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L’ingresso in Costituzione del diritto al cibo adeguato tramite l’art 117, comma I, Cost 3.

IL DIRITTO AL CIBO ADEGUATO NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO

1. L’ingresso in Costituzione del diritto al cibo adeguato tramite l’art 117, comma I, Cost 3.

Come anticipato, la nostra Carta fondamentale, come la maggior parte delle Costituzioni dei Paesi europei, non prevede un riconoscimento, né una tutela esplicita del diritto al cibo adeguato.

Secondo l’indagine della FAO316

, in Italia il diritto al cibo adeguato trova il suo fondamento in due disposizioni della Costituzione: anzitutto, l’art. 117 Cost., così come

316

L. KNUTH - M. VIDAR, Constitutional and Legal Protection of the Right to Food around the World cit., p. 28.

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novellato dalla Legge costituzionale n. 3/2001, in forza del quale il diritto al cibo è recepito attraverso l’applicabilità diretta dei Trattati internazionali che lo sanciscono e tutelano; in secondo luogo, l’art. 36 Cost., tramite il quale il diritto al cibo è individuato come corollario del diritto ad un’esistenza dignitosa.

Si analizzerà, in questo paragarafo, l’ipotesi relativa all’art. 117 Cost.

L’art. 117 Cost., comma I, che impone al legislatore di rispettare i «vincoli derivanti (...) dagli obblighi internazionali» ha, in sostanza, ha esteso alle leggi nazionali un limite costituzionale che, ove violato, implica l’insorgere di una questione di costituzionalità che la Corte dovrà affrontare integrando il parametro dell’art. 117 comma I mediante l’utilizzazione della disposizione dello specifico Trattato di cui si lamenta la lesione come norma interposta.

Detto principio è stato consacrato dalla Corte Costituzionale con le c.d. “sentenze gemelle” n. 348/2007 e n. 349/2007317

che individuano prioprio nell’art. 117, co. I, il “punto di accesso”, nel nostro sistema giuridico, del contenuto dei Trattati internazionali diversi da quelli posti a fondamento dell’Unione europea (in primis la CEDU).

Invero, per parte della dottrina, solo gli obblighi internazionali derivanti dalla CEDU possono assurgere al ruolo di norma interposta di giudizio di costituzionalità delle leggi, attesa la sua peculiarità: la CEDU, infatti, «presenta, rispetto agli altri trattati internazionali, la caratteristica peculiare di aver previsto la competenza di un organo giurisdizionale, la Corte europea per i diritti dell'uomo, cui è affidata la funzione di interpretare le norme della Convenzione»318.

Resta fermo, in ogni caso, che l’asserita limitazione di applicabilità dell’art. 117 Cost. alle sole norme CEDU, non impedisce, de iure, che la normativa prodotta da altri Trattati internazionali ratificati dall’Italia possano costituire parametro interposto di costituzionalità. Difatti, dal contenuto della sentenza della Corte costituzionale n.

317 Corte cost. n. 349/2007 e n. 348/2007. I testi delle sentenze citati da qui in avanti sono reperibili in

versione integrale in www.cortecostituzionale.it o www.consulta.it . Questo arresto è stato ulteriormente specificato ed in parte integrato in successive pronunce: si vedano ad esempio Cort. cost. n. 311 e 317/2009 o Cort. cost. n. 78/2012.

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348/2007 emerge che lo status di norma interposta può essere conferito quando sussiste un solo requisito, ovverosia la concreta definizione da parte del Trattato internazionale di «quali siano gli “obblighi internazionali” che vincolano la potestà legislativa dello Stato e delle Regioni».

Pertanto, nulla vieta che le norme poste a tutela del diritto al cibo adeguato contenute nei Trattati internazionali ratificati dall’Italia possano costituire il parametro interposto del giudizio di costituzionalità delle leggi nazionali.

Com’è noto, sotto il profilo procedurale, nell’ipotesi in cui il giudice si trovi di fronte ad un potenziale contrasto tra una norma di legge nazionale a una disposizione di un Trattato, incombe su quest’ultimo l’obbligo di risolvere il “dubbio”, dapprima, mediante interpretazione adeguatrice, e solo ove tale tentativo fallisca, sollevando – obbligatoriamente - questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 117 co. 1 Cost.

Nel caso in cui una norma violi aspetti del diritto al cibo adeguato garantiti dalla CEDU, la Corte è tenuta, dapprima, a vagliare la conformità della disposizione CEDU rispetto alla Costituzione nazionale, al fine di verificare se essa può effettivamente considerarsi quale norma interposta nel giudizio di costituzionalità della legge impugnata; nel caso in cui il diritto fondamentale trovi riconoscimento sia nella CEDU che nella Costituzione la disposizione CEDU potrà divenire norma interposta solo nel caso in cui assicuri al diritto in questione una tutela almeno equivalente a quella offerta dalla Costituzione. Solo successivamente a tale vaglio, quindi, la Corte deciderà sul contrasto319.

Notoriamente diversa è invece la soluzione nel caso di contrasto tra diritto interno e diritto unionale: l’adeguamento dell’ordinamento italiano a quello comunitario si avvale infatti di una procedura articolata in diversi passaggi, in

319

P. CARETTI op. cit., p.167. Vi è da dire, tuttavia, che i Trattati internazionali che tutelano il diritto al cibo, pur descrivendolo in modo dettagliato, non sono dotati di un sistema di giustiziabilità simile a quello della Corte europea dei diritti dell’uomo, avvalendosi per lo più di strumenti paragiurisdizionali. Sarà, dunque, interessante capire l’efficacia giuridica che la Corte potrebbe attribuire ad atti interpretativi come il General Comment n. 12, oppure le decisioni in materia del Comitato dei diritti economici, sociali e culturali, generalmente considerati come atti di soft law.

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particolare per quegli atti unionali sforniti di diretta applicabilità, che richiedono un apposito atto di recepimento320.

Pertanto, nel sospetto di incompatibilità con una disposizione UE che tutela in modo diretto, indiretto o implicito il diritto al cibo adeguato o uno dei suoi aspetti (come il diritto a un cibo qualitativamente sicuro), vi sarebbe l’obbligo del giudice comune, dapprima, di interpretare la normativa in senso conforme a quella comunitaria (se del caso rimettendo alla Corte di giustizia dell’Unione europea) e, nell’ipotesi di acclarato contrasto, l’obbligo di risolvere prontamente la questione disapplicando la normativa interna e applicando quella unionale, ove direttamente applicabile (regolamenti UE) o autoesecutiva321.

In caso poi di c.d. «doppia pregiudizialità», ovverosia di incertezza circa la conformità sia rispetto al diritto unionale, sia rispetto al diritto costituzionale, secondo gli orientamenti della Corte costituzionale322 la questione andrebbe risolta dando precedenza alla Corte di giustizia (rinvio pregiudiziale) e, solo in seconda battuta, a quella Costituzionale.

Alla luce di quanto osservato, quindi, si può affermare che la classificazione operata dalla ricerca della FAO con riferimento all’ordinamento nazionale e la riconduzione della tutela del diritto al cibo all’art. 117 Cost. abbia una sua ragionevolezza. Tale qualificazione tuttavia, seppur condivisibile, pare solo parziale dal momento che, ad avviso della dottrina (a cui la scrivente si associa), «sono ancora molte le disposizioni della nostra Carta costituzionale in cui è ravvisabile il fondamento del diritto costituzionale al cibo adeguato». 323

2. Il primato della persona nell’ordinamento costituzionale e la

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