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Inibizione del diritto di recesso e preavviso

Ai sensi dell’art. 2328, 2° comma, n. 13 c.c. l’atto costitutivo della società per azioni deve indicare la durata della società ovvero, se questa è costituita a tempo indeterminato, il periodo di tempo non superiore ad un anno decorso il quale il socio può recedere56.

al socio l’esercizio delle sue prerogative di exit. Cfr. in tal senso, R. BORK,

The rule of reason and the per se concept: price fixing and market division,

in Yale Law Journal, 1996, p. 373 ss.

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Aumento dei costi per l’impresa specialmente in relazione all’accesso al mercato del capitale del credito. Così, ritenendo che il “problema” del recesso dalle società risieda nel bilanciamento tra «incentivazione dell’investimento azionario ed efficienza del mercato del credito», D. GALLETTI, op. cit. p. 1491.

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Si veda, in proposito, G.GABRIELLI,op. cit., p. 66 ss. L’A, nell’affermare

che il riconoscimento dello ius se poenitendi sembrerebbe contraddire quanto sancito dall’art. 1372 c.c. (ossia il principio secondo il quale il contratto ha “forza di legge” tra le parti), conclude -ancorandosi all’istituto del mutuo dissenso- che tale contraddizione in realtà non sussiste «se il diritto di pentirsi ha fonte convenzionale, se, cioè, sia riconosciuto dallo stesso regolamento contrattuale contro cui può eventualmente esercitarsi».

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In materia di s.r.l., invece, l’art. 2463 c.c. nulla dispone in relazione alla durata della società né si individua un lasso di tempo durante il quale l’ente può inibire l’esercizio di siffatto diritto.

Il terzo comma dell’art. 2437 c.c. prevede, poi, che il socio possa recedere ad nutum fornendo un preavviso di centottanta giorni, elevabile statutariamente fino ad un anno57.

Sebbene in dottrina non siano mancate ricostruzioni in senso contrario, occorre precisare che si tratta di due norme non del tutto sovrapponibili sul piano teleologico. Entrambe sono previste a presidio dell’ente societario che subisce l’esercizio del recesso, pur nel quadro di una disciplina a presidio dell’interesse del socio al disinvestimento58.

In particolare, il termine individuato dall’art. 2328 c.c. tutela la società nella fase immediatamente successiva alla sua costituzione: onde evitare precoci “emorragie” finanziarie in un momento particolarmente delicato per l’ente, la legge consente ai soci di individuare un periodo durante il quale è loro precluso recedere ad nutum.

Si tratta, peraltro, di un meccanismo di tutela facoltativo a disposizione della società: la legge, infatti, non individua un periodo di tempo minimo allo scadere del quale al socio sarà consentito recedere; pertanto, se l’atto costitutivo nulla dispone in merito a siffatto termine, costui potrà recedere in qualsiasi momento, nel rispetto del termine di preavviso.

Occorre soffermarsi sul momento di decorrenza del termine annuale previsto dall’art. 2328 c.c.

Parte della dottrina, conformemente a quanto affermato nella relazione ministeriale, ritiene che siffatto termine debba decorrere dall’acquisto dello status socii: al fine di «garantire la serietà dell’impegno», al

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Analogamente, in materia di s.r.l., il 2° comma dell’art. 2473 prevede che il recesso ad nutum possa essere esercitato in ogni momento con un preavviso di almeno centottanta giorni (elevabile statutariamente sino ad un anno).

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Pone l’accento sulla sostanziale omogeneità delle due disposizioni R. RORDORF, op. cit., p. 927. Stabilendosi, da una parte, che il periodo di

sospensione non possa eccedere l’anno e, quanto alle modalità di esercizio, che il preavviso debba essere compreso tra i centottanta giorni e l’anno, si tutelano altresì le ragioni del socio recedente acchè non sia eccessivamente compresso, sia quanto all’an sia in ordine al quando, il suo potere di exit.

socio sarebbe precluso il potere di recedere per un certo periodo dopo la sottoscrizione della relativa partecipazione59

.

Siffatta interpretazione potrebbe apparentemente essere suffragata dall’argomento sistematico: il 2° comma dell’art. 2469 c.c., infatti, stabilisce che «qualora l’atto costitutivo preveda l’intrasferibilità delle partecipazioni (…)il socio o i suoi eredi possono esercitare il diritto di recesso ai sensi dell'articolo 2473. In tali casi l'atto costitutivo può stabilire un termine, non superiore a due anni dalla costituzione della società o dalla sottoscrizione della partecipazione, prima del quale il recesso non può essere esercitato».

Sebbene la disposizione in esame (nel prevedere che la società, nonostante il regime statutario di intrasferibilità della quota, possa inibire l’esercizio del recesso per un periodo non superiore a due anni) faccia riferimento tanto ad un termine oggettivo (la costituzione della società) quanto ad uno soggettivo (la sottoscrizione della partecipazione), nel caso di recesso ad nutum pare preferibile ritenere che “il divieto di exit” per il termine massimo annuale operi soltanto dalla costituzione dell’ente60

.

Invero, se si indirizza l’indagine ponendo al centro gli obiettivi perseguiti dalle due disposizioni, può osservarsi come mentre attraverso l’articolo 2328 c.c. il legislatore ha predisposto uno strumento di tutela per la società (ed in particolare per la sua stabilità patrimoniale) in una fase particolarmente delicata, quale appunto quella di startup, mediante l’art. 2469 c.c. ha inteso contemperare l’interesse del socio a non restare prigioniero della società con quello, tipicamente societario, alla stabilità alla compagine sociale 61.

59

Così A. BARTOLACELLI,op. cit., p. 1140. V. il § 1.3 della relazione ove si

legge che il termine dilatorio di durata (massimo) annuale è funzionale a garantire «la serietà dell’impegno».

60

M.NOTARI,Costituzione e conferimenti nella s.p.a., in AA. VV.,Il nuovo ordinamento delle società. Lezioni sulla riforma e modelli statutari, Milano,

2003, p. 7.

61

Così P.REVIGLIONO,Commento all’art. 2469,Il nuovo diritto societario. Commentario a cura diG.Cottino -G.Bonfante -O.Cagnasso-P. Montalenti

Come chiarito nella relazione illustrativa al D. Lgs. 6/03, poi, la limitazione temporale del diritto di recesso in caso di intrasferibilità della quota è posta «a tutela della buona fede contrattuale (…) e ad impedire comportamenti che pregiudichino l’interesse delle altre parti del rapporto societario». Nel caso di recesso ad nutum, invece, è attraverso il meccanismo di preavviso che si possono limitare eventuali comportamenti opportunistici dei soci, finalizzati ad abbandonare repentinamente ed in circostanze sospette la società.

Con riguardo a quest’ultimo periodo, costituisce regola generale quella secondo cui in caso di recesso discrezionale dai rapporti privi di termine finale, la parte recedente concede alla sua controparte contrattuale un periodo di preavviso: come è stato autorevolmente scritto, «questo (…) non tende ad assicurare al rapporto una durata minima, ma ad evitare che la sua interruzione a discrezione del debitore, si traduca in un eccessivo danno per il creditore»62

.

Attraverso la concessione del preavviso, dunque, la società può disporre di un lasso di tempo sufficientemente ampio 63

per “metabolizzare” le conseguenze derivanti dall’esercizio del diritto di recesso.

Si tenga presente, infatti, che prescindendo la fattispecie di recesso in esame da qualsivoglia forma di dissenso, tale diritto potrà essere esercitato anche dal socio di maggioranza: la previsione del termine di preavviso, allora, consente all’organizzazione societaria di attivarsi al

Bologna, 2004, II, p. 1819. La relazione al D. Lgs. 6/2003, peraltro, ha sottolineato che la limitazione temporale del diritto di recesso è posta “a tutela della buona fede contrattuale (…) e ad impedire comportamenti che pregiudichino l’interesse delle altre parti del rapporto societario”.

62

S. SANGIORGI, Rapporti di durata e recesso ad nutum, Milano, 1965, p.

130; M. FRANZONI, Degli effetti del contratto, in Il codice civile commentario, I, fondato da Piero Schlesinger, diretto da Francesco D.

Busnelli, Milano, 2013, p. 402 ss, «La funzione del preavviso è di tutela della posizione dell’altro contraente che, nei rapporti di durata, durante il tempo in cui il contratto non è ancora sciolto, può provvedere a risolvere in altro modo il bisogno a fronte del quale aveva stipulato il contratto».

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Superiore a quello trimestrale individuato dall’art. 2285 c.c. in tema di società di persone.

fine di reperire le risorse necessarie per la liquidazione della sua quota di partecipazione.

Chiarita la funzione del preavviso, è necessario soffermarsi su alcune questioni di natura procedimentale, adattando quanto previsto in termini generali per le ipotesi tradizionali di recesso a questa peculiare fattispecie.

In primis, ai fini del suo esercizio, non è necessario un autonomo atto di preavviso da spedire separatamente alla dichiarazione di recesso. A causa della laconicità che contraddistingue la presente disposizione, sia in merito al contenuto sia quanto alla forma del preavviso, è preferibile ritenere che il socio che intenda recedere debba esternare la propria volontà conformemente a quanto previsto dall’art. 2437-bis. L’efficacia del recesso, tuttavia, sarà differita allo spirare del termine di preavviso e il deposito delle azioni presso la sede sociale, che potrà non essere contestuale alla dichiarazione di recesso, dovrà avvenire al più tardi entro il suo scadere64

.

In ultimo, occorre individuare il dies a quo di decorrenza di siffatto periodo: si tratta di capire se in ossequio al principio generale della cognizione esso debba computarsi a ritroso dal momento in cui la società riceve la dichiarazione di recesso ovvero, ancor prima, dal momento della sua spedizione da parte del socio65

.

Per le ipotesi “tradizionali” di recesso, quelle derivanti da una deliberazione o discendenti dalla verificazione di un determinato “fatto” (v. Cap. I § 5), il termine entro cui il socio deve manifestare la propria volontà di recedere va riferito al momento della spedizione della dichiarazione di recesso. Ciò si pone a favore del socio per un duplice ordine di ragioni: sia poiché il momento dell’invio risulta meno problematico circa il rispetto della tempestività della dichiarazione stessa, sia poiché costui potrà beneficiare di un termine più lungo per comunicare all’ente la propria volontà.

64

A. BARTOLACELLI,op. cit., pp. 1142 e 1147.

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Non pare, invece, che per l’ipotesi di recesso ad nutum sussistano i presupposti per derogare al principio generale della cognizione (di cui all’art. 1335 c.c.): il periodo di preavviso inizierà a decorrere una volta che la dichiarazione di recesso sia giunta a conoscenza della società, dando avvio al procedimento che condurrà il recedente al di fuori della compagine sociale.