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L’integrazione formale (1956-1984) 4.1 Cambiamenti socio-economici nella realtà mineraria

Tra il 1950 e la crisi petrolifera del 1974, l’Europa vive il suo periodo d’oro. La crescita economica è indotta dal progressivo ingresso del petrolio nel mercato, che sostituisce il carbone nel settore energetico, da un costante aumento del Pil e da una nuova stabilità monetaria. Inoltre, le politiche di cooperazione internazionale e la nascita delle istituzioni europee favoriscono una maggiore stabilità politica, necessaria per contrastare la costante minaccia della Guerra fredda in corso.1In questi stessi decenni anche il Belgio vive una fase di sviluppo economico notevole, che inizia nel 1958 con l’esposizione universale di Bruxelles e lancia la nazione nei commerci internazionali, permettendo per la prima volta l’inversione di tendenza e il trionfo dei servizi sulle altre voci di bilancio.2

La crescita del terzo settore tuttavia non riesce a fare da volano all’industria, che anzi entra in una parabola discendente. Le miniere del Belgio presentano difficili condizioni geologiche che rendono particolarmente esose le spese estrattive. Inoltre, la concorrenza americana e lo sviluppo delle nuove energie alternative rendono l’estrazione carbonifera più costosa che conveniente.

Questa nuova situazione genera due conseguenze: da un lato il sorpasso delle Fiandre3 come zona di traino del Pil nazionale, dall’altro la crisi della manodopera non specializzata, che dipende dal carbone e dalle industrie pesanti e che si trova esclusa dai nuovi settori in espansione. 4 Per questo la Ceca, nel 1952, prevede un piano quinquennale d’aiuti per il Belgio e la riorganizzazione del comparto estrattivo, ma l’investimento non si rivelerà sufficiente a salvare le industrie carbonifere.

1 Fanzini M., L’«età dell’oro» dell’economia, in «Storia contemporanea», Donzelli, Roma 1997.

2 Bollettino quindicinale dell’emigrazione, Statistiche: l’emigrazione italiana in Belgio nel secondo

trimestre 1958, anno XII, n. 20, 25 ottobre 1958, p. 336.

3 In questi anni si consuma per la prima volta il superamento nella produzione del Pil da parte fiamminga. L’inversione di tendenza nell’economia del Paese contribuisce a aumentare il divario tra il nord e sud del paese, già palcoscenico di scontri per le differenze tra le due zone. La questione etnica si acuisce proprio in questi anni e non è ancora stata risolta. Mabille X., Nouvelle histoire politique de la Belgique, Bruxelles, CRISP, 2011

Alla fine degli anni cinquanta i cambiamenti dell’economia europea rendono la Ceca obsoleta, di conseguenza le istituzioni europee si adeguano per assicurare la concertazione dell’economia europea in modo da mantenere il benessere e la pace in Europa. In quest’ottica nel 1957 nasce la Cee, che permette la libera circolazione di capitali, merci e servizi, in un quadro di accordi tra le nazioni. Questa nuova istituzione, voluta da Belgio e Francia per abbattere i costi del settore import/export, non tutela invece i Paesi con economie arretrate, come l’Italia, dal momento che non prevede sufficienti garanzie per la mobilità di lavoratori. Sebbene quindi i termini della Cee non accontentino tutti, si rivelano però in grado di spostare il dibattito su alcuni importanti problemi come la gestione delle risorse energetiche e la sicurezza sul lavoro a un livello internazionale, prevedendo piani di sostegno in caso di necessità.

Adeguandosi ai suggerimenti europei, il Belgio prova a rilanciare il settore industriale e acquisire maggiore credibilità. Di fatto, anche se la Cee garantisce la libera circolazione di merci, i lavoratori devono comunque spostarsi tramite contratti di lavoro, per cui si rivela obbligatorio per il Belgio ricominciare a reclutare manodopera fuori dalla propria nazione, nei paesi meno sindacalizzati.5 Per queste ragioni il Belgio decide quindi di riprendere le trattative con l’Italia. Per «Il Sole d’Italia», giornale edito in Belgio per la comunità italiana presente nel Paese, si tratta di un segnale positivo, perché i nuovi incontri nascono alla luce del rispetto delle esigenze dei lavoratori e l’Italia ha dimostrato fermezza nel condurre le trattative.

Noi siamo ottimisti, perché riteniamo che dall’incontro di Roma non si esca se non attraverso una di queste due vie: la soluzione felice dei problemi sul tappeto o la continuazione della chiusura della nostra emigrazione. Siamo però convinti che le autorità belghe, valutando meglio che nel passato le attese dei minatori italiani, riserveranno ai problemi da tempo notificati un positivo accorgimento, dando al nostro paese e ai nostri lavoratori le tanto attese garanzie.6

Secondo il «Bollettino», invece, da sempre critico nei confronti delle istituzioni dei due Paesi, la ripresa delle trattative nasconderebbe più semplicemente la volontà, per necessità economiche, di tornare alla normalità nei rapporti commerciali, senza davvero modificare i sistemi di sicurezza nelle miniere, poiché l’operazione di modernizzazione

5 Bollettino quindicinale dell’emigrazione, Riaperta l’emigrazione nelle miniere belghe, Anno XII, n. 1, 10 gennaio 1958, pp. 3-5.

6 Articolo del “Sole d’Italia” riportato in: Bollettino quindicinale dell’emigrazione, Verso la riapertura

degli stessi avrebbe costi tali da rendere, di fatto, più conveniente abbandonare le miniere.

Questi recenti contatti italo-belgi malinconicamente ci confermano una nostra precedente pessimistica impressione: spenta ormai l’eco più sonora e il più cocente ricordo della memorabile tragedia di Marcinelle e dimenticato il fiume di recriminazioni, di roventi articoli giornalistici, di intensa commozione, le cose pian pianino cominciano a tornare come prima senza che nulla di sostanziale sia mutato, cosa che non abbiamo mai trascurato di far presente.7

Il protocollo viene approvato nel 1957 e dovrebbe divenire effettivo dal primo settembre del 1958. In realtà, però, il terzo protocollo non entra in vigore perché la crisi di sovrapproduzione in corso rende impossibile l’assorbimento di nuovi lavoratori. La riduzione della domanda nasce dal «brusco regresso del consumo apparente, ridottosi durante il 1959 di ben 35 milioni di tonnellate rispetto al 1958»8. Inoltre, il Belgio, che ha già usufruito di aiuti economici europei, è costretto a dotare le miniere di maggiori misure di sicurezza. Di conseguenza modifica i regolamenti delle società estrattive, rendendo ancora meno conveniente l’investimento nel settore.9 Inoltre il miglioramento delle tecniche estrattive e della tecnologia, velocizzando le procedure, fa sì che sia possibile ottenere la stessa quantità di produzione in un tempo minore. A completare il quadro si aggiunge la recente spietata concorrenza del carbone statunitense, i cui costi estrattivi sono nettamente minori, e il maggior utilizzo del petrolio. A causa di tutto ciò diventa quindi necessaria una riduzione della produttività delle miniere.

All’inizio del 1959 è evidente che l’effetto della crisi penalizza soprattutto i minatori e, in particolare, i lavoratori italiani chiamati a come manodopera nelle miniere. Il danno è così palese da suscitare uno sciopero di solidarietà dei lavoratori belgi. I minatori concertano una serie di scioperi in collaborazione con gli operai del comparto

7 Bollettino quindicinale dell’emigrazione, Verso la riapertura ufficiale dell’emigrazione in Belgio, anno XI, n. 21, 10 novembre 1957, pp. 313-315.

8 Bollettino quindicinale dell’emigrazione, Le ragioni economiche della crisi carbonifera, Anno XII, n. 4, 25 febbraio 1959, p. 55.

9 La riforma prevede che il sistema remunerativo tenga conto, oltre che della quantità del carbone estratto, anche dell’opera di «armamento» del settore dove l’operaio lavora, per far sì che la necessità di aumentare l’estrazione non comportasse disattenzione alla costruzione delle strutture di supporto delle gallerie. Agli ingegneri minerari sono affidati compiti esclusivamente riferiti al problema della sicurezza, evitando che dovessero occuparsi anche della gestione del personale, così da assicurare il massimo rendimento degli stessi. Viene creato un servizio di coordinamento tra il ministero del Lavoro e quello dell’Economia belgi sul problema della sicurezza nelle miniere, per discutere le norme da adottare. Viene istituito un Comitato ministeriale con il compito di prevedere riforme strutturali e di controllare lo status