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La necessaria assimilazione del negoziato alle trattative

Sul concetto di negoziato rilevante ai sensi del “nuovo” articolo 19 Stat. lav

1. La necessaria assimilazione del negoziato alle trattative

Ancor prima che venisse resa pubblica la motivazione della sentenza della Corte costituzionale n. 231/2013, era possibile intuire le difficoltà interpretative che si sarebbero presentate nella concreta applicazione della parte della norma “aggiunta” dalla Corte alla norma di cui all’articolo 19, primo comma, lettera b, Stat. lav. (1

Già i primi commenti della dottrina avevano preconizzato i possibili ostacoli che si sarebbero incontrati nell’attribuire un significato certo all’integrazione della norma dello Statuto come sopra operata dalla Consulta, quale segnatamente rappresentata dal nuovo requisito della partecipazione alla trattativa richiesto affinché un’organizzazione sindacale, che in seguito abbia deciso di non sottoscrivere un

).

(1) Il 3 luglio u.s., il seguente comunicato stampa della Corte anticipava così la motivazione della sentenza n. 231/2013: «La Corte costituzionale, nell’odierna camera di consiglio, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, 1° c. lett. b) della legge 20 maggio 1970, n. 300 (c.d. “Statuto dei lavoratori”) nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale sia costituita anche nell’ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell’azienda».

determinato contratto collettivo applicato nell’unità produttiva, possa dirsi comunque legittimata alla costituzione della RSA (2

Nonostante tali “avvertimenti”, la successiva pubblicazione della sentenza ha rivelato la portata affatto anticipatoria del comunicato stampa, almeno per il criterio che qui interessa, relativo alla parte inserita nell’articolo 19 Stat. lav. ad opera della sentenza n. 231/2013. Pertanto, pur prescindendo da una non immediata operatività del nuovo principio utilizzato dalla Consulta, conviene concentrare l’analisi per individuare quale tipo di attività propedeutica alla conclusione di un contratto collettivo possa assumere una rilevanza giuridica e quando detta “partecipazione al negoziato” possa ritenersi effettivamente intervenuta.

).

A tale scopo, l’unico dato normativo a cui è possibile far riferimento pare essere quello fornito dalla disposizione di cui all’articolo 1337 c.c., relativo alla responsabilità contrattuale. Ovviamente non è possibile ripercorrere in questa sede, neppure per sommi capi, il complesso dibattito giurisprudenziale e dottrinale che si è formato sulla disciplina della responsabilità pre-contrattuale, e tuttavia è possibile trarre dal semplice dettato dalla norma alcune utili indicazioni atteso che, ad oggi, i contratti collettivi sono considerati dal diritto vivente come contratti di diritto comune (3

L’articolo 1337 c.c., come noto, menziona tanto le trattative quanto la formazione del contratto, quali momenti in cui si sostanzia e si esaurisce la partecipazione al negoziato. In ragione dell’utilizzazione di questi due termini, parte della dottrina civilistica ha ritenuto di poter isolare due distinti concetti, di cui l’uno include l’altro: in questo senso, le trattative

).

(2) Si veda al riguardo F. CARINCI, Adelante Pedro, con juicio: dall’accordo interconfederale 28 giugno 2011 al Protocollo d’intesa 31 maggio 2013 (passando per la riformulazione “costituzionale” dell’art. 19, lett. b) St.), Working Paper CSDLE “Massimo D’Antona” – IT, 2013, n. 179, in DRI, 2013, n. 3, 598, con l’auspicio di un maggiore dettaglio nella delimitazione del criterio di partecipazione al negoziato rispetto a quanto affermato nel citato comunicato stampa. Nello stesso senso, rimarcano la difficoltà applicativa del principio di partecipazione alle trattative del contratto collettivo applicato M.TIRABOSCHI, L’articolo 19 dello Statuto dopo l’intervento della Consulta, in GLav, 2013, n. 30, 12, P.ICHINO, Rappresentanze sindacali aziendali: la Consulta non risolve il problema, in www.pietroichino.it, nonché F. LISO, La decisione della Corte costituzionale sull’articolo 19 della legge n. 300/1970, in www.federalismi.it, 2013, n. 15.

(3) A.VALLEBONA, L’autonomia privata collettiva nel diritto vivente, in MGL, 2008, n. 8-9, 622.

costituirebbero “un momento più ampio” rispetto alla formazione del contratto, che invece è quella fase pre-negoziale che si sviluppa nel periodo intercorrente tra la formulazione della proposta contrattuale e la conoscenza dell’accettazione da parte del proponente (4

Il concetto di trattativa accolto dalla giurisprudenza ed utilizzato per la delimitazione dell’ambito di operatività della responsabilità pre-contrattuale è in ogni caso riferito esclusivamente a tutte quelle attività strumentali alla conclusione del contratto, che in ragione della serietà e della concludenza del comportamento delle parti abbiano raggiunto una concludenza qualificata tale da generare un legittimo affidamento nella stipulazione del medesimo (

).

5

In particolare, la serietà e la concludenza nelle condotte pre-negoziali finalizzate alla stipulazione del contratto ricorrerebbero solamente quando le parti «abbiano preso in considerazione, sia pure a livello di semplici trattative, gli elementi essenziali del contratto» (

).

6

Ciò premesso, risulta evidentemente non agevole avvalersi di tali argomentazioni per individuare il concetto di trattativa del contratto collettivo, sia in ragione dei mutevoli contenuti che la relativa contrattazione collettiva può assumere, sia perché nel diritto privato l’ambito della trattativa rileva come riferimento normativo di chiusura della responsabilità pre-contrattuale, mentre nel diritto sindacale la

).

(4) Secondo questa impostazione, più particolarmente, le trattative si posizionano in una fase iniziale del processo di formazione del contratto, in cui le parti manifestano semplicemente la loro tendenza verso la conclusione dell’accordo, senza però porre in essere alcuna attività che si concreti in proposta o accettazione. In questi termini C.M. BIANCA, Diritto civile, vol. 3, Il Contratto, Giuffrè, 2000, 157, nonché S. PATTI, Responsabilità precontrattuale e contratti standard, Giuffrè, 1993, 76.

(5) In questo senso, tra le tante, Cass. 14 febbraio 2000, n. 1632, secondo cui «Per giurisprudenza costante di questa Corte Suprema la responsabilità precontrattuale, ai sensi dell’art. 1337 c.c., può conseguire tanto in relazione al processo formativo del contratto quanto in rapporto alle semplici trattative, riguardate come qualcosa di diverso da esso, ossia come quella fase anteriore in cui le parti si limitano a manifestare la loro tendenza verso la stipulazione del contratto, senza ancora porre in essere alcuno di quegli atti di proposta e di accettazione che integrano il vero e proprio processo formativo. Se lo svolgimento delle trattative è, per serietà e concludenza, tale da determinare un affidamento nella stipulazione del contratto, la parte che ne receda senza giusta causa, violando volontariamente l’obbligo di comportarsi secondo buona fede, è tenuta al risarcimento dei danni nei limiti dell’interesse negativo».

(6) Così Cass. 13 marzo 1996, n. 2057, ma anche Cass. 25 febbraio 1992, n. 2335, nonché Cass. 22 ottobre 1982, n. 5492.

partecipazione alla trattativa del contratto applicato nell’unità produttiva diviene un ulteriore criterio di accesso – rispetto all’altra condizione, fino ad oggi normativamente prevista, della firma – alla tutela apprestata dalle disposizioni di cui al titolo III dello Statuto.

Se ci si sofferma sul criterio dettato dalla Consulta con la sentenza n. 231/2013, risulta immediatamente evidente che lo snodo cruciale della “nuova” versione della norma attiene al concetto di negoziato: e ciò nel senso che il negoziato rilevante ai sensi dell’articolo 19 Stat. lav., lettera

b, potrebbe anche ricomprendere qualsiasi attività relazionale – intesa

come non auto-referenziale – purché propedeutica alla conclusione del contratto collettivo, a cui ricondurre persino la semplice convocazione al tavolo negoziale per valutare se una determinata organizzazione sindacale possa preventivamente essere considerata parte futuribile: valutazione quest’ultima da effettuarsi sulla base del contenuto della piattaforma sindacale presentata dal quella organizzazione sindacale. Ove si voglia accogliere questa impostazione (e benché con la sola convocazione al tavolo sindacale si versi in una fase pre-negoziale invero ancora molto lontana dalla conclusione del contratto), si può osservare come in questo segmento dell’attività pre-contrattuale il dato a cui è possibile circoscrivere il negoziato è quello relativo all’idoneità di una o più OO.SS. ad essere considerate, di lì a venire, possibili parti del contratto. Secondo tale ricostruzione, infatti, l’attività finalizzata alla conclusione di un contratto collettivo si comporrebbe concettualmente di 3 fasi, di cui le prime due concentriche: il negoziato che comprende le trattative, che a loro volta comprendono la fase di formazione del contratto (le ultime due da intendersi nell’accezione civilistica più sopra riportata).

A meno che non si vogliano ignorare del tutto le indicazioni fornite dalla giurisprudenza, però, sembra sin d’ora possibile sostenere che, ai fini della qualificazione come «fase del negoziato giuridicamente apprezzabile» della condotta pre-contrattuale tenuta da soggetti “collettivi”, non possa prescindersi da un certo grado di avanzamento nella determinazione del contenuto del futuro contratto, che escluda per lo meno quegli atti che risultino solo meramente finalizzati alla conclusione dello stesso, quali per l’appunto quelli dedicati all’individuazione delle possibili parti contrattuali.

2. L’individuazione della trattativa per il rinnovo del Ccnl dopo il