• Non ci sono risultati.

Recesso ad nutum da società contratta a tempo determinato?

Nel Primo Capitolo della presente trattazione si è posto l’accento sulla centralità assunta dall’autonomia statutaria con la riforma del 2003. Questa sua espansione ha interessato anche il diritto di recesso: in maniera paradigmatica, infatti, l’art. 2473 c.c. individua nell’atto costitutivo della s.r.l. la prima fonte di regolamentazione dell’istituto in parola44

.

Una tale apertura, peraltro, non ci esime dal verificare quali siano i limiti di sistema che la potestà statutaria incontra, dovendosi escludere una libertà assoluta nella determinazione delle ipotesi convenzionali di recesso (v. retro Cap. I § 4).

Sebbene gli spazi ad essa concessi siano differenti nella società per azioni ed in quella a responsabilità limitata, per quanto concerne la previsione della clausola di recesso ad nutum, la soluzione nel senso della inammissibilità è da preferirsi per entrambe45.

fede. Cfr. F. GUERRERA, La responsabilità “deliberativa” nelle società di

capitali, Torino, 2004, p. 209 ss.

44

V. BUONOCORE, La società a responsabilità limitata, in AA. VV., La

riforma del diritto societario. Commento ai D. Lgs. n. 5-6 del 17 gennaio 2003, a cura di V. Buonocore, Torino, 2003, p. 179. Nella società azionaria,

viceversa, il sistema è rovesciato: è il legislatore ad individuare una serie di cause di recesso (talune inderogabili) prevedendo, ai sensi del 4° comma dell’art. 2437 c.c., che gli statuti delle società “chiuse” possano individuarne di ulteriori.

45

Diversamente da quanto in precedenza affermato in merito al recesso per «giusta causa», incompatibile con l’assetto organizzativo della società azionaria e ammissibile (a certe condizioni) nella s.r.l. V. retro Cap. I § 4. Critico a proposito del recesso ad nutum negli ordinamenti di common law, B. MANNING, The Shareholder’s Appraisal Remedy: An Essay for Frank

Coker, in The Yale Law Journal, 1962, vol. 72, ove a p. 240 ss. del

dattiloscritto si legge: «What would be the effects of a legal rule permitting shareholders to bail out whenever they wish? (…) First, such a rule require that the company be maintained at a high level of financial liquidity since it could not be predicted how many shareholders would demand to be bailed out at any one time. (…) For more lines of business, however, such a level of liquidity is either impossible or economic idiocy. (…) Indiscriminate extension of the remedy is pernicious. The remedy should apply only where

Non pare condivisibile, infatti, l’approccio di quella dottrina che facendo leva sulla diversa formulazione testuale delle due disposizioni (il 4° comma dell’art. 2437 ed il 1° comma del 2473 c.c.) afferma la legittimità di una clausola statutaria avente ad oggetto la libera recedibilità dalla società a responsabilità limitata contratta a tempo determinato46.

L’attribuzione ex lege del recesso “senza onere di motivazione” in caso di società contratta senza limite di durata, poi, non è argomento determinate al fine di legittimare tout court la previsione di siffatta clausola: questa ipotesi di recesso, infatti, trova la sua (speciale) ragion d’essere nella necessità di garantire al socio la realizzazione del suo investimento in un contesto ove l’alienazione della partecipazione non si rivelerebbe strumento idoneo per il soddisfacimento di tale esigenza. La sua attribuzione in caso di società contratta sine die, pertanto, non costituisce un valido argomento per consacrarne l’ammissibilità nell’opposta ipotesi di società a tempo determinato47

.

the risks to the shareholder are great».

46

CosìS.CAPPIELLO,op. cit., p. 501 ss.;M.STELLA RICHTER jr., op. ult. cit.,

p. 405 ss. Se il 4° comma dell’art. 2437 c.c. attribuisce all’autonomia statutaria la possibilità di prevedere «ulteriori cause di recesso», in materia di s.r.l. si prevede, più genericamente, che «l’atto costitutivo determina quando il socio può recedere». Mentre nel primo caso, secondo l’A., sarà necessario ancorare il diritto di recesso a precisi presupposti, tali da potersi configurare quali sue cause, nelle s.r.l. non si potrebbe escludere l’ammissibilità del recesso libero, in virtù dell’utilizzo dell’avverbio “quando”. In realtà, l’ambiguità del dato letterale è stata opportunatamente rilevata da A. TOFFOLETTO, Il recesso nella nuova disciplina delle società di capitali, in Riv. dir. comm., 2004, p. 375, il termine “quando”, infatti, può essere

interpretato sia nel senso di “in quale momento”, sia (preferibilmente) come “in quali ipotesi”. In senso conforme anche G.ZANARONE,op. cit., p. 781.

47

In senso contrario si esprime il Consiglio Notarile di Milano, massima n.

74 del 22 novembre 2005, reperibile online sul sito

www.consiglionotarilemilano.it: «Se infatti è sufficiente non stabilire un termine di durata della società perché la legge vi ricolleghi la possibilità di recedere liberamente con preavviso di 180 giorni (non eliminabile né riducibile, ma soltanto elevabile in via statutaria sino ad un anno), ne deriva che nulla si oppone al recesso libero introdotto dai soci pur in presenza di un termine di durata: l'unica condizione (desumibile in via interpretativa anche in assenza di esplicita previsione statutaria) è che alla libertà assoluta di

Proprio quest’ultima circostanza (i.e. la sussistenza del termine di durata) potrebbe essere invece decisiva al fine di riconoscerne l’illegittimità: non sembra meritevole di tutela, infatti, l’interesse dei soci a sottrarsi arbitrariamente dal vincolo temporale da loro stessi individuato nell’atto costitutivo; come acutamente osservato, «il potere di disgregare il progetto comune» non può essere riconosciuto ai singoli soci, indipendentemente da ogni loro accordo in senso contrario48.

Per stabilire la legittimità o meno della clausola ad nutum occorre muovere dalla ragione per la quale si sono rafforzate le prerogative concesse all’autonomia statutaria, e in un secondo momento, capire in che modi e con che limiti questa debba operare.

Ponendosi da questo angolo visuale, può affermarsi che l’espansione statutaria del diritto di recesso consente agli stessi partecipanti all’iniziativa societaria di individuare (“in concorso” con il legislatore) gli elementi che caratterizzano l’operazione di investimento originariamente intrapresa: ed allora, le ulteriori cause di recesso dovranno essere funzionalmente omogenee rispetto alle ipotesi legali. Sembra dunque che solo a fronte di cambiamenti sostanziali dell’operazione alla quale il socio partecipa, all’autonomia organizzativa dei soci sia concesso integrare il catalogo delle ipotesi legali di recesso 49.

Tale interpretazione, peraltro, ci consente di tenere adeguatamente in considerazione i diversi interessi coinvolti nella vicenda del recesso.

recesso si accompagni la sua inefficacia prima dell'integrale decorrenza di un periodo di preavviso di almeno 180 giorni».

48

Così A.TOFFOLETTO,op. cit., p. 380 (corsivo aggiunto) Il riconoscimento

del diritto di recesso “senza causa”, infatti, priverebbe di ogni valore vincolante il termine finale individuato nell’atto costitutivo. Così A. BARTOLACELLI,op. cit. p. 1164.

49

Così C. FRIGENI, op. ult. cit., p. 188 ss; F.CHIAPPETTA,op. cit., p. 502.

Secondo questa dottrina, le ulteriori cause di recesso convenzionali devono comunque rimandare a mutamenti della società in grado di incidere sulle condizioni di rischio dell’investimento, conformemente alla funzione assolta dall’istituto.

Un’arbitraria concessione della facoltà di recedere, infatti, si porrebbe in contrasto con le indicazioni provenienti dalla legge delega50

: come è stato osservato, il diritto di recesso non è uno strumento «neutro» né per la società, né per i terzi creditori, neanche per gli altri soggetti comunque coinvolti nell’ambito della stessa51.

Invero, se i restanti soci non sono disposti ad acquistare la quota del recedente o non si trovano terzi acquirenti, la società sarà costretta ad attingere alle proprie risorse patrimoniali al fine di liquidare la sua partecipazione; l’entità del rimborso potrà incidere gravemente sulla struttura finanziaria dell’ente societario e, considerando l’imprevedibilità che caratterizza questa fattispecie, la medesima potrebbe rivelarsi estremamente pericolosa per la società52

.

In ultimo, anche considerazioni d’analisi economica del diritto confermano la bontà della presente interpretazione restrittiva: se teoricamente la previsione statutaria del recesso “libero” potrebbe rendere maggiormente appetibile l’investimento azionario (data la certezza di poter smobilizzare in qualsiasi momento il capitale impiegato53

), da un altro punto di vista, in concreto, il riconoscimento

50

Per entrambi i tipi societari la l. 366/01 richiedeva di salvaguardare in ogni

caso il “principio di tutela dell’integrità del capitale sociale” e “gli interessi

dei creditori sociali”.

51

Così A. DACCÒ, Il diritto di recesso: limiti dell’istituto e limiti

all’autonomia privata nella società a responsabilità limitata, in Giur. comm.,

2004, p. 280; A. TOFFOLETTO, op. cit., p. 381, parla di “capacità disgregatrice” dell’istituto.

52

A. BARTOLACELLI,op. cit., p. 1164, sostiene che una clausola statutaria di

recesso ad nutum si rivelerebbe una sorta di “cappio al collo” dell’ente societario. Seppur in una diversa prospettiva, P. TRIMARCHI, Transfers, uncertainty, and the cost of disruption, in Internetional Review of Law and Economics 23 (2003) 49, analizza i c.d. “costi di disorganizzazione”: in caso

di trasferimenti di ricchezza non prevedibili, l’impresa è tenuta a sopportare dei costi, definiti appunto di “disorganizzazione”, generati dalla distruzione della pianificazione finanziaria causata da quel non prevedibile pagamento.

53

Secondo la scuola ultraliberista di Chicago, migliori condizioni di uscita dalla società determinerebbero un maggior afflusso di finanziamenti: vincoli particolarmente stringenti, invece, impedirebbero una “migliore” allocazione del capitale. Gli economisti della scuola di Chicago, focalizzandosi sulla “libertà” del mercato, ritenevano che lo Stato dovesse contrastare l’introduzione di qualsiasi barriera, come ad esempio quelle che impediscono

indiscriminato del potere di recedere determinerebbe una presumibile crescita dei costi dell’impresa, data l’impossibilità per i finanziatori di valutare prospetticamente la rischiosità del rapporto istaurato con la propria controparte contrattuale, la società54.

Così, mentre la previsione generale di cui all’art.1373 c.c., norma cardine in materia di recesso contrattuale, attribuisce all’autonomia privata un importante margine di manovra per quanto concerne l’inserimento di un eventuale patto convenzionale di recesso55

, a diversa conclusione deve giungersi laddove si abbandoni la prospettiva strettamente contrattuale, tipica dei rapporti di scambio, per spostarsi verso quella dell’organizzazione, propria delle società.