• Non ci sono risultati.

5. LA LINGUA INGLESE NELLE SCUOLE

5.1 Gli inglesi e i cinesi »

Sin dall’ingresso dei primi gruppi di britannici in Cina, ad essi fu attribuito da parte dei Cinesi la piuttosto significativa definizione di yangguizi 洋鬼子, ovvero i “diavoli stranieri”, indicando dunque senza mezzi termini quanto fosse profondo il disprezzo e la paura che i Ci-

3

F. Fukuyama, The End of History and the Last Man, New York, MacMillan, 1992, p. 13.

4

M. Sabattini- P. Santangelo, Storia della Cina, Bari, Laterza, 1986, pp. 122, 165.

5

nesi provavano nei confronti degli Inglesi (anche se, innegabilmente, il termine intendeva ri- ferirsi non solo a costoro, ma più in generale a tutti gli stranieri occidentali ed i cittadini giap- ponesi presenti sul territorio cinese). Il termine metteva in guardia chi avrebbe dovuto avere a che fare più da vicino con questi nuovi “invasori”, mettendo nello stesso tempo in luce l’attenzione che questi ultimi avrebbero dovuto prestare ai loro comportamenti, a tutto ciò che portavano nel Paese, alle loro abitudini e a tutto quello che in generale avrebbe potuto intacca- re e danneggiare l’essenza della tradizione cinese. Nel corso della storia, le popolazioni occu- pate dai colonizzatori, nonostante facessero di tutto per separarsi dagli occidentali e per far sì che fosse riconoscibile la palese diversità tra gli uni e gli altri, hanno sempre avvertito co- munque la necessità di apprendere un minimo delle lingue occidentali, in modo tale da essere in grado di comunicare i loro pensieri e le loro esperienze anche nella lingua degli invasori. La lingua inglese è stata senza ombra di dubbio la lingua straniera più imposta alle civiltà co- lonizzate. Storicamente da sempre, quando i britannici (e successivamente gli anglo-americani) portavano avanti l’espansione del loro potere in varie parti del mondo, uno degli strumenti di predominio culturale fu proprio l’imposizione della lingua inglese. Tra l’altro anche in Cina l’influenza della mentalità coloniale fece sì che la lingua inglese fosse identificata con la lin- gua degli WASP (White, Anglo-Saxon, Protestant), acronimo inglese che identificava i citta- dini statunitensi discendenti dai colonizzatori britannici, quindi non solo lingua inglese perché lingua dei britannici, ma anche lingua degli Stati Uniti. Questo ragionamento contribuì ancor più ad accentuare l’impostazione secondo cui la lingua inglese doveva essere imparata esclu- sivamente in chiave anglo-americana.

La stessa lingua inglese venne denigrata e definita dai Cinesi senza nessuno scrupolo co- me la “lingua dei diavoli stranieri” (yangguiziyu 洋鬼子语). Quest’espressione, per quanto concisa e ben corrispondente a una cosa sola, racchiudeva in sé vari e ben più profondi aspetti. Secondo la tradizione, lo stesso Confucio due secoli prima aveva allertato i suoi discepoli a non indagare circa il mondo dove dimoravano gli spiriti e i demoni. Il termine yangguizi indi- cava dunque l’apogeo del senso della patria secondo il pensiero nazionalista cinese; si riferiva altresì al colonialismo e all’occidentalismo, tutti concetti, questi, legati alle vicende storiche relative alla presenza del popolo britannico in Cina. La parola andava inoltre a tracciare una linea di divisione tra i madrelingua cinesi e i “diavoli” di madrelingua inglese, dal momento che durante il corso del diciannovesimo secolo quest’ultima venne imposta dalle potenze co-

loniali.6

Difatti, guardando alla storia del colonialismo, le popolazioni colonizzate erano state spesso costrette ad apprendere la lingua della potenza straniera per poter avere, come peraltro già accennato, un minimo di contatto con gli invasori. Ma nella Cina del diciannovesimo se- colo, con il passare del tempo, l’indifferenza e la paura provata verso i britannici andò gra- dualmente riducendosi; divenne insomma sempre più chiaro agli occhi dei Cinesi che solo un incontro, e non già uno scontro, tra le due civiltà avrebbe fatto sì che vi fosse un’effettiva evo- luzione nel processo di sviluppo della società cinese. Di conseguenza, anche per queste ragio- ni, l’importanza della conoscenza della lingua inglese da parte dei Cinesi si radicò profonda- mente nella vita politica locale e nazionale, nella tradizione letteraria e intellettuale, nonché nella stessa vita quotidiana degli studenti nelle scuole. In queste ultime l’introduzione dello studio della lingua inglese ebbe inizio nel 1860, in concomitanza alla stipula degli ultimi trat- tati ineguali a svantaggio della nazione cinese.7

Gli studenti che si accinsero per la prima volta allo studio di questa lingua straniera si tro- varono ad affrontare un notevole lavoro: essi avrebbero dovuto imparare a ragionare, comuni- care e scrivere in lingua inglese e per di più con un approccio prettamente occidentale, come “intrappolati” nelle dinamiche culturali e politiche del momento, ma nello stesso tempo rima- nendo fermamente radicati nella tradizione cinese. Gli studenti avrebbero dovuto sapersi ben destreggiare all’interno di una doppia lingua, di due differenti identità culturali, di due civiltà ben diverse, ma soprattutto di due diverse visioni del mondo. Questo fu dunque un compito molto arduo non solo per gli studenti, ma anche per i docenti che si apprestavano a intrapren- dere un siffatto insegnamento.

Durante questi anni vi fu inoltre una forte presa di coscienza da parte degli intellettuali ci- nesi del fatto che, al fine di perseguire il processo di modernizzazione sociale, il solo studio della letteratura nazionale e l’impostazione educativa della tradizione cinese erano ormai ele- menti indiscutibilmente inadeguati e non conformi al tipo di nuova identità nazionale a cui si

6

Nella storia del colonialismo è emerso che in moltissime popolazioni colonizzate vennero coniati termini di- spregiativi per indicare gli invasori, parole nelle quali emergevano la presa di distanza da una civiltà all’altra, e soprattutto il senso di diversità che esisteva tra le due parti. Gli Occidentali erano “non uno di noi”, diversi, lon- tani. Come già detto, in Cina essi erano definiti yangguizi, mentre in Giappone erano chiamati “gente dalle chiome rosse” (komojin 紅毛人). Ancora, nelle popolazioni indigene dell’Asia meridionale, gli Europei erano chiamati “i bianchi” (barang, falang o farangi), invece in Sud America erano definiti come “gli estranei” (grin-

gos). I significati attribuiti a questi termini facevano sì che i riferimenti rimandassero immediatamente all’idea

dell’“altro”, diverso nell’aspetto fisico, nei suoi abiti, nei suoi costumi e nel suo modo di fare, oltre che nella lin- gua con la quale comunicava. (X. You, Writing in the Devil’s Tongue. A History of English Composition in Chi-

na, Carbondale, Southern Illinois University Press, 2010, p. 3).

7

sarebbe voluto dare origine. Di conseguenza le prime pratiche di insegnamento della lingua inglese avvennero proprio innestando negli studenti un meccanismo di apprendimento legato al concetto di notevole importanza della nuova immagine di “modernità della nazione” (con- cetto che con il passare del tempo si sarebbe evoluto nell’idea di “globalizzazione”). C’è da dire, però, che tutto questo si sviluppò in un clima di generale disprezzo da parte degli intel- lettuali cinesi nei confronti della lingua inglese, considerata la lingua di un popolo che non era in grado di descrivere il nobile concetto della conoscenza del senso della vita; nonostante que- sto, fu inevitabile la presa di coscienza che sarebbe stato molto importante gestire un minimo di conoscenza della lingua inglese al fine di conoscere meglio e gestire nel migliore dei modi il “nemico occidentale”. L’introduzione della lingua inglese nel mondo intellettuale e lingui- stico della Cina, anche a causa della sua profonda differenza strutturale rispetto alla lingua ci- nese, marcò in maniera piuttosto evidente (specialmente nei primi anni) la spaccatura tra i “i diavoli” arrivati in Cina e i Cinesi, mettendo sempre più in luce il potere progressista dei pri- mi e l’antiquata essenza educativa e culturale dei secondi.8