Dopo la Riforma che ha portato alla chiusura dell’Opg di Montelupo, il numero di percorsi territoriali attivati utilizzando la Legge 81/2014 è notevolmente aumentato. L’impegno dei Servizi nell’assumere in cura, ed in carico, i pazienti autori di reato, favorendo i percorsi di uscita dall’Opg e dalla Rems e, soprattutto, evitando l’invio in Rems, è cresciuto notevolmente. La creazione della Struttura Organizzativa Complessa “Riabilitazione dei pazienti psichiatrici autori di reato” (RiPAR) all’interno del DSM, spe-cificamente deputata a supportare i Servizi territoriali nei contatti con la Magistratura, i Servizi Sociali di Esecuzione Penale Esterna del Ministero della Giustizia e con gli Istituti Penitenziari ha reso possibile intervenire in molti casi evitando invii nelle Rems. La me-desima struttura collabora per monitorare i percorsi attivati nella filiera delle strutture ed intervenire utilizzando i posti delle strutture intermedie, intercettando in maniera preventiva i detenuti, affetti da patologia mentale, pazienti presenti in Carcere fin nella fase di valutazione peritale allo scopo di individuare le soluzioni più adeguate. Allo stato attuale oltre 30 pazienti sono inseriti nelle strutture territoriali dei DSM, o in regime domiciliare, fruendo del regime di misura di sicurezza non detentiva di libertà vigilata. La maggior parte di essi è in Comunità Terapeutiche, Strutture Residenziali con vario livello di intensità di cura. Vi sono anche casi di inserimento in autonomia in alloggi supportati, in famiglia o in autonomia. Ciò dimostra come i Servizi territoriali stanno facendo la loro parte nel mettere a disposizione risorse e strutture in grado di soste-nere progetti terapeutici extraistituzionali che possono evitare il ricorso alla misura detentiva in Rems. Le risorse a disposizione non sono elevate ed il continuo rimaneg-giamento del personale e delle strutture organizzative del DSM mette a grave rischio la sostenibilità di tali progetti che richiedono intensità maggiore, monitoraggio continuo
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e relazioni frequenti con altri organi come le Forze dell’Ordine e il sistema giudiziario. Nel complesso, nei tre livelli testé descritti, nella sola USL Centro, oltre 55 utenti ri-sultano in misura di sicurezza: tale dato è comunque parziale, suscettibile di aumento in base ai flussi di ingresso nelle misure di sicurezza che appare in notevole crescita. Il tasso di prevalenza delle misure di sicurezza di Rems è di 1,5/100.000 (appare inferiore a quello nazionale relativo al 2015 pari a 1,7); quello relativo al complesso delle misure di sicurezza è di 3,43/100.000 (non vi sono dati nazionali a comparazione). Da notare che il numero delle persone in Opg in tutta la Regione Toscana non superava le 60 unità e i casi trattati sul territorio erano pochi.
Il loro trattamento rappresenta un carico di lavoro, ed un costo, elevato e specifico poiché le sole Rems e strutture di sicurezza hanno un costo che supera i 300,00 € al giorno.
La libertà vigilata applicata dai Giudici delle Indagini Preliminari spesso prevede, quasi esclusivamente, l’obbligo di residenza in una struttura, ed il rispetto del programma te-rapeutico, ma lascia ampi margini di libertà di adesione da parte del paziente. In effetti, fatto salvo l’obbligo di fissare dimora nella struttura e di non uscire negli orari notturni, la persona deve aderire volontariamente al percorso di cura: laddove il domicilio è fissato presso una struttura terapeutica, il programma dovrà prevedere momenti di uscita e di realizzazione di percorsi di trattamento esterni alla struttura. Non appare risolta la questione di cosa accada, e con quali modalità, nel momento di un mancato rispetto delle prescrizioni da parte delle persona, cioè se si debba prevedere obbliga-toriamente l’inasprimento della misura di sicurezza e l’invio in Rems.
Si sono già verificati casi di “allontanamenti” di pazienti dalla struttura individuata per la realizzazione del percorso terapeutico e dove essi erano stati collocati con la misura della libertà vigilata. Pur segnalando tali comportamenti alle Forze dell’Ordine, ed al Magistrato di competenza, nessuna misura in tempi brevi può essere adottata e la stes-sa misura di aggravamento possibile prevede l’invio in Rems con la misura detentiva, misura che non sarà eseguibile in tempi brevi e provvederà solo ad alimentare ulterior-mente l’elenco delle misure non eseguibili, o “lista di attesa”.
Il turnover della Rems funziona in maniera egregia ma la domanda di applicazione di misure di sicurezza, anche di invio in Rems, è sensibilmente cresciuta in questa prima fase di applicazione.
I tempi di permanenza all’interno del sistema si allungano notevolmente: è una sorpre-sa scoprire come vi siano casi di pazienti dimessi anni fa dall’Opg che si trovano ancora in una misura di sicurezza. Raramente si osserva che tali prolungamenti di misura sono scaturiti da reati commessi mentre, sempre con maggiore frequenza, il mantenimento di tale misura è determinato da fattori di trasgressione alle regole, di mancata “com-pliance” alla terapia, di allontanamento dalla struttura individuata.
Il rapporto con i Consulenti Tecnici (CTU) e il sistema Giudiziario presenta aspetti che spesso determinano difformità di interpretazione e di opinione. La diagnosi, sia psichia-trica che forense, che sostiene la valutazione della imputabilità, rappresenta l’attributo che fa “transitare-slittare” la persona autore di reato dal sistema sanzionatorio della pena detentiva a quello della misura di sicurezza e, di conseguenza sanitario, eseguite nelle strutture Rems o territoriali. La formulazione della diagnosi psichiatrica del
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sulente, la valutazione della capacità di intendere e volere, che determina la imputabilità della persona, la valutazione della pericolosità sociale, tutti compiti affidati da parte del Giudice al CTU, in alcuni casi non collimano con le valutazioni ed opinioni dei Servizi che hanno in cura la persona. Poiché dalla valutazione del perito scaturisce la inevita-bile delega che ricade sul Servizio, è indispensainevita-bile che i Servizi stessi siano coinvolti direttamente nelle più precoci fasi del procedimento.
Una citazione particolare deve essere fatta al problema degli stranieri, per gran parte privi di permesso di soggiorno, irregolarmente immigrati e senza alcun riferimento familiare o sociale sul territorio. La USL Centro copre un territorio dove sono presenti due grandi città, Firenze e Prato, con una notevole quota di stranieri, spesso immigrati. Solo nel corso del 2017 si sono verificati 12 casi di persone di altra nazionalità, gran parte privi di permesso di permanenza, cui è stata applicata misura di sicurezza. La gestione del futuro di tali persone, diventa problematica per la mancanza di pregressi contatti con i Servizi del territorio, di validi legami familiari, di documenti personali. Una citazione a parte, ma strettamente collegata alle misure di sicurezza, spetta al Car-cere. La presenza di un numero elevato di persone detenute, con problemi psichici, di varia gravità e consistenza, richiede una costante presenza dei Servizi di Salute Mentale. Dagli Istituti penitenziari proviene una buona parte (almeno un terzo) delle persone che entrano nel sistema di trattamento dei pazienti in misura di sicurezza e la stragran-de maggioranza di tali persone è rappresentata dagli stranieri immigrati.
La necessità di dare adeguate cure a tali persone non potrà che prevedere anche ina risposta sul piano assistenziale, abitativo e lavorativo. Dovranno essere attivate idonee soluzioni e la ricerca di legami familiari o sociali validi, sul territorio di origine o altrove, per poter effettivamente includere tali persone, spesso giovani, con abuso di sostanze, isolati nel nostro territorio ma spesso con legami familiari presenti in altri Paesi. Complessivamente il sistema sta funzionando poiché, detto da chi ci ha lavorato con poche risorse e l’obbligo di fornire comunque una risposta, la Rems di Volterra sta comunque assicurando un intervento terapeutico mirato alle esigenze delle persone ed in un ambiente che in ogni caso è sanitario, non custodiale, e orientato alla cura e riabilitazione. Se ne valutano, e verificano, gli esiti dei trattamenti attuati allorché si attua un passaggio alle strutture intermedie. Le strutture intermedie sono costantemente impegnate a tempo pieno e posti letto sostanzialmente sempre occupati al massimo. Il territorio, come mostrano i numeri elencati, ha fornito risposte adeguate accogliendo, dove possibile e nelle strutture disponibili, un numero sempre più crescente di persone in libertà vigilata. Restano sicuramente molti problemi ancora da risolvere e prassi e procedure da mettere a punto.
Le riforme “epocali”, e la chiusura degli Opg lo è stata certamente, non si concludono in un tempo ristretto, dopo i provvedimenti attuati, ma richiedono un tempo adeguato, (certamente non un “epoca”), attenzione e lavoro costante, per apportare le necessa-rie modifiche, collegate inevitabilmente ad un rimodellamento di norme e prassi che, se avevano un valore ed u efficacia nel sistema pregresso, devono essere riformulate in ragione delle novità apportata. La chiusura degli Opg, doverosamente perseguita da tempo ed infine attuata, comporta la costruzione di un sistema che dia una risposta effettivamente de-istituzionalizzante al trattamento “senza mura” delle persone,
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tatrici di malattia mentale cui è applicata una misura di sicurezza, sistema cui devono partecipare tutte le componenti sociali.
L’impressione che tale compito sia stato ribaltato solo sulla Salute Mentale e tale ten-denza, se persiste, non può che portare ad un rischio di crollo e di fallimento laddove si raggiungono “limiti” oltre i quali occorre definire l’attribuzione della competenza ad agire, in collaborazione e cooperazione, ad altri interlocutori più adatti e competenti rispetto ai bisogni di controllo, di valutazione, di intervento.
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Copertina del volume Pazzi di libertà. Il Teatro dei Chille a 40 anni dalla Legge Basaglia (2018),
Il volume risponde con una riflessione sulla residenza teatrale a San Salvi, l’ex-città manicomio di Firenze, a 40 anni dalla legge Basaglia.
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