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Incompatibilità della tortura con lo Stato di diritto

IL RITORNO DELLA VIOLENZA NEL DIRITTO

2.3 Incompatibilità della tortura con lo Stato di diritto

A seguito delle dichiarazioni di Dershowitz molte sono state le critiche sollevate da ogni dove.

Innanzitutto è stato contestato in relazione all'utilizzo della dottrina dell'utilitarismo come fondamento dalla sua tesi. Secondo alcuni autori, l'incongruenza di fondo della logica esposta risiederebbe nel fatto che l'idea di “sicurezza” propugnata da Bentham si riferisse ad un insieme di garanzie individuali, di aspettative, di possesso, di vita degna, che ha come obiettivo la felicità e l'eliminazione della sofferenza e richiedente, perciò, sicurezza delle aspettative individuali e protezione legale dagli abusi di potere, totalmente distante da quella di Dershowitz, il quale prevede la possibilità legale di torturare un individuo138.

Ragionando esclusivamente sulle prospettive esposte dall'autore, è stato giustamente osservato139 come le obiezioni principali possano essere almeno quattro: a) come è possibile avere una ragionevole certezza che il sospettato sia effettivamente a conoscenza di informazioni utili a sventare un attacco terroristico imminente, b) e se anche fosse, come è possibile ritenere attendibili le dichiarazioni estorte tramite tortura ( sull'inutilità di questa pratica gli illuministi si sono espressi esaustivamente), c) ammettendo che siano soddisfatti entrambi i punti, come è possibile concepire che l'intervento delle autorità sia sufficientemente tempestivo ed efficace, tale da impedire il verificarsi del nefasto evento, e d) com'è possibile affermare che la

138 Di Sciullo, Massima sofferenza per il minimo numero, in Tortura di Stato, le

ferite della democrazia. A cura di Gianelli, Paternò, Roma, 2004, pag. 49.

139 Rimoli, Più sicuri o più liberi? Uso della tortura e bilanciamento tra valori, in

Tortura di Stato, le ferite della democrazia, a cura di Gianelli, Paternò, pag. 126-

legalizzazione procedurale della tortura garantisca un maggior controllo e un minor pericolo di abusi ?

La domanda che sorge spontanea è perché mai fissare il limite “più in alto”, consentendo un'applicazione della tortura in ipotesi determinate, dovrebbe assicurare maggiori garanzie in termini di legalità, quando lo stesso divieto assoluto e generalizzato sul piano internazionale e sovranazionale si è reso palesemente inefficace?140

L'idea di fondo dell'avvocato statunitense è che sia in ogni caso opportuno procedere a tortura, anche qualora ciò comporti un margine di errore, ogni qual volta vi sia la probabilità che il sospettato (già ritenuto colpevole) sia a conoscenza di informazioni utili per la sicurezza della collettività.

È la salus rei publicae ad essere in gioco. É l'ordine democratico che deve essere tutelato, a qualunque costo.

Ma << che razza di democrazia e di stato di diritto siano quelli che, per salvarsi, rinunciano ai loro fondamenti per adottare quelli del nemico che dicono di combattere141 >> ? È stato giustamente osservato142 come l'uso della violenza su un corpo e su una psiche, al fine dichiarato di tutelare altri corpi ( e la psiche collettiva), sia una sorta di paradigma della crisi delle democrazie contemporanee.

140 Ci si riferisce, ad esempio, ad episodi quali lo scandalo di Abu Ghraib (con cui si intende l'insieme di torture e sevizie fisico-psicologiche subite dai prigionieri nell'omonimo carcere iraqueno, ad opera dei militari statunitensi a seguito dell'invasione americana dell'Iraq del 2003) reso noto all'opinione pubblica attraverso le immagini mandate in onda dalla televisione Cbs il 29 aprile 2004 e coadiuvate dalle dichiarazioni di alcuni detenuti pubblicate dal Washington Post nello stesso anno. Lo scandalo spostò l'attenzione anche sulla prigione di Guantanamo a Cuba, in cui sono tutt'ora detenuti sospetti terroristi islamici. All'interno di entrambe le carceri, peraltro, i casi di tortura e sevizie riportati risultano coincidenti nelle modalità a quelle descritte all'interno del manuale Kubark (di quasi 40 anni prima) .

141 Travaglio, La tortura liberale, in L'unità, 15 agosto 2006 142 Rimoli, cit., pag. 120

La ridefinizione dell'atto attraverso il motivo non può essere giustificata143. L'informazione quando ottenuta, se ottenuta, è passata per il tramite di un processo di degradazione dell'individuo, che vede piegata la propria volontà ad opera di un soggetto agente il quale, appunto, agisce con la precisa intenzione di infliggere tale dolore. Si vuole spezzare la volontà interiore del soggetto, scindere corpo e mente, distruggendo la dignità umana. La tortura è stata paragonata ad uno stupro144: il corpo del torturatore entra a forza in quello del torturato. Nella etimologia stessa della parola “tortura” c'è “torto”, si tortura “torcendo”, non può quindi sopportare il concetto di “diritto” che è il suo opposto.

<< Assumendo il principio di legalità come regola e limite del potere, parlare di tortura legalizzata vuol dire adoperare un ossimoro145 >> : se la legalità è violenza domata, regola previa e misura, la tortura è per definizione violenza illimitata, imprevedibile e arbitraria. È costitutivamente un eccesso poiché non è possibile prevedere anticipatamente la soglia di sofferenza di un individuo, è perciò impossibile limitarla o moderarla, non può essere ricondotta a regole. << La legalizzazione della tortura può solo significare il riconoscimento e l'autorizzazione dell'arbitrio e dell'abuso >>146. Mentre la legalità, in uno Stato di diritto, è strumentale al rispetto della dignità umana , nella tortura è, al contrario, il bene giuridico offeso. In uno Stato costituzionale, qualsiasi comportamento coercitivo atto ad incidere sui diritti della persona, deve trovare nella costituzione stessa il suo fondamento. Ogniqualvolta si ammettano bilanciamenti di valori o diritti in nome della Ragion di Stato, come Dershowitz pretende di

143 La Torre, Lalatta, cit., pag.130

144 Améry, riportato da La Torre, Lalatta, cit., pag 127.

145 Pugiotto, Repressione penale della tortura e costituzione: anatomia di un reato

che non c'è, in Rivista Diritto penale contemporaneo fasc. 2, 2014.

far derivare l'uso della tortura, tale limitazione ( e mai soppressione) deve trovare il proprio fondamento nella costituzione. Solo all'interno della costituzione possono essere rintracciati quelle ragioni , fini o motivazioni che permettono alle pubbliche istituzioni di incidere sui diritti e libertà dei cittadini in nome dell'interesse pubblico, “ragioni” che trovano un limite invalicabile nel rispetto della dignità umana 147. La nozione di dignità umana è presente in tutte le carte costituzionali e e sovranazionali stipulate successivamente alla seconda guerra mondiale. Manca una definizione univoca del termine, ed è proprio questa sua caratteristica indeterminatezza, secondo molti, ad aver generato un consenso generalizzato da parte di interlocutori di diversi paesi 148. Benché all'interno della Costituzione italiana si incontri solo all'art 3,1 comma in riferimento <<alla pari dignità sociale dei cittadini>> e all'art 41 nell'ambito di una norma intesa a conciliare la libertà di iniziativa economica con la tutela di quanti potrebbero risultare danneggiati perché in posizione di oggettiva debolezza, la dignità umana è considerata un bene fondamentale come sottolineato dalla sentenza 293/2000 della Corte costituzionale secondo cui << quello della dignità umana è un valore che permea di sé il diritto positivo>>.

In particolar modo la legge fondamentale tedesca del 1948 all'art 1 enuncia : << la dignità dell'uomo è inviolabile. Tutti gli organi di potere dello Stato hanno il dovere di rispettarla e di tutelarla>> e in conformità a tale principio la corte federale tedesca ha dichiarato con

147 Salerno, Ragioni di Stato e dignità dell'uomo, in Tortura di Stato, le ferite della

democrazia, a cura di Gianelli, Paternò, pag. 186.

Il significato del principio giuridico di dignità umana viene così definito da Ripepe: il rispetto e la tutela di quelle che sono da considerare le prerogative fondamentali dell'uomo in quanto tale devono prevalere su qualunque altra finalità giuridica. Ripepe, Sulla dignità umana e su alcune altre cose, Torino, 2014.

sentenza l'illegittimità di una legge emanata nel 2005 che disponeva l'abbattimento di un aereo in caso di dirottamento per finalità terroristiche. << in uno stato di diritto l'applicazione ordinata della legge è la forma più forte di reazione verso chi con i propri atti vuole sovvertire lo spazio di democrazia che essa definisce 149>>.

Una previsione che autorizzasse l'annullamento della dignità umana, generalmente definita come capacità di autodeterminazione dell'individuo, e distruggesse la soggettività della persona umana, degradandola a mera cosa, risulterebbe incostituzionale e contraria ad ogni principio dello Stato liberale e democratico << la tortura infatti, quando commessa da uno Stato, riflette la suprema visione che lo Stato ha degli esseri umani in quanto esseri sacrificabili. Una simile visione è antitetica allo spirito di qualsiasi società costituzionale, la cui ragion d'essere è il controllo della violenza e della coercizione nel nome della dignità e della libertà umana150>>

149 Pinton, Zagato, cit. pag. 197.

CAPITOLO III