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L’inizio del film, fornendo le principali informazioni riguardo la storia, costruisce una sorta di ponte, di collegamento, tra i destinatari (costituiti dal pubblico di spettatori) e la narrazione. È proprio durante i primi minuti, per mezzo delle prime inquadrature, che il film, facendo appello ad ogni strategia, ogni mezzo e ogni tecnica, costruisce quel collegamento che coinvolge lo spettatore nella storia. L’incipit, quindi, ha la funzione di attrarre e sedurre lo spettatore e invitarlo alla visione.

Anche riguardo al mondo cinematografico, spesso si è parlato dell’incipit come di una soglia o di un ingresso da oltrepassare.

Zone liminari, di passaggio, zone che marcano l’ingresso dello spettatore nella finzione e ne accompagnano l’uscita. L’inizio e la fine del film possono rivestire un ruolo essenziale nel definire modelli narrativi e convenzioni di genere, nello stabilire strategie enunciative,

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nel regolare punti di vista e regimi del sapere, nell’individuare modelli culturali e di ricezione.66

Nel volume a cura di Valentina Innocenti e Valentina Re intitolato Limina/Le

soglie del film, troviamo un’ampia raccolta di saggi di diversi autori che

riflettono sull’inizio e la fine del film. In questa sede, ho deciso di occuparmi in particolar modo della questione dell’inizio e dell’analisi approfondita dell’incipit filmico, tralasciando, onde evitare di creare inutile confusione, ogni riflessione sui finali.

Tornando all’incipit, abbiamo appena affermato che si configura come una soglia che divide, che fa da spartiacque, tra l’interno e l’esterno, il dentro e il fuori, il visibile e il non visibile, la realtà e la finzione.

Proprio questa sua natura di “doppio” lo rende molto malleabile e adatto all’utilizzo delle più svariate forme di interpellazione che si rivolgono tutte verso un’unica direzione: quella spettatoriale.

Ai fini della nostra indagine, l’incipit è considerato come un esordio, un prologo, un’introduzione, che ha il compito di fornire al pubblico una serie di informazioni, spesso anche molto ambigue e di difficile comprensione, che vanno a preannunciare quella che sarà il tipo di storia raccontata. Possiamo paragonare l’incipit cinematografico all’ouverture dell’opera lirica. Entrambe funzionano come frammenti, contemporaneamente autonomi ma anche legati al resto dell’opera, che preparano lo spettatore a ciò che verrà in seguito. Come dicevo prima, le informazioni che l’inizio dà allo spettatore non sempre sono chiare e facilmente comprensibili; spesso anzi, è preciso volere del regista, dare solo una serie di indizi, di suggestioni e suggerimenti, molto enigmatici, misteriosi e ambigui. Questo tipo di operazione è studiata appositamente per aumentare le attese dello spettatore e allo stesso tempo

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catturare la sua attenzione e la sua curiosità, per portarlo a “incollare” gli occhi sullo schermo per vedere risolti tutti gli interrogativi che gli ha lasciato in testa l’incipit.

In questo senso l’incipit è un antefatto, una miscela di fotogrammi e musica, una sovrapposizione di stimoli visivi e sonori, che ci scorteranno verso la scoperta di un mondo ancora straniero e sconosciuto.

Parliamo ora dei limiti. Quando possiamo affermare che l’incipit è terminato e che la storia sta realmente iniziando? Quando e dove, invece, l’incipit inizia?

Queste domande ci suoneranno familiari, in quanto già abbiamo affrontato la questione della lunghezza e dei limiti dell’inizio, quando parlavamo dell’esordio in letteratura, ma vediamo come ci si comporta con il cinema. Generalmente l’inizio di un film si fa coincidere con le prime immagini che appaiono sullo schermo o con i titoli di testa, ma definire con precisione quale sia la fine della parte introduttiva non è compito facile.

Come in letteratura anche nel cinema, l’esordio può essere costituito dalla prima riga di un romanzo o dalla prima inquadratura di un film, ma può allo stesso modo presupporre un capitolo intero o un intera sequenza cinematografica, che si configurano come antefatto introduttivo. Perciò ogni incipit e ogni storia costituiscono un caso a parte e quindi non esiste una regola che impone quanto lungo deve essere l’inizio.

In ogni caso, l’importante è che, indipendentemente dalla sua lunghezza, l’incipit assolva le sue principali funzioni che sono, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, quella informativa, seduttiva, tematica e drammatica. L’incipit è luogo deputato a guidare lo spettatore dentro la finzione e fargli scoprire un mondo nuovo di cui non sa nulla; la sua funzione principale è dunque quella di coinvolgere il destinatario e prepararlo alla storia. Per

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assolvere adeguatamente alle sue funzioni ogni incipit avrà lunghezza e limiti propri.

Di qualsiasi genere sia, classico e rassicurante, esplicativo e informativo oppure spiazzante e depistante, l’incipit deve necessariamente fornire allo spettatore un quadro di ciò che lo aspetta, stabilendo dei punti di riferimento.

Detto questo, cerchiamo di capire dove si collochi la fine dell’inizio. Sembra un gioco di parole, ma è necessario definire dove termina il compito dell’incipit e inizia la storia vera e propria.

Anche se non c’è una regola precisa e se spesso i confini dell’esordio sono molto nebulosi, l’antefatto termina solitamente quando lo spettatore ha la sensazione che stia cambiando qualcosa, che qualcosa stia appunto per cominciare e che si vada verso un’altra direzione.

Se in letteratura l’incipit si conclude quando si cambia scenario, si cambiano le coordinate spazio-temporali o ci sia l’arrivo di un nuovo personaggio, anche nel cinema succede la medesima cosa. Passano gli anni, cambia la città, fa la sua comparsa un nuovo personaggio, ne muore un altro, c’è una catastrofe, un sogno, un flashback ecc, questi sono solo alcuni dei modi tramite i quali l’introduzione si spezza, si taglia, per lasciare posto al vero inizio della vicenda.

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