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3. IL SISTEMA EDUCATIVO E LA FORMAZIONE

3.1 Il sistema scolastico »

Il processo di utilizzo del sistema educativo per coltivare una nuova figura moderna rela- tiva all’identità del “cittadino cinese” vide la luce sin dall’inizio dell’Era Repubblicana. Il nuovo primo Ministro dell’Educazione, Cai Yuanpei 蔡元培, espose la sua personale visione circa quella che sarebbe dovuta essere la nuova educazione da impartire nel Paese, che avreb- be incluso un sistema scolastico comprensivo dell’area militare (junguomin jiaoyu 军国民教 育), dell’area relativa alle pratiche dell’educazione (shilizhuyi 实例主义), il cosmopolitismo (shijieguan 世界观), l’educazione estetica (meiyu 美育) e, la più importante di tutte (fonda- mento dell’individuo secondo la visione del primo Ministro), la moralità civica (gongmin da-

ode 公民道德).1

Questa idea di cittadinanza era di estrema importanza per gli educatori, per gli intellettuali e per i politici del periodo, dal momento che costoro vedevano in questo nuovo concetto le numerose risposte alla crisi socio-politica che la Cina si trovò ad affrontare dopo

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P. J. Bailey, Reform the People Changing Attitudes towards Popular Education in Early Twentieth Century

China, Vancouver, University of Michigan Press, 2001, pp. 148-152. Non bisogna dimenticare che queste idee

furono in un primo momento pienamente accolte e appoggiate da intellettuali e politici, che però (nei decenni successivi) si sarebbero trovati a scontrarsi numerose volte sugli elementi propriamente fondanti di questi ambiti disciplinari, nonché riguardo al modo con cui si sarebbero dovuti insegnare nelle scuole.

la Guerra dell’Oppio; difatti soltanto con un’integrazione di stampo innovativo e con una rivi- sitazione dell’etica della politica si sarebbe andati incontro alla formazione di uno Stato con dei cittadini pronti ad entrare nel nuovo mondo. Secondo l’opinione dei teorici che studiavano questo complesso processo di riforme, uno dei quali fu lo stesso Liang Qichao 梁启超 (1837- 1929), la centralità che avevano avuto le relazioni interpersonali facevano sì che il senso di responsabilità nei confronti della società fosse non sviluppato a dovere, per cui vi era l’imminente necessità di instaurare nei cittadini un nuovo senso di moralità civica che sarebbe dovuta essere caratterizzata da uno spiccato dinamismo nelle attività della sfera pubblica, atti- vità che avrebbero portato ad un sempre più crescente e progredito sviluppo sociale.

Storicamente, l’élite colta era rappresentata unicamente da un settore della società ristret- to e privilegiato, che rivestiva posizioni di rilievo negli ambiti imperiali e nei settori relativi al mantenimento dell’ordine nella società. Questa selezione ristretta ad un numero limitato di individui fu il primo obiettivo della riforma relativa all’educazione in epoca repubblicana, che cercò quindi di dar modo ad un più vasto numero di persone di entrar a far parte della vita so- ciale della Nazione; inoltre vi era una spiccata intenzione di spostare il fulcro della moralità dell’individuo sul senso dello Stato e non più sull’ordine morale del Neo-Confucianesimo.2

Fu proprio questo il punto di partenza da cui gli educatori ritenevano si dovesse iniziare il processo di trasformazione del popolo in un gruppo di cittadini di stampo moderno, progressi- sta e dinamico.3

Si veda come anche nella stessa lingua cinese stessa fu data estrema impor- tanza alla nuova concezione di cittadinanza. In quel periodo essa veniva definita con i termini

guomin (国民)4

e gongmin (公民). La prima parola, che significa letteralmente “persone” (min 民) dello “stato” (guo 国), era il termine che fino a quel periodo storico indicava in Cina i cittadini. Potevano essere definiti cittadini tutti coloro che vivevano in uno Stato, purché essi

2

Per un maggiore approfondimento circa il pensiero di Liang Qichao riguardo alla moralità confuciana e al concetto di Nazione, si veda Hao Chang, Liang Ch’ich’ao and Intellectual Transition in China, 1890-1907, Cambridge, Harvard University Press, 1971, pp. 157-164; nonché J. R. Levenson, Confucian China and its Mo-

dern Fate, 3 voll., Berkeley, University of California Press, 1965, vol. I, pp. 95-99 (opp. citt. in R. Culp, Articu- lating Citizenship. Civic Education and Student Politics in Southeastern China, 1912-1940, Cambridge, Massa-

chusetts, Harvard University Asia Centre, 2007, p. 4, nota 11).

3

H. Chang, op. cit., p. 150 (in R. Culp, loc. cit.).

4

I caratteri della parola guomin facevano parte di quel gruppo di caratteri che vennero usati dalla lingua giap- ponese per tradurre le parole moderne delle lingue occidentali; da qui esse furono quindi reintrodotte nel Cinese moderno, in questo caso specifico associando al termine il nuovo e rivisitato concetto di cittadinanza (L. H. Liu,

fossero appartenenti a quella nazionalità (guoji 国际).5

Questa parola definiva pertanto i com- ponenti di una comunità nazionale e ne delineava la principale identificazione con essa. Il se- condo termine relativo al concetto di cittadinanza succitato, ovvero gongmin, viene letteral- mente tradotto come “persone pubbliche”. Questa parola indicava fondamentalmente coloro che godevano dei diritti civili (gongquan 公权) all’interno dello Stato; allo stesso tempo però denotava individui che avevano a che fare con la comunità (gong 公) anche per questioni per- sonali e private. Significative a tale riguardo le parole di un manuale di educazione civile del 1923: «Dal momento in cui i cittadini di uno Stato (gongmin) vengono dati alla luce da perso- ne della Nazione stessa, e possono godere a pieno di tutti i diritti all’interno di essa, il rappor- to che li lega alla nazione dovrebbe essere incredibilmente intimo, dal momento che sono sempre loro i responsabili dell’accrescimento della nazione […] come affermò Theodore Ro- osevelt6 “il buon cittadino deve far attenzione agli affari pubblici”».7 In queste parole, il ter- mine gongmin voleva indicare una persona che si allontanava da quelli che erano gli estre- mamente rigidi ed esclusivi principi confuciani, che si sentiva responsabile in prima persona nei confronti di ciò che apparteneva alla sfera pubblica della sua comunità, e che era nelle condizioni di agire per il benessere pubblico della sua Nazione.

Questa nuova idea di cittadinanza, una volta concepita dagli intellettuali dell’epoca, ne- cessitava di essere ampiamente divulgata e dibattuta. Furono quindi le scuole e le università i primi luoghi da cui questo pensiero si sarebbe dovuto sviluppare.