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Intervista a Gaetano Bonetta

Nel documento La nostra idea di Universitas (pagine 41-44)

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Come giudica il nuovo impian- to della formazione insegnanti? Pensa che sia in grado di formare docenti in grado di affrontare al meglio la transizione e che siano al passo con i tempi?

Il Regolamento, come già sottoli- neato, riprende buona parte del- le esperienze precedenti in tema di formazione degli insegnanti, proponendosi di razionalizzare ulteriormente gli accessi, di po- tenziare il rapporto collaborativo tra università e scuola, di fornire ai futuri docenti adeguate cono- scenze teorico-disciplinari e peda- gogico-didattiche, coniugate in maniera equilibrata a spazi labo- ratoriali ed esperienze pratiche, introducendo inoltre qualche si- gnificativa novità. Innanzitutto ha il merito di adeguare i percorsi al modello del 3+2 adottato dalle università da oltre un decennio, riducendo il tempo complessivo di formazione a uno standard eu- ropeo. Nel caso delle abilitazioni alle scuole secondarie, infatti, la normativa precedente prevedeva una laurea triennale, una laurea specialistica e un biennio di spe- cializzazione nelle Ssis per una durata complessiva di 7 anni che, oggettivamente, rappresentava un periodo di formazione molto

lungo e, in ogni caso, superiore ai periodi di formazione previsti in ambito europeo. In secondo luogo, introduce in tutti i percor- si l’acquisizione obbligatoria di competenze nella lingua inglese e nelle tecnologie didattiche, ri- tenute necessarie per l’insegna- mento in ogni grado e ordine scolastico. Nel complesso, il Rego- lamento presenta aspetti interes- santi, prefigurando una forma- zione moderna, ispirata a principi metodologici e multidisciplinari, anche se buona parte dell’esito dipenderà dai tempi e dagli effet- tivi modi di applicazione.

Il precariato è tra i problemi più annosi della scuola italiana. Il ministro sostiene che contingen- tando gli ingressi si limiterà il fenomeno. Anzi, assicura che si provvederà a smaltire più rapida- mente i precari in lista d’attesa. È uno scenario realistico o eccesso di ottimismo?

Il precariato è un fenomeno che non riguarda soltanto la scuo- la italiana, ma è diffuso in tutti i sistemi scolastici europei. Da noi ha assunto proporzioni maggio- ri in seguito a una serie di inter- venti legislativi che, già a partire dalla scolarizzazione di massa

degli anni Sessanta, ha cercato di tamponare la crescente richiesta di istruzione con meccanismi di reclutamento e con immissioni in ruolo poco previdenti, degene-

Il teatro anatomico settecentesco dell’Università di Pavia (aula Scarpa)

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rando in seguito al crollo demo- grafico registrato in occidente e in particolare in Italia alla fine del secolo scorso. È un fenomeno antico, quindi, che già nel 1969 si trasformò in movimento e nel 1971 ottenne i primi riconosci- menti, e sarebbe ingeneroso at- tribuirne la paternità alle Ssis che, invece, hanno introdotto per la prima volta un meccanismo di reclutamento basato sulla forma- zione e su una preventiva regola- mentazione dei fabbisogni e de- gli accessi. Fatta questa doverosa precisazione, ritengo che il pro- blema dei numeri e del necessa- rio progressivo assorbimento dei circa 120.000 precari già inseriti nelle graduatorie rappresenti il nodo cruciale di tutto l’impianto, anche se appare evidente che un eventuale perfezionamento dei parametri di programmazione potrebbe avere esiti positivi, so- prattutto se accompagnato da in- terventi strutturali su un sistema scolastico che registra ancora un numero di ore di insegnamento tra i più alti al mondo e un deciso sovraffollamento delle classi.

Che cosa devono pretendere i giovanissimi dalla scuola italiana?

I giovanissimi devono pretendere

una scuola moderna ed europea nel senso più stretto del termine. Una scuola, quindi, radicata nel territorio e dotata di strutture e tecnologie adeguate, che rappre- senti davvero un fattore di cam- biamento sociale, che superi defi- nitivamente i residui nozionistici e punti diritta a un insegnamen- to per competenze; una scuola in grado di inquadrarsi nella pro- spettiva dell’educazione perma- nente, capace di orientare real- mente i giovani alla complessità degli odierni scenari e della socie- tà della conoscenza; una scuola più proiettata verso la formazione universitaria e il mercato del lavo- ro, capace di formare al pensiero critico e multidimensionale, attra- verso l’erogazione di saperi fun- zionali alla costruzione di identità autonome, aperte, inclusive. Una scuola e un’istruzione, insomma, che tornino a essere considerate strumenti insostituibili di progres- so economico e sociale.

E i docenti, al di là del posto di lavoro?

I docenti, insieme agli studen- ti, costituiscono l’ossatura del sistema scolastico e per decen- ni hanno goduto di una grande considerazione sociale, essendo

ritenuti i depositari assoluti del sapere. Ciò nonostante, la figu- ra dell’insegnante è sempre sta- ta sottopagata, oggetto di forti contrasti e polemiche. Basti pen- sare che già nel 1872 l’on. Cor- renti sollevò la necessità di una qualificazione economica e nel 1888 un progetto presentato alla Camera ispirò la successiva defini- zione giuridica del ruolo e la par- tecipazione degli insegnanti alle proprie carriere. Di volta in volta osannati o contestati, protetti o ridimensionati, i docenti hanno talvolta subito le trasformazioni del sistema, trascinando la scuola italiana con impegno e dedizione e assumendosi colpe di cui trop- po spesso erano vittime e non re- sponsabili. Ecco, i docenti moder- ni dovrebbero pretendere una formazione al ruolo adeguata ai tempi, meccanismi di recluta-

mento sempre più razionali, una maggiore autonomia program- matica, la possibilità di coniuga- re didattica e ricerca e, infine, la possibilità di progressioni econo- miche e di carriera basate su cri- teri trasparenti e meritocratici.

Che cosa suggerisce ai suoi lau- reati che intendano intrapren- dere oggi la carriera dell’inse- gnamento?

L’insegnamento è quasi una mis- sione e come tale presuppone una scelta matura e consapevole, uno studio approfondito e appassio- nato e qualche sacrificio. Non è e non può rappresentare una scelta di ripiego. Nelle mani degli inse- gnanti le società ripongono buo- na parte dell’educazione delle nuove generazioni e del proprio destino. Detto questo, non credo servano ulteriori suggerimenti.

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L’

Università di Bologna non van- ta solo il primato di essere la più antica, ma ha anche la peculia- rità che i suoi studenti furono i primi ad ottenere un riconosci- mento giuridico del proprio status (1155) e a dotarsi poi dei primi ordinamenti associativi da cui scaturirono quelli universitari.

Bologna costituisce quindi il luogo d’elezio- ne per ospitare un museo dedicato alla figura dello studente universitario, l’unico al mondo che propone – attraverso l’intreccio delle in- fluenze esercitate dai poteri esterni e l’evolu- zione di contesti sociali e culturali differenti – di ripercorrere l’evoluzione di questa com- ponente centrale della vita universitaria. Il Museo europeo degli studenti (Meus), inau- gurato circa due anni fa dall’Alma Mater Stu-

diorum, ha ottenuto il riconoscimento di Mu-

seo di qualità. È articolato in cinque sezioni che colgono i tratti salienti di questa figura per il ruolo assunto all’interno dello sviluppo della storia europea:

• origini delle corporazioni studentesche e la costruzione dei caratteri identitari dello studente: le forme organizzative dell’auto- nomia corporativa, i rituali di iniziazione, le pratiche devozionali, il cosmopolitismo stu- dentesco;

• disciplinare i comportamenti, gli intelletti e i corpi: il collegio e l’aristocratizzazione delle università; lasociabilità studentesca; l’asso- ciazionismo studentesco; il mito della meri- tocrazia, gli studenti e losport;

• le donne all’università: il dibattito sull’istru- zione della donna; le prime donne laureate; le tappe di un’accoglienza contrastata; la femminilizzazione delle università;

• gli studenti e la politica: studenti o soldati; la partecipazione alla vita politica della na- zione; le organizzazioni politiche degli stu- denti; fra totalitarismi e democrazia; la fan- tasia al potere;

• la ricerca della tradizione: feste, canto e tea- tro degli studenti.

Il museo europeo

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