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La terza missione nelle Università

CONSIDERAZIONI SULLA GOVERNANCE DI GENERE

6.2. La terza missione nelle Università

Nel tradizionale modello di governance universitaria, le funzioni istitu-zionali delle Università sono le due missioni humboldtiane della didattica e della ricerca, volte rispettivamente alla trasmissione di conoscenza, per for-mare le future classi dirigenti e i quadri intermedi del Paese, e alla produzione e sviluppo di nuova conoscenza, di nuovi saperi, di metodologie e di innova-zione. Nel corso degli ultimi tre decenni, l’intensificarsi delle relazioni tra Università, territori di riferimento e contesto sociale ha portato all’istituzio-nalizzazione di una terza funzione (la terza missione - TM) che ha progres-sivamente affiancato la didattica e la ricerca nelle Università, in maniera complementare (Glaser et al., 2014). La TM, infatti, è descritta come il con-tributo delle istituzioni universitarie alla crescita economica, sociale e cultu-rale delle comunità in cui operano (Jaeger e Kopper, 2014). Tuttavia, una definizione condivisa e ben delineata di TM manca ancora in letteratura, tanto più che, a livello internazionale, la nozione di TM racchiude contenuti variabili nei diversi Paesi (Benneworth et al., 2015). Tale nozione include qualsiasi attività svolta dalle Università in relazione all’ambiente esterno. La TM, infatti, concerne l’implementazione di molteplici forme di attività attra-verso cui gli Atenei si aprono al dialogo sociale (Laredo, 2007). Tali attività vanno dalle più comuni attività imprenditoriali di trasferimento tecnologico per promuovere l’applicazione dei risultati della ricerca universitaria, a ulte-riori e variegati servizi e attività di natura culturale, sociale ed educativa pro-mossi dalle Università per contribuire al progresso della società (Minshall et

al., 2004). Per TM, in altre parole, si intende un’importante relazione con il mondo produttivo e l’intera comunità locale, attraverso attività di servizio e di consulenza nei confronti della società esterna all’Università e soprattutto verso il mondo imprenditoriale e quello istituzionale (Salvatore, 2011). Tut-tavia, nella visione tradizionale, la TM è generalmente riferita all’insieme di attività circoscritte al trasferimento di tecnologie e di innovazione alle im-prese, quali la commercializzazione di brevetti e risultati della ricerca scien-tifica, lo svolgimento di ricerche in collaborazione con specifiche aziende o all’interno di consorzi, e l’implementazione di imprese spin-off, incubatori e start-up. Nell’accezione più contemporanea, invece, la TM indica un esteso campo di attività universitarie frutto della più ampia interazione tra “Univer-sità e società” nel suo complesso (Shore e McLauchlan, 2012). Ciò può con-tribuire a consolidare il ruolo dell’Università nella società quale motore di cambiamento culturale attraverso un suo più profondo intervento sociale.

Nei Paesi anglosassoni, quali la Nuova Zelanda, l’Australia, gli Stati Uniti e l’UK, il dibattito teorico sulla TM inizia già negli anni Ottanta, sotto la spinta delle politiche di riduzione del finanziamento pubblico alle Univer-sità che, imponendo loro la ricerca di risorse alternative autonome, avevano dato luogo all’implementazione di un’intensa attività imprenditoriale univer-sitaria (Shore e McLauchlan, 2012). Lo sviluppo dell’attività imprenditoriale delle Università è un fenomeno a carattere globale, indicato in letteratura con l’espressione “entrepreneurial university”, che ha dato avvio all’espansione delle attività di TM (Etzkowitz et al., 2000).

L’introduzione della TM all’interno del dibattito accademico internazio-nale globale si colloca intorno agli anni Novanta (Glaser et al., 2014). Infatti, sin dai primi anni Novanta, le Università hanno sviluppato attività imprendi-toriali a partire dalle attività di ricerca e intensificato i loro rapporti con il mondo imprenditoriale, in termini di trasferimento e commercializzazione di conoscenza, promuovendo un livello di innovazione nelle imprese (Thorn e Soo, 2006). Progressivamente, le Università hanno accresciuto il loro ruolo strategico all’interno della società, andando ben oltre l’Università imprendi-toriale, attraverso un maggiore social (o public) engagement. In particolare, il ruolo delle Università nella società si è evoluto ed ampliato per concen-trarsi sulla promozione di una più complessiva crescita economico-sociale e di sviluppo sostenibile dei propri territori (Pinheiro et al., 2015; Trencher et al., 2014). Ciò è accaduto in forza di una maggiore responsabilità e accoun-tability che le Università, in coerenza con l’introduzione di logiche e principi

manageriali nei loro sistemi di governo2, hanno assunto nei confronti dell’ambiente di riferimento e degli interlocutori economici e sociali ivi pre-senti (Meyer e Schachermayer-Sporn, 2018; Broucker e De Wit, 2015).

Come è stato osservato in letteratura, le pressioni sociali degli stakeholder hanno contribuito fortemente all’emergere della TM nelle Università e al suo attuale riconoscimento come terza funzione istituzionale (Benneworth et al., 2015). La TM ha, dunque, un forte potenziale nel creare valore, non solo per le comunità locali, in termini di crescita economica e progresso sociale e cul-turale, ma anche per le Università stesse che, a loro volta, possono ottenere vantaggi in termini di offerta di servizi innovativi e di opportunità nel gene-rare risorse finanziarie alternative, in un’ottica di reciproca sostenibilità fu-tura (Trencher et al., 2014).

In Italia, le Università hanno maturato la consapevolezza dell’importanza delle attività di TM ai fini dello sviluppo imprenditoriale e sociale del terri-torio, nonché ai fini della sopravvivenza aziendale dell’Università stessa, con un certo ritardo rispetto allo scenario internazionale (Cesaroni e Piccaluga, 2016). Infatti, benché il dibattito sulla TM dell’Università sia presente in Ita-lia sin dalla metà degli anni Novanta, l’attenzione al tema della TM all’in-terno del contesto universitario è divenuta effettiva ed attuale solo nell’ul-timo decennio, a seguito dell’introduzione di un sistema di misurazione della performance universitaria che ha imposto al management delle Università la valutazione dei risultati delle attività di ricerca, di didattica e anche di TM (Aversano et al., 2017). Le prime attività di TM nelle Università italiane sono state implementate, dai primi anni duemila, sotto forma di attività di trasfe-rimento tecnologico verso il sistema produttivo, che rappresentano la com-ponente più tradizionale e corposa della TM. In particolare, la valorizzazione della proprietà intellettuale (attraverso i brevetti) e la costituzione di imprese accademiche (spin-off), che applicano i risultati della ricerca coinvolgendo il personale universitario, sono tra le attività maggiormente diffuse nel caso italiano, sebbene appaiano relativamente nuove e in un quadro di forte diffe-renziazione tra i diversi Atenei (Riviezzo e Napolitano, 2014; Rolfo e Fi-nardi, 2014). Perciò, sebbene con un ancora evidente gap rispetto alle Uni-versità nordeuropee e nordamericane, il numero di imprese spin-off, di bre-vetti detenuti e di licenze concesse è aumentato via via considerevolmente

2 In linea con il modello delle teorie del New Public Management (e sue successive evolu-zioni), che proprio negli anni Novanta ha rappresentato il paradigma dominante nel settore pubblico, l’introduzione di logiche e dinamiche manageriali tipiche del settore privato, nelle Università pubbliche, può dirsi indotta anche da una generale riduzione di risorse pubbliche alle Università che ha spinto le stesse a ricercare fonti di finanziamento alternative (Broucker

& De Wit, 2015).

negli Atenei italiani e buona parte di essi ha dedicato un’unità organizzativa al trasferimento tecnologico (Riviezzo e Napolitano, 2014). Di conseguenza, il numero di brevetti, di spin-off e di occupati appaiono indicatori rilevanti nel caso italiano, in quanto maggiormente espressivi della presenza della TM nelle Università. In letteratura, altresì, le performance di TM vengono pre-valentemente valutate proprio in base al numero di brevetti/licenze e al nu-mero di spin-off (Della Volpe et al., 2016; Powers, 2004).

Recentemente, le attività di TM hanno destato una forte attenzione nelle Università italiane, in ragione della necessità connessa alla misurazione e valutazione dei risultati di tali attività in termini di impatto delle stesse sull’economia locale e sulla società. Tale valutazione in Italia è affidata all’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ri-cerca (Anvur), che fornisce una nozione ampia di TM definendola come l’«apertura verso il contesto socio-economico mediante la valorizzazione e il trasferimento delle conoscenze». Infatti, come opportunamente eviden-ziato nel paragrafo successivo, ai fini della valutazione, l’Anvur individua due macro-gruppi di attività, rispettivamente suddivisi al loro interno in spe-cifici ambiti di attività per un totale di otto aree. Il primo macro-gruppo (va-lorizzazione della ricerca) è quello che definisce i diversi contenuti del tra-sferimento tecnologico, a tal fine declinato nelle seguenti quattro aeree di attività: gestione della proprietà intellettuale (o attività brevettuale); impren-ditorialità accademica (o imprese spin-off); attività conto terzi (o ricerca o consulenze commissionate dall’esterno); e intermediari territoriali (o incu-batori, parchi scientifici, consorzi ecc.). Il secondo macro-gruppo (produ-zione di beni pubblici) definisce quattro ulteriori aree di attività legate a un più ampio ruolo sociale e culturale delle Università: gestione di beni culturali (o scavi archeologici, poli museali, biblioteche, attività musicali, impianti sportivi ecc.); tutela della salute (o attività di sperimentazione clinica e altre attività di ricerca clinica ); formazione continua (o corsi di educazione con-tinua in medicina, corsi MOOC, PCTO3 ecc.); e public engagement (o con-certi, mostre e ogni altra attività svolta a scopo educativo, culturale e di svi-luppo della società).

3 I MOOC (Massive Open Online Courses) sono corsi gratuiti, erogati esclusivamente attra-verso la modalità della formazione a distanza, aperti ad un numero elevato di partecipanti che possono accedere ai contenuti resi disponibili su piattaforme on-line senza effettuare il paga-mento della tassa di iscrizione. I PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orien-tamento) sono progetti di orientamento per gli studenti delle istituzioni scolastiche.

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