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I meccanismi implicati nella genesi dei disturbi cognitivi in corso di SM sono numerosi (infiammazione/demielinizzazione, danno neuronale/assonale, stress ossidativo, danno della BEE ed alterazioni della perfusione e del metabolismo cerebrali, con conseguente compromissione delle connessioni cortico-corticali e cortico-sottocorticali), inoltre, le alterazioni al neuroimaging (anomalie corticali, ippocampali, della SB sottocorticale, atrofia talamica e dei nuclei della base etc.) alle quali più frequentemente viene attribuita la compromissione cognitiva, spesso si riscontrano anche nei soggetti con SM ma “cognitivamente normali”.

La SM, tradizionalmente considerata una malattia infiammatoria demielinizzante, è anche caratterizzata da un importante danno e perdita assonale che è poi il parametro maggiormente correlato alla disabilità permanente. Senza dubbio il danno e la successiva perdita assonale contribuiscono in maniera significativa anche al declino cognitivo irreversibile spesso osservato nella SM. L’assone privo di guaina mielinica e dei fattori trofici gliali circostanti è più suscettibile alla degenerazione specie quando elettricamente attivo (Nave and Trappe, 2008); le cellule infiammatorie inoltre sembrano contribuire al danno assonale. La demielinizzazione poi comporta una redistribuzione dei canali ionici lungo l’assone, un danno mitocondriale con conseguente stress ossidativo e compromessa produzione di energia (Haider et al., 2011) ed una disregolazione dell’omeostasi del ferro. La presenza di danno assonale anche nella NAWM, invece, potrebbe in parte essere giustificata come degenerazione assonale retrograda (Walleriana) originata a partire da lesioni attive in strutture come il corpo calloso e, in parte, più che dovuta alla perdita di mielina di per sé, a fattori citotossici solubili, ad una eccitotossicità mediata dal glutammato oppure ad un danno immunomediato.

La visione secondo la quale l’infiammazione è la sola causa della degenerazione assonale e neuronale è però stata rivista. Studi di risonanza magnetica e spettroscopia hanno evidenziata una scarsa correlazione tra la presenza di lesioni captanti gadolinio (marker di infiammazione) e l’atrofia cerebrale e midollare (marker di neurodegenerazione) (Filippi and Rocca, 2005; Anderson et al., 2006). Studi di neuropatologia hanno mostrato una notevole perdita assonale anche nella normal appearing white matter (NAWM) quindi indipendente dal danno assonale da

32 demielinizzazione. Il danno assonale, inoltre, è stato osservato anche nelle placche inattive suggerendo che la demielinizzazione cronica può rendere gli assoni particolarmente vulnerabili. Nella corteccia cerebrale di pazienti con SM cronica, infine, sono stati osservati processi di demielinizzazione ed associata degenerazione neuronale ed assonale, in assenza di infiltrato infiammatorio linfocitario. Queste osservazioni suggeriscono che nella SM la neurodegenerazione si può realizzare indipendentemente dall’infiammazione ed addirittura potrebbe essere il danno primario a carico del SNC in questa malattia (Trapp and Nave, 2008).

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Ruolo della RMN nei disturbi cognitivi

Oltre alle classiche lesioni iperintense in T2 ed ipointense in T1 (black holes, espressione di danno tissutale cronico con perdita assonale) a carico della sostanza bianca tipicamente periventricolare, spesso già all’esordio della malattia è possibile riscontrare, mediante particolari sequenze di RMN, fluid attenuated inversion recovery (FLAIR) e double inversion recovery (DIR), lesioni della sostanza grigia (nuclei cerebrali profondi e corteccia cerebrale).

Sequenze DIR di RM hanno una più alta sensibilità per le lesioni corticali, il numero e il volume delle quali si è mostrato in stretta correlazione con il deficit cognitivo, tuttavia tale tecnica di RM spesso presenta artefatti ed è poco sensibile nella rilevazione delle lesioni subpiali che sono il tipo di lesione corticale più frequente e specifico in corso di SM.

La correlazione tra il carico lesionale, ovvero le lesioni iperintense in T2 (numero delle lesioni e volume totale) e la comparsa di deficit cognitivi è risultata modesta, nella migliore delle ipotesi (Filippi et al., 2010), mentre non è stata trovata alcuna correlazione tra il volume totale delle lesioni e la gravità dei disturbi cognitivi (Karlińska et al., 2008). Se le lesioni in T2 non sembrano avere quasi nessuna correlazione con il deficit cognitivo in corso di SM-RR, Penny et al., nel 2010, hanno mostrato come invece siano il miglior fattore predittivo di deficit cognitivo a cinque anni, nei pazienti con SM-PP (probabilmente attraverso meccanismi di disconnessione). Il volume delle lesioni ipointense in T1 (registrabili quando ormai si è realizzato un danno tissutale severo) al baseline è in grado di predire, nei pazienti con CIS, il grado di deficit delle funzioni esecutive a sette anni (Summers et al., 2008) e, nei pazienti con SM-RR, una peggior performance ai test di attenzione dopo cinque anni (Summers et al., 2008).

Ulteriori studi sono necessari per valutare se la presenza di lesioni captanti gadolinio influenzi o meno le prestazioni cognitive dei pazienti con SM. Benedict et al. nel 2014 hanno osservato un gruppo di pazienti con ricaduta di malattia (senza coinvolgimento del nervo ottico o degli arti superiori) e con lesioni attive alla RM nel 93% dei casi; il punteggio ottenuto all'esecuzione del SDMT (Symbol Digit Modalities Test) che valuta attenzione sostenuta e velocità di elaborazione delle informazioni, risultava peggiore durate la riacutizzazione rispetto al baseline e al punteggio ottenuto ripetendo il test a tre mesi di distanza.

34 Altro parametro fondamentale è l’atrofia, non solo a carico di strutture della sostanza bianca come il corpo calloso ma anche a livello di strutture della sostanza grigia come talamo, nucleo caudato, ippocampo e corteccia cerebrale. L'interessamento della sostanza grigia, come appena detto, non è solo corticale ma riguarda anche le strutture profonde, inoltre, diversi pattern di distribuzione del danno a carico della sostanza grigia corrispondono a deficit cognitivi associati a diversi fenotipi clinici di SM: l'atrofia della sostanza grigia ha un pattern di distribuzione maggiore nei pazienti con SM-SP rispetto alle forme RR e PP (Riccitelli et al., 2011). Alcuni studi hanno mostrato come il danno in aree strategiche, ad esempio talamo e putamen, si associano a presenza e severità del deficit cognitivo sin dagli stadi precoci della malattia; il danno dell'ippocampo, invece, si associa principalmente a deficit della memoria.

Vari studi hanno cercato di individuare il contributo rispettivo della sostanza bianca e grigia nelle alterazioni neuropsicologiche in corso di SM, concludendo che l'atrofia della SB è più spesso associata con la velocità dei processi mentali e la working memory, mentre la SG con la memoria verbale, l'euforia e la disinibizione (Sanfilipo et al., 2006). I meccanismi dell’atrofia sono molteplici e non del tutto chiariti. La degenerazione retrograda assonale è strettamente correlata alla demielinizzazione infiammatoria ma altre condizioni, ad esempio la patologica deposizione di ferro a livello delle strutture della sostanza grigia sembra indipendente. Ulteriori studi sono necessari per meglio chiarire la relazione tra atrofia corticale e lesioni della sostanza bianca e grigia. Molti studi hanno già dimostrato come la perdita di sostanza grigia sia maggiore nelle regioni vicine alle aree in cui si formano lesioni in T2, verosimilmente per un fenomeno di degenerazione secondaria ma probabilmente ancora più importante e tutto da chiarire è il rapporto esistente tra anomalie diffuse della sostanza grigia e lesioni corticali.

Più che il carico lesionale, pertanto, correlano fortemente con il deficit cognitivo i marcatori neuroradiologici di atrofia come l’aumento di larghezza del terzo ventricolo (indice di ridotto volume dei nuclei talamici e/o della sostanza bianca posta lateralmente, ovvero di atrofia centrale) e la riduzione globale del volume cerebrale (whole brain atrophy) a carico di sostanza bianca e grigia. Nei pazienti con SM, inoltre, è possibile trovare una atrofia più settoriale che si associa a deficit cognitivi più specifici.

35 A differenza degli altri deficit neurologici, la compromissione cognitiva non sembrerebbe associata a specifiche lesioni focali, ma piuttosto ad una alterazione strutturale e funzionale globale dell'encefalo. Alcuni studi, tuttavia, hanno osservato l'esistenza di una relazione tra la distribuzione topografica delle lesioni e specifici pattern di deficit cognitivo. La presenza, ad esempio, di lesioni nell'area frontale comporta una compromissione delle funzioni esecutive (es. capacità di risolvere problemi), dell’attenzione sostenuta, più precisamente l’interessamento del lobo lobo sinistro correla con la memoria verbale e la fluenza verbale, l’atrofia del lobo destro, invece, con un deficit della memoria visiva e della working memory. Lesioni dell'area parieto-occipitale sinistra si associano alla compromissione delle abilità visuospaziali e della memoria verbale (Swirsky-Sacchetti et al., 1992), lesioni della fossa posteriore ad un rallentamento dei processi mentali; l’accumulo di lesioni corticali a livello temporo-mesiale compromette la memoria episodica.

Altro aspetto neuroradiologico di rilievo, nell’ambito del declino cognitivo in corso di SM, è la normal appearing white matter (NAWM) che può essere apprezzata mediante sequenze particolari di RM. La DTI (diffusion tensor imaging) è una tecnica RM con tensore di diffusione che consente di ottenere immagini tridimensionali analizzando il movimento delle molecole d’acqua presenti nei tessuti, così da mappare tridimensionalmente la SB mediante trattografia. L'anisotropia frazionale (FA), misura derivata dalla DTI, riflette il grado di integrità delle fibre della sostanza bianca e, in vari studi, ha mostrato una correlazione con la performance cognitiva. Particolarmente significativo si è dimostrato il ruolo del danno a carico delle fibre del corpo calloso, specie nella sua parte anteriore, con conseguente disconnessione delle regioni prefrontali implicate in processi cognitivi come la memoria operativa e le funzioni esecutive (Llufriu et al., 2012). La MTr (Magnetization transfer ratio-rapporto del trasferimento di magnetizzazione), una particolare acquisizione di RM principalmente determinata dal contenuto di mielina nel tessuto ed indice sensibile di integrità assonale, si è dimostrato un fattore più importante del volume cerebrale, del volume totale delle lesioni in T2 e delle lesioni corticali, nel determinare la compromissione cognitiva (Filippi et al., 2000), inoltre, misurato negli stadi precoci della malattia è un fattore predittivo di deficit cognitivo dopo pochi anni (Summers et al., 2008). Mediante RM spettroscopica, inoltre, si è potuta dimostrare l'esistenza di una relazione tra deterioramento cognitivo e riduzione di N-acetilaspartato (marker di integrità neuronale), soprattutto in alcune

36 aree cerebrali quali sostanza bianca dei lobi frontali, attorno ai corni occipitali dei ventricoli laterali, parte anteriore della corteccia del cingolo, locus coeruleus destro, quest'ultimo in particolare in associazione a deficit dell'attenzione (Gadea et al., 2004; Staffen et al, 2005).

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Test Neuropsicologici nella Sclerosi Multipla

La BRB-N (Brief Repeatable Battery of Neuropsychological Tests), sviluppata e validata da Rao nel 1991, è una batteria di test neuropsicologici frequentemente impiegata per testare le funzioni cognitive nei pazienti con SM, può essere somministrata in circa 45 minuti e, nella versione rivista, contiene:

- Symbol Digit Modalities Test (SDMT): viene presentata al soggetto una matrice di nove numeri cui sono associati nove simboli diversi ed al paziente viene chiesto di attribuire il numero corrispondente a tutti i simboli mostrati nella parte inferiore del foglio in maniera casuale, nel più breve tempo possibile (per una durata totale di 90 secondi). Valuta l'attenzione sostenuta e la velocità di elaborazione (visiva) delle informazioni.

- Selective Reminding Test (SRT): dopo la prima lettura completa di una lista di parole da parte dell'esaminatore e la prima rievocazione parziale da parte del soggetto, l'esaminatore ripete solo quelle parole della lista che non sono state rievocate dal soggetto nella prova precedente, mentre il soggetto deve sempre cercare di ripeterle tutte. Valuta la memoria verbale ed il richiamo tardivo;

- 10/36 Spatial Recall Test (SPART): il test è composto da una scacchiera vuota e 10 gettoni neri. Al soggetto viene chiesto di rievocare la corretta configurazione di gettoni che gli era stata mostrata precedentemente dall’esaminatore. La prova è suddivisa in 4 fasi: 3 fasi di rievocazione immediata (per ognuna delle quali viene ripresentata la configurazione modello per 10 secondi) ed una di rievocazione differita (in assenza di presentazione del modello) a distanza di 15 minuti. Studia la memoria visuo-spaziale a breve e lungo termine;

- Paced Serial Addition Test (PASAT): vengono presentati oralmente dei numeri ad un ritmo di un numero ogni 2 o 3 secondi; il soggetto deve sommare ogni numero al precedente. Valuta l’attenzione sostenuta, la velocità di elaborazione delle informazioni (uditive) e la working memory;

- Word List Generation (WLG) per valutare il recupero semantico e la fluenza verbale.

Questa batteria di test ha una sensibilità del 71% ed una specificità pari al 94% nell'individuare pazienti con disturbi cognitivi (Bever et al., 1995), tuttavia, non valuta le capacità visuo-spaziali e le funzioni esecutive, pertanto, nel 2002 è stata

38 elaborata una batteria nota come MACFIMS (Minimal Assessment of Cognitive Function in MS), della dura di circa 90 minuti che, rispetto alla BRB-N, prevede: - BVMTR (test della memoria visuo-spaziale breve-rivisto; al posto della SPART): sei tavole stimolo alternative contenenti sei figure disposte in una griglia 2x3 vengono presentate al paziente che, in tre trial di apprendimento, osserva la pagina stimolo per 10 secondi e poi deve disegnare quante più figure possibile nella loro posizione corretta in una pagina vuota. Dopo 25 minuti si effettua una rievocazione. Al termine, si effettua una prova di riconoscimento, in cui viene chiesto al soggetto di identificare le figure stimolo tra 12 figure presentate.

- California Verbal Learning Test-II (al posto della SRT): si presenta al soggetto una lista di 16 parole. Viene poi richiesta una duplice rievocazione immediata (una subito dopo la lettura, l’altra dopo aver distratto il paziente con una lista di interferenza). Si richiede di dividere le parole per categorie e poi vi è una rievocazione dopo 20 minuti, inoltre, si richiede di riconoscere le parole appartenenti alla lista inserite in una lista di distrattori. Valuta la memoria verbale immediata e differita.

- JLO (Judgment of Line Orientation test) per la processazione spaziale: vengono mostrate al soggetto 30 tavole sulle quali sono disegnate due linee con diversa inclinazione. Il soggetto deve confrontare le inclinazioni delle linee presenti su ogni tavola, con un modello sul quale sono rappresentate tutte le inclinazioni possibili, disposte a raggiera.

- D-KEFS (Delis– Kaplan Executive Function System) per valutare le funzioni esecutive (flessibilità mentale, pensiero astratto, creatività, pianificazione, risoluzione di problemi).

Dal momento però che tali batterie di test devono essere somministrate da personale esperto non sempre disponibile sopratutto presso i piccoli Centri, Langdom et al. hanno proposto una più breve valutazione cognitiva definita BICAMS (Brief International Cognitive Assessment for Multiple Sclerosis), della durata di circa 15 minuti, comprensiva di Symbol Digit Modalities Test, le prime cinque prove di richiamo del California Verbal Learning Test-II e le prime tre prove di richiamo del BVMTR.

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Terapia dei disturbi cognitivi

Poiché la compromissione cognitiva non rientra tra i criteri diagnostici di SM e anzi, solo negli ultimi anni è stata riconosciuta come un aspetto disabilitante della malattia, l'aspetto cognitivo è stato poco indagato negli studi clinici di fase 3.

Gli effetti dei DMTs sul quadro cognitivo non sono stati adeguatamente studiati e presentano forti limitazioni metodologiche anche se nella maggior parte dei casi sembrano mostrare effetti positivi e, il risultato principale, considerando gli studi che hanno coinvolto pazienti con CIS o SM-RR, è che il trattamento precoce della SM dovrebbe preservare le funzioni cognitive e ritardarne la compromissione.

Lo studio più attendibile è quello condotto da Fischer et al., per valutare gli effetti cognitivi dell'IFN-β1a i.m, in uno studio multicentrico di fase III, controllato, randomizzato, in cui una serie completa di test neuropsicologici è stata somministrata (al baseline e dopo 104 settimane, ed una più breve batteria, ogni sei mesi) ad un gruppo di 166 pazienti con SM-RR. Pur tenendo conto del fatto che solo il 60% della coorte ha completato la valutazione, risultati positivi sono stati ottenuti per i test riguardanti la processazione delle informazioni, l'apprendimento/memoria, le capacità visuo-spaziali e la risoluzione dei problemi.

Nello studio COGIMUS si è concluso per effetti benefici sulle funzioni cognitive globali valutate mediante BRNB, di dosi maggiori (44 ug vs 22 ug) di IFN-β1a s.c. 3 volte a settimana (Patti et al., 2010). L’estensione a cinque anni dello studio di fase 3 BENEFIT ha mostrato come, in pazienti con CIS, coloro che hanno iniziato precocemente un trattamento con IFN-β1b hanno mostrato una performance migliore nell’esecuzione del PASAT rispetto a quelli che hanno iniziato più tardi la terapia (Penner et al., 2012). L’ IFN-β1b, inoltre, ha mostrato di ritardare la progressione del declino cognitivo in pazienti con SP-SM (Cohen et al., 2002). Il glatiramer acetato non ha mostrato effetti positivi significativi, nemmeno nel follow-up a lungo termine (Schwid et al., 2007).

Iaffaldano et al., in uno studio osservazionale prospettico open-label, hanno dimostrato che la terapia con Natalizumab a breve termine (2 anni) può migliorare significativamente la performance cognitiva (valutata mediante la Rao’s Brief Repeatable Battery, lo Stroop test e il Cognitive Impairment Index) e la fatica (valutata mediante Fatigue Severity Scale ) in pazienti con SM-RR.

40 In seguito, nel 2015, Mattioli et al. hanno pubblicato un lavoro in cui riportano gli effetti del Natalizumab su 24 pazienti con SM-RR, trattati senza interruzione per tre anni, valutati annualmente, dimostrando oltre ad una stabilità dell' EDSS ed ad una riduzione del tasso annualizzato di ricadute (ARR) rispetto al baseline, un significativo miglioramento delle prestazioni neuropsicologiche riguardanti la memoria, l'attenzione e le funzioni esecutive; i dati preliminari di RM, inoltre, hanno evidenziato assenza di cambiamenti nel volume della sostanza grigia a tre anni ed una densità significativamente maggiore della sostanza grigia paraippocampale e prefrontale.

Vari studi poi sono stati condotti su farmaci sintomatici. Sebbene il deficit colinergico non si è dimostrato di primaria importanza nel deficit cognitivo da SM, è stata ben documentata una riduzione di volume dell’ippocampo che correla specificamente con il deficit di memoria (Sicotte et al., 2008). Krupp et al. hanno condotto uno studio in doppio cieco placebo-controllato con donepezil (10 mg/die) per 24 settimane rilevando un miglioramento nelle performance della memoria nei pazienti che assumevano il farmaco. La rivastigmina, invece, non ha fornito risultati significativi, mentre la memantina si è mostrata inadatta per i pazienti SM a causa degli effetti cognitivi negativi e della frequente comparsa di eventi avversi neurologici. Risultati contraddittori poi sono stati ottenuti con farmaci psicostimolanti che si pensa possano migliorare le funzioni cognitive aumentando i livelli di neurotrasmettitori chiave per l’attenzione, inclusi dopamina e noradrenalina.

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IL NATALIZUMAB

Integrine

Le integrine sono recettori transmembrana coinvolti nel legame delle cellule ai tessuti circostanti ed alla matrice extracellulare e sono anche implicati nei meccanismi di segnale cellulare. Sono eterodimeri di varie catene alfa e beta. La catena alfa4 (CD49d) si può associare con la catena beta1 (CD29) a formare la α4β1integrina (nota come very late antigen- VLA-4) o con la catena beta7 a formare la α4β7 integrina (nota come lymphocyte Peyer’s patch adhesion molecule-LPAM- 1). VLA-4 è espressa sulla membrana plasmatica di tutti i leucociti, ad eccezione dei neutrofili. Quando attivata, VLA-4 subisce una modificazione conformazionale che gli permette di legarsi con elevata avidità ai suoi ligandi naturali, vascular cell adhesion molecule-1 (VCAM-1) sulle cellule endoteliali vascolari, oltre che alla fibronectina ed all'osteopontina della matrice extracellulare (Zhang and Wang, 2012). In particolare l'interazione dell'alfa4-integrina con la fibronectina, così come l'interazione con VCAM-1, oltre a favorire la migrazione dei leucociti nel sito dell'infiammazione, promuove l'attivazione e la proliferazione linfocitaria.

Il reclutamento dei leucociti dal sangue periferico (Fig. 5) verso un qualsiasi tessuto, infatti, è regolato dalla adesione e dalla trasmissione di segnali tra molecole espresse sugli stessi leucociti e sulle cellule endoteliali. Le citochine rilasciate nel corso di un processo infiammatorio attivano le cellule endoteliali che rivestono le venule postcapillari ed inducono l’espressione di diverse molecole di adesione cellulare (CAMs), quali P- ed E-selectine, molecola di adesione della cellula vascolare-1 (VCAM-1), e molecola di adesione intercellulare-1 (ICAM-1). L’espressione di tali molecole facilita il legame dei leucociti. Dopo una iniziale adesione, ancora facilmente reversibile, mediata da selectine, alfa4integrine o entrambe, che permette ai leucociti di rallentare e rotolare lungo la parete vascolare, questi devono ricevere un segnale di attivazione, ad esempio da una chemochina, che commuta le integrine ad uno stato di alta affinità, per potersi infine arrestare. Ogni passaggio è fondamentale e le alfa4integrine con i loro recettori endoteliali sono essenziali in questa cascata multistep perché sono le uniche molecole note per mediare sia il

42 rotolamento (quando sono in uno stato di bassa affinità) che l'arresto (quando sono in uno stato di alta affinità) dei leucociti.

Fig. 5 Fasi necessarie all'accumulo di leucociti nel vaso sanguigno ed al successivo passaggio nel sito dell'infiammazione.

Nella SM, P-selectina ed alfa4-integrina, in particolare, sono fondamentali nella fase iniziale della malattia, mentre in seguito, una volta avviato il processo infiammatorio, è soprattutto l'alfa4-integrina che media l'adesione leucocitaria.

Le due alfa4 integrine, α4β1 e α4β7, ed i loro rispettivi ligandi, VCAM-1(vascular- cell adhesion molecule 1) e MadCAM-1 (mucosal addressin-cell adhesion molecule 1) sono implicate in diversi processi fisiologici (Fig. 6). La α4β1-VCAM-1 ad esempio, media il ritorno e la ritenzione delle cellule progenitrici ematopoietiche e delle plasmacellule producenti IgG nel midollo osseo, inoltre, media l’interazione tra le cellule stromali del midollo osseo e le cellule B in maturazione, infine, media l’interazione, a livello dei follicoli degli organi linfoidi secondari (linfonodi, milza, placche di Peyer), tra cellule dendritiche follicolari e cellule B mature affinché queste ultime possano produrre anticorpi ad alta affinità verso agenti microbici.

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