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Diversi biomarkers immunologici, soprattutto molecole espresse sulla superficie cellulare, appartenenti alla famiglia di integrine e selectine e coinvolte nel passaggio cellulare attraverso la BEE, sono state studiate per valutare il loro valore predittivo nel definire il rischio di PML nei pazienti trattati con NTZ.

Già nei primi mesi e poi durante diversi anni di terapia con NAT si è osservata una ridotta espressione di CD49d e CD29 (subunità di VLA-4) sui linfociti T CD4+ e CD8+. Dopo 24 mesi di terapia con NAT, periodo che corrisponde al picco di incidenza di PML, è stata registrata una ridotta espressione di CD11a (catena alfa dell’integrina LFA-1, o lymphocyte function-associated antigen) sia sui linfociti T CD4+ che CD8+ (Jilek et al., 2013). Considerando che VLA-4 e LFA-1 sono

66 fondamentali per la migrazione dei linfociti Th1 e Th17 nel SNC (Rothhammer et al, 2011), una ridotta espressione potrebbe ridurre il passaggio di cellule T specifiche anti-JCV all’interno del SNC con conseguente PML (Schwab et al., 2012).

L-selectina (CD62L) è una molecola di adesione cellulare espressa sulla superficie dei linfociti T. Schwab et al, hanno dimostrato che la percentuale di linfociti T CD4+ con espressione di L-selectina è più bassa nei pazienti trattati a lungo termine con NTZ, rispetto ai pazienti con SM non trattati o ai controlli sani, inoltre, una percentuale insolitamente bassa è risultata associata ad un più alto rischio di sviluppare PML. In un numero modesto di casi, infatti, è stata osservata una drastica riduzione delle cellule CD62+ prima dell’esordio della PML. Non è stata osservata alcuna correlazione tra le cellule CD62+ e la JCV sieropositività o il precedente uso di immunosoppressori. Un possibile limite di questo studio è rappresentato dal fatto che sono state utilizzate cellule crioconservate, condizione che avrebbe potuto modificare l’espressione di L-selectina, pertanto sono necessari ulteriori studi (Schwab et al, 2013). Per spiegare il possibile legame tra la riduzione di L-selectina e la PML sono state avanzate diverse ipotesi. CD62+ è fondamentale nella cattura dei linfociti dal torrente circolatorio e nel successivo rotolamento lungo l’endotelio vascolare per cui, una sua riduzione potrebbe ridurre il trafficking di cellule T anti- JCV attraverso la BEE e quindi nel SNC. CD62L, inoltre, sembra mediare il danno della mielina (GrewalI et al., 2001) pertanto la sua riduzione sulle cellule T effettrici potrebbe comprometterne la capacità di eliminare gli oligondendrociti infettati da JCV durante la sorveglianza immunitaria. Infine l’espressione di L-selectina è cruciale per la migrazione dei linfociti nei linfonodi (Wedepohl et al., 2012), ed una ridotta espressione potrebbe compromettere l’attivazione di cellule T naive da parte di APC all’interno dei linfonodi, prerequisito fondamentale per una corretta risposta dei linfociti T contro il virus JC.

La riattivazione del virus JC e la produzione di antigeni virali comporta la migrazione di APC verso i linfonodi e l’attivazione di linfociti T diretti contro il virus JC, incluse cellule T memoria effettrici (TEM). Una volta attivate queste vanno in circolo e vi rimangono non potendo attraversare la BEE a causa del NTZ, e possono essere evidenziate grazie al fatto che rilasciano interferone gamma, rilevabile mediante una metodica definita ELISPOT (enzyme linked immunosorbent spot assay). La valutazione mediante ELISPOT in pazienti con biopsia diagnostica per PML ma PCR su liquor negativa per JCV, ha mostrato una forte positività

67 suggerendo che la presenza di TEM JCV specifiche accompagna l’esordio della PML. Valutando inoltre “soggetti non PML” (SM-RR in terapia con NTZ, SM-RR non in terapia, controlli sani) si è visto che la frequenza di risposta TEM JCV specifica aumenta nei pazienti trattati con NTZ raggiungendo un picco a 24 mesi, suggerendo la possibilità che il trattamento prolungato con NTZ sia talvolta associato ad una riattivazione del virus. La maggior parte dei pazienti con PML inoltre ha mostrato titoli elevati. La TEM positività è stata registrata quasi esclusivamente in pazienti JCV sieropositivi, ma solo in una percentuale degli stessi (16,1%). La rilevazione di TEM JCV specifiche mediante ELISPOT potrebbe essere d’aiuto nell’identificare quella minoranza di pazienti JCV sieropositivi nei quali il virus potrebbe riattivarsi (Hendel-Chavez et al, 2013).

Anche le citochine potrebbero essere d’aiuto, infatti elevati livelli di IL-10, IL-5 ed IL-15 sono state rilevate nel liquor precocemente dopo diagnosi di PML.

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Risonanza Magnetica nella PML associata a Natalizumab

Il ruolo della RMN si è rivelato fondamentale, secondo la maggior parte dei dati disponibili, infatti, è in grado di individuare la PML circa 3-4 mesi prima della comparsa dei sintomi (Lindå and von Heijne, 2013; Phan-Ba et al., 2012) o addirittura, secondo altri studi, fino a sei mesi prima, con importanti ripercussioni sulla prognosi dei pazienti. Una diagnosi di PML nelle fasi iniziali della malattia ovvero quando il quadro neuroradiologico è ancora localizzato incide notevolmente sulla sopravvivenza dei pazienti che è risultata pari all’85% in caso di lesioni uni- o multilobari, e pari al 69% in caso di lesioni diffuse (Vermersch et al., 2011). La captazione di gadolinio al momento della diagnosi non influenza la sopravvivenza (Yousry et al., 2012). La sopravvivenza è risultata del 69% in pazienti sintomatici e del 100% in pazienti asintomatici (con sospetta PML alla RMN, confermata mediante esame liquorale) che tra l’altro hanno mostrato un outcome clinico migliore in termini di EDSS e Kornofsky score (Dong-Si et al., 2013).

Il programma di sorveglianza del Natalizumab, in termini di PML screening, prevede un protocollo di RMN che includa sequenze pesate in T2, FLAIR e DWI. Le lesioni da PML tipicamente sono iperintense in T2 e FLAIR, ed iso-ipointense in T1 (Fig. 9), in ordine decrescente di frequenza sono situate nei lobi frontale (48%), occipitale (20%) e parietale (12%). Più raramente coinvolgono la fossa cranica posteriore (10%, specie peduncolo cerebellare medio e ponte) e, nel 5% dei casi, la sostanza grigia profonda (talamo e nucleo dentato), mentre midollo spinale e nervo ottico sono di solito risparmiati (Richert et al, 2012). Al momento della presentazione clinica in genere le lesioni possono essere unilobari (42%), multilobari (19%) o diffuse (35%), a prevalente distribuzione sottocorticale, con coinvolgimento delle fibre a U e spesso della sostanza grigia corticale adiacente, con bordi mal definiti verso la sostanza bianca e bordi più nettamente delineati verso la sostanza grigia.

69 Sebbene sia tradizionalmente considerata una malattia della sostanza bianca, il coinvolgimento della sostanza grigia è stato riportato nel 50% dei casi di PML associati a Natalizumab già all'esordio (Yousry et al., 2012). A differenza della SM sono interessati III e IV strato corticale e non la corteccia subpiale (Moll et al, 2008). Le lesioni sottocorticali frequentemente durante l'evoluzione della malattia possono estendersi alla sostanza grigia corticale, ma è vero anche il contrario ovvero che le lesioni originano nella corteccia per poi estendersi alla sostanza bianca juxtacorticale. L'esordio corticale della PML associata a Natalizumab può essere asintomatico o manifestarsi con cecità corticale, crisi epilettiche e deterioramento cognitivo. Nel 72% dei pazienti è possibile osservare attorno o all'interno della lesione principale da PML, piccole lesioni puntiformi con aspetto granulare o microcistico in T2, ne è un esempio caratteristico la cosiddetta “milky way appearance” costituita da piccole iperintensità in T2 attorno alla lesione principale, con distribuzione perivenulare ed aspetto stellato, captanti gadolinio.

Nel 30-40% dei pazienti, nella fase iniziale della PML associata a Natalizumab si osserva una captazione del mezzo di contrasto pertanto si parla di PML infiammatoria. Secondo alcuni si tratta della contemporanea comparsa di PML attiva ed IRIS, secondo altri questa teoria è discutibile poiché la captazione si può osservare anche nella fase asintomatica della PML. Si tratta comunque di una distinzione fondamentale anche in termini di adeguata scelta terapeutica, infatti, una errata diagnosi di PML-IRIS comporta l'utilizzo di corticosteroidi che, in un paziente con una PML infiammatoria, invece, può compromettere la risposta immunitaria ed esitare in un outcome clinico sfavorevole.

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