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Tortura e sicurezza pubblica nell'emergenza terrorismo: la tesi di Alan Dershowitz.

IL RITORNO DELLA VIOLENZA NEL DIRITTO

2.2 Tortura e sicurezza pubblica nell'emergenza terrorismo: la tesi di Alan Dershowitz.

Nella cultura giuridica successiva alla seconda guerra mondiale, il diritto diventa << gentile civilizzatore >> 118, sulle macerie del mondo nascono i primi organismi sovranazionali ed a questo strumento viene demandata la risoluzione delle controversie tra Stati: non più la forza, ma il diritto119, assicura la pacifica convivenza. L'obiettivo comune degli Stati facenti parte dell'Organizzazione delle Nazioni Unite era quello di dotarsi di strumenti giuridici volti ad evitare che quanto accaduto potessi ripetersi nuovamente.

Tutto ciò sembra venire messo in discussione a seguito degli attentati dell'11 settembre 2001. Le procedure legali stabilite nello statuto delle nazioni unite, sembrano diventare un ostacolo all'affermazione della pretesa superiorità giuridica degli Stati di matrice democratica120. Il mondo cambia121 e la tortura, ormai esclusa dalle argomentazioni del

118 La Torre, Lalatta, cit., pag. 9.

119 Le teorie principali del diritto lo considerano come combinazioni di minacce e comandi , << la forma della forza>> dice Zagrebelsky o <<violenza istituzionalizzata>> secondo Bobbio, e quelle che sostengono che la sua funzione sia quella di limitare l'uso della violenza, come << strumento del debole>> secondo Nietzsche. Per approfondimenti: La Torre, Lalatta, Legalizzare la

torura?.

120 Bilancia, in Tortura di Stato, Le ferite della democrazia, a cura di Gianelli, Paternò, Roma, 2004 pag. 162.

121 Una settimana dopo gli attentati, il 18 settembre 2001, il Congresso degli Stati uniti d'America approva la Authorization for use of military force joint resolution, con la quale autorizza l'uso della forza militare e su tale base il presidente Bush, nel novembre dello stesso anno, un ordine con il quale stabilisce l'istituzione di tribunali militari sotto la sua diretta supervisione, incaricati di processare senza le tradizionali garanzie procedurali, i non cittadini americani per i quali egli determini di volta in volta l'esistenza di un “interesse degli Stati Uniti a che siano sottoposti a tale ordine” prevedendo la detenzione in luoghi appropriati dentro e fuori il territorio americano. Zagato, cit., pag.194.

Nel 2002 venne, inoltre, inaugurata la prigione di massima sicurezza all'interno della base navale di Guantanamo a Cuba, all'interno della quale tutti i più elementari istituti di garanzia giuridica vengono disapplicati, con un offesa ai

mondo civile (o confinata in episodi deplorevoli e illegali), torna nel dibattito di giuristi e filosofi del nuovo millennio, in cui si comincia, sorprendentemente a parlare di un “diritto alla tortura”.

In verità, il primo episodio in cui il tabù del divieto assoluto della tortura sembra cedere, risale agli anni ottanta, quando in Israele la Commissione Landau venne incaricata di redigere un parere circa la legittimità degli interrogatori122, posti in essere dai servizi segreti israeliani, nei confronti dei palestinesi sospettati di terrorismo. In quella occasione la commissione si pronunciò giustificando la tortura nei casi in cui questa fosse risultata necessaria al fine di evitare un attentato imminente e salvare molte vite, secondo la presunta logica del male minore e della minaccia incombente123.

Ed è proprio dalla esperienza Israeliana che il noto e insigne giurista statunitense Alan Dershowitz, professore di Harvard e fautore delle libertà democratiche e civili, prende le mosse per discutere su di una parziale reintroduzione della tortura nel sistema legale. Scosso dagli eventi dell' 11 settembre, consapevole della fallacia delle strategie applicate e di un perdurante uso clandestino di tale metodo, si prefigge di combattere il terrorismo attraverso l'utilizzo legale, limitato e garantito della tortura. Lo scopo della proposta è, quindi, a suo dire, quello di ridurre al minimo la possibilità di discrezionalità e abusi, e di massimizzare le libertà civili di fronte alla probabilità di una applicazione al di fuori delle responsabilità ufficiali124.

valori del costituzionalismo senza precedente a far data dal 1945. Bilancia, in

Tortura di Stato, le ferite della democrazia, a cura di Gianelli, Paternò, p. 162.

122 Interrogatori “duri” ma che possono facilmente essere ricompresi nella nozione di tortura: l'individuo veniva collocato in una stanza buia con il viso coperto da un sacco sporco e maleodorante, nella stanza gli altoparlanti diffondevano un rumore fastidioso a volume alto e l'individuo veniva fatto sedere in posizioni scomode e veniva quindi malmenato fino a che non rivelava le informazioni necessarie. Dershowitz , Terrorismo, pag.133.

123 La Torre, Lalatta, cit. 124 Dershowitz ,cit.

Nel suo libro “Terrorismo” propone un “mandato di tortura” autorizzato dalla magistratura, nell'ipotesi in cui non vi sia un ragionevole dubbio di trovarsi di fronte ad un terrorista in possesso di informazioni vitali per la sicurezza collettiva. Non mette in discussione il divieto di dichiarazioni contra se: il quinto emendamento proibisce l'auto-incriminazione forzata, non possono essere utilizzate all'interno del processo le dichiarazioni estorte come prova nei confronti dell'imputato oggetto di tortura. Le informazioni verrebbero utilizzate esclusivamente al fine di sventare un attacco terroristico. Suggerisce pertanto di concedere innanzitutto una “immunità d'uso”125al sospettato, di comunicargli di essere costretto a testimoniare e, in caso di rifiuto, di minacciarlo di finire in carcere, dandogli la possibilità di scelta. Nel caso in cui si rifiutasse ulteriormente di collaborare e , quindi, di adempiere agli obblighi imposti dalla legge, verrebbe minacciato di essere sottoposto a tortura. Se si rifiutasse ancora allora verrebbe sottoposto, sotto controllo del giudice, a << misure di pressione fisica volte a provocargli dolori lancinanti che non gli causino, però danni durevoli >> 126.

L'autore pone a fondamento della sua teoria la logica che sta alla base della dottrina filosofica-politica dell'utilitarismo, enunciata, tra gli altri, da Bentham (come da lui richiamato) : la tortura è e resta un male, una barbara forma di violazione della psiche e corpo altrui, MA, diventa un male minore e necessario al fine di evitare eventi catastrofici ben peggiori. Tale dottrina127 nasce e si sviluppa nel rapporto tra felicità personale e pubblica, e la struttura della società, tale per cui le azioni

125 Peraltro non risulta questa essere una novità, come riporta Verri in Osservazioni

sulla tortura, il metodo era già stato proposto durante l'interrogatorio di

Guglielmo Piazza, presunto untore della pestilenza milanese del 1630, al quale fu proposta l'impunità qualora avesse rivelato i complici del delitto.

126 Dershowitz , cit. pag. 152.

127 Nasce nella prima metà del XVIII secolo, i maggiori esponenti sono Hume, Smith, Beccaria, Verri, Bentham, Malthus, Godwin, Austin ecc.ecc.

giuste e corrette sono quelle che tendono a massimizzare la felicità generale, da intendersi come somma algebrica della felicità dei singoli cittadini << perseguire l'utilità pubblica significa, pertanto, massimizzare la felicità complessiva della società. In tutti i casi in cui non è possibile realizzare la massima felicità di tutti e di ciascuno, gli utilitaristi considerano moralmente corrette le scelte individuali e politicamente giuste le scelte governative in grado di produrre la massima felicità possibile per il maggior numero possibile di persone>>128.

Nel caso di specie, scrive Dershowitz (un attentatore a conoscenza di un imminente attacco terroristico), la tortura non letale di un solo colpevole risulterebbe un male necessario e giustificato dall'impedire l'uccisione di migliaia di civili innocenti. Il dolore è una male minore rispetto alla morte e la vita di una moltitudine di persone innocenti dovrebbe avere un valore maggiore rispetto a quella di un attentatore colpevole. In uno scenario del genere entrano in gioco due diversi valori, quello della incolumità e sicurezza dei cittadini e quello del mantenimento dei diritti umani e delle libertà civili ma, aggiunge l'autore, anche un terzo valore entra in gioco: quello della responsabilità pubblica e della trasparenza, proprie di una democrazia << se è necessario torturare nel caso del terrorista coinvolto in un attentato imminente, allora le leggi che ci governano debbono prevedere questa pratica >>129.

Dershowitz, muovendosi dal discutibile presupposto secondo cui la tortura verrebbe comunque applicata da parte di agenti speciali che in segreto agirebbero discrezionalmente fuori da ogni controllo130,

128 Di Sciullo, cit., a cura di Gianelli e Paternò, pag.38. 129 Dershowitz, cit., pag.145

130 Scrive, infatti, come siano frequenti i casi in cui il governo degli Stati Uniti “restituisca” i sospettati di terrorismo a paesi nei quali è possibile sottoporli a interrogatori duri e tortura, al fine di ottenere informazioni altrimenti impossibile

afferma la necessità di una legalizzazione della procedura, unica via conciliabile con i principi democratici, tale per cui la difficile scelta, se applicare o meno la tortura, dovrebbe essere rimessa solo ad un giudice, al ministro della Giustizia o al Presidente, coadiuvato da personale medico.

Peraltro, l'espediente della ticking bomb (bomba a tempo) era già stato utilizzato da altri intellettuali131 prima di Dershowitz, soprattutto nel panorama tedesco132, ed è sempre apparso il più convincente ai difensori della tortura. Il comune minimo denominatore di tali teorie, è dato dalla sospensione momentanea ed eccezionale dell'apparato garantista e liberale, proprio di uno stato democratico, nel momento in cui i cittadini si trovano in pericolo a causa dell'opera dei così detti “nemici” della democrazia (terroristi, ma più avanti si dirà anche a proposito dell'aggressore che abbia rapito un innocente). Tale per cui la sospensione si rende necessaria al fine di tutelare la sicurezza pubblica. Si parla, infatti, di “tortura di salvezza”133, in mancanza della quale lo Stato si renderebbe addirittura complice dell'aggressore: configurandosi l'attentato ai cittadini come, mediatamente, attentato alla democrazia, lo Stato, proprio perché democratico, deve provvedere a sospendere temporaneamente ed eccezionalmente quelle garanzie che

in territorio statunitense.

L'autore fa riferimento ai fenomeni di “extraordinary rendition”, per i quali, peraltro, è stata recentemente condannata l'Italia da parte della corte di Strasburgo. La sentenza è consultabile al sito : http://www.questionegiustizia.it/articolo/caso-abu-omar_italia-condannata-dalla- corte-europea-dei-diritti-dell-uomo_23-02-2016.php

131 Luhman nella conferenza a Heidelberg nel 1992 affermava: << Nel vostro paese vi sono molti terroristi di sinistra e di destra, ogni giorno omicidi, aggressioni, uccisioni e lesioni di numerose persone innocenti. Se una volta presi, i capi di questi gruppi venissero torturati, verrebbero salvate probabilmente le vite di molte persone, dieci, cento, mille. Lo volete questo oppure no?>>, riportato da La Torre, Lalatta, Legalizzare la tortura, Milano, 2013 pag. 119.

132 In Italia, fortunatamente, non si è sviluppato un movimento organico a favore della tortura.

gli impedirebbero di tutelare la sicurezza stessa dei cittadini. In sostanza lo Stato in quanto coazione, dovrebbe al pari di questa, servirsi della tortura quando sono in pericolo i diritti dei cittadini, altrimenti si negherebbe l'essenza stessa dello Stato134. << L'intuizione morale è capovolta, e non è più l'uso della tortura a risultare evidentemente ingiusto, bensì il suo divieto >>135.

Brugger, in merito alla “tortura di salvezza” e all'applicazione di misure violente di interrogatorio, pone determinate condizioni: deve trattarsi di un chiaro, immediato e grave pericolo per la vita di una persona innocente, e il pericolo in questione deve essere provocato da un aggressore identificato, il quale risulti l'unica persona in grado di evitare il pericolo, e l'applicazione della violenza fisica è l'unico mezzo per ottenere un'informazione tale da offrire qualche prospettiva di successo alla disattivazione del pericolo136 . Allo stesso modo Steinhoff, un altro difensore della tortura, dapprima la ammette in caso di un imminente pericolo per una grande quantità di vite umane (la bomba a tempo) e in tal caso sarebbe lecito anche in caso di mero sospetto. Subito dopo, però, aggiunge che sia lecito torturare anche in caso in cui sia in pericolo la vita di un solo individuo, arrivando ad ammetterla ulteriormente non solo nel caso del terrorista o del sequestratore che può evitare il danno ingiusto, ma anche per colui il quale, pur non risultando a conoscenza di rilevanti informazioni ma facendo parte dello stesso gruppo terroristico, non risulterebbe distinguibile rispetto al terrorista che ha posto in essere il pericolo incombente che si vuole evitare137.

Risultano, peraltro, già palesemente evidenti gli effetti della “china

134 La Torre, Lalatta, cit., pag.125. 135 La Torre, Lalatta, cit. Pag. 122.

136 Brugger, riportato da La Torre, Lalatta, cit., pag.124. 137 La Torre, Lalatta, cit., pag. 136.

scivolosa” : da misura eccezionale e straordinaria, inizialmente prevista solo nei casi di ticking bomb, a strumento teorico di prevenzione generale della commissione di reati contro l'integrità fisica.