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L’interpretazione sistematica

La dichiarazione di incostituzionalità dell’articolo 19 Stat. lav

3. L’interpretazione sistematica

14).

3. L’interpretazione sistematica

Alla base di tale orientamento vi è l’idea che l’articolo 19, legge n. 300/1970, nel selezionare le organizzazioni sindacali nel cui ambito poter costituire RSA, si fondi sull’effettiva rappresentatività del sindacato, unico elemento che consentirebbe di individuare i sindacati meritevoli di una tutela ulteriore rispetto a quella che l’articolo 39, primo comma, Cost. riconosce in via generale a tutte le organizzazioni sindacali (15). Questa convinzione trae origine da quanto affermato con le pronunce n. 492/1995 e n. 244/1996 dalla Corte costituzionale, secondo la quale pur essendo venuto meno, per effetto del referendum abrogativo del 1995 (16

(13) Ibidem.

),

(14) In questo senso Trib. Torino 13 aprile 2012, cit., ma anche Trib. Milano 3 aprile 2012, cit., secondo cui «gli effetti perversi di qualsiasi atto o fatto giuridico sono semplicemente superabili con la loro rimozione ex lege».

(15) In questi termini si esprime L. GIASANTI, L’interpretazione adeguatrice dell’art. 19 Stat.lav. tra giudice ordinario e giudice costituzionale (nota a Trib. Napoli decreto 13 aprile 2012), in RGL, 2013, n. 1, II, 100 ss.

(16) Così l’art. 19, l. n. 300/1970, anteriormente alla modifica referendaria: «Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell’ambito: a) delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale; b) delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell’unità produttiva. Nell’ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento».

il criterio della maggiore rappresentatività di cui alla lettera a dell’articolo 19 Stat. lav., tuttavia, il criterio della sottoscrizione del contratto collettivo applicato all’unità produttiva di cui alla sopravvissuta lettera b si caratterizza in termini di «strumento di misurazione della forza di un sindacato, e di riflesso della sua rappresentatività, tipicamente proprio dell’ordinamento sindacale, con la conseguenza logica che solo il criterio della rappresentatività effettiva costituisce il criterio per valutare l’applicabilità dell’art. 19» (17

Da ciò, il Tribunale di Napoli ritiene che «ben può il giudice ritenere che la rappresentatività effettiva può essere desunta da indici differenti da quelli della mera sottoscrizione e dare della norma in esame una interpretazione costituzionalmente orientata» (

).

18). Il giudice bolognese, nello stesso senso, ritiene di dover riconoscere il diritto alla costituzione della RSA «ai sindacati che hanno partecipato attivamente alla fase di formazione della contrattazione applicata nell’unità produttiva pur senza la necessità della firma dello stesso ogni volta che si possa ricavare agevolmente la rappresentatività dello stesso sindacato» (19

Secondo questa giurisprudenza «occorre superare la concezione meramente semantica della interpretazione, considerata alla stregua di una analisi puramente formale del linguaggio del legislatore […] le interpretazioni letterale, logica, sistematica ed assiologia non sono, né possono essere fasi distinte cronologicamente e logicamente: esse sono criteri di un processo conoscitivo unitario» (

).

20

(17) C. cost. 12 luglio 1996, n. 244.

).

(18) Trib. Napoli decr. 13 aprile 2012, cit. (19) Trib. Bologna 27 marzo 2012, cit.

(20) Trib. Bari 20 aprile 2012, cit. Questo giudice non è il solo a ritenere doverosa un’interpretazione sistematica dell’art. 19 che consenta, a differenza di quella rigorosamente letterale, di esaltare la ratio dello Statuto dei lavoratori, ratio da individuarsi nella volontà del legislatore del 1970 di sostenere le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative in quanto soggetti sindacali che, per i requisiti posseduti, erano considerati idonei a fornire adeguate garanzie di stabilità e affidabilità. A ben vedere, infatti, la dottrina (M.G. GAROFALO, Rappresentanze aziendali e referendum, in DLRI, 1995, 665) aveva già sostenuto che l’art. 19 «alla luce della sua ratio andrebbe dunque interpretato come effettiva partecipazione al processo negoziale; se ciò fosse possibile, si realizzerebbe un risultato che sanerebbe le aporie denunciate da chi afferma l’illegittimità della norma: rientrerebbero nella definizione della normativa quelle organizzazioni che hanno effettivamente partecipato al processo contrattuale pur senza partecipare all’accordo e ne sarebbero escluse quelle che hanno firmato per mera adesione, senza partecipare a questo processo».

Respinta con forza l’interpretazione «esasperatamente letterale» (21) della

norma in oggetto in quanto solo un’interpretazione

teleologica/sistematica consentirebbe di «esprimere la volontà del legislatore» (22), questo orientamento giunge a ritenere, da un lato, che la sottoscrizione del contratto collettivo applicato all’unità produttiva sarebbe uno solo degli indici da cui ricavare la rappresentatività effettiva del sindacato, dall’altro, che «la norma derivante dalla abrogazione referendaria non intende escludere altri indici per misurare la rappresentatività effettiva di un sindacato al fine di costituire le r.s.a. e soprattutto non esclude la rappresentatività effettiva come criterio fondamentale per l’accesso ai diritti sindacali differenziati» (23

Secondo tale prospettiva interpretativa non sarebbe necessaria una modifica legislativa della norma; al più, si auspica un intervento legislativo «in direzione ricognitiva di un principio normativo, quello della valorizzazione del criterio della effettiva rappresentatività, che è immanente al sistema giuridico» (

).

24

Non si può omettere di considerare le numerose perplessità che questo approccio interpretativo ha sollevato (

).

25). Queste pronunce finirebbero per travalicare i limiti che l’attività interpretativa del giudice incontra; se è condivisibile quanto affermato dal Tribunale di Bari secondo cui «l’interprete non può limitarsi a prendere atto della formula legislativa, ma deve indagare la ratio legis», tuttavia, è pur vero che lo stesso interprete non può prescindere dal dato letterale e procedere alla sua disapplicazione. Si vuole cioè dire che il dato letterale resta comunque il punto di partenza dell’attività ermeneutica propria dell’interprete; «quali che siano le pressioni provenienti dal caso concreto che gravano sul giudice, egli non può attribuire al testo normativo un significato che questo non può esprimere» (26

(21) Trib. Lanciano 30 aprile 2012, cit.

). Alcuni Autori hanno sostenuto che l’affermazione secondo cui l’articolo 19 Stat. lav. necessiterebbe di un criterio ermeneutico sussidiario a quello letterale sia «priva di fondamento, posto che il significato delle parole del testo dell’art. 19 della legge n. 300 del 1970, ancorché possa essere considerato

(22) Trib. Bologna 27 marzo 2012, cit. (23) Trib. Bari 20 aprile 2012, cit. (24) Ibidem.

(25) L.GIASANTI, op. cit., ma anche C.TRIPODINA, op, cit. (26) C.TRIPODINA, op, cit.

inadeguato a governare l’attuale situazione delle relazioni sindacali, è però, come suol dirsi “chiaro come il vetro”» (27).