• Non ci sono risultati.

INTERVISTA AL PRESIDENTE DI CIBIAMOGROUP Alessandra Ravecca

IL CASO CIBIAMOGROUP 3.1 Cibiamogroup ed i relativi format

INTERVISTA AL PRESIDENTE DI CIBIAMOGROUP Alessandra Ravecca

Nome e cognome dell’intervistatore: Claudia Siccardi Nome e cognome dell’intervistato: Alessandro Ravecca Ruolo svolto all’interno dell’azienda: Presidente

Luogo di realizzazione dell’intervista: Ufficio del Presidente presso la sede amministrativa – Sarzana (SP)

Data di realizzazione dell’intervista: martedì 8 agosto 2017

Claudia: innanzitutto, può declinare le sue generalità cosicché vengano audioregistrate quindi nome e cognome

Presidente: Alessandro Ravecca

Claudia: Perfetto. Allora, possiamo partire con una domanda generale: che cos’è il franchising, come si sta sviluppando in Italia

Presidente: Allora, il franchising è un contratto di affiliazione commerciale dove i due soggetti, il franchisor e il franchisee, si legano per portare avanti un format e un’idea. Il franchisor ha creato il format, l’idea mentre il franchisee lo porta avanti. Il franchisor si occupa delle cose che riguardano il marketing, la comunicazione, la valorizzazione del brand, fa gruppo di acquisto, mette in condizioni l’imprenditore di poter fare un’attività imprenditoriale, garantendo tutti quei servizi e quell’esperienza che ha fatto nei propri punti di vendita quindi cercando di non fargli fare gli errori che ha fatto in passato ma fare cose più facili, più replicabili. Il franchisee, d’altro canto, deve fare una cosa molto importante che è la gestione del personale e la gestione del cliente che sono le cose più difficili da fare, di fatto. Quindi, ad esempio, noi nel nostro caso abbiamo iniziato con dei punti di vendita diretti, fino a 10/12 punti di vendita, dopodiché eravamo troppo concentrati sulla gestione del personale e quindi abbiamo deciso per crescere di affidarci alla formula del franchising, dell’affiliazione commerciale e quindi poi abbiamo trovato imprenditori che investono sulla nostra idea, sul nostro format.

Claudia: in Italia come si fa sviluppo nel mondo del franchising? Come si cerca di far crescere sempre di più ed espandere la formula del contratto di affiliazione commerciale? Presidente: Beh, in Italia bisogna innanzitutto fare una premessa che è il Paese europeo più indietro nel franchising tra i Paesi europei più sviluppati. Siamo ad un punto di percentuale come negozi in franchising siamo sul 4-5% circa quando altri Paesi sfiorano il 17-20%, tipo la Francia o l’Inghilterra. Detto questo, in Italia manca la cultura del franchising completamente perché nel passato, anche chi sviluppava catene, ci sono state molte improvvisazioni in passato e ancora adesso dove un bravo commerciale ed un bravo architetto inventano un logo, un nome di fantasia molto bello, un bell’arredamento, vanno ad una fiera del franchising e vendono questi contratti “chiavi in mano” dove guadagnano sull’arredamento poi dietro non c’è sostanza, non c’è struttura e quindi ha creato malumore, ha creato delle distorsioni di mercato. La fiera del franchising, ad esempio, che era la vetrina italiana di promozione più importante viveva così fino ad oggi; io l’anno scorso come Presidente di Federfranchising ho assistito a delle persone che mi hanno chiesto appuntamento per iscriversi a Federfranchising che avevano lo stand all’interno affianco al nostro dove poi abbiamo scoperto che non avevano negozi, non avevano neanche un contratto, non avevano manuali, però, erano lì che vendevano il loro prodotto. Infatti, quest’anno, per la prima volta, su mia richiesta in modo particolare, Federfranchising ha

vendita già aperti e poi una zona di start up dove invece uno ha delle idee innovative e quindi chi investe con loro sa che comunque è tutto da sperimentare

Claudia: ho capito. Bene, parliamo della storia di Cibiamogroup: come è nata, come siamo arrivati ad oggi

Presidente: dunque, Cibiamogroup è nata dall’esperienza di tre soci – mia, di mio fratello Giorgio e di Claudio – dove nel 1992 abbiamo aperto insieme a Sarzana il primo punto di vendita in un centro commerciale. Siccome il fatturato per metro quadrato era molto interessante, la Coop che aprì – parliamo del 1992 quindi apriva il primo ipermercato qua a Sarzana, il secondo nel 1996 a Savona – quando in Italia gli ipermercati si contavano su una ventina circa, non di più nei primi anni ’90 – tra il 1988 e il 1989 si sono sviluppati i primi poi il vero boom dei centri commerciali in Italia c’è stato nei primi anni 2000. Quindi, apriva il primo secondo ipermercato con centro commerciale annesso a Savona nel 1996 e nel 1999 a Genova e ci portò in queste due realtà proprio perché il fatturato per metro quadrato che sviluppavamo era tra i più alti in Italia. Nasciamo con un bar semplice – bar, focacceria e pizzeria – lo abbiamo chiamato proprio per chiarezza e non confondere gli utenti del centro commerciale lo abbiamo chiamato il bar, la focacceria e la pizzeria in modo che se uno chiede dove è il bar è quello il bar, stratagemma molto semplice.

Poi, abbiamo iniziato ad aprire qualche altra realtà sempre in Liguria. Quando poi gli sviluppatori dei centri commerciali ci chiesero di creare un format per uscire dai confini della Liguria perché comunque eravamo bravi e gli piacevamo. A quel punto lì nasce prima cibiamo che era una focacceria e pizzeria con annessa la caffetteria, infatti anche nel logo c’è il simbolo della pizza e del caffè. Poi nel 2002 nasce La bottega del Caffè, un vero primo format dove si sviluppa tutto intorno al caffè, quindi non solo caffè espresso ma anche caffè speciali, monorigini, brioche farcite al momento e quindi siamo andati a specializzare tutto un servizio intorno alla caffetteria classica – in Italia il mercato dei caffè è molto frammentato, in ogni corner c’è una caffetteria – però noi abbiamo fatto qualcosa di diverso quindi non era più l’espresso il punto di attrazione ma proprio il concept che andiamo a creare ed il format quindi anche l’arredamento, la pubblicità, tutto concentrato su queste cose qua. Quindi siamo stati tra i primi, c’era un’altra catena in Italia che iniziava allora e aveva già aperto due negozi ma loro erano molto concentrati sulle monorigini, noi, invece, poi abbiamo inserito i caffè speciali, le brioche farcite al momento quindi ci siamo specializzati.

Poi nel 2004 il Gruppo Virgin che apriva la prima palestra fitness center, palestre particolari perché sono di circa 7.000/8.000 metri quadrati, che aveva chiesto a noi di studiare un format, un corner di ristorazione all’interno e abbiamo aperto con loro questo V-Café con loro, prima a Genova.

Claudia: quindi i centri fitness Virgin Active in Italia quando sono arrivati?

Presidente: nel 2004. Abbiamo aperto il primo a Genova nel 2004. Oggi contiamo circa 30 punti di vendita con loro e abbiamo rimesso poi, come sai, ultimamente mano al format. Quindi, questa è un po’ la nostra storia.

Poi nel 2015 siamo diventati partner di Mondadori che ha chiesto a noi di studiare un format per loro. Noi come Cibiamogroup abbiamo fatto questo format che riguarda una formula di caffè/bistrot concentrato molto sul gourmet, cibi ricercati, molto concentrato sulle insalate, piatti freddi però tutto con materie prime DOP ricercate e quindi molto gourmet, un format specializzato per le famiglie.

Quindi, abbiamo sviluppato i primi punti di vendita, come dicevo prima, fino al 2004/2005 diretti, siamo arrivati a 10-12 negozi nel 2004 e a quel punto lì per sviluppare abbiamo scelto la formula del franchising e siamo arrivati al 2011 con 56 punti di vendita, a quel

punto lì ho pensato di far entrare in società un altro gruppo, Euroristoro, che erano già nostri affiliati nelle grandi stazioni perché loro dagli anni ’50 le loro famiglie gestiscono le stazioni centrali di Milano, Verona, Bologna, Napoli, queste quattro qua, poi hanno Rimini, hanno altre cosine in giro. Erano nostri affiliati e a quel punto lì invece di vendere ad un fondo come facevano tanti in quel periodo lì, ho preferito vendere a delle famiglie come noi che sono concentrate sul business a medio-lungo termine, non con la velocità del fondo che dopo 5-7 anni vuole uscire. Ad oggi, poi, siamo arrivati a fare sui 100 circa punti di vendita.

Claudia: questi 10 punti di vendita diretti al 2004, ora i punti vendita diretti sono due. Presidente: si, li abbiamo messi sul mercato e li abbiamo dati agli affiliati

Claudia: va bene

Presidente: a volte la strategia di sviluppo nostra, comunque, non è di gestione diretta del punto di vendita ma se apriamo i punti di vendita è perché crediamo in quel punto, lo apriamo e facciamo mercato, dopodiché si trova l’affiliato perché oggi con la crisi degli ultimi anni sembra assurdo ma è più facile trovare persone che spendono di più però investono su una cosa certa, già collaudata, il rischio di impresa spaventa

Claudia: mi viene da dire che se uno decide di entrare a far parte di una catena in franchising, un potenziale affiliato, il rischio d’impresa è più basso

Presidente: è più basso perché la formula è collaudata, sei nei centri commerciali, tot metri quadrati, però, nonostante questo, esistono degli investitori che preferiscono comunque investire sempre su una cosa già aperta e avviata

Claudia: quali sono le modalità che utilizzate per ricercare potenziali affiliati?

Presidente: fino ad oggi, ti dico la verità, è sempre stato con il passaparola, utilizzando i canali dei fornitori. Noi tieni conto che abbiamo sempre avuto in mano le location cioè il centro commerciale offre a noi la location, a quel punto lì è più facile trovare l’affiliato e quando apre un centro commerciale nuovo, quando aprivano, il centro commerciale comunque attirava l’attenzione degli imprenditori locali però le proprietà difficilmente danno ad un imprenditore locale aprire un’attività del nostro genere, preferiscono avere la catena, a quel punto lì i contatti arrivano tramite l’ipermercato, tramite i fornitori del posto, tramite i commercializzatori stessi e poi tramite il passaparola perché tieni conto che noi il totale affiliati mi sembra che siano circa 35 o 40 su 100 punti di vendita quindi mediamente hanno due punti di vendita

Claudia: quindi diciamo che voi dovete anche relazionarvi con le proprietà dei centri commerciali, anche loro possono essere visti come dei clienti?

Presidente: sono fornitori, ci forniscono la location che poi noi le affittiamo Claudia: va bene. Come state affrontando il fenomeno dei social network?

Presidente: si, arriviamo un po’ tardi sui social network per vari motivi. Uno perché noi abbiamo dei brand, dei format molto conosciuti e tecnici ovvero le proprietà dei centri commerciali ci conoscono come un’azienda seria che paga gli affitti, che sviluppa bene, che ha dei buoni prodotti quindi ci cercano loro; nel momento in cui noi come strategia abbiamo scelto di uscire dai centri commerciali perché il mercato dei centri commerciali in Italia è abbastanza saturo, tieni conto che negli anni 2006/2007/2008/2009 aprivamo 10/12/13 punti vendita all’anno, ora siamo sui 4/5 quindi cosa abbiamo fatto in questi tre anni? Dal 2014 al 2017 abbiamo rimesso mano ai format quindi abbiamo rivisitato completamente, ripartendo anche dalla definizione della mission nostra però sempre con puntare sul prodotto di qualità e se qualità deve essere deve essere qualità dappertutto, qualità non solo nel prodotto ma anche nel servizio, nell’abbigliamento, nell’arredamento,

nel senso che ci siamo messi a vedere quei punti di vendita che non erano molto performanti e abbiamo agevolato l’uscita di alcuni imprenditori e l’ingresso di nuovi imprenditori e hanno avuto un successo incredibile queste operazioni perché hanno portato degli incrementi a doppie cifre nel fatturato del punto di vendita. E poi ci stiamo guardando intorno per uscire dai centri commerciali quindi high street, il mercato dell’high street in Italia purtroppo è abbastanza difficile perché non esiste come all’estero in Inghilterra, dove eravamo già presenti, dei land lord che gestiscono tutta l’intera strada ma una strada o una via importante è divisa, è frammentata, ogni vetrina è un proprietario quindi è difficile anche questo: gli interlocutori. Comunque centri direzionali, centri storici, di passaggio, zone turistiche e per riuscire qui a questo punto abbiamo bisogno di valorizzare di più il brand, di far conoscere il brand anche a quello che a sua volta ha già la location e dice cosa ci faccio? Posso farci una La bottega del Caffè, un cibiamo, è lui che viene a cercarci a questo punto. E quindi per fare questo abbiamo deciso di investire sui social network. Social network io sono sempre stato abbastanza contrario perché comunque può essere un’arma a doppio taglio perché se entri in questo mondo poi non puoi più uscirne e devi seguirlo, devi dare risposte, devi controllarlo, non lo puoi lasciare in balia, deve essere aggiornato costantemente quindi metti il caso è un costo fisso che forse nel nostro caso fino ad ora non era necessario perché vivendo nelle realtà dei centri commerciali dove noi comunque con la focaccia, pizza e caffè vediamo che facciamo o nelle palestre quindi all’interno di altri retail più importanti o come in Mondadori è più una vendita di impulso quindi il cliente viene attratto dentro ad un centro commerciale per varie motivazioni, per una campagna pubblicitaria che già fa il centro oppure che fa l’ipermercato. Io ho fatto il Presidente di un centro commerciale per 17 anni, avevamo un milione e mezzo di budget da spendere in pubblicità, ho sempre detto che forse era meglio darlo all’ipermercato quel milione e mezzo lì per abbattere i margini perché se vendeva l’olio magari a 3€ al litro portava più gente che una bella pubblicità

Claudia: va bene. Quindi, questa è stata la motivazione principale

Presidente: si, valorizzazione del brand e anche perché poi ci siamo resi conto che alcuni nostri affiliati avevano incominciato a promuovere le loro iniziative sui social e dando anche delle risposte a volte poco aziendali all’utente che magari si era trovato male quindi abbiamo chiesto di chiudere tutti questi social privati dei nostri affiliati ma di utilizzare i nostri canali

Claudia: infatti, riguardo a questo, pensa che il fatto che alcuni affiliati avessero già creato delle pagine abbia danneggiato l’immagine del Gruppo o possa comunque in qualche modo averne beneficiato?

Presidente: mah, il fatto che alcuni hanno, ad esempio, 2000 contatti sicuramente è importante quindi vuol dire che ha funzionato, sai è una cosa molto soggettiva quindi dipende da come venivano gestiti. In alcuni casi hanno danneggiato soprattutto se non sono filtrate le risposte e in alcuni casi hanno fatto bene e comunque hanno colmato una carenza nostra quindi non si poteva lasciare, anche se posso essere contrario per vari motivi, però a quel punto il mercato detta la legge e noi dobbiamo adeguarci al mercato

Claudia: va bene. Parlavamo di budget destinati alla pubblicità, quanto del budget pubblicitario viene destinato ai social network all’incirca o anche nelle sponsorizzazioni? Presidente: diciamo che quest’anno iniziamo con una spesa per i social network, rispetto alle altre cose, dovremmo investire il primo anno il 30% della spesa totale.

Claudia: va bene. Qual è il vostro obiettivo generale a livello di Gruppo? L’obiettivo di business più generale che voi volete raggiungere

Presidente: aprire più punti di vendita possibili. Il problema di tutti i franchising in Italia è il recruiting perché il problema è di trovare affiliati quindi usare tutti i mezzi possibili, tra cui anche i social network, oltre a far conoscere il brand ma per cercare fondamentalmente affiliati.

Claudia: va bene, quindi LinkedIn è stato scelto per questo motivo principalmente

Presidente: si, LinkedIn perché è utilizzato da professionisti che magari vogliono investire, vogliono cambiare mestiere oppure esiste in Italia questa nuova classe di disoccupati con una fascia di età tra i 50 e i 60 anni che sono manager di grandi aziende che nella crisi hanno perso il posto di lavoro, sono per noi persone molto importanti da andare a cercare e sviluppare con loro il nostro format perché sono comunque mentalmente abituati ad una azienda, hanno vissuto nel mondo dell’organizzazione aziendale e quindi sono già più pronti a recepire il franchising e non solo ma magari non hanno esperienza nel nostro settore quindi per noi ancora meglio perché l’affiliato più difficile è quello che già fa il pizzaiolo, fa già il barista perché fa i suoi errori e non i nostri errori, io dico sempre fare il prodotto con i nostri errori

Claudia: ho capito. Cibiamogroup entrerà poi anche su Facebook e su Instagram, qual è il pubblico che si vuole colpire? Se su LinkedIn è più un pubblico professionale di manager, su Facebbok e su Instagram qual è il pubblico?

Presidente: su Facebook e su Instagram sono più giovani, le fasce d’età vanno tra i 25 ai 35 anni e anche magari qualcosa di meno con Instagram. L’obiettivo è quello lì e più che altro far conoscere i nostri prodotti, far conoscere i punti di vendita, far conoscere i prodotti, le promozioni quindi più ad uso promozionale sul prodotto che non sul brand. Quindi magari ci sarà il concorso dell’aperitivo migliore, della pizza migliore, del cappuccino più artistico

Claudia: infatti avete in mente di lanciare delle iniziative?

Presidente: si si, assolutamente. Anche perché lì le campagne pubblicitarie si bruciano nel giro di giorni perché la cosa è immediata e il risultato che ottieni lo vedi subito

Claudia: avete deciso di gestire i social network in maniera centrale, a livello di sede centrale

Presidente: si, in questo momento abbiamo dato il mandato ad una consulenza esterna Claudia: si si però dico che i vari franchisee hanno una possibilità limitata di poter interagire con le pagine

Presidente: certo. Diciamo che ci sarà una pagina istituzionale nostra dove poi avranno loro la possibilità di lanciare la loro promozione, se vogliono fare un happy hour, se vogliono lanciare una pizza o una focaccia, fare degli sconti, possono farlo però abbiamo limitato le operazioni che possono fare e devono essere filtrate da noi

Claudia: questo per avere un maggiore controllo anche di tutto quello che può succedere sui social?

Presidente: perché se la filosofia, la comunicazione ha una linea e ha un’immagine globale, pensiamo che sia più efficace per tutti

Claudia: va bene

Presidente: anche se devo dire che il successo di alcuni social è dovuto molto all’improvvisazione però in questo caso cerchiamo di standardizzare anche l’improvvisazione, ecco. Comunque lasciando l’affiliato libero comunque di fare le sue promozioni, le sue iniziative, di dare anche delle risposte filtrate da noi agli utenti

Claudia: comunque sia se un cliente dovesse magari fare una recensione su un determinato punto di vendita sarà poi la sede centrale a rispondere

Presidente: noi e l’affiliato, si concorda di volta in volta, dipende perché tante volte magari il problema nostro, quello che stiamo riscontrando, magari è non tanto sul prodotto, sulla qualità ma sul servizio di accoglienza quindi magari ci sono delle persone non formate perché c’è molto turn over purtroppo nei nostri punti di vendita, in alcuni in modo particolare dove c’è una mole di lavoro maggiore quindi è faticoso e quindi c’è più turn over perché il ragazzo di 20 anni magari cerca sempre qualcos’altro se lavora in un punto di vendita dove c’è molto lavoro perché è faticoso quindi la formazione inizialmente viene fatta da noi però poi nel seguito dei turn over viene fatta dall’affiliato a meno che non richiede una formazione specifica, un aggiornamento. Quindi, capita che magari ci può essere qualcuno che ha un contratto a tempo determinato o per altri motivi che non è una persona tanto preparata e quindi può dare delle risposte poco adeguate quindi magari l’affiliato la risolve scrivendo lui e invitando l’utente a prendere un caffè la volta dopo per chiarire la cosa

Claudia: perfetto. La presenza sui social network del Gruppo, a maggior ragione del marchio cibiamo e La bottega del Caffè, pensa che possano aiutare l’azienda ad entrare in nuovi mercati, magari anche esteri?

Presidente: mmm, no non penso. Non penso sia questo il momento perché dobbiamo ancora collaudarlo, vederlo bene in Italia però non penso. All’estero vai con una strategia di