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Intellectual capital management nelle Università: una breve rassegna della letteratura

NON ACCADEMICA

7.4. Intellectual capital management nelle Università: una breve rassegna della letteratura

Il tema del CI, da oltre un decennio al centro del dibattito nazionale e internazionale, sta diffondendosi in termini di applicazione concreta (attra-verso modelli e strumenti di gestione e di rendicontazione) nel contesto delle

2 Direttiva del Dipartimento della Funzione pubblica sulla Rendicontazione sociale nelle pub-bliche amministrazioni, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 16 marzo 2006.

aziende private, in ambito pubblico l’attenzione si è sviluppata più di recente e il tema è suscettibile di approfondimenti in termini di implicazioni teoriche ed empiriche, come auspicato in letteratura (Dumay e Garanina, 2013). Que-sto auspicio vale soprattutto per il conteQue-sto universitario, stante il ruolo chiave nella produzione e diffusione della conoscenza. L’Università costitui-sce quindi terreno di fertile applicazione del CI, in cui la conocostitui-scenza - kno-wledge creation and edification - trova la sua “sede elettiva” (Sànchez et al., 2007), essendo gli input e output prevalentemente di natura intangibile (de-Ridder-Symoens, 2004, Pollifroni, 2006; Sànchez et al., 2007).

Di fronte alla crescente competitività nell’assegnazione dei finanziamenti pubblici, resa più acuta dalla globalizzazione dell’istruzione, e alla domanda di trasparenza informativa sull’utilizzo delle risorse (input), gli output e gli outcome dell’attività, le Università avvertono infatti l’urgenza di identifi-care, misurare e dare conto del valore sociale ed economico generato (Pavan e Lemme, 2008; Frey et al., 2008; Borgonovi, 2004; Mio, 2016; Bisogno et al., 2019). Come in altre aree della pubblica amministrazione, questa esi-genza è particolarmente avvertita nelle Università statali, che sono in mag-gioranza3, in cui le dinamiche del New Public Management (NPM) – il cui obiettivo è rendere il settore pubblico più snello e competitivo e allineare l’amministrazione pubblica ai bisogni dei cittadini attraverso una maggiore trasparenza e flessibilità (Hood, 1995) – hanno introdotto i principi dell’o-rientamento all’output e alla performance (Enders et al. 2009; Schubert, 2009), sostituendosi alle logiche di “adempimento” e di controllo di legitti-mità (Hinna, 2004; Mulazzani, 2006).

Tali “nuovi” principi sono resi operativi attraverso sistemi di gestione e di valutazione della performance (Borgonovi et al., 2009; Sargiacomo, 2002;

Arcari, 2003) che rendono quanto più opportuna l’implementazione di ap-propriati sistemi di intellectual capital management, già sperimentati in al-cuni Atenei europei: è il caso dell’intellectual capital report delle Università austriache (Altenburger e Schaffhauser-Linzatti, 2006); del Poznan Univer-sity of Economics Intellectual Capital Report 2005 in Polonia (Fazlagic, 2005) e del PCI Program Comunidad de Madrid in Spagna (Sànchez et al., 2007). I modelli di gestione e di reporting del CI, la cui diffusione è sostenuta a livello europeo (si citano l’Observatory of the European University svilup-pato nel contesto dello European “Network of Excellence” PRIME, OEU,

3 In Italia si contano 97 Istituzioni universitarie di cui 67 Università statali, 19 Università non statali legalmente riconosciute, 11 non statali telematiche legalmente riconosciute (Fonte: sito Miur, 16 giugno 2020). Sotto il profilo dimensionale la distinzione è tra mega Atenei, grandi Atenei, medi Atenei, piccoli e micro (Capano e Regini, 2015; Donna, 2018); sotto il profilo dell’offerta didattica tra Atenei generalisti (o diversificati) e focalizzati (con anche i politecnici).

2006) forniscono una metodologia utile per identificare, misurare, gestire e diffondere la conoscenza e sono, pertanto, considerati efficaci per migliorare la gestione interna e la trasparenza nelle Università (Sànchez et al., 2007;

Siboni et al., 2013a; Veltri e Puntillo, 2020; Brusca et al., 2019).

L’attenzione nei confronti del ruolo della componente amministrativa nel raggiungimento di adeguati livelli di performance ha alimentato un filone di studi dedicato al performance management, inteso come il complesso di at-tività volte a quantificare le prestazioni di una struttura organizzativa e del suo personale (Van Dooren et al., 2010), teso a indagare le problematiche applicative (Fryer et al., 2009; Modell, 2004), che tuttavia non sono state ancora sufficientemente indagate in ambito universitario (Angiola e Marino, 2010; Caldarelli et al., 2012) e solo raramente hanno toccato la governance universitaria (Thompson, 2004) e la valutazione della dirigenza (Busetti e Dente, 2012; Rubino et al., 2017).

Gli studi in materia di valutazione nelle Università si sono concentrati sulla valutazione della didattica e della ricerca, in particolare sui sistemi di misurazione e gestione della performance “accademica” (Borgonovi e Gior-dano, 2007; Cugini e Michelon, 2009; Cugini e Pilonato, 2007; De Toni et al., 2008; Guthrie e Neumann, 2007; Riccaboni, 2003; Rebora, 2003; Turri, 2005), più che sulla valutazione delle attività amministrative (Catalano, 2004; Arnaboldi ed Azzone, 2010). In tale contesto i risultati della ricerca empirica di Busetti e Dente (2012) sottolineano l’utilità della valutazione dell’attività amministrativa, che incide in maniera significativa sullo svolgi-mento delle attività accademiche, e rilevano uno scollasvolgi-mento tra obiettivi strategici – fissati dagli organi di governo, quindi dalla componente accade-mica – e obiettivi delle unità organizzative, di presidio del Direttore Gene-rale. Il collegamento tra direzione strategica e declinazione operativa (la cui responsabilità è soggettivamente distinta) appare quindi problematico, così come la scarsa attenzione prestata dagli organi di governo ai risultati delle misurazioni, indice di un mancato coordinamento tra le due componenti.

L’adozione di strumenti di gestione e misurazione del CI, ed in generale i metodi per valutare gli intangibili nel contesto universitario, trova quindi particolare giustificazione in ragioni di origine interna ed esterna. Da un lato, gli organi di governo nazionali e sovranazionali riconoscono alle Università un ruolo centrale nella società basata sulla conoscenza, in virtù del ruolo gio-cato dal CI quale principale driver della performance e della vocazione isti-tuzionale a produrre e distribuire conoscenza (Bonaccorsi e Daraio, 2007).

Dall’altro, la risposta alle sfide politiche e gestionali richiede l’implementa-zione di sistemi di gestione e rendicontal’implementa-zione atti a migliorare la gestione interna e a rendicontare le informazioni agli stakeholder (Veltri e Puntillo,

2020). Di fronte a queste pressioni le Università in Europa e nel mondo stanno adattando le proprie strutture organizzative e di governance per inte-grare i sistemi di gestione e di governo attraverso un approccio più manage-riale che trova un valido fondamento nella gestione del CI.

Nel contesto delle variabili che incidono sulla dotazione e sullo sviluppo del CI, il Direttore Generale o manager universitario (Rubino et al., 2017) gioca un ruolo chiave, che merita di essere approfondito (Donna, 2018, p.

252). Tale figura può contribuire a ridurre le criticità di ordine tecnico-nor-mativo e culturale, a partire dal conservatorismo e dal timore/resistenza del personale (accademico e amministrativo) nei confronti di nuovi sistemi di controllo di gestione, a conciliare il trade-off tra obiettivi accademici (inve-stire nell’eccellenza) ed amministrativi (tagliare i costi, attrarre più studenti, ecc.; Veltri e Mastroleo, 2011; Rubino et al., 2017), alla mancanza di coin-volgimento e di consapevolezza dell’utilità del piano integrato e di strumenti di gestione (e reporting) del CI da parte dei dirigenti universitari e degli or-gani governativi, contribuendo a sviluppare e diffondere una concezione condivisa di CI che guidi alla selezione di coerenti indicatori.

Pertanto, risulta evidente, da un lato, la prevalenza di studi volti ad ana-lizzare aspetti quali la comunicazione, la misurazione e la valutazione del CI dei docenti e ricercatori in relazione alla performance universitaria in termini di ricerca, didattica e Terza Missione (fig. 1); e dall’altro, l’assenza in lette-ratura di lavori empirici con focus sul contributo apportato dal CI del perso-nale tecnico-amministrativo e sulle politiche di sviluppo del CI poste in es-sere dai dirigenti universitari, consapevoli che ad un incremento della dota-zione di capitale intellettuale corrisponde un miglioramento della perfor-mance dell’istituzione.

Fig. 1 – Modelli prevalentemente studiati in relazione al CI nel settore universitario

CI del personale docente/ricercatori - capitale umano (formazione, qualificazioni didattiche, mobilità internazionale, produttività della

ricerca ecc.) - capitale relazionale (relazioni

interne ed esterne) - capitale strutturale (hardware, database, innovazione, cultura

organizzativa)

- Performance istituzionale didattica, ricerca e Terza

Missione

- Performance in termini di attrattività di risorse (studenti,

finanziamenti esterni, nuove capacità e competenze)

7.5. Un nuovo modello sulle relazioni tra CI e performance delle

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