di rimessione i giudici rilevano che, benché la pronuncia resa nel 2008 dalle Sezioni Unite non si fosse pronunciata direttamente sul tema della locazione finanziaria, l’incidenza del principio di diritto ivi enunciato imponeva un ripensamento dell’iter logico-argomentativo sul quale si era basata, fino a quel momento, la configurabilità di un meccanismo di tutela diretta dell’utilizzatore. La preoccupazione dei giudici si appunta, in particolare, sulla circostanza che la ricostruzione della struttura del leasing finanziario in termini di contratto unitario plurilaterale era ormai abbandonata dalla (quasi) unanime giurisprudenza di legittimità, la quale, viceversa, aveva abbracciato la tesi del collegamento negoziale – e le connesse difficoltà in merito alla configurabilità di un’azione diretta da parte del lessee.

A parere della Terza Sezione, le peculiarità proprie della locazione finanziaria richiedevano un intervento chiarificatore ad hoc, non risultando convincente un’applicazione tout court del principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite nel 2008 – la cui ratio era insita nell’esigenza di salvaguardare l’interesse dei terzi che, ignari

62 Cfr. Cass. civ., sez. III, ord. 4 agosto 2014, n. 17597.

del sottostante rapporto di mandato, avessero stipulato un negozio con il mandatario.

Un tale bisogno di tutela non si pone con la medesima intensità nel caso dell’utilizzatore ovvero del fornitore, i quali non scontano un “deficit” informativo rispetto all’operazione di financial leasing.

2.3 L’arresto giurisprudenziale sul tema operato dalle Sezioni Unite con la

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