LEASING FINANZIARIO: PROFILI QUALIFICATORI DELLA FATTISPECIE
5. Le sorti del contratto di leasing finanziario a seguito della dichiarazione di fallimento
La dibattuta qualificazione giuridica del contratto di financial leasing ha parimenti influenzato l’annoso problema relativo alla sorte del negozio in conseguenza della dichiarazione di fallimento della società concedente e del soggetto utilizzatore90. L’incertezza sul punto, alimentata da un intenso dibattito dottrinale e giurisprudenziale, ha indotto il legislatore a riorganizzare la materia con una serie di interventi legislativi, culminati nell’adozione, tra il 2006 e il 2007, di provvedimenti normativi particolarmente rilevanti in tema di fallimento dell’utilizzatore.
Il regime giuridico applicabile alle ipotesi di dichiarazione di fallimento del lessee risultava di difficile individuazione a causa della bipartizione, consolidatasi in giurisprudenza, tra leasing c.d. “di godimento” e leasing c.d. “traslativo”. La prima delle fattispecie richiamate (leasing c.d. “di godimento”) veniva ricondotta nell’ambito applicativo dell’art. 80, comma 2, l. fall.91in tema di locazione immobiliare: la norma,
90 Cfr. SERRA M., Il contratto di leasing, cit., pp. 74 ss.; ALBANESE M.,ZEROLI A., Leasing e factoring, Milano, 2012, pp. 108 ss.
91 Art. 80, comma 2, l. fall: «Qualora la durata del contratto sia complessivamente superiore a quattro anni dalla dichiarazione di fallimento, il curatore ha, entro un anno dalla dichiarazione di fallimento, la facoltà di recedere dal contratto corrispondendo al conduttore un equo indennizzo per l’anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. Il recesso ha effetto decorsi quattro anni dalla dichiarazione di fallimento».
fatte salve le ipotesi nelle quali il curatore opta per il recesso dal contratto – entro un anno dalla dichiarazione di fallimento e previo versamento di un equo indennizzo – prevede che il contratto prosegua automaticamente fra le parti. A contrario, al leasing c.d. “traslativo” (assimilato alla vendita a rate con riserva di proprietà) veniva estesa la disciplina di cui all’art. 73, comma 1, l. fall.92, ai sensi del quale è rimessa al curatore la scelta fra la prosecuzione del contratto ovvero la sua risoluzione. La qualificazione del contratto in termini di leasing “di godimento” ovvero “traslativo” non condizionava, invece, la facoltà dell’utilizzatore-fallito di esercitare il diritto di opzione sull’acquisto del bene.
Il quadro normativo muta radicalmente a seguito della riforma operata dal legislatore con il d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (poi modificato dall’art. 4, d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169), il cui art. 59 novella la legge fallimentare introducendovi l’art.
72 quater93 rubricato «locazione finanziaria». La disposizione de qua detta una disciplina unitaria del fallimento per tutti i contratti di locazione finanziaria, in aperto contrasto con l’orientamento (allora) dominante della giurisprudenza della Corte di Cassazione: parte (minoritaria) della dottrina, auspicando un’applicazione di carattere sistematico della disciplina fallimentare, ha ritenuto di estenderla in via analogica alle ipotesi di risoluzione del contratto di leasing finanziario per inadempimento
92 Art. 73, comma 1, l. fall: «Nella vendita con riserva di proprietà, in caso di fallimento del compratore, se il prezzo deve essere pagato a termine o a rate, il curatore può subentrare nel contratto con l’autorizzazione del comitato dei creditori; il venditore può chiedere cauzione a meno che il curatore paghi immediatamente il prezzo con lo sconto dell’interesse legale. Qualora il curatore si sciolga dal contratto, il venditore deve restituire le rate di prezzo già riscosse, salvo il diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa».
93 Art. 72 quater, l. fall.: «Al contratto di locazione finanziaria si applica, in caso di fallimento dell’utilizzatore, l’articolo 72. Se è disposto l’esercizio provvisorio dell’impresa il contratto continua ad avere esecuzione salvo che il curatore dichiari di volersi sciogliere dal contratto.
In caso di scioglimento del contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso avvenute a valori di mercato rispetto al credito residuo in linea capitale;
per le somme già riscosse si applica l’articolo 67, terzo comma, lettera a).
Il concedente ha diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza fra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene.
In caso di fallimento delle società autorizzate alla concessione di finanziamenti sotto forma di locazione finanziaria, il contratto prosegue; l’utilizzatore conserva la facoltà di acquistare, alla scadenza del contratto, la proprietà del bene, previo pagamento dei canoni e del prezzo pattuito».
dell’utilizzatore94 – ricostruzione peraltro convintamente smentita dalla giurisprudenza prevalente della Corte di Cassazione95 la quale, sottolineando la difformità sostanziale tra la fattispecie di fallimento e quella di risoluzione del contratto per inadempimento, ha escluso l’estensibilità in via analogica della normativa fallimentare a tale ultima ipotesi, stante la diversità di ratio che le ispira.
L’art. 72 quater l. fall., attraverso il richiamo all’art. 72 di cui al comma 1, dispone l’automatica sospensione del contratto di locazione finanziaria in attesa della decisione del curatore (considerato terzo rispetto al fallito) circa la prosecuzione ovvero lo scioglimento dello stesso; in deroga alla regola generale, la sospensione ipso iure del contratto non opera qualora sia disposto l’esercizio provvisorio dell’impresa, salvo che il curatore decida diversamente – la ratio eccezione si fonda sulla natura del bene oggetto del contratto di leasing, solitamente strumentale allo svolgimento dell’attività imprenditoriale.
Qualora il curatore opti per lo scioglimento del contratto, la società concedente non sarà tenuta a restituire i canoni riscossi in data anteriore alla dichiarazione di fallimento dell’utilizzatore – in conformità a quanto disposto dall’art. 67, comma 3, lettera a), espressamente richiamato dall’art. 72 quater, comma 2 – ed avrà inoltre diritto alla restituzione del bene (purché il contratto di locazione finanziaria abbia data certa anteriore rispetto alla dichiarazione di fallimento e risulti, di conseguenza,
94 Cfr. LA TORRE M.R., Il leasing finanziario nel fallimento ed il nuovo art. 72 quater l. fall., in Il fallimento, 3, 2008, pp. 292 ss., il quale scrive: «[…] l’introduzione di una norma di diritto positivo che prevede una dettagliata disciplina delle sorti della locazione finanziaria in caso di fallimento delle parti sovverte i termini finora utilizzati per la determinazione della causa di questo contratto; pertanto, se pur ciò non è ancora sufficiente a farne mutare la natura da contratto atipico a tipico, comunque, rappresenta un elemento imprescindibile per la sua qualificazione, poiché la natura giuridica della locazione finanziaria non potrà più essere individuata sulla base di presunte analogie con una determinata fattispecie tipica, quale la vendita con riserva di proprietà, la locazione o il mutuo, come finora avvenuto; ma dovrà necessariamente scaturire dalla peculiare disciplina positiva esistente nell’ordinamento giuridico ed essere coerente a questa. […] oggi nel caso della risoluzione della locazione finanziaria a seguito dell’inadempimento dell’utilizzatore l’individuazione della disciplina applicabile sulla base delle “disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe” non può che essere risolta attraverso i principi che si ricavano dall’art. 72 quater della legge fallimentare […].
L’introduzione di una disciplina speciale in sede fallimentare quale rapporto giuridico pendente, che ha sancito, sul piano normativo, una sua qualificazione come contratto di durata con causa di finanziamento, assume necessariamente una rilevanza qualificante anche sul piano sistematico e del diritto sostanziale […]».
95 Ex multis, cfr. Cass. civ., 29 aprile 2015, n. 8687; Cass. civ., 17 aprile 2019, n 10733; Cass. civ., ord.
12 febbraio 2019, n. 3965.
opponibile ai terzi ex art. 2704 c.c.). Il richiamo dell’art. 67, comma 3, lettera a), l. fall.
sottrae ad una eventuale azione revocatoria da parte dei creditori dell’utilizzatore i canoni già versati alla società concedente: la ratio della previsione risiede nel tenere indenne l’intermediario finanziario dal rischio connesso ad un eventuale fallimento del lessee, offrendo al contempo maggiori garanzie circa il recupero dell’investimento effettuato.
Tuttavia, a garanzia della par condicio creditorum, il secondo comma dell’art.
72 quater prevede che, qualora il ricavato della vendita (avvenuta ai valori di mercato) superi il «credito residuo in linea capitale» vantato dalla società concedente, tale somma dovrà essere versata alla curatela; per la differenza tra il “credito vantato alla data del fallimento” e il ricavato della vendita, la società di leasing avrà invece diritto ad insinuarsi nel passivo in concorso con gli altri creditori. Vi è, dunque, una differenza sostanziale tra “credito residuo in linea capitale” e “credito vantato alla data del fallimento”96: il primo è un credito parziale e comprende la quota capitale dei canoni scaduti rimasti insoluti a far data dalla dichiarazione di fallimento dell’utilizzatore, cui si deve aggiungere il prezzo di opzione sul bene. Il diritto della concedente ad ottenere piena soddisfazione del “credito residuo in linea capitale” le consente perciò di recuperare unicamente la somma investita per l’acquisto della res, al netto degli interessi. Il “credito vantato alla data del fallimento”, invece, ricomprende tanto l’eventuale credito in linea capitale rimasto insoddisfatto – qualora la vendita a valori di mercato non sia stata pienamente satisfattiva – quanto della remunerazione del capitale impiegato, ovverosia degli interessi sui canoni periodici insoluti e gli interessi di mora.
Qualora, in seguito alla dichiarazione di fallimento, il curatore ritenga di proseguire il rapporto contrattuale, troverà applicazione l’art. 74 della l. fall. in tema di «contratti ad esecuzione continuata o periodica», ai sensi del quale «Se il curatore subentra in un contratto ad esecuzione continuata o periodica deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute o dei servizi già erogati».
La normativa fallimentare è stata fatta salva dall’art. 1, comma 140, della Legge Concorrenza del 2017, ai sensi del quale «Restano ferme le previsioni di cui
96 Cfr. LA TORRE M.R., Il leasing finanziario nel fallimento ed il nuovo art. 72 quater l. fall, cit., p. 293.
all’articolo 72-quater del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267»: il regime giuridico del fallimento del soggetto utilizzatore rimane, dunque, invariato.
In relazione alle ipotesi di fallimento della società di leasing, la prevalente dottrina aveva sostenuto che il rapporto contrattuale proseguisse automaticamente, sulla scorta della previsione di cui all’art. 73, comma 2, l. fall. – richiamato da quanti riconducevano il financial leasing al contratto di vendita a rate con riserva di proprietà – ovvero dell’art. 80, comma 1, l. fall. – dettato in tema di locazione di immobili. Una tesi alternativa (rimasta tuttavia isolata) proponeva, con riguardo alle ipotesi di fallimento della società concedente, una soluzione analoga a quella adottata dall’art.
72 quater: l’alternativa tra lo scioglimento ovvero la prosecuzione del contratto era ritenuta di competenza esclusiva del curatore, al fine di garantire appieno l’interesse della massa dei creditori.
Sul punto è intervenuto il legislatore dapprima con il d.l. 24 dicembre 2003, n.
354 (Disposizioni urgenti per il funzionamento dei tribunali delle acque, nonché interventi per l’amministrazione della giustizia, convertito con legge 26 febbraio 2004, n. 45): l’art. 7 dispone che «La sottoposizione a procedura concorsuale delle società autorizzate alla concessione di finanziamenti sotto forma di locazione finanziaria non è causa di scioglimento dei contratti di locazione finanziaria […]»; l’utilizzatore, inoltre, mantiene la facoltà di acquistare il bene alla scadenza del contratto esercitando il diritto di opzione e versando il prezzo pattuito. La previsione in esame è stata poi riprodotta, con analogo contenuto, nell’art. 72 quater, comma 4, l. fall. e da ultimo confermata dall’art. 1, comma 140, della Legge Concorrenza del 2017. Nonostante la norma de qua richiami espressamente il solo art. 72 quater l. fall. – «Restano ferme le previsioni di cui all’articolo 72-quater del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 […]»
–, non v’è ragione di dubitare che trovi applicazione alla locazione finanziaria la normativa fallimentare nel suo complesso considerata, con eccezione delle sole disposizioni incompatibili con la Legge Concorrenza del 201797.
Un’ultima ipotesi, non espressamente disciplinata dalla normativa fallimentare, attiene all’eventualità che sia il fornitore del bene a versare in stato di insolvenza: in tal caso, il contratto di compravendita concluso da quest’ultimo con la società di leasing potrebbe essere oggetto di una revocatoria fallimentare attivata dal
97 Sul punto cfr. BONFATTI S., Il leasing è legge, cit., p. 10.
curatore della procedura. La prevalente dottrina ritiene che il rischio del vittorioso esperimento dell’azione de qua gravi sull’utilizzatore, in considerazione del fatto la scelta del fornitore è effettuata personalmente dal lessee; quest’ultimo non sarà, di conseguenza, liberato dall’obbligo di versare i canoni alla società concedente, ma potrà eventualmente insinuarsi nel passivo del fallimento per soddisfarsi rispetto a tali somme98.
98 Cfr. FOTI S., Leasing finanziario e tutela dell’utilizzatore: profili evolutivi nella transizione dalla prassi al tipo, cit., pp. 354 ss.