• Non ci sono risultati.

a) Storia degli studi

Le prime ipotesi di localizzazione del Brauronion prendono in considerazione (sulla scorta di Pausania) l'area compresa tra i Propilei e il Partenone o, meno correttamente, l'identificazione con il tempietto ionico situato sul pyrgos (tempio di Atena Nike)553. I confini del hieron risultano identificati da Beulé (1853): si tratta di una terrazza delimitata a ovest dal c.d. muro pelasgico, a nord e a est da un apposito muro di sostegno e a sud dal muro di Cimone554.

Lo scavo dell'area viene effettuato nel gennaio del 1889 sotto la direzione di P. Cavvadias e G. Kawerau. I lavori consistono di fatto nella pulitura della roccia dell'acropoli e portano all'individuazione delle tracce delle strutture di fondazione del hieron.

L'area scavata da Cavvadias e Kawerau è stata nuovamente indagata da F. Versakis (1910), Stevens (1936), Rhodes e Dobbins (1975-6, ed.1979) ai fini di fornire ulteriori elementi per la ricostruzione e la cronologia dell'edificio555. Dal 1978 essa è parzialmente coperta da una piattaforma556.

549 V. infra c, 81-3.

550 V. fig. 2, Tav. CCVIII. Datazione: Lambert 2005, 150; cfr. Kirchner 1913, 132 (prima del 336/5 a.C.). 551 V. fig. 3, Tav. CCXXX .

552

V. Lambert 2004, 150.

553 V. rispettivamente Leake 1821, Pl. I (= fig. 1, Tav. CLXVI) e Leake 1841, I, Pl. III (= fig. 2, Tav. CLXVI); Rangabé

1841, 86 (gr.)-87 (fr.)

554 V. Beulé 1853, 291-5. 555

V. rispettivamente Versakis 1910; Stevens 1936; Rhodes - Dobbins 1979.

b) Gli scavi di Cavvadias e Kawerau

Dai rilievi effettuati durante gli scavi condotti da Cavvadias e Kawerau risulta che il lato sud del Brauronion era chiuso da una sala che utilizzava come muro di fondo il muro stesso dell'acropoli. All'estremità orientale si trovava un'altra sala disposta ad angolo retto rispetto alla sala sud. La sala est rappresentava il limite orientale del peribolos. Cavvadias e Kawerau stimano che le sale dovevano essere profonde circa m 8557.

Il muro est della sala sud è parzialmente conservato e rappresenta il muro occidentale della contigua calcoteca558.

Del muro nord della sala si conservano alcuni blocchi. Nel settore occidentale, il penultimo blocco conserva le tracce della presenza di un pilastro e l'ultimo le tracce della presenza di una semicolonna559.

Del muro ovest si conserva una piccola parte, in un contesto archeologico estremamente confuso da punto di vista stratigrafico560.

Del muro nord della sala orientale non è rimasto nulla. In base alle tracce nella roccia e alla presenza di una stele Cavvadias e Kawerau ritengono che esso si trovava in corrispondenza del punto da loro contrassegnato con 149, 10 (in riferimento all'altezza)561.

Del muro ovest della sala si conserva parzialmente il settore meridionale. Lo stato dei blocchi lascia supporre l'esistenza di pilastri o colonne. In corrispondenza del punto indicato con 84 il muro si assottiglia: i due archeologi ipotizzano che vi si trovava una porta562.

All'interno della sala ci sono alcune tracce che farebbero pensare all'esistenza di muri interni che forse sostenevano una scala. Una seria difficoltà per simile ricostruzione è rappresentata dal fatto che essi non sarebbero in asse con l'ipotetico colonnato del muro ovest. Per il resto l'interno non conserva alcun elemento utile a capirne l'assetto563.

Il pavimento di entrambe le sale presenta molti segni di lavorazione della roccia, ma nessuno di essi, secondo Cavvadias e Kawerau, offre indizi sicuri per la ricostruzione dell'aspetto dell'edificio564.

L'interno della sala est e parte dell'area ad essa antistante presentano un piano regolarizzato. I due archeologi ritengono che l'intervento di regolarizzazione aveva interessato l'intera area del Brauronion565.

Nel settore occidentale della terrazza sono visibili solo un muro formato da piccoli blocchi, piegato ad angolo acuto e due fosse coperte con una lastra irregolare piene di terriccio (86)566.

Nell'area antistante alle due sale non è riconoscibile alcuna traccia di un tempio. Cavvadias e Kawerau ritengono comunque possibile che esso sia esistito e che sia stato completamente distrutto dagli sconvolgimenti che hanno interessato il settore sud-ovest dell'acropoli nel medioevo: per molto tempo la via d'accesso all'acropoli ha attraversato proprio l'area del Brauronion567.

557 V. Cavvadias - Kawerau 1907, 141 (gr.); 142 (ted.) + p. A¯ (= fig. 1, Tav. CLXVII). Stato dell'area: fig. 1, Tav.

CLXVIII.

558 V. Cavvadias - Kawerau 1907, 141 (gr.); 142 (ted.) + p. H¯ (= fig. 2, Tav. CLXVII). 559 V. Cavvadias - Kawerau 1907, 141 (gr.); 142 (ted.) + p. H¯ (= fig. 2, Tav. CLXVII). 560 V. Cavvadias - Kawerau 1907, 141 (gr.); 142 (ted.) + p. H¯ (= fig. 2, Tav. CLXVII). 561

V. Cavvadias - Kawerau 1907, 143 (gr.); 144 (ted.) + p. H¯ (= fig. 2, Tav. CLXVII).

562 V. Cavvadias - Kawerau 1907, 143 (gr.); 144 (ted.) + p. H¯ (= fig. 2, Tav. CLXVII). 563 V. Cavvadias - Kawerau 1907, 143 (gr.); 144 (ted.) + p. H¯ (= fig. 2, Tav. CLXVII). 564 V. Cavvadias - Kawerau 1907, 143 (gr.); 144 (ted.) + p. H¯ (= fig. 2, Tav. CLXVII). 565 V. Cavvadias - Kawerau 1907, 143 (gr.); 144 (ted.) + p. H¯ (= fig. 2, Tav. CLXVII). 566 V. Cavvadias - Kawerau 1907, 143 (gr.); 144 (ted.) + p. H¯ (= fig. 2, Tav. CLXVII). 567

c) Ricostruzioni e studi dell'assetto architettonico La ricostruzione di Versakis

Versakis ritiene che i blocchi del settore meridionale del muro ovest della sala est presentino le tracce della presenza di elementi di sostegno, che egli chiama "pilastri", intervallati da muri568. Su questa base egli individua alcuni frammenti di elementi architettonici che possono essere attribuiti all'edificio569. Dopo avere, a suo avviso, dimostrato le attribuzioni, Versakis propone la propria ricostruzione. Il porticato delle due sale è costituito da pilastri di ordine dorico intervallati da un muro. La fila è interrotta da tre porte nella sala est e due nella sala sud. La sala est è divisa in due settori570. Secondo lo studioso il settore settentrionale era destinato alla residenza del personale addetto al culto (eventualmente le arktoi), e il resto era destinato al culto e alla conservazione degli oggetti votivi. Le iscrizioni (le c.d. tabulae curatorum Brauronii) provano infatti che il luogo adibito al culto e quello adibito alla conservazione degli oggetti votivi coincidevano571. Dunque la ricostruzione di Versakis non prevede l'esistenza di un tempio nell'area antistante le due sale. Essa è seguita ad esempio da W.Judeich nella seconda edizione della sua opera sulla topografia ateniese572.

La ricostruzione di Stevens

Stevens analizza l'area del Brauronion nel contesto dello studio dei Propilei di Mnesicle. Egli osserva che il braccio orientale della stoa doveva nascondere parte del Partenone a chi accedeva all'acropoli. Si propone dunque di capire quanto dell'edificio veniva nascosto incrociando dati letterari, epigrafici e archeologici573.

Per quanto riguarda i dati archeologici, in primo luogo egli individua nel settore orientale due diversi edifici, risalenti a diverse fasi costruttive. Essi sono da lui contrassegnati, rispettivamente come AD e FI. AD si estende dal limite settentrionale della

stoa individuato da Cavvadias e Kawerau fino al blocco in poros già rinvenuto dai due

archeologi all'interno della stoa. FI si estende invece dal taglio nella roccia che Cavvadias e Kawerau avevano ipoteticamente attribuito a un tramezzo fino al muro settentrionale della

stoa sud. Secondo Stevens l'edificio AD non era originariamente previsto in quanto la sua

costruzione comporta lo spostamento di almeno tre stele. È inoltre probabile che FI sia più antico di AD perché non si riscontrano tagli nella roccia preesistenti574.

Sulla base delle tracce di lavorazione presenti sul blocco pertinente al muro orientale di FI (G) Stevens ritiene che da quel lato l'edificio fosse delimitato da un porticato di semicolonne intramezzate da pareti. Analogamente, dalla lavorazione del blocco che forma l'angolo tra FI e la stoa meridionale (H) egli deduce che quest'ultima presentava sul lato settentrionale un colonnato aperto. Le misure sono compatibili solo con l'ordine dorico575.

568 V. Versakis 1910, 6 + Abb. 1, 5 (= fig. 2, Tav. CLXVIII)

569 V. Versakis 1910, 7-10 + Abb. 2a, 6 (= fig. 3, Tav. CLXVIII); 2b, 7; 3, 7; 4-5, 8; 6-8, 9; 9, 10. 570 V. Versakis 1910, 11-7 + Abb. 10, 11 (= fig. 1, Tav. CLXIX) e Taf. III (= fig. 2, Tav. CLXIX). 571

V. Versakis 1910, 27.

572 V. Judeich 1931, 244-5 + Pl. II B C 3. 573 V. Stevens 1936, 460.

574

V. Stevens 1936, 461-2 + Fig. 10, 457 (= fig. 1, Tav. CLXX); 15, 461 (= fig. 2, Tav. CLXX); 16, 462; 17, 463. Cfr. Cavvadias-Kawerau 1907, p. H¯ (= fig. 2, Tav. CLXVII) 149, 10 - 83; 148, 93 - 148, 95.

575

V. Stevens 1936, 462-5 + Fig. 10, 457 (= fig. 1, Tav. CLXX); 18, 464; 19, 465. Cfr. ricostruzione in ordine ionico Versakis 1910, Taf. III (= fig. 2, Tav. CLXIX).

L'edificio AD condivide le caratteristiche architettoniche di FI ed esiste un collegamento tra lo stilobate dei due edifici. L'unica differenza è che AD ha il porticato aperto576.

Stevens propone dunque due ricostruzioni complessive del Brauronion: una per l'età precedente alla costruzione dei propilei mnesiclei, l'altra per l'età successiva. La fase precedente si data all'età cimoniana, stante la contemporaneità tra il muro pertinente alla

stoa meridionale e il muro cimoniano577.

Egli ritiene che in entrambe le fasi esistesse anche nel settore occidentale una struttura gemella di quella presente nel settore orientale. A sostegno di simile tesi egli adduce il fatto che negli inventari (c.d. tabulae curatorum Brauronii) si nominano due statue e che sulla base della tendenza conservativa delle religioni si dovevano venerare due statue anche in età precedente. L'esistenza di due sacelli sarebbe dunque coerente con l'esistenza di due statue di culto, e con la probabile distruzione del tempio arcaico della divinità ad opera dei Persiani, distruzione alla quale sarebbe subentrato il Brauronion. In una nota aggiuntiva Stevens ricorda inoltre che nell'area della presunta ala occidentale della

stoa, là dove la roccia si presentava pulita a causa di forti piogge, ha potuto riscontrare tagli

di fondazione in sei punti578.

L'allineamento del muro settentrionale del peribolos con l'orientamento dei propilei ha determinato una riduzione dell'area, recuperata con un ampliamento nel settore nord- orientale. Su tale ampliamento è andata in seguito a incidere la costruzione della nuova stoa (AD) dovuta alla necessità di fare fronte all'aumento del numero delle offerte votive legato al crescente benessere579.

La ricostruzione di Stevens secondo cui il Brauronion di età classica non comprendeva un naos è stata generalmente accolta dagli studiosi580. In particolare Travlos è più netto di Stevens per quanto riguarda l'esistenza di un tempio di Artemide sull'acropoli. Mentre Stevens pensa che esso prima del 480 a.C. esisteva, Travlos afferma che non è mai esistito581.

Gli studi di Rhodes e Dobbins

Come dichiarano essi stessi, Rhodes e Dobbins hanno riesaminato i resti del

Brauronion nel 1975 e nel 1976.

L'attenzione dei due studiosi si concentra sul settore orientale del peribolos, dove vengono individuati ulteriori dettagli sulle fasi costruttive rispetto a quelli già individuati da Stevens.

Il muro orientale del peribolos ha subito un rimaneggiamento nel tratto compreso tra il taglio nella roccia contrassegnato come D a nord e il taglio contrassegnato come A a

576 V. Stevens 1936, 465-6 + Fig. 10, 457 (= fig. 1, Tav. CLXX). Portico di AD: Stevens 1936, 470 + Fig. 22, 469 (=

fig. 3, Tav. CLXXI).

577 V. rispettivamente Stevens 1936, 466; 468 + Fig. 20, 467 (= fig. 1, Tav. CLXXI); 21, 468 (= fig. 2, Tav. CLXXI);

Stevens 1936, 470 + Fig. 22, 469 (= fig. 3, Tav. CLXXI).

578 V. Stevens 1936, 468 e 520 + Fig. 20, 467 (= fig. 1, Tav. CLXXI); 21, 468 (= 2, Tav. CLXXI); 22, 469 (= fig. 3,

Tav. CLXXI).

579 V. Stevens 1936, 470 + fig. 10, 457 (= fig. 1, Tav. CLXX); 22, 469 (= fig. 3, Tav. CLXXI).

580 V. es. Papadimitriou 1950, 187 (in relazione alla stoa da lui rinvenuta a Brauron); Kontis 1967, 169; Boersma 1970,

cat. XII, 129 + Plan p. 132, n. 3; cat. 89, 214; Travlos 1971, 124 + Abb. 168-9, 125; Papachatzis 1974, 327-8 + eijk.

187-8; Coulton 1976, 222 + Fig. 55, 1; Giuman 1999, 53-5 + fig. 7, 54; Calame 2002, 55; 57; Holtzmann 2003, 181 + Fig. 6, 32-3 (segnala congetturalità della ricostruzione del settore ovest)

sud582. Simile constatazione è la premessa per la proposta di ricostruzione di tre differenti momenti nell'architettura dell'area.

Nella prima fase sul muro orientale del peribolos si innestava la stoa meridionale che si estendeva verso ovest per circa m 15583.

Nella seconda fase viene avviata la costruzione dell'ala orientale della stoa, nello spazio compreso tra il taglio A a sud e il taglio B a nord. L'angolo sud-occidentale del nuovo edificio diventa il punto di partenza della stoa sud. Il taglio B non è compiuto, dunque la costruzione della nuova ala ha subito modifiche in corso d'opera, oppure l'edificio è stato distrutto prima di essere completato584.

Nella terza fase il colonnato meridionale resta intatto, ma all'ala est viene sovrapposto un edificio analogo, ma più esteso verso nord. Esso è compreso tra il taglio C e il taglio D e si va a sovrapporre su una struttura precedente. Sulla base della lettura della superficie della roccia a nord-ovest dell'ala orientale, Rhodes e Dobbins ritengono che tale struttura fosse un ingresso monumentalizzato del temenos. Le tracce infatti corrispondono ad una deviazione verso sud della via sacra. L'obliterazione dell'ingresso monumentalizzato ha comportato la creazione di un nuovo accesso, i gradini scavati nella roccia, coevi al muro nord del peribolos585.

Per quanto riguarda il settore occidentale, Rhodes e Dobbins si limitano a registrare i resti del muro settentrionale e mettono in discussione la solidarietà tra il muro meridionale della stoa e il muro cimoniano dell'acropoli586.

I due studiosi non propongono ricostruzioni dell'alzato, né entrano nel merito della questione del tempio. Inoltre le tre fasi individuate non vengono datate per mancanza di elementi.

La ricostruzione di Despinis

La ricostruzione del Brauronion proposta da Despinis non muove direttamente dalla riconsiderazione dei resti individuati da Cavvadias e Kawerau, ma dall'identificazione dell'agalma prassitelico menzionato da Pausania (I 23, 7*) e dalla certezza che si trattava di una statua di culto ospitata in un tempio.

L'identificazione dei resti dell'agalma di Prassitele è dimostrata dall'autore in un articolo pubblicato nel 1994. Egli riprende in considerazione una testa in marmo che era già stata pubblicata nel 1988 come testa di Dioniso rinvenuta nel 1953 presso il terreno Makryianni a sud del teatro di Dioniso. Egli dimostra che il pezzo era già noto nel XIX sec.: lo testimoniano i cataloghi del museo dell'acropoli e due fotografie ottocentesche in cui esso figura tra i reperti esposti nella Pinacoteca. Secondo Despinis è plausibile che la testa sia stata rinvenuta nel corso degli scavi diretti nel 1839 da K.S. Pittakys. Stando a Beulè il ritrovamento sarebbe avvenuto nei pressi della base di Atena Hygieia587.

Sulla base di una serie confronti e sulla base della traccia di un orecchino applicato, Despinis sostiene che la testa raffigura una giovane donna e che può essere datata agli anni '30 del IV a.C. A favore di tale data depone anche l'utilizzo del marmo pario. Le proporzioni colossali e il luogo di rinvenimento portano lo studioso ad escludere che si tratti di un

582 V. Rhodes - Dobbins 1979, 332-3 + Pl. 81 (= fig. 1, Tav. CLXXII). 583

V. Rhodes - Dobbins 1979, 333-5 + Fig. 1, 334 (= fig. 2, Tav. CLXXII) e Pl. 81 (= fig. 1, Tav. CLXXII).

584 V. Rhodes - Dobbins 1979, 335-7 + Fig. 1, 334 (= fig. 2, Tav. CLXXII) e Pl. 81 (= fig. 1, Tav. CLXXII). 585 V. Rhodes - Dobbins 1979, 337-41 + Fig. 1, 334 (= fig. 2, Tav. CLXXII) e Pl. 81 (= fig. 1, Tav. CLXXII). 586 V. rispettivamente Rhodes - Dobbins 1979 331 + Pl. 86, c-d; 329.

587

V. Despinis 1994, 173-7; 198 + Tafel 31-5 (v. fig. 1, Tav. CCXI); 44, 2 (= fig. 1, Tav. CCXII); 45 (= fig. 2, Tav. CCXI). Esposizione nella c.d. pinacoteca: v. anche Despinis 1997, Abb. 5, 215 (= fig. 2, Tav. CCXII).

ritratto di una mortale. Anche le tracce di colpi di martello in corrispondenza degli occhi e della bocca sono, a suo avviso, intenzionali e tipiche del trattamento riservato dai Cristiani alle immagini delle antiche divinità588. Inoltre, secondo Despinis, l'acconciatura della testa, comune con quella di ragazzine e ragazzini, come risulta anche da confronti con materiale brauronio, è particolarmente appropriata per Artemide Brauronia alla luce della speciale relazione rituale (arkteia) che esisteva tra tale divinità e le ragazzine589. L'identificazione con un'altra figura giovanile ugualmente venerata sull'acropoli quale potrebbe essere Pandroso è esclusa dallo studioso sulla base del luogo di rinvenimento della testa e del fatto che il tempio del Pandroseion è stato costruito per la prima volta in età augustea590.

L'attribuzione a Prassitele è sostenuta dallo studioso attraverso alcuni confronti, pur nella consapevolezza che restano da affrontare diversi problemi591.

Per quanto riguarda l'identificazione della statua come statua di culto e non come oggetto votivo, nel medesimo articolo Despinis adduce altri passi dello stesso Pausania (I 33, 2-3 relativo a Nemesi di Ramnunte; I 40, 2 relativo ad Artemide Soteira di Megara; IX 4, 1 relativo ad Atena Areia a Platea) in cui agalma designa chiaramente una statua di culto. Egli inoltre sottolinea che in tali brani è omessa la menzione del tempio in quanto la menzione della statua di culto era considerata dall'autore sufficiente perché il lettore capisse che nel luogo descritto esisteva un tempio592. È dunque del tutto plausibile che anche il

hieron di Artemide Brauronia sull'acropoli ateniese prevedesse un naos e che esso si

trovasse nel settore occidentale593. Si trattava pertanto di un vero e proprio santuario e ciò sembrerebbe provato da alcuni oggetti votivi quali la statua raffigurante il cavallo di Troia menzionata da Pausania e dallo scoliasta di Aristofane, la statua raffigurante un orso/a rinvenuta da Ross nel 1835, e un rilievo frammentario individuato dallo stesso Despinis594.

La questione della ricostruzione dell'assetto del temenos è approfondita dall'autore in un articolo pubblicato nel 1997.

In particolare egli osserva che la ricostruzione proposta da Stevens, secondo la quale la stoa meridionale presentava due avancorpi simmetrici, uno a oriente e l'altro a occidente, ha perso fondamento dopo gli scavi nel santuario di Brauron. Essa è infatti basata sull'idea che le c.d. tabulae curatorum Brauronii menzionino le due statue di culto del Brauronion, cosa che comporta l'esistenza di due sacelli. Dopo il rinvenimento a Brauron di copie degli inventari ateniesi è quasi certo che le statue a cui gli inventari fanno riferimento si trovavano a Brauron e non nel Brauronion595.

Despinis inoltre rifiuta di considerare come tempio l'edificio orientale del peribolos. A suo avviso doveva esserci un tempio con altare nel settore occidentale. La sua esistenza non è teoricamente incompatibile con quella di un edificio parallelo a quello orientale. Tuttavia la presenza di quest'ultimo non è architettonicamente necessaria in quanto gli studi di Rhodes e Dobbins hanno dimostrato che lo stesso edificio orientale non faceva parte del progetto originario596.

588

V. Despinis 1994, 177-86; 189.

589 V. Despinis 1994, 194. Confronti con materiale brauronio: nota 18, 179; 180.

590 V. Despinis 1994, nota 92, 198. Cfr. Despinis 1997, 212 dove si aggiunge che le misure del tempio del Pandroseion

sono troppo ridotte per ospitare un statua alta m 3,60 quale si può ricostruire a partire dalla testa Acr 1352.

591

V. Despinis 1994, 194-7.

592 V. Despinis 1994, nota 63, 190-1 e Despinis 1997, 211.

593 V. Despinis 1994, 192 e nota 73, 192-3 (possibili fattori che hanno portato alla distruzione totale del tempio). 594 V. Despinis 1994, 193 e nota 76, 193-4. V. rispettivamente: infra e, 104; d, 86-8; d, 94-5.

595

V. Despinis 1997, 215-6. Ricostruzione di Stevens: Tav. CLXXI

Quanto all'assenza di qualunque traccia del naos, egli ritiene plausibile l'ipotesi già avanzata al momento degli scavi di Cavvadias e Kawerau secondo cui essa è da collegare al fatto che a partire dal medioevo e per un lunghissimo periodo l'area del Brauronion si è venuta a trovare sulla principale via d'accesso all'acropoli. Il fatto che nella zona ovest del

hieron non siano stati riscontrati tagli nella roccia compatibili con le fondazioni di un

tempio non è un motivo sufficiente per escluderne la presenza, dato che anche per il settore centrale e occidentale della stoa sud non esistono simili tracce597.

Despinis propone dunque di recuperare un modello di ricostruzione del peribolos proposto da W. Dörpfeld nel 1919. Rispetto ad esso egli ipotizza un diverso orientamento del tempio. Nella pianta di Dörpfeld l'edificio è parallelo alla stoa meridionale, mentre in quella proposta di Despinis segue l'orientamento di Partenone, Eretteo e Propilei598.

Egli ammette di non avere risposte per diversi problemi relativi all'eventuale tempio del Brauronion, quali il suo aspetto, la sua cronologia, l'attribuzione di elementi architettonici. In proposito si limita a ricordare la proposta di Y. Morizot di ricondurre al tempio arcaico della Brauronia (databile alla prima fase della tirannide di Pisistrato) una testa animale identificata come testa di orso599.

La tesi di Despinis ha incontrato alcune adesioni da parte degli studiosi600. Si può inoltre ricordare che nel nuovo allestimento del Museo dell'acropoli la testa attribuita alla

Brauronia da Despinis è (nuovamente) esposta al pubblico come testa di Artemide Brauronia.

Pur accettando simile tesi, A. Pasquier non manca comunque di segnalare punti problematici: la presenza di un tempio nel Brauronion e la stessa attribuzione della testa a Prassitele601.

Decisamente contro Despinis si pone Corso. Egli contesta dal punto di vista stilistico l'attribuzione della testa a Prassitele. Inoltre, riconosce sul pezzo tracce per l'infissione del c.d. meniskos, elemento metallico destinato a proteggere dagli uccelli le statue esposte all'aperto. A suo avviso è dunque probabile che la testa sia da ricondurre alla statua di Atena

Hygieia vicino alla cui base essa sarebbe stata trovata. Tale statua si trovava appunto

sicuramente all'aperto602.

Dei problemi stilistici inerenti alla testa Acr 1352 si discuterà in seguito. Si può comunque anticipare fin d'ora che le peculiarità della scultura rispetto allo stile "prassitelico" potrebbero trovare alcune giustificazioni603.

La proposta di Corso relativa all'identificazione della divinità come Atena Hygieia, così come è presentata dall'autore, non mette in discussione l'identificazione con Artemide. Il luogo di rinvenimento e le tracce del meniskos rappresentano elementi troppo labili. Il primo infatti, è ricostruito da Despinis sulla base di alcuni indizi. Essi sono convincenti, ma non certi. Inoltre, in una situazione archeologica come quella dell'acropoli ateniese, il luogo

597 V. Despinis 1997, 216-7.

598 V. Despinis 1997, nota 25, 217 + Abb. 6, 217 (= Dörpfeld 1919, Taf. I = fig. 2, Tav. CLXXIII) e Abb. 1, 210

(Despinis = fig. 1, Tav. CLIII).

599 V. Despinis 1997, 217. Sul reperto: infra d, 89-90.

600 V. es. Rolley 1999, 262; Themelis 2002, nota 44,116; Pasquier 2007 a, 103-4 + cat. 24, 126-7; Pasquier 2007 b, cat.

73, 314; Vikela 2008, 85.

601

V. Pasquier 2007, 103-4 + cat. 24, 126-7 e infra e, 104.

602 V. Corso 1998, 408-9. Meniskoi: Aristoph. Aves 1114-7; Maxmin 1975; Danner 1993. Cfr. Ridgway 1990 b

(svalutazione della testimonianza di Aristofane come scherzo e collegamento tra fori e presenza di elementi ornamentali - attributi in metallo). Presunto foro di infissione nella testa Acr. 1352: Despinis 1994, Taf. 36, 2 (= fig. 1, Tav. CCXIII).

di rinvenimento di un pezzo delle dimensioni della testa (alta circa cm 56), anche se certo, non potrebbe essere considerato probante. Quanto alle (presunte) tracce del meniskos esse provano semplicemente che la testa era esposta all'aperto, cosa che non esclude altre attribuzioni, compreso lo stesso agalma di Prassitele.

Infatti il punto più problematico della ricostruzione di Despinis sembra essere proprio la sicurezza che egli ha sul fatto che la statua a cui attribuisce la testa Acr 1352 fosse una statua cultuale custodita in un naos.

Le tracce del meniskos segnalate da Corso potrebbero rappresentare un primo valido elemento contro simile tesi. Esse infatti escluderebbero l'esposizione della scultura in un luogo chiuso e forse giustificherebbero allo stesso tempo il fatto che, come scrive Despinis,

Documenti correlati