3. IL SISTEMA EDUCATIVO E LA FORMAZIONE
3.4 Le scuole private »
Le scuole “private”, specialmente nell’area di Shanghai, costituivano il maggior numero di scuole locali, fondate (per l’appunto privatamente) nei primi tre decenni del ventesimo se- colo in primo luogo da comunità occidentali (soprattutto missionari) che vivevano nel luogo, nonché da insegnanti cinesi, e anche da singoli individui e da gruppi di cittadini. Questo pro- cesso di fondazione di scuole private avvenne in primo luogo nella città di Shanghai, non solo perché essa era il fulcro del benessere commerciale della Nazione, ma soprattutto perché qui si formò nel modo più profondo lo spirito riformista e progressista di ispirazione occidentale. E’ proprio questo lo spirito che caratterizzò la personalità della maggior parte degli intellet- tuali della prima metropoli cosmopolita della Cina.
Il Ministero dell’Educazione si pose l’obiettivo di ridare lustro e conferire rinnovamento a quelle che erano le scuole già esistenti sul territorio, tentando altresì di dare uno stampo più nazionalista a quelle di nuova fondazione; sicché dal 1927 in poi esse furono tutte sottoposte da un lato ai numerosi tentativi d’ingerenza da parte delle amministrazioni municipali, pro- vinciali e nazionali facenti capo al neonato Guomindang, dall’altro a un repentino processo di influenza d’impronta nazionalista, affinché (mediante la collaborazione tra sfera privata e go- verno per cercare di tenere il più possibile sotto controllo queste istituzioni di matrice privata) s’attuasse anzitutto l’indottrinamento degli studenti ai succitati “Tre Princìpi del Popolo” sta- biliti da Sun Yat-sen. Inoltre, conseguentemente all’insegnamento di questi capisaldi culturali (e dottrinali), i dirigenti scolastici avrebbero dovuto inviare periodicamente al Ministero dell’Educazione delle relazioni tecniche in cui veniva riportato il dettagliato bilancio finanzia- rio dell’istituto, l’andamento del lavoro e delle attività praticate degli Insegnanti, i nuovi inca- richi e i pensionamenti di questi ultimi.18 Nella città di Shanghai, il Partito Nazionalista sancì la distribuzione di fondi supplementari nei confronti di queste scuole, ma al contempo ne or- dinò la registrazione obbligatoria presso le autorità locali. Per di più, il governo cercò anche di influenzare la dirigenza delle scuole private, obbligando l’inserimento di membri del Parti- to all’interno del consiglio di amministrazione degli istituti (dongshihui 董事会), affinché essi potessero preparare dei programmi (per gli studenti) plasmati secondo l’ideologia dominante (dangyi 党义). Per far questo, le autorità puntarono sulla presunta benevolenza dei dirigenti
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Shanghai shi jiaoyuju yewu baogao 上海市教育局业务报告, 1931-1932, cap. 1, pp. 5-6, in C. Henriot,
Shanghai 1927-1937, Municipal Power, Locality and Modernization, Berkeley, University of California Press,
degli istituti, ma non fu per niente un meccanismo semplice; infatti furono solo alcune le scuole che aderirono a questo piano governativo in modo pacato: la maggior parte furono sot- toposte a una sorte di minaccia di chiusura qualora non si fossero adeguate ai regolamenti go- vernativi e alle iscrizioni agli albi stilati dalle autorità.
Durante i primi anni in cui venne messa in atto la riforma, la politica attuata da parte del governo nei confronti delle scuole private fu ostacolata non poco dalla rilevante lacuna di in- formazioni riguardo al preciso livello dell’istruzione e ai comportamenti dei dirigenti, soprat- tutto nella città di Shanghai, dove prima di allora non era mai esistito un sistema scolastico unificato. Di conseguenza, quando il posto di Ministro dell’Educazione andò al riformista Chen Dezheng 陈德政 - il quale, grazie alla sua politica drastica e piuttosto energica, rafforzò ancor più i lavori di controllo nazionale del Guomindang - le scuole private (e non solo) furo- no soggette a radicali e puntigliose ispezioni19 da parte delle autorità governative, che avreb- bero dovuto sincerarsi circa il livello di indottrinamento nei confronti del Partito (danghua 党 化) da parte degli studenti. Questo clima di pesante censura giovò molto agli intenti del Parti- to, dal momento che ogni rifiuto da parte delle scuole di cedere al compromesso di essere re- gistrate e “politicizzate” veniva considerato come un palese atto di resistenza al Partito e quindi, come tale, era perseguibile da parte degli ufficiali.20
Tuttavia c’è da dire che, sebbene l’obiettivo del Partito fosse proprio quello di avere sotto stretto controllo ogni istituzione, gli stessi operatori delegati al controllo si resero conto che la chiusura di molti degli istituti non conformi a quelli che erano i loro criteri funzionali, avrebbe inevitabilmente fatto sì che un e- levato numero di studenti non avrebbe avuto modo di frequentare la scuola, e quindi non solo non vi sarebbe stato un adeguato livello di “indottrinamento politico” come auspicato dal go- verno, ma soprattutto non si sarebbe adeguatamente sviluppata quell’educazione necessaria a far diventare i Cinesi “cittadini modello” così come programmato e sperato. Per questa ragio-
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Durante il settembre 1929, nella città di Shanghai (per ben due settimane), vi furono quaranta Ispettori del Governo che controllarono a tappeto tutti gli Istituti della città. Questo controllo determinò la chiusura di varie scuole da parte degli agenti; altre 25 scuole furono segnalate e ammonite dalle autorità, che di conseguenza ordi- narono la sospensione della loro campagna pubblicitaria a favore del reclutamento degli alunni. Infine vi fu l’annuncio ufficiale della chiusura di ben 59 stabilimenti dichiarati “non idonei” (molti dei quali lo erano in mo- do veramente evidente, ma è chiaro che questo era solo un pretesto per giustificare una politica di chiusura in ve- rità assai generalizzata); C. Henriot, op. cit., pp. 192-193.
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Bisogna tuttavia sottolineare come il livello e il ristretto numero di scuole municipali, esistenti a Shanghai, non reggesse in alcun modo il confronto con gli “istituti privati”. Le istituzioni municipali, sebbene ricavarono giovamento dalla rigida campagna di chiusura delle istituzioni scolastiche private, non potevano sotto nessun a- spetto essere in grado di compensare le notevoli lacune, nell’ambiente educativo della città, che si crearono in seguito a siffatta “campagna di chiusura” (C. Henriot, op. cit., p. 195).
ne la campagna portata avanti da Chen ottenne dei risultati discordanti e insoddisfacenti anche per il Partito stesso.
Sempre in questo ambito di censura, le scuole superiori mostrarono invece un comporta- mento molto meno oppositivo. Infatti, essendo in una posizione socialmente molto più “vul- nerabile” rispetto alle scuole normali e a quelle regolari, le scuole superiori cedettero con mol- ta più facilità e senza repliche alla registrazione agli albi del Partito. Questo non solo per la già citata “instabilità” a cui erano soggette, ma anche perché il Ministero dell’Educazione a- vrebbe potuto avere innumerevoli ragioni da un lato di fare pressione sull’istituto, ma dall’altro anche di avvantaggiarlo con vari benefici. Difatti era facoltà del Ministero sancire sovvenzioni a beneficio di una scuola e concedere agli studenti (e di conseguenza all’istituzione scolastica) agevolazioni ed esenzioni dalle tasse; come pure avrebbe potuto de- cretare l’assoluto divieto di qualsiasi genere di campagna pubblicitaria a favore dell’istituto e, soprattutto, statuire delle misure condizionanti rispetto alle scelte lavorative, o di studio post- scolastiche, per coloro che avevano conseguito il Diploma di licenza superiore in queste scuo- le. In effetti gli allievi che conseguivano il diploma in questi istituti, “segnalati” al governo, avrebbero potuto accedere all’Università unicamente superando dei test preliminari compilati dagli ispettori del Ministero. Ovviamente una tale situazione gettava ombra sulle scuole “non registrate”, che di conseguenza vedevano diminuire il numero degli iscritti in maniera espo- nenziale, perdendo notevolmente prestigio nonostante il loro successo intellettuale. Le scuole che invece si piegavano al compromesso richiesto dal governo, venivano sussidiate con con- siderevoli incentivi economici; ciò fece sì che, con il passare degli anni, le scuole che si pie- garono alla volontà del Guomindang aumentassero sempre più, raggiungendo nella sola città di Shanghai, negli anni 1935 e ’36, la ragguardevole soglia del centinaio.21
In questi stessi anni, comunque, ben 239 scuole elementari della città si opposero alla registrazione ministe- riale; alcune di esse erano istituite nelle concessioni, per cui usufruivano del “rifugio” che quest’ultime le garantivano. Le numerose scuole restanti,22
tuttavia, si trovavano nel territorio della municipalità, e la maggior parte di esse erano dei piccoli istituti a “gestione familiare”, in cui molto spesso vi era un solo insegnante che fungeva anche da dirigente scolastico. Erano proprio queste piccole scuole quelle più ostili alla volontà di politicizzazione avviata dal Par-
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C. Henriot, op. cit., p. 193.
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Più precisamente, secondo un dato relativo al 1932 (riguardante la locazione delle scuole elementari attive nella città di Shanghai), ben 140 scuole elementari di fondazione privata non registrate nella documentazione del
Guomindang si trovavano nel territorio municipale; cfr. Shanghai shi tongjiguan qikan 上海市统计馆期刊,
tito, ma anche esse, pur di sopravvivere alla campagna di registrazione, dovettero cedere al compromesso di assumere un insegnante (o un membro del Partito) che avrebbe dovuto im- partire agli allievi la dottrina del dangyi parallelamente all’attività educativa apolitica che ca- ratterizzava il percorso di studio di queste scuole.
Le scuole private di Shanghai (cfr. C. Henriot, Shanghai 1927-1937, Municipal Power, Locality
and Modernization, Berkeley, University of California Press, 1993, p. 194)