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sofferenze 53.7% 49.2% 36.7% 35.5% 37.9% 0.0% 10.0% 20.0% 30.0% 40.0% 50.0% 60.0%

106 Dalla lettura dei dati riportati da un’analisi complessiva svolta da Banca d’Italia notiamo che Carismi alla fine si mantiene in linea con quanto rilevato per la categoria di banche a cui appartiene (small bank).

Infatti, Banca d’Italia sostiene che nell’ultimo trimestre del 2014 il flusso di nuove sofferenze e quello del complesso dei crediti deteriorati sono risaliti in rapporto ai prestiti.

L’interruzione del miglioramento nella qualità del credito è dovuta sia al protrarsi della debolezza dell’attività economica nel corso del 2014, sia al recepimento nei bilanci bancari dei risultati della revisione della qualità degli attivi (asset quality review, AQR). Informazioni preliminari indicano che i flussi di nuove sofferenze sarebbero

rimasti sostanzialmente stabili nel primo trimestre del 201560.

Tabella – Qualità del credito

Continua la crescita dei crediti deteriorati: infatti, alla fine del 2014 la consistenza di prestiti deteriorati per il totale delle banche era pari al 17,7% dei prestiti (10% per le sole sofferenze); per i primi cinque gruppi era del 18,5% (10,7% per le sofferenze).

Nonostante ciò, i tassi di copertura continuano ad aumentare: Il tasso medio di copertura dei prestiti deteriorati (il rapporto tra ammontare delle rettifiche e valore delle esposizioni lorde) è salito nel secondo semestre del 2014, dal 42,4% al 44,4%; per i

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primi cinque gruppi ha raggiunto il 46,6%. Per le banche minori i tassi di copertura sono inferiori alla media, in ragione della quota più ampia di prestiti assistiti da garanzie.

Tali analisi indicano che per le banche minori le eccedenze di capitale rispetto ai minimi regolamentari più che compensano il più basso livello di copertura dei crediti deteriorati61.

Tabella – Tassi di copertura

Nei comunicati stampa in cui hanno risposto alla Consob le banche hanno fornito al mercato alcune grandezze ritenute interessanti.

 Unicredit ha ricordato che al 30 settembre le sofferenze lorde si attestavano a 50,6 miliardi di euro, in calo di circa il 3% rispetto al valore di inizio anno. Alla stessa data il tasso di copertura delle sofferenze era

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108 pari al 61,4%. Di conseguenza, le sofferenze, al netto delle riserve, ammontavano al 19. 5 miliardi di euro, in calo rispetto a dicembre 2014;

 Mps: sì è invece limitata a segnalare che non ha registrato alcun elemento di novità rispetto ai dati diffusi nel contesto dell'approvazione dei dati trimestrali al 30 settembre 2015;

 La popolare dell'Emilia Romagna: ha evidenziato che al 30 settembre 2015 il Common equity Tier 1 ratio pro-forma phased in era pari al 12,04%, in ulteriore miglioramento di circa 80 punti base rispetto fine 2014. Inoltre, sempre a fine settembre, il livello di copertura sui crediti deteriorati complessivi risultava pari al 42,1%;

 Mediobanca: ha precisato che al 30 settembre le esposizioni non performing ammontavano a 1,13 miliardi di euro e rappresentavano il 3,5% degli impieghi ed hanno un'incidenza sul Common equity Tier 1 del 15%. Alla stessa data il Common equity Tier 1 è pari al 12,5%, rispetto al minimo richiesto in sede SREP del 8,75%;

 Intesa Sanpaolo: ha comunicato che al 30 settembre 2015 i crediti in sofferenza lordi si attestavano a 38,97 miliardi di euro e le relative rettifiche di valore erano pari a 24,48 miliardi, con un grado di copertura specifico pari al 62,8%. Conseguentemente, le sofferenze nette erano pari a 14,48 miliardi di euro, con un'incidenza sui crediti complessivi pari al 4,2%. Alla stessa data il Common equity Tier 1 Ratio era pari al 13,4%;

 Credem: ha ricordato che al 30 settembre 2015 l'istituto presentava un'incidenza delle sofferenze nette su in piedi netti pari all'1,69% e un'incidenza delle sofferenze lorde su in piedi lordi pari al 4,1%. Alla stessa data l'incidenza del totale crediti problematici netti sugli impieghi netti era pari al 3,8%. Sempre al 30 settembre 2015 il Common equity Tier 1 ammontava al 13,64%, rispetto al 7% richiesto;

109  Il Banco popolare ha ricordato che al 30 settembre 2015, i flussi netti in ingresso di credito deteriorato hanno registrato un decremento del 56% rispetto all'anno precedente e come lo stock di crediti deteriorati sia atteso in ulteriore contrazione. Alla stessa data la banca evidenziava un Common equity Tier 1 phase-in pro-forma pari al 13,4% (pro-forma fully-loaded 12,8%) rispetto al minimo richiesto in sede SREP del 9,55%;

 La popolare di Sondrio: ha ricordato che al 30 settembre il rapporto fra non performing loans lordi e totale crediti alla clientela ammontava al 15,31%, con un grado di copertura del 45,12%. Alla stessa data il Common equity Tier 1 ratio era pari al 10,25% calcolato secondo la normativa transitoria e al 10,11% calcolato secondo i criteri a regime (rispetto al minimo richiesto in sede SREP del 9,25%);

 Ubi banca: infine, ha ricordato che al 30 settembre il rapporto fra non performing loans tali lordi e totale impieghi ammontava il 15,5% (il più basso tra le maggiori banche italiane), mentre il CET1 era pari al 13% (rispetto al minimo richiesto in sede SREP del 9,25%).

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Conclusioni

Il nostro Paese, a differenza di altri stati europei, ha visto uno sviluppo abbastanza tardivo del sistema bancario e finanziario. Agli inizi, l’attività bancaria non possedeva una specifica legislazione, poiché si era convinti che le regole del mercato fossero una regolamentazione più che sufficiente.

Altro elemento da considerare è l’insieme di interessi coinvolti: infatti, l’impresa bancaria può essere vista come l’unione di una vastità di interessi di più ampia portata rispetto a quella che solitamente è coinvolta in imprese che operano in altri settori.

La funzione economica tipica dell’istituto bancario consiste nella necessità di coniugare le richieste dei soggetti economici che presentano surplus monetario con quelle dei soggetti che, invece, ne difettano, ponendosi come controparte di ciascuno di essi (intermediazione creditizia).

Con lo svilupparsi della crisi, però, i prestiti delle banche italiane al settore privato hanno subito un rallentamento, e contemporaneamente, gli intermediari hanno inasprito le condizioni per la concessione dei finanziamenti divenendo più selettive. Così la crisi in Italia si è sovrapposta, in modo aggravato, a quella reale.

Una situazione di questo tipo ha indotto le banche a prendere in considerazione il fatto di dover necessariamente intervenire nel tentativo di riconquistare il gradimento dei risparmiatori poiché, come in qualsiasi altro settore dell’economia, esse stesse devono fare i conti con le ripercussioni commerciali derivanti dall’insoddisfazione dei clienti. È nelle prerogative delle banche, infatti, riconquistare un rapporto di fiducia con i propri interlocutori, rapporto ampiamente deteriorato con i comportamenti non sempre esemplari degli istituti di credito.

I pesanti effetti della crisi hanno colpito anche le imprese, soprattutto il segmento delle PMI, accentuando il loro difficile rapporto con le banche. La causa principale è stata l’effetto combinato delle riduzioni di liquidità e dell’aumento della domanda di credito, difficile da soddisfare visto il deteriorarsi delle condizioni economiche delle imprese. In aggiunta a questo, venivano richieste più garanzie (difficili da offrire per le imprese) e tassi di interesse maggiori, in base al grado di rischio a cui gli affidamenti erano esposti.

In un contesto generale segnato da fortissima riduzione della domanda di credito per investimenti e da una significativa crescita dei livelli di rischiosità dei prenditori di

111 fondi, l’economia nazionale è comunque rimasta sostenuta grazie al sistema creditizio, provando ad attenuare gli effetti prodotti dalla crisi. Inoltre, hanno contribuito, in maniera positiva, le iniziative dell’industria bancaria italiana per supportare le condizioni finanziarie delle imprese più deboli e gli interventi pubblici per l’agevolazione del credito. Infatti, per quanto riguarda l’accesso al credito, sono stati potenziati il Fondo di Garanzia (1,6 miliardi di euro) e il Fondo Rotativo(785 milioni di euro) con l’obiettivo di sostenere l'innovazione e l'internazionalizzazione.

Secondo la nuova regolamentazione, l’assorbimento di capitale corrispondente ai finanziamenti alle PMI dipende dal sistema di rating utilizzato dalla banca (Standard o IRB) e dalla categoria in cui vengono classificate (Corporate o Retail). Tuttavia, gli Accordi di Basilea comportano il pagamento di premi al rischio commisurati alla rischiosità del business proprio dell’impresa. Nel passato, invece, le PMI si trovavano spesso escluse dall’accesso al credito, anche a causa della mancata capacità delle banche di misurare in modo corretto i rischi e di tutelarsi per far fronte alle eventuali perdite.

La necessità di un nuovo quadro regolamentare diviene evidente dopo gli avvenimenti della recente crisi finanziaria: infatti, si cerca di eliminarne le cause attraverso tali nuovi provvedimenti. La nuova regolamentazione si focalizza su vari settori: inasprimento dei requisiti patrimoniali, copertura dei rischi leverage e l’introduzione dei nuovi requisiti di liquidità.

Basilea 3 comporta un ambiente finanziario più stabile per le banche. Quando queste ultime saranno capaci di gestire nel miglior modo i rischi, a quel punto dovranno affrontare un minor numero di default, e, se si dovessero presentare, saranno capaci di far fronte alle eventuali perdite.

Nel Novembre 2013 la Banca Centrale Europea (BCE) e l’Autorità Bancaria Europea (EBA) hanno stabilito degli importanti parametri per lo sviluppo del progetto di un’Unione Bancaria Europea attraverso l’esame sui bilanci delle principali banche della zona euro.

Il Regolamento UE n. 1024/2013 del 15 ottobre 2013 ha attribuito alla BCE compiti specifici in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi, in cooperazione con le autorità di vigilanza nazionali dei Paesi partecipanti.

Infatti, dopo oltre 30 anni caratterizzati da cambiamenti importanti ma in ottica di continuità con la situazione precedente (ad esempio Basilea 2 e Basilea 3),

112 l’introduzione del Single Supervisory Machanism (SSM) rappresenta un momento storico di discontinuità dell’evoluzione normativa bancaria.

In conseguenza a ciò, l’Autorità bancaria europea (ABE) ha elaborato degli Implementing Technical Standard (ITS) relativi ai crediti deteriorati, successivamente adottati dalla Commissione europea con il regolamento UE n. 227/2015.

Si è voluto, poi, prendere in esame una realtà bancaria specifica per verificare se l’andamento delle esposizioni deteriorate risultino essere in linea con quanto rilevato da Banca d’Italia.

In particolare, ci siamo concentrati su un periodo specifico e, allo stesso tempo, significativo: 2010-2015. Infatti, nel 2013 è stata introdotta una nuova disciplina che ha permesso di poter rivedere internamente il credito e di poter intervenire tempestivamente per evitare che esso diventi non performing.

Concludendo, il monitoraggio imposto dalla Banca Centrale ha permesso alle banche di poter cogliere l’upgrading nel momento in cui si verifica e di poter ristrutturare tempestivamente le posizioni: infatti, alcune potranno essere sanate e confluire nelle performing loan, altre invece, non potranno avere il medesimo trattamento e quindi andranno nelle varie classi di downgrading.

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