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Innovazione per battere la crisi

3. RSI e competitività

3.2 Innovazione per battere la crisi

La storia insegna che le aziende che continuano a investire risorse sulla propria capacità di innovazione anche nei periodi di recessione economica sono quelle che poi ottengono i risultati migliori in fase di ripresa. In un clima economico sfavorevole diventa decisivo focalizzarsi, tuttavia le aziende si trovano ad affrontare un vero e proprio dilemma: come mantenere il focus contenendo i costi e salvaguardando allo stesso tempo le opportunità di crescita per il futuro? Rinviare o eliminare le iniziative meno promettenti che in tempi migliori si sarebbero portate avanti, può consentire alle imprese di sopravvivere, e alla fine riprendersi. In molti casi, però, ricevono attenzione e risorse solo i progetti che hanno maggiori probabilità di generare guadagni a breve termine, e si finisce per decidere in maniera sbrigativa quali si inseriscano meglio nel core business aziendale.

Una strategia simile può rivelarsi intelligente nel breve periodo, ma la capacità di definire rigorosamente le priorità può portare anche conseguenze negative. Con una politica di questo tipo si corre il rischio di bloccare molti progetti promettenti a uno stadio iniziale di sviluppo, così che questi rimangono arenati a danno dell’organizzazione. Con il passare del tempo, e l’accumularsi dei progetti abbandonati, la capacità di espandersi viene compromessa. Se il focus viene mantenuto per troppo tempo o con eccessiva rigidità, può diventare un ostacolo alla crescita, lasciando l’azienda priva di basi per il rilancio alla ripresa dei mercati.

L’innovazione rappresenta la strategia per risolvere il problema: in particolar modo è utile ricorrere all’innovazione aperta, così descritta da Henry W. Chesbrough e Andrew R. Garman in un loro articolo pubblicato dall’Harvard Business Review nel gennaio 2010: “il suo effetto di rompere i confini tradizionali dell’azienda consente a un flusso di persone, di idee e proprietà intellettuali di entrare e uscire liberamente29”.

I due autori spiegano come fino ad oggi sia stata riservata una maggiore attenzione ad un’innovazione aperta verso l’interno, caratterizzata da un flusso di contributi esterni, che consentono ad un’azienda di produrre proposte di livello superiore a quello giustificato dalle sue capacità interne.

In una congiuntura economica difficile, però, la risorsa più utile per l’impresa è costituita dall’aspetto, spesso trascurato, dell’innovazione aperta che invece va dall’interno verso l’esterno. L’innovazione aperta verso l’esterno definisce i processi mediante i quali l’azienda colloca alcuni progetti al di fuori della propria organizzazione. Un’operazione di tale genere comporta, oltre che un risparmio notevole di tempo e risorse finanziarie da investire nei progetti in questione, la possibilità di alimentare rapporti con nuovi fornitori e partner, di promuovere ecosistemi innovativi e realizzare alti margini di profitto grazie alla concessione di licenze. In tempi di crisi economica questo meccanismo d’azione può aiutare l’azienda a preservare le opportunità di sviluppo, dandole contemporaneamente il tempo di consolidarsi.

L’innovazione aperta verso l’esterno, dunque, non è altro che una strategia pienamente aderente ai principi della RSI. In particolar modo è vicina allo Stakeholder Mindset di Freeman, dottrina che questa tesi vuole dimostrare essere, con il suo sviluppo di un vantaggio sistemico, l’architrave per il futuro della Responsabilità d’Impresa. La visione strategica in grado di coinvolgere una platea allargata di interlocutori e di mobilitarne risorse e capacità, è, infatti, il risultato di un processo strategico orientato a costruire un futuro. E le decisioni strategiche di sviluppo e di innovazione nascono se il management entra nell’ordine delle idee di interpretare lo scenario e far evolvere le relazioni collaborando con gli stakeholder.

29H. W. Chesbrough, A. R. Garman (2010), “Alcune mosse strategiche per ridurre i costi R&S di oggi senza compromettere la crescita di domani”, Harvard Business Rewiew Italia

Chesbrough e Garman continuano il loro saggio spiegando come, in tal senso, sono varie le possibili mosse da attuare.

È possibile, in periodi di difficoltà economica, affidare ad altri lo sviluppo di iniziative non strategiche che generino distrazione da obiettivi più importanti, generando degli spin-off verso investitori esterni che ne curino lo sviluppo, mantenendo una partecipazione azionaria. In momenti di crisi è meglio possedere una parte di qualcosa che il tutto di niente. In questo modo, oltre a mantenere degli interessi per il successo dei progetti, si svilupperebbero partnership strategiche.

Un’altra mossa simile consiste nel trasformarsi in “stakeholder di sé stessi”, diventando clienti o fornitori di un precedente progetto appartenuto alla propria impresa. Dinanzi alla scelta se continuare o smettere di finanziare dei progetti promettenti, è possibile per un manager prendere in considerazione anche una terza opzione, caratterizzata da maggiore flessibilità: portare avanti un progetto in qualità di cliente o di fornitore, anziché svilupparlo e metterlo sul mercato in prima persona.

Un esempio in tal senso potrebbe essere questo: un’azienda individua una nuova applicazione per un suo prodotto-componente, ma i costi per la creazione di un canale di produzione e vendita sono elevati, e la soluzione non corrisponde ai punti di forza dell’azienda. Così è possibile per l’organizzazione dare origine ad un’azienda spin-off che si occupi di applicare il prodotto-componente nel nuovo prodotto completo. L’azienda spin-off diventerà un significativo acquirente dei prodotti-componenti creati dalla casa madre, ma la maggioranza dei capitali e delle risorse giungerà da parti terze.

Per far fruttare meglio la proprietà intellettuale inattiva in azienda, e per evitare che questa, non essendo continuamente sviluppata, perda il proprio valore, è possibile affidarla a dei partner esterni che ne proseguano lo sviluppo e paghino i diritti di utilizzo.

Ancora, se le idee interne dell’azienda possono suscitare l’interesse di comunità esterne di qualità, come ricercatori universitari potenzialmente in grado di creare progressi, sarà conveniente istituire dei domini aperti in cui avvengano scambi di informazioni ed opinioni, o che forniscano strutture e servizi condivisi.

Fondamentale poi, per l’impresa è coltivare sempre l’ecosistema di cui è parte, anche se la situazione economica è stagnante. L’ecosistema di un’azienda innovativa offre

sempre un ampio ventaglio di partner, alleati, ricercatori, e altre risorse, anche se nei momenti di crisi può apparire più utile portare avanti solo quelle più strettamente in linea con il core business aziendale. Impegnarsi con il proprio ecosistema durante una crisi significa acquistare credibilità, e contribuire allo sviluppo delle opportunità che emergono dai soggetti vicini alla propria attività e alla relativa catena del valore.

Quando la crisi raggiunge l’apice le aziende possono operare tagli così profondi da perdere anche alcuni dei dipendenti migliori, ma le organizzazioni più attente gestiranno questo processo con molta cautela. Alla ripresa dei mercati, le aziende che hanno perseguito una politica basata esclusivamente sul taglio dei costi potrebbero infatti trovarsi in coda agli altri.