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Introduzione al concetto di democrazia deliberativa in Habermas.

II.2 Democrazia deliberativa e democrazia partecipativa.

II.2.1 Introduzione al concetto di democrazia deliberativa in Habermas.

È stato accennato come la riflessione operata da J. Habermas abbia assunto una posizione centrale all’interno del dibattito che (attraversando diversi ambiti disciplinari) gravita intorno alla democrazia deliberativa e alle sue teorie93. Nell’ambito della scienza politica contemporanea, tale nozione è massicciamente rinvenibile, inoltre, nelle teorie di Cohen, di Rawls e di Benhabib.

Comprendere pienamente un termine o una definizione implica necessariamente lo sforzo di capire quali siano i motivi che hanno portato alla sua adozione, e ciò tanto più per il fatto che il senso di un’espressione come “democrazia deliberativa” non è autoevidente. Sembrerebbe, infatti, una contraddizione parlare di una democrazia all’interno della quale non si deliberi (nel senso di discutere): la differenza tra le varie concezioni di democrazia non sta tanto nel dubitare dell’esistenza o meno di un’attività preposta all’atto di deliberare, ma risiede piuttosto nello stabilire come si possa e si debba deliberare.

Il senso della definizione habermasiana può essere colto analizzando le connotazioni e gli aspetti propri dell’aggettivo “deliberativa” (in attribuzione al sostantivo “democrazia”); il primo aspetto che va rilevato è che si presuppone l’esistenza di un oggetto, in merito al quale si pone il problema di deliberare, mentre il secondo è che esista anche un corpo deliberante, che consisterebbe in un ente di natura collettiva che assume il ruolo di soggetto della deliberazione (in quanto compie l’atto di deliberare). Un terzo aspetto (il più interessante dal punto di vista procedurale) è riscontrabile nel ricorso al metodo deliberativo, all’interno del quale troverebbero valorizzazione momenti centrali della vita democratica, quali, per esempio, lo scambio

92 Ivi, pp. 9-10.

93 All’interno di queste, l’aggettivo “deliberativo” viene utilizzato come attributo qualificativo di

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delle opinioni, delle ragioni e delle proposte, e la valutazione (e poi la scelta) delle varie alternative proposte.

È importante rilevare il fatto che nessuno dei tre aspetti appena esposti è scontato, e la dimostrazione di ciò è l’esistenza di teorie democratiche (di natura liberale) che ad essi non concedono grande importanza. A questo proposito, si possono citare gli schemi classici della democrazia «pluralista», come quelli elaborati da Dahl94 e da Schumpeter95, all’interno dei quali si riconosce l’esistenza di una competizione democratica finalizzata all’affermazione di interessi particolari (tra loro contrastanti) e si parla di una selezione delle élites che ha luogo tramite una competizione democratica,96 ma non si riscontra né l’esistenza né l’opportunità di una prassi deliberativa comune.

La teoria deliberativa della democrazia proposta da Habermas va letta, in buona sostanza, come una vera e propria risposta a questo genere di teorie liberali della democrazia, latrici di una concezione che propone la democrazia come una semplice accozzaglia di “regole del gioco”, o, peggio ancora, come un gioco competitivo all’interno del quale si perpetua la continua lotta per l’affermazione tra interessi tanto organizzati quanto particolaristici, in un quadro complessivo dove nessuna delle parti in competizione deve trovarsi ad essere pregiudizialmente avvantaggiata.

Sempre nel contesto di queste teorie liberali, non si rintraccia l’esistenza di un soggetto (di carattere collettivo) della deliberazione, ma ci si limita a trattare l’aspetto del corpo elettorale, la cui funzione sta principalmente nel costituire una domanda politica (concetto, quest’ultimo elaborato in affinità a quello di domanda presente nelle scienze economiche), rispetto alla quale i vari segmenti dell’élite politica rivolgono il loro paniere di proposte (offerte, per usare una terminologia economica), destinate a trovare accoglimento con differenti gradi di successo.

Appare evidente come all’interno delle teorie liberali, in seno alle quali è sempre presente il ricorso ai termini economici propri del libero mercato, la vita politica democratica venga staccata sempre più dalla possibilità di un dialogo in un contesto assembleare, a favore della rappresentanza, la quale ha il compito di spostare il dialogo dalla società alle sedi istituzionali.

94 Nel 1989.

95 Nel 1947.

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Il percorso sulla democrazia deliberativa resta nello stesso alveo concettuale, di area tipicamente liberal, all’interno del quale si possono individuare pensatori come Dworkin e Rawls; per questa ragione è necessario capire esattamente in cosa l’approccio deliberativo della democrazia si discosti dal filone liberale al quale ho appena fatto riferimento.

Il punto di rottura tra il punto di vista liberal e l’approccio deliberativo va individuato rispetto all’esistenza del processo deliberativo: anche se, infatti, pure il liberal Rawls è stato disposto a riconoscere l’importanza di un oggetto della deliberazione comune97 e di un corpo politico che deliberi, è pure vero che si è fermato a questo punto, senza oltrepassarlo attraverso l’accoglimento del terzo (e fondamentale) aspetto alla base della teoria della democrazia deliberativa. Per Rawls, infatti, l’azione della ragione pubblica ed il processo di formazione del consenso sono interamente basati sulla capacità dei singoli individui di valutare la compatibilità (o meno) di una determinata concezione politica della giustizia rispetto alla propria concezione del bene (in sostanza, si tratterebbe di confrontare ciò che viene supportato dalla ragione pubblica con ciò di cui si è privatamente ed intimamente convinti e di stabilire quanto effettivamente l’uno corrisponda all’altro); ma questa concezione del funzionamento della ragione pubblica è quella che Habermas definisce come «uso privato della ragione a fini pubblici».

In Habermas l’idea di ragione comunicativa è in diretta connessione con l’idea di un processo deliberativo comune, al termine del quale vengono raggiunte, insieme, le conclusioni, che vengono così a configurarsi come null’altro che il frutto di un libero scambio (in totale emancipazione da qualsiasi elemento coercitivo) di opinioni e di ragioni.

Appare evidente come, in questo senso, Habermas delinei, all’interno della sua teoria deliberativa, una nozione dialogica e comunicativa del processo politico98 estremamente più ampia99, in virtù della quale, all’interno dell’agire politico, il

97 Identificabile, per esempio, nei principi da assumere come base della comune convivenza sociale tra

liberi ed eguali cittadini.

98 È molto importante sottolineare come, comunque, la concezione di politica intesa quale modalità

dell’agire strategico permanga nel suo ruolo centrale anche nell’innovativo pensiero habermasiano.

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momento dello scambio libero delle opinioni finalizzato alla decisione non è assolutamente secondario al momento strategico100.

I tre aspetti che abbiamo visto in questa parte (l’esistenza di un oggetto dell’attività deliberante, di un corpo deliberante, e del processo deliberativo comunicativo) vanno intesi come punto di partenza e presupposto logico di tutta l’impalcatura teorica della democrazia deliberativa habermasiana, che si sviluppa in Fatti e norme, nella direzione di una definizione del processo democratico nelle società complesse.

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