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I rimedi accordati al socio recedente in caso di erronea

7. La determinazione del valore della partecipazione sociale

7.1. I rimedi accordati al socio recedente in caso di erronea

Occorre a questo punto della trattazione interrogarsi sugli strumenti predisposti a favore del socio laddove costui non ritenga corretta la relazione di stima effettuata dagli amministratori.

76

Il preavviso, anche nelle società personali, determina la continuazione del rapporto sociale fino al suo scadere: come rilevato da M.GHIDINI,op. cit., p.

594, il socio che ha comunicato agli altri membri del sodalizio societario la sua volontà di recedere continuerà ad essere responsabile per tutte le obbligazioni sociali sorte prima della data di scadenza del preavviso.

È necessario, in proposito, adattare a questa particolare fattispecie di recesso quanto previsto dall’art. 2437-ter, 6° comma.

La disposizione in commento attribuisce al socio recedente il potere di contestare la stima posta in essere dall’organo amministrativo «contestualmente alla dichiarazione di recesso»: in tal caso il valore della quota di liquidazione sarà determinato, entro novanta giorni dall’esercizio del suddetto diritto, tramite relazione giurata di un terzo arbitratore, nominato dal tribunale su istanza della parte più diligente. La disciplina del procedimento di contestazione, ancorata alle ipotesi di recesso scaturenti da una delibera, necessita (in mancanza di eventuali indicazioni previste nello statuto) di essere “trapiantata” ed adattata all’ipotesi di recesso ad nutum: non pare corretto, infatti, negare al socio la possibilità di contestare la relazione effettuata dall’organo gestorio77

.

Riconoscendo la delicatezza della questione, anche per la mancanza di sicuri riferimenti normativi, potrebbe suggerirsi un’interpretazione in forza della quale il socio, nel caso di recesso ad nutum, dovrebbe istaurare il procedimento arbitrale nell’immediatezza della comunicazione proveniente dagli amministratori: a tal fine, il termine di quindici giorni individuato dal legislatore sarebbe idoneo a contemperare l’interesse del socio a beneficiare del meccanismo di arbitraggio con quello della società acchè emergano con certezza le intenzioni del recedente.

Sempre a tutela della società, poi, dovrebbe potersi applicare il termine decadenziale di novanta giorni entro cui l’esperto nominato dal tribunale deve determinare il valore di liquidazione, termine trimestrale il cui dies a quo potrebbe coincidere con la data di conferimento dell’incarico78.

77

Così M.STELLA RICHTER jr., Diritto di recesso e autonomia statutaria, in Riv. dir. comm., 2004, I, p. 401.

78

Termine di novanta giorni che decorre, nelle ipotesi tradizionali, dalla dichiarazione di recesso. Vedi retro Cap. I § 5.1.

Al socio infine dovrebbe essere riconosciuto il potere di revocare, prima dello spirare del termine di preavviso, la dichiarazione di recesso precedentemente resa79 : ragioni di “equità sostanziale”, sebbene non supportate dal dato normativo, imporrebbero tuttavia che siffatto potere di revoca non possa essere esercitato senza limite temporale alcuno, potendo invece trovare applicazione il termine di novanta giorni previsto dall’art. 2437-bis.

Accogliendo la presente tesi interpretativa si riconoscerebbe, tanto al socio quanto alla società, un potere di ripensamento, una sorta di jus se poenitendi circoscritto per entrambe le parti entro precisi limiti temporali.

7.2. (segue) Le contromisure esperibili dalla società: la

delibera di scioglimento

Se con certezza è possibile affermare che con la riforma del 2003 è aumentato l’interesse del legislatore nei confronti del socio recedente, tutelandosi in particolare il suo interesse al disinvestimento, è altrettanto vero che sicuri indici normativi fanno ritenere che in sede di disciplina dell’exit si è cercato di tenere adeguatamente in considerazione anche gli interessi dell’organizzazione societaria. Si allude, in particolare, al disposto di cui al comma 3° dell’art. 2437- bis c.c.: al fine di paralizzare eventuali recessi o, se già esercitati, di privarli della loro efficacia, si attribuisce alla società il potere di decidere del suo scioglimento anticipato oppure di revocare la delibera che ha dato motivo al recesso.

79

Come rilevato da A. BARTOLACELLI,op. cit., p. 1149 ss., è possibile che la

revoca avvenga anche de facto qualora il socio non adempia, oppure adempia tardivamente, ad uno o più tra gli obblighi previsti dal legislatore ai fini dell’efficacia del recesso (ad esempio, se non deposita le azioni entro il termine di scadenza del preavviso).

Attraverso l’esercizio dello jus poenitendi la maggioranza può beneficiare di un importante potere di reazione: ad essa il legislatore riconosce la possibilità di rivalutare le scelte originariamente adottate80.

In caso di società a tempo indeterminato, peraltro, il potere di ripensamento della stessa è circoscritto alla sola possibilità di scioglimento: poiché l’ipotesi di recesso in parola prescinde dall’adozione di un deliberato assembleare, all’ente sarà precluso l’esercizio del potere di revoca.

Fatta questa premessa, occorre soffermarsi sulla decorrenza del termine di novanta giorni, espressamente previsto soltanto in materia di società azionaria, entro cui tale contromisura inibitoria deve essere adottata.81

È preferibile ritenere che siffatto termine decorra non già dallo spirare del termine di preavviso, bensì dalla ricezione della dichiarazione di recesso: se il motivo alla base dello scioglimento dell’ente è realmente l’esercizio del recesso ad nutum, presumibilmente la società si attiverà in tempi brevi82

.

Questa scelta interpretativa, oltre a garantire soluzioni omogenee (per il socio e per la società) quanto all’ampiezza dello ius poenitendi (v. § 7.1.), consente di non comprimere eccessivamente il diritto del socio. Il recedente, se si accogliesse l’opposta soluzione interpretativa, resterebbe in balia di una decisione della società che potrebbe avvenire fino ad un anno e tre mesi dopo la manifestazione della sua volontà di uscita dalla compagine.

80

Secondo C. ANGELICI, op. cit., p. 91, anche da questa disposizione

normativa è possibile affermare come il diritto di recesso sia «momento in cui si instaura una dialettica, in definitiva di tipo negoziale, tra i soci».

81

In materia di s.r.l., infatti, il legislatore non individua alcun periodo di tempo entro il quale la società può decidere del proprio scioglimento oppure revocare la delibera che ha dato causa al recesso.

82

L’altra interpretazione, peraltro, sarebbe supportata dal dato letterale. L’art. 2437-bis, infatti, parla di perdita di efficacia del recesso; efficacia che in caso di recesso ad nutum è subordinata al decorso del periodo di preavviso.

La soluzione prospettata, in conclusione, trova conferma anche nel riformato panorama normativo, che all’indomani della riforma Vietti si denota per un netto favor nei confronti del socio83.