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Indagare sul nucleo originale di un edificio storico, sulla sua definizione ed evoluzione nei secoli, è un esercizio articolato e complesso ma allo stesso tempo una sfida af-fascinante ed irrinunciabile per qualsiasi studioso o tecnico che deve approcciarsi ad un’architettura del passato. Consultare una messe di documenti storici4, svolgere un rilievo scientifico e indagarne i dettagli più nascosti, realizzare ed analizzare termografie dei paramenti esterni ed infine studiare le varie tipologie edilizie coeve (alla ricerca di analogie formali con altri edifici storici) sono stati i prodromi essenziali per portare a termine l’indagine correttamente dal punto di vista metodologico. Si è trattato di delineare un quadro interpretativo che, seppur fondato su una notevole quantità di documentazione d’archivio - in gran parte inedita - e su dati oggettivi derivanti dagli studi scientifici5, mantiene necessariamente un certo grado di incertezza. Le vicende edificatorie oggetto di indagine sono state soprattutto quelle che permisero alla “casa da signore” comprata da Niccolò Ambrogi nel 1450 di divenire la grandiosa villa dotata di quattro torri angolari, rappresentata da Giusto Utens alla fine del XVI secolo. Infatti se per le fasi costruttive più tarde, da Ferdinando II de’ Medici (1621 – 1670) in poi, riguardanti la villa ma soprattutto i vari corpi di fabbrica facenti parte del complesso (il corridoio, il convento, la chiesa e le scuderie), esiste una documentazione che rende evidente quali siano stati gli interventi e la loro autografia, più scarse e frammentarie risultano invece le informazioni relative a quelle vicende edificatorie e a quelle soluzioni architettoniche messe in atto per ottenere, nonostante le irregolarità e i vincoli dettati dalle preesistenze e dal contesto ambientale, quella facies omogenea e unitaria che dai tempi di Ferdinando I (1587 – 1609) caratterizza la villa.

È necessario tener presente che l’aspetto delle facciate a intonaco e pietra serena, sti-lema architettonico fiorentino d’origine brunelleschiana, veniva utilizzato sia in quanto formula progettuale ben definita e riconoscibile che identificava la villa come espressio-ne del potere mediceo, sia per cancellare ogni traccia di preesistenza che una muratura faccia vista avrebbe potuto invece rivelare. Infatti, a differenza degli edifici di campagna costruiti da altre famiglie signorili fiorentine in cui la visibilità delle preesistenze antiche (solitamente torri) dimostrava il legame ancestrale della famiglia con un territorio6, le

4) Più di venti sono i fondi archivistici consultati tra gli Archivi di Stato di Firenze e Pisa, gli archivi della Soprintendenza e del Genio Civile di Firenze e l’archivio storico di Montelupo Fiorentino. 5) Studi da noi condotti per la prima volta sulla villa grazie alla disponibilità dell’allora direzione dell’OPG,

la Dott.sa Antonella Tuoni.

6) A. Lillie, Florentine villas in fifteenth century. An Architectural and Social History, Cambridge University Press, Cambridge, 2005.

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ville dell’epoca granducale rappresentavano il segno tangibile del potere mediceo che permetteva al granduca di acquistare i possedimenti e le ville di altre famiglie e “cancel-larle” trasformandole totalmente.

Anche se, per questi motivi, la villa dell’Ambrogiana può apparire, a una prima e su-perficiale osservazione, un unicum architettonico estraneo a fenomeni di riutilizzo delle preesistenze, gli studi storici sulla villa, fin dal saggio di Mazzino Fossi7, non hanno mai messo in dubbio un riutilizzo del primigenio “palagio degli Ambrogi”. In effetti iniziando a osservare, seppur sempre preliminarmente, la pianta della villa dell’Ambrogiana, è la soluzione planimetrica del cortile a rappresentare il primo vero indizio a suffragio dell’i-potesi che alcune preesistenze siano state mantenute. La presenza del cortile è infatti solitamente una caratteristica che contraddistingue gli edifici sorti incorporando, in tutto o in parte, corpi di fabbrica esistenti, consentendone un’organica ricomposizione. La corte, infatti, rappresentava in questi casi la soluzione più adeguata dal punto di vista distributivo, funzionando da elemento di collegamento tra l’esistente e il nuovo. Analiz-zando le ville medicee si possono riscontrare, relativamente a tale argomento, due filo-ni principali. Se si prendono in considerazione le architetture più recenti o, comunque, di nuova costruzione, l’elemento centrale di distribuzione spaziale non è il cortile bensì il salone che permette l’accesso ai vari ambienti e ai vani scala, come si trova a Poggio a Caiano, a Cerreto Guidi e ad Artimino. Nelle ville più antiche e, soprattutto, nel caso siano state costruite su una preesistenza, la tipologia compositiva più utilizzata è invece quella avente la corte centrale come snodo distributivo, attorno al quale si organizzano i vari ambienti di servizio e di vita, fra cui anche il salone principale. Quest’ultimo è il caso che caratterizza le ville di Castello, di Seravezza, La Petraia, La Magia e dell’Ambro-giana8. Oltre alla presenza di uno schema distributivo incentrato su una corte, a denun-ciare le possibili preesistenze sono principalmente le forme irregolari degli ambienti, un elevato spessore murario e anche la diversificazione nelle dimensioni dei vani, oltre che negli elementi decorativi, tra le varie zone del corpo di fabbrica9.

Nel caso dell’Ambrogiana le fasi dell’evoluzione da “casa da signore” a villa sono state individuate intersecando le notizie desunte dalla documentazione storica con le os-servazioni ricavabili da un’attenta analisi dello stato attuale della villa per mezzo del rilievo scientifico e delle termografie. Questa base solida, scientifica ed oggettiva di conoscenza, su cui i precedenti studi non hanno potuto fare affidamento, ci permette sia di avanzare delle ipotesi finora inedite che di rivedere, almeno in parte, quelle a oggi formulate.

L’analisi del rilievo mette in evidenza una spiccata regolarità in pianta caratterizzante sia il corpo nord che quello sud della villa ed è proprio questa regolarità che li diffe-renzia dai corpi est e ovest, la cui suddivisione in vani appare quasi “casuale” in quanto

7) M. Fossi, Note documentarie sul gruppo di Ettore e Anteo dell’Ammannati e sulla villa Ambrogiana, in G. Spini, Architettura e politica da Cosimo I a Ferdinando I, Olschki, Firenze, 1976, pp.463-479.

8) G. C. Romby, in E. Ferretti, G. Micheli, Il palazzo di Cosimo I a Cerreto Guidi, Strumenti-Memoria del Territorio, Vinci, 1999, pp 12-13.

9) A. Lillie, Florentine villas in fifteenth century. An Architectural and Social History, Cambridge University Press, Cambridge, 2005

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Analisi delle proporzioni in pianta dei var

i cor pi di fab br ica, il cor po nord in giallo , in rosso il cor po sud ed in b

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non rispettosa di alcun allineamento, simmetria o proporzione. Infatti se si osservano i corpi est, ovest e anche la parte del corpo nord che si affaccia sulla corte interna, si riscontrano spessori murari non omogenei e i vani sembrano non riferirsi, almeno non in modo diretto, a una modularità ma piuttosto si configurano come “spazi di risulta”. A un’attenta osservazione si nota anche come il corpo nord sia in realtà organizzato secondo uno schema proporzionale decisamente differente rispetto al corpo sud e come nonostante risultino entrambi ordinati dal punto di vista del disegno planime-trico (regolare e simmeplanime-trico) siano caratterizzati da una differente ampiezza dei vani (fig.1). Il corpo nord presenta tre tipologie di vani, disposti simmetricamente rispetto all’androne, le cui dimensioni sono pari a 10 braccia10 x 8 braccia e ½, 10 braccia x 12 braccia e 12 braccia x 8 braccia e ½. Il corpo sud invece presenta quattro vani di dimensioni pari a 16 braccia x 11 braccia disposti a coppie ai lati di un salone di dimen-sioni pari a 23 braccia x 16 braccia. Questi dati rendono evidente come il corpo sud, al di là di ogni ragionevole dubbio, sia stato costruito in un’epoca successiva rispetto al corpo nord ricalcandone la dimensione longitudinale esterna (le misure del corpo nord sono 78 braccia x 24 braccia e quelle del sud (78 braccia x 16 braccia) ma pre-vedendo un’organizzazione interna dei vani decisamente più moderna.

L’ipotesi avanzata per la prima volta da Mazzino Fossi, e poi ripresa da tutta la letteratu-ra seguente, che l’edificio primigenio della villa fosse il “palagio degli Ambrogi”, posto in corrispondenza dell’attuale corpo nord e magari già dotato di una o due torri, sembre-rebbe allora confermata. Ma non è così: il rilievo ci permette solamente di affermare, con ragione, che il corpo nord è una costruzione più antica del corpo sud. I documenti inediti reperiti in Archivio di Stato di Firenze ci rivelano invece che la struttura primige-nia è antecedente al “palagio degli Ambrogi”. Infatti si ha notizia (dal catasto del 1480) che Niccolò di Simone Ambrogi comperò nel 1450 dalle monache di S. Pietro Martire un podere detto “al palagetto” con una “casa da hoste” e una “da lavoratore” posto nel popolo di San Quirico a Montelupo11.

Una ricerca presso l’archivio storico di Montelupo e la lettura di una pubblicazione relativa agli Statuti della comunità di Montelupo Fiorentino12 non hanno fornito alcuna informazione aggiuntiva riguardo il toponimo “al palagetto”, ma se l’esistenza del “pala-gio degli Ambrogi” ha determinato la nascita e l’uso, fin dal XVI secolo13, del toponimo “Ambrogiana” per indicare la zona dove sorge la villa, è lecito supporre che col topo-nimo “al palagetto” ci si riferisse a una zona in cui si trovava, appunto, un “palagetto”. È possibile allora ipotizzare che “la casa da oste” acquistata da Niccolò si presentasse

10 ) Antica unità di misura, usata nel territorio toscano fin dal tardo Medioevo, il braccio fiorentino corrisponde circa a 0,583 metri.

11) Volume regesti, doc.4, in A. Cocchini, D. Forgione, M. Nucci, Il restauro della Villa medicea dell’Ambrogiana, tesi di laurea in Ingegneria Edile-Architettura, Università di Pisa, 2015.

12) S. Floria, Un’ antica forma normativa del comune di Montelupo: lo statuto del 1389, saggio in A. Bellucci.,

Cittadini e istituzioni a Montelupo – Statuti e organi di governo di una comunità,Montelupo Fiorentino, 2003, pp.7-13.

13) Volume regesti, doc.13, in A. Cocchini, D. Forgione, M. Nucci, Il restauro della Villa medicea dell’Ambrogiana, tesi di laurea in Ingegneria Edile-Architettura, Università di Pisa, 2015.

179 Fig ur a 2 - Preesistenz e delle pr

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proprio come una di quelle strutture tipiche del XIII e XIV secolo definite “palagi”. Con il termine palagio si indicava un edifico caratterizzato da uno sviluppo prevalentemente orizzontale e, sovente, derivato dall’accrescimento planivolumetrico di una casa torre preesistente, ovvero una di quelle arcaiche abitazioni signorili del contado fiorentino del XI secolo. La possibilità che l’elemento primigenio potesse essere una torre “appa-lagiata” ci ha indotto a proseguire nella nostra accurata opera di ricerca sviluppando in modo ancora più approfondito il rilievo e realizzando una sistematica scansione termo-grafica dei prospetti della villa alla ricerca di qualche discontinuità nelle tessiture mu-rarie celate dall’intonaco (non potendo effettuare per ovvi motivi, delle stonacature).

Torre (XI-XII secolo)

La sovrapposizione grafica del piano terra e del piano interrato della villa dimostra una generale coerenza tra i due livelli. Si riscontra solo una evidente anomalia nel corpo ovest, dove al livello interrato sono presenti muri che non trovano continuità ai piani superiori, nonché un corridoio senza sfondo tra pareti molto massicce che si configura proprio come uno spazio di risulta dovuto a una preesistenza, in questo caso indivi-duabile nel vano adiacente (fig.2). Effettivamente il vano in questione, presente solo al piano interrato, ha una forma quadrata di dimensioni pari a 8 braccia x 8 braccia e, con le spesse murature che lo definiscono, si configura come l’impianto planivolumetrico di base di un’antica casa torre. Questi edifici erano caratterizzati da un’estrema semplicità: forma quadrata o rettangolare, rivestimenti murari di solito realizzati a bozze di pietra disposte secondo file regolari oppure con il basamento in pietra e le restanti parti in muratura di laterizio mista a pietre; un solo vano per piano e, di conseguenza, uno sviluppo prevalentemente verticale. Non dobbiamo immaginarci una torre dotata di caratteri militari, ossia di beccatelli o merlature, ma una semplice abitazione “a torre”, probabilmente dotata di un tetto a una o due falde e dall’aspetto simile agli edifici coevi del territorio.

Molti di questi edifici turriti furono inglobati, con il tempo, in più grandi e articolati edi-fici, i palagi, subendo rimaneggiamenti e alterazioni delle caratteristiche originarie. Dalle termografie effettuate sul prospetto ovest della villa, poco utili all’indagine a causa del cattivo stato di conservazione degli intonaci, non sono emerse invece evidenti tracce di discontinuità nel paramento murario esistente in corrispondenza della primigenia tor-re. Questo dato non nega però necessariamente quanto precedentemente affermato ma suggerisce che la torre potrebbe aver subito profondi rimaneggiamenti durante il fenomeno di “appalagiamento”14.

14) R. Stopani, Medievali “case da lavoratore” nella campagna fiorentina, Salimbeni, Firenze, 1978. R. Stopani, Medievali “case da signore” nella campagna fiorentina, Salimbeni, Firenze 1981. R. Stopani, “Case da padrone” L’edilizia signorile nella campagna toscana ai primordi della

mezzadria, FirenzeLibri, Reggello, 2001.

P. Pirillo, Forme e strutture del popolamento nel contado fiorentino, Voll. I-II, Olschki, Firenze, 2008. H. Burns, Castelli travestiti? Ville e residenze di campagna nel rinascimento italiano, in D. Calabi, E. Svalduz (a cura di), Il Rinascimento italiano e l’Europa, Volume VI. Luoghi, spazi, architetture, Colla,

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