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Il primato della persona nell’ordinamento costituzionale e la classificazione del diritto al cibo adeguato nel catalogo dei c.d «nuovi diritti».

IL DIRITTO AL CIBO ADEGUATO NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO

2. Il primato della persona nell’ordinamento costituzionale e la classificazione del diritto al cibo adeguato nel catalogo dei c.d «nuovi diritti».

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L’adeguamento comunitario è basato su una legge comunitaria annuale. Questo procedimento riguarda gli atti non direttamente applicabili, mentre è stato riconosciuto l’effetto diretto dei regolamenti comunitari.

321 Sentenza fondamentale in materia è Cort. cost. n. 170/1984. 322

Cort. cost. n. 456/2006.

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I principi fondamentali della Costituzione italiana, previsti e disciplinati nella Parte prima relativa ai «Diritti e doveri dei cittadini» (artt. 1 – 12 Cost.), caratterizzano e strutturano l’ordinamento costituzionale nazionale, assumendo una valenza giuridica di importanza tale da potersi affermare che la stessa organizzazione dei pubblici poteri sia prevalentemente funzionale alla loro attuazione ed al loro sviluppo.

Il primato della “persona”, in particolare, permea la Carta costituzionale del 1948 fin dai primi articoli, nei quali sono riconosciuti e garantiti i diritti inviolabili dell’uomo, tanto come singolo individuo, quanto nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2 Cost.), e ove si invoca il pieno sviluppo della persona umana, a garanzia del quale è posto il dovere della Repubblica di rimuovere gli “ostacoli di ordine economico e sociale” che di fatto limitano la libertà e l’uguaglianza fra i cittadini (art. 3 Cost.).

La “persona”, nel suo patrimonio identificativo ed irrevocabile, costituisce nella nostra Costituzione il soggetto attorno al quale si incentrano i diritti e i doveri ivi sanciti; diritti, in specie, che poiché definiti “inviolabili” devono essere riconosciuti a ciascun individuo in quanto tale, andando così a costituire uno degli elementi caratterizzanti lo Stato di diritto.

Tra di essi, l’art. 2 Cost. rappresenta la svolta fondamentale della storia costituzionale italiana, posto che la sua formulazione attesta il radicale sovvertimento, anche nel nostro ordinamento, della tradizionale visione del rapporto Stato-individuo, per lungo tempo basata sul concetto di anteriorità logica dello Stato rispetto al cittadino e ai suoi diritti fondamentali, che ha portato al riconoscimento ed all’affermazione della priorità dell’individuo e del suo intrinseco valore.

A ben vedere, la formulazione della detta norma recita testualmente che i diritti inviolabili sono riconosciuti dalla Repubblica, non già da essa posti, proprio a voler evidenziare che il fondamento ultimo dei diritti umani risiede imprescindibilmente nell’uomo e nella “dignità” del suo essere persona. E proprio la “dignità umana”, quale valore fondante del patto costituzionale, costituisce il fulcro del c.d. «principio

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personalista», nel quale invero si traduce, in quanto volto proprio alla salvaguardia della medesima.

In particolare, la “dignità umana”, ancor più che un diritto fondamentale in sé, deve essere ritenuta la base e la sostanza stessa di tutti i diritti fondamentali; un “principio-valore”, come ribadisce espressamente l’art. 1, numero 3 del Trattato di Lisbona, che inserisce nel Trattato sull’Unione europea, un nuovo articolo 1-bis, ai sensi del quale si specifica che l’Unione si fonda, anzitutto, sul “valore del rispetto della dignità umana”, comune agli Stati membri, in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia e dalla solidarietà.324

Una delle questioni da sempre più discusse con riferimento all’art. 2 Cost. riguarda l’esegesi interpretativa della norma stessa: la giurisprudenza costituzionale, infatti, non ha mai chiarito ex professo se tale disposizione debba intendersi quale clausola “aperta”, tramite cui si consentirebbe l’enucleazione di “nuovi diritti” provenienti dai bisogni storicamente emergenti nel progresso e nell’evoluzione della coscienza sociale, ovvero “riassuntiva” dei soli diritti espressamente riconosciuti nelle norme costituzionali (artt. 13 ss. Cost.), i quali costituirebbero, in definitiva, un catalogo chiuso.

La dottrina325, seguita dalla giurisprudenza326, ha cercato di superare la più risalente concezione dell’articolo in esame come clausola “chiusa”, non soltanto per

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P. D’ONOFRIO, Libertà di cura ed autodeterminazione, Cedam Ed., 2015, p. 4.

325 Pare opportuno un cenno a quelle opinioni che hanno consolidato il ruolo centrale dell’art. 2 Cost.

Secondo parte della dottrina non può non attribuirsi una funzione espansiva che legittimi un’interpretazione evolutiva delle singole libertà. La premessa fondamentale da cui parte è il riconoscimento di quei “valori che si assumono come ratio giustificatrice dei diritti inviolabili” come connaturati da una “irriducibile trascendenza che fa si che questi ultimi non possano mai esaurire nel loro contenuto le potenzialità insite nel relativo fondamento di valore” (A. BALDASSARRE, Diritti della persona e valori costituzionali, Torino, Giappichelli Ed., 1997, p. 54). Parzialmente differente la tesi di chi, pur preferendo un’interpretazione chiusa dell’art. 2 in esame, nel senso di una più attenta considerazione testuale, attribuisce a tale disposizione una duplice forza espansiva: da un lato la capacità espansiva dello stesso diritto costituzionalizzato, e cioè lo sviluppo della personalità; dall’altro la possibilità di legittimare l’espansione di singoli diritti di libertà che non sarebbero espressamente contemplati da disposizioni costituzionali, ma a queste comunque e sempre conseguenti (P. BARILE, Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, Bologna, il Mulino, 1984 cit., 56 ss.). Spesso, poi, si è osservato come in realtà si tratterebbe di un falso problema. Se si analizzano le disposizioni della

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dare più concreta attuazione al processo di “liberazione delle libertà civili dalle strettoie delle situazioni giuridiche soggettive”327, ma anche, e soprattutto, in quanto lo stesso ruolo che nella gerarchia formale delle fonti viene riconosciuto ai principi costituzionali è già di per sé solo tale da escluderne in re ipsa un’interpretazione restrittiva.

La “persona” costituisce, quindi, il punto di partenza e di arrivo del sistema delle libertà garantite dal Testo costituzionale e proprio per tale motivo si ritiene necessaria l’apertura della norma al fine di riconoscere e garantire tutte quelle libertà essenziali allo sviluppo della stessa: attraverso il rinvio alla “persona”, quindi, si determina la possibilità di introdurre nell’ordinamento costituzionale tutti quei valori che il processo di emancipazione dell’uomo e di evoluzione della costituzione materiale rendono rilevanti.

In altri termini, la personalità dell’uomo non può essere considerata in una dimensione “atemporale” o “cristallizzata”, poiché necessita di essere accolta in tutta la sua potenzialità di sviluppo, in una visione a tutto tondo del principio personalista che ponga al centro del sistema la “persona” nel suo essere attuale e futuro328

.

È inoltre rilevante osservare come l’idea di persona emergente dall’articolo 2 Cost. sia quella di un uomo non soltanto inteso come singolo, bensì, anche, come parte della società; ciò in quanto appare indubbio che il totale rispetto della dignità umana esige l’effettiva tutela in tutte le espressioni, tipiche di una società pluralista e Costituzione, infatti, si può constatare che la loro potenzialità normativa è tale da permettere un rinvio ad una qualsiasi e ulteriore ipotesi che lo sviluppo civile e sociale da una parte e la c.d. Costituzione materiale dall’altra individuino come “nuovi diritti”.

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Inizialmente, la Corte Costituzionale ha optato per un’interpretazione chiusa della norma, in ragione della preoccupazione di frapporre un argine alle molteplici spinte provenienti da talune magistrature inferiori che attingevano variamento alla norma. Si sono, tuttavia, registrate decisioni di segno opposto (fra cui la sentenza n. 27 del 1975 sul diritto alla vita del concepito o ancora prima la decisione n. 27 del 1969 con cui si è ricompreso fra i diritti inviolabili “la libertà di contrarre matrimonio”). Con ulteriori pronunce, di notevole importanza quella in materia di aborto, la Corte ha percorso una strada inversa che l’ha portata a preferire un’interpretazione espansiva dell’art. 2 Cost., più in linea con l’esigenza di ricerca di nuovi spazi di libertà, piuttosto che una lettura meramente riepilogativa. In sentenze ancora più recenti la Corte ha fatto espresso richiamo alla dignità umana come principio che corrobora altri diritti, v. Corte cost., 17 luglio 2001, n. 252, in Giur. Cost. e in Giustizia civile, 2001, I, pag., 2018; Corte cost., 2 dicembre 2005, n. 432, in Giur. Cost., 2005, fasc. 5, e in Servizi pubblici e appalti, 2006, 2, pag. 318.

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A. BARBERA, Art. 2 in Commentario della Costituzione, a cura di G. BRANCA, Bologna-Roma, Zanichelli-il Foro italiano, 1975, 66.

328 F.G. PIZZETTI, Alle frontiere della vita: il testamento biologico tra valori costituzionali e

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democratica, in cui essa si palesa329. Invero, dunque, la solidarietà - che nella prospettiva costituzionale viene intesa come cooperazione nell’affermazione dei diritti fondamentali di tutti gli individui - fa pienamente parte del concetto di persona e le “formazioni sociali” a cui fa riferimento l’art. 2 rappresentano i luoghi in cui si esplica e si sviluppa la personalità, posti, perciò stesso, in posizione servente e funzionale alla persona330.

Alla luce di quanto osservato, pare importante rilevare come tanto il «principio personalistico» quanto quello «solidaristico» ispirino, in concreto, un più ampio quadro di tutela della persona che, una volta accolta la natura espansiva della clausola di cui all’art. 2 Cost., incide su aspetti e questioni che, ad oggi, non godono di espressa configurazione normativa - tra le quali, certamente, quella attinente al diritto al cibo adeguato - ma che parimenti necessitano di essere realizzate e garantite dall’ordinamento nazionale.

In particolare, si ritiene che le innumerevoli connessioni tra il diritto al cibo adeguato, il diritto ad un ambiente salubre e i doveri di sostenibilità verso le generazioni future ben possano ascrivere il diritto al cibo nell’alveo dei c.d. «nuovi diritti» ricavabili dalla lettura estensiva dell’art. 2 Cost., e in particolare dei c.d. «nuovi diritti sociali»331, laddove, tuttavia, la classificazione come diritto “nuovo” avviene al mero fine descrittivo di individuare come tali quelli formalmente assenti dal catalogo costituzionale, nella consapevolezza che ciò non incide sulla sua natura di diritto costituzionale fondamentale, in quanto espressivo di valori fondamentali già sottesi al testo costituzionale (e dei principi in cui essi si traducono), primo fra tutti quello di “dignità umana”, come si vedrà nel prossimo paragrafo.

329

A. BALDASSARRE, op.cit., p. 152.

330 P. PERLINGIERI, Manuale di diritto civile. p. 42 Si legge che la formazione sociale ha meritevolezza

di tutela soltanto se idonea a garantire lo sviluppo di ogni persona che ne faccia parte. Il pluralismo delle formazioni sociali è un bene se è bene per la persona, non un’alternativa o un valore da preservare anche contro i diritti fondamentali dell’individuo che ne faccia o non ne faccia parte.

331 S. SCAGLIARINI, Diritti sociali nuovi e diritti sociali in fieri nella giurisprudenza costituzionale, in

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