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Partecipazione e “qualità della normazione” (better regulation): il ruolo della consultazione tra costi e conflitti.

PARTE II. PARTECIPAZIONE E QUALITÀ DELLE NORME E DELLE POLITICHE PUBBLICHE

CAP III: GLI STRUMENTI PARTECIPATIVI NELLA PRODUZIONE DI NORME E POLITICHE PUBBLICHE

III.1 Partecipazione e “qualità della normazione” (better regulation): il ruolo della consultazione tra costi e conflitti.

Gli strumenti della partecipazione hanno trovato un rinnovato spazio di implementazione, sin dal finire dello scorso secolo, nell’ambito dello sviluppo della nozione (e delle relative operazioni attuative) della ‘qualità della legislazione’ (la stessa nozione che comprende al suo interno anche le cosiddette “better regulation” e “smart regulation”).

In generale è possibile parlare di qualità ‘formale’ della normazione e di qualità ‘sostanziale’ della normazione160, e in entrambi i casi è possibile rinvenire un legame con la nozione di ‘partecipazione’ dei destinatari delle norme. Non è un caso che, ormai da oltre tre decenni, legislatori e governanti sovranazionali, nazionali e regionali manifestino una certa attenzione verso la qualità, formale e sostanziale, dei testi normativi (e della regolazione in senso ampio), tanto da rendere questo aspetto, in numerose dichiarazioni istituzionali, uno degli obiettivi strettamente connessi ai

160 Nel primo caso gli elementi rilevanti sono principalmente connessi alla scrittura del testo delle norme

giuridiche, con particolare attenzione per semplicità, chiarezza e comprensibilità da parte dei destinatari. Tra gli interventi di maggior rilievo in tal senso si può ricordare, a livello centrale, la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 2 maggio 2001 n. 1.1.1.26/1088/9.92 “Guida alla redazione dei testi normativi”, che diede l’avvio a una serie di operazioni di recepimento a livello regionale (la cui attuazione risulta a tutt’oggi frammentaria e problematica). La nozione di qualità sostanziale è riferita, invece, al contenuto delle norme: in questo caso ciò che è importante determinare è quale tipo di opzione regolatoria è stata selezionata e approvata dal legislatore e, non di meno, quali sono i motivi che hanno condotto a tale decisione.

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programmi di governo (ragionevolmente in risposta alla «necessità di acquisire forme di legittimazione democratica dei processi e dei prodotti normativi»161).

Il tema della valutazione della qualità, sia della regolazione che più ampiamente delle politiche pubbliche, occupa ormai da anni l’agenda politica di tutti i livelli istituzionali, non da ultimo in risposta alle sollecitazioni di organismi sovranazionali tra i quali possiamo ricordare, per frequenza e rilievo delle osservazioni condotte, l’OCSE (senza contare i numerosi interventi intrapresi in tal senso dalle istituzioni comunitarie, che verranno analizzati nei paragrafi successivi).

Il ‘punto di intersezione’ tra strumenti per la qualità legislativa e strumenti partecipativi va identificato nella consultazione pubblica, quale strumento che dovrebbe «trovare spazio non soltanto in momenti diversi all’interno della stessa valutazione ‘ex ante’, ma anche, e soprattutto, nell’ambito della valutazione ‘ex post’, quale vera e propria “controprova” dell’efficacia e qualità della regolazione applicata»162.

La rilevanza della consultazione va così a collocarsi al centro delle tematiche inerenti la qualità dei processi decisionali, divenendo parte essenziale del processo di edificazione di una democrazia matura (risultato di un’armoniosa integrazione del profilo rappresentativo con quello partecipativo), capace di strutturarsi su più livelli di governance normativa: non si tratta di mere questioni di tecnica legislativa, bensì del più ampio e complesso problema di «quanto regolare, perché regolare, come regolare, come amministrare la regolazione esistente e, in ultima analisi, come governare le politiche regolative di un sistema politico a più livelli (locale, regionale, nazionale e comunitario)»163.

La disciplina giuridica della consultazione ha trovato il suo sviluppo all’interno di un contenitore normativo ben preciso: le norme che istituiscono e regolano due specifici tipi di procedimento164: l'analisi dell'impatto della regolazione (d’ora in poi “AIR”) e la verifica dell'impatto della regolamentazione (d’ora in poi “VIR”). La prima si colloca nella fase di progettazione di un dato intervento normativo, mentre la seconda

161 A. VALASTRO, La valutazione e i molteplici volti della partecipazione: quale ruolo per la consultazione?, in M.RAVERAIRA (a cura di), “Buone” regole e democrazia, 2007, p.149.

162 Ivi, p.168.

163 L.CARBONE,G. TIBERI, La "better regulation" in ambito comunitario, in “Quaderni costituzionali”,

3/2001, p. 700.

164 Il termine “procedimento” viene qui utilizzato in senso distinto dall’accezione che il medesimo

termine assume nel diritto amministrativo, dal punto di vista del quale AIR e VIR sono quasi- procedimenti (o, nel caso dell’AIR, una fase endoprocedimentale).

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va ricondotta alla fase ex post, vale a dire relativa alla valutazione dello stato attuativo e degli effetti dell’intervento.

Il rapporto “concentrico” che lega la qualità (sostanziale) della normazione con AIR e VIR quali suoi sottoinsiemi significativi e con (situata, a sua volta, all’interno di questi ultimi) la consultazione può essere esemplificato attraverso la seguente rappresentazione grafica, strutturata secondo la teoria degli insiemi:

Gli acronimi qui utilizzati, AIR e VIR, derivano dalle fonti in lingua italiana, ma il fenomeno che istituisce un’intima connessione tra questi procedimenti di valutazione della qualità normativa e la consultazione è rinvenibile in larga parte delle esperienze occidentali, soprattutto a partire dagli anni ’80 dello scorso secolo: «sorta negli anni Settanta negli Stati Uniti in relazione all’esercizio di poteri regolatori165, da parte delle agenzie indipendenti dell’executive branch e radicatasi negli anni Ottanta nel Regno Unito al fine di limitare la regulation della libera iniziativa dei cittadini e delle imprese e ingenerare processi virtuosi di accountabilty166, l’analisi di impatto della regolamentazione giunge nell’Europa continentale negli anni Novanta»167. La scintilla d’innesco nell’Europa continentale provenne dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico: in attuazione della raccomandazione del 1995 dal titolo On improving the Quality of Government Regulation (emessa dal Consiglio OCSE nel

165 Cfr. C.F.SABEL, Beyond Principal – Agent Governance: Experimentalism Organizations, Learning and Accountability, 2004, consultabile in www.2law.columbia.edu/sable/papers.

166 Il caso specifico verrà trattato più avanti nel paragrafo riservato all’approfondimento dell’AIR nel

Regno Unito. Dal 1986 che i singoli Dipartimenti effettuano il business cost assessment.

167 A. GRECO, L’analisi di impatto della regolamentazione: origini e tendenze recenti, in www.federalismi.it, 15 giugno 2009.

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1995), essa predispose (nel 1997) un rapporto sulla riforma della regolazione intitolato

Regulatory Impact Analysis: best practices in OECD countries168.

La varietà degli esiti delle implementazioni riflette ampiamente le specificità dei contesti (statali e sub-statali) di applicazione169, componendo un mosaico di pratiche (alcune delle quali best practices a tutti gli effetti), sperimentazioni ed esperienze dai tratti eterogenei, che pur tuttavia offrono interessanti spunti per concettualizzare il nesso tra la qualità nella progettazione di norme e politiche pubbliche e la cultura politica di

riferimento170 (non estranei a questo ultimo concetto appaiono anche quelli di qualità

dei governanti e di qualità democratica).

Detto mosaico appare nella sua varietà non solo rilevando quanto sia differente il radicamento dell’AIR (come pure della VIR) nei procedimenti legislativi e di policy (oscillando da realtà in cui tali strumenti sono pienamente naturalizzati sino a realtà in cui sono totalmente disapplicati e confinati, nella migliore delle ipotesi, alle mere previsioni normative), ma anche quanto siano diverse le ricadute che gli stessi strumenti hanno sortito. Tra le esperienze di maggiore successo (in quanto gli strumenti sono stati utilizzati al pieno delle potenzialità) possono essere ricordati gli Stati Uniti d’America, il Canada e il Regno Unito, mentre esperienze esemplari in senso opposto possono essere identificate nel caso francese, tedesco e italiano (contesti che mostrano non tanto criticità di tipo tecnico quanto refrattarietà culturali e meccanismi politico- amministrativi che hanno frenato in modo rilevante l’implementazione dei processi valutativi ex ante ed ex post sopra menzionati). Nel corso del presente lavoro verranno approfonditi il caso del Regno Unito, quale caso di studio ottimale in rappresentanza del primo gruppo, e il caso italiano quale realtà significativamente espressiva del secondo gruppo. In questo caso l’analisi attraverserà i livelli di governo che compongono la struttura di base della multilevel governance europea, oltre che l’ossatura della forma di stato territoriale caratterizzante l’ordinamento italiano.

168 Non mancano ulteriori occasioni di stimolo verso i singoli Paesi da parte dell’OCSE in favore

dell’adozione dell’AIR. Si veda C.F.SABEL, A Quiet Revolution of Democratic Governance: Towards Democratic Experimentalism, in OECD, Governance in 21st Century, 2001, in www.oecd.com.

169 Per un approfondimento delle esperienze di alcuni paesi OCSE si veda C. M.RADAELLI, L’analisi d’impatto della regolazione in prospettiva comparata, Rubettino Editore, Catanzaro, 2001; con riferimento alla nozione di “best practice”, inoltre (dello stesso autore), The Politics of Regulatory Impact Analysis in the OECD Countries, Best Practice and Lesson-Drawing, paper delivered to the workshop on Regulatory Impact Analysis in Comparative Perspective, CARR, LSE, Londra, 11 marzo 2002.

170 Più avanti verranno formulate alcune osservazioni (per esempio nel case study sulla sperimentazione

AIR in Umbria) in merito al peso della cultura politica nell’emersione delle resistenze che la qualità della normazione e gli strumenti partecipativi incontrano nel contesto italiano.

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Pur nella loro eterogeneità, le esperienze a livello internazionale mostrano un sostanziale tratto in comune. Le AIR in fase di progettazione normativa e le VIR nella fase ex post avrebbero dovuto rispondere a due esigenze di fondo. In primo luogo avrebbero dovuto condurre (non secondariamente sulla base di analisi economiche costi/benefici) ad una razionalizzazione delle politiche legislative, volte soprattutto alla massimizzazione dei benefici e alla riduzione di spesa pubblica e di oneri amministrativi171. In secondo luogo, tali implementazioni avrebbero dovuto sortire un effetto rinnovante della legittimazione dei procedimenti interessati e delle fonti normative che ne sarebbero derivate (in contesti dove agivano pressioni storiche, economiche e politico-istituzionali rilevanti, basti pensare alle politiche di privatisation, di deregulation e di decentralisation che hanno caratterizzato gli ultimi quattro decenni).

Pur maturando, nelle prime significative esperienze, in contesti fortemente influenzati dalle richieste dei mercati economici e dalle pressioni di incombenti liberalizzazioni (basti pensare all’orientamento politico delle presidenze USA172 e dei governi britannici che favorirono i primi passi del processo), lo strumento della consultazione nell’analisi d’impatto è in grado di mostrare le sue potenzialità non solo nel miglioramento economico derivante dall’analisi costi/benefici, ma anche come importante strumento di innalzamento qualitativo e quantitativo della risposta a necessità sociali che rischiavano (e rischiano) di trovare sempre meno spazi di emersione e soluzione (soprattutto in conseguenza della dissoluzione dello stato sociale e delle tradizionali strategie di intervento positivo sulle sacche di esclusione socio- economica della popolazione).

171 Si veda lo studio del Fondo Monetario Internazionale che ha dimostrato come, agendo attraverso

l’attuazione di incisivi programmi di miglioramento della regolamentazione si possa raggiungere (stima riferita al lungo periodo) «un aumento fino al 7% del PIL e un aumento del 3% della produttività» [IMF, When Leaner Isn’t Meaner:Measuring Benefits and Spillovers of Greater Competition in Europe, in F. BASILICA (a cura di), La qualità della regolazione. Politiche europee e piano d'azione nazionale, Santarcangelo di Romagna (RN), Maggioli editore, 2006, p. 22 e S.MONNI, Note in tema di impatto della regolazione sulle piccole e medie imprese, in “Rivista Trimestrale di Scienza dell’Amministrazione”, n. 4, Franco Angeli, Milano, 2000].

172 Negli Stati Uniti il percorso di radicamento dell’impact assessment nei procedimenti normativi si

avvia con l’Executive Order n. 11821 (1974), volto ad analizzare gli impatti delle norme sull’inflazione, e con l’Executive Order n.12044 (1978), con cui Carter istituiva il Regulatory Analysis Review Group- RARG. A questi inizi fece seguito un costante percorso di aggiustamenti strutturali (culminati sotto la presidenza Reagan, che intese fare della riforma della regolamentazione una delle «cornerstones» del proprio programma di risollevamento economico), che hanno condotto all’attuale sistema regolativo, tutt’ora ampiamente impegnato nell’utilizzo dell’analisi d’impatto per la ricerca di nuove soluzioni normative.

88 In tal senso, è utile osservare che

The process of market-oriented regulatory reform in Europe in the last two decades has entailed a fundamental change in the nature of political power and the conception of the role of the state. But it has not meant the emergence of an a-political regulatory state solely devoted to the pursuit of efficiency and completely divorced from a more traditional conception of the state that would stress the pursuit of political power, societal values and distributional goals (Jabko 2004: 215)173

Non a caso, indipendentemente dal colore politico dei decisori pubblici originari, in molte esperienze (certamente in quelle di maggior successo, come USA e UK) non solo l’AIR si è ulteriormente sviluppata – anche allorché sono subentrati esecutivi di diverso orientamento – per frequenza del ricorso e per espansione delle tipologie di atti interessati, ma il ruolo della consultazione ha assunto in essa una fisionomia sempre più definita e protetta (estendendo e consolidando la valenza partecipativa di questo tipo di attività sub-procedimentale).

Il fine fondamentale dell’AIR va ricercato nelle sua capacità di elaborare un documento che, sulla base degli esiti delle indagini conoscitive svolte durante la consultazione, predisponga una base conoscitiva quanto più completa possibile da rendere disponibile al decisore politico (a quel legislatore o organismo regolatore che approverà l’atto finale). Tale base conoscitiva non solo si compone del ventaglio di informazioni - generali e di dettaglio - emerse dalla consultazione, ma produce un prospetto (il nucleo della c.d. “Scheda AIR”) di una serie di opzioni normative tra le quali il legislatore potrà effettuare la sua scelta (il prospetto delle opzioni rappresenta, come si approfondirà avanti, un primo filtro tecnico-giuridico tra gli orientamenti espressi dai consultati e la razionalizzazione giuridica necessaria per la fase di approvazione).

È importante sottolineare come tra queste opzioni occupi un posto di rilievo la c.d. “opzione zero”, ovvero la presa in analisi della possibilità di non intervenire in senso normativo sull’oggetto della norma proposta. L’“opzione zero” risponde alla necessità di capire se l’intervento normativo prodotto è realmente necessario, frutto cioè di reali necessità emergenti dalla società e dalle sue formazioni. Non a caso, uno dei

173 Corsivo mio. N. JABKO, The political foundations of the European regulatory state, in Politics of Regulation: Examining Regulatory Institutions and Instruments in the Age of Governance, CRC Series, Cheltenham, UK, Edward Elgar Publishing, 2004, pp. 200-17, citato in C. M. RADAELLI E F. DE

FRANCESCO, Regulatory Impact Assessment, Political Control and the Regulatory State, paper delivered to the General Conference of the European Consortium for Political Research, Pisa, 6-8 settembre 2007.

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documenti europei che maggiormente hanno influenzato la qualità della normazione in Europa, il Rapporto Mandelkern (di cui si approfondirà la centralità più avanti), ha contemplato tra i sette principi alla base della better regulation quello della «Necessity» di un nuovo intervento normativo o di policy.

Il nucleo di tale principio si concretizza nell’operare una valutazione, da parte delle autorità interessate (quanto più partecipata possibile, secondo gli strumenti più idonei al caso), circa le reali necessità e indispensabilità di un nuovo intervento regolativo in quel settore, prima di implementare una qualsivoglia nuova policy. Parliamo, insomma, dell’importanza di un esame razionale degli strumenti a disposizione delle amministrazioni pubbliche e di una attenta considerazione della probabilità di aggravare il sistema attraverso l’introduzione di ulteriori misure 174.

Se è infatti vero, come sopra ricordato, che il tema della better regulation non può essere ridotto solamente a una questione di tecnica legislativa, ma che si riconnette intimamente al «problema di quanto regolare, perché regolare, come regolare» e a quello di «come governare le politiche regolative di un sistema politico a più livelli»175, altrettanto vero è che il primo quesito da porsi riguarda se regolare o meno, prendendo in considerazione tutte le possibili alternative alla regolazione. L’unica necessità innegabile sembra dunque quella di «legiferare allorché sia indispensabile»176. Ciò in considerazione del fatto che ogni nuovo intervento normativo porta con se un suo “peso” tanto nell’ordinamento quanto nel rapporto di quest’ultimo con i destinatari delle norme, che devono necessariamente ri-programmare l’orizzonte dei propri comportamenti per adeguarli alle nuove regole. Analogamente, sul versante degli atti normativi e amministrativi, si pensi al dispendio economico e umano che atti e procedimenti non necessari comportano, compromettendo gravemente un’azione efficace ed efficiente della rappresentanza politica e della pubblica amministrazione, e aumentando parallelamente il senso di insoddisfazione dei cittadini, consapevoli che quel dato atto poteva essere evitato o ricompreso all’interno di un insieme unico di azioni che non avrebbe richiesto una moltitudine di gravosi adempimenti separati

174 In alternativa alle quali sarebbe pensabile procedere, invece, modificando la legislazione esistente

mediante clausole aggiuntive o deregulation.

175 L. CARBONE,G. TIBERI, op. cit., 2001, p. 700 (corsivi miei). 176 Ivi, p. 703.

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(saranno le politiche di semplificazione, introdotte in Italia nei primi anni novanta a cercare una risposta a questo tipo di ”appesantimenti”).

Non appare indebito scorgere in ciò un collegamento al principio (sancito, in Italia, nella legge 241/90) del divieto di aggravamento del procedimento177, fatte salve esigenze straordinarie e motivate imposte dallo svolgimento dell'istruttoria178. La qualità legislativa condivide con quest’ultimo principio un orizzonte teleologico non trascurabile: le norme giuridiche e l’amministrazione devono conformarsi ai bisogni dei destinatari e degli ambiti coinvolti e, dunque, sostanziarsi sulla base di una reale necessità diffusa presso i suoi destinatari, come essa debba essere una risposta ai loro bisogni, e non un mero atto autoritativo, svincolato da ragioni concrete in grado di motivarlo179, o che trovi tali ragioni nell’arbitrio e negli interessi dei governanti (o comunque della classe culturalmente e socio-economicamente più forte). Una necessità trasparentemente razionalizzata quindi, concretamente utile e non finalizzata alla realizzazione di volontà eteronome o particolari, ma facilmente individuabile, tanto nelle cause che la originano quanto nelle modalità per rispondervi.

L’indagine conoscitiva sulla necessarietà normativa di un nuovo intervento è un’operazione fondamentale nell’avvicinamento – conoscitivo e decisionale – tra lawmakers/policymakers e destinatari: uno snodo sensibile delle democrazie contemporanee, che nelle esperienze più distanti (geograficamente e culturalmente) si trovano ciclicamente a dover fronteggiare. Si tratta di uno snodo che tange l’essenza stessa della legittimazione delle norme, e che fuoriesce, nell’elaborazione culturale, dalla sfera giuridica per trovare letture di estremo interesse nell’arte e nella letteratura. Si pensi, per esempio, all’opera kafkiana Il processo. Il dramma di Josef K. non sta forse nell’irrazionalità e nella perversione di una macchina burocratica che lo trascina in un baratro, senza che egli sappia né di cosa viene accusato, né tantomeno sulla base di quale norma, proprio in virtù di una necessità incombente ed inesorabile (almeno stando

177 A tutela del cosiddetto giusto procedimento, oltre che delle citate economicità, efficacia ed efficienza

dei procedimenti, e soprattutto del minor sacrificio possibile degli interessi dei cittadini.

178 Aggiungendo ispezioni, richieste di documenti, controlli o qualsiasi altro atto potenzialmente in grado

di rendere il procedimento maggiormente oneroso per il privato cittadino, o per l’amministrazione stessa, senza un concreto motivo di interesse pubblico.

179 Si pensi alla questione dell’obbligo di motivazione delle leggi, «strumento utile per verificare l’efficacia delle leggi», ma ancor più per verificare «la loro legittimità», M.CARLI, La qualità della normazione in Italia: un problema di cultura, in M. RAVERAIRA (a cura di), “Buone” regole e democrazia, op. cit., p. 195.

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a quanto gli viene continuamente ricordato dagli operatori giuridici), ma che egli non comprende minimamente?

Scrive Hannah Arendt, analizzando il senso del tribunale in Der Prozess, che

il potere della macchina, che afferra e uccide K., non è altro che l’apparire della necessità, che si può realizzare attraverso l’ammirazione degli uomini per la necessità stessa. La macchina entra in funzione, perché la necessità è ritenuta qualcosa di sublime e perché il suo automatismo, che è spezzato solo dall’arbitrio, viene preso per il simbolo della necessità180.

La presa in considerazione dell’”opzione zero”, pertanto, appare come un’opportunità non trascurabile nella razionalizzazione del procedimento legislativo e nell’uso ponderato delle risorse, ma ancor più appare come un’importante opportunità democratica in seno alla progettazione normativa, giacché consente di utilizzare gli strumenti della valutazione e della consultazione per separare la necessarietà reale di un intervento dalla necessarietà potenzialmente fittizia o retorica dichiarata da determinati decisori politici (o portatori di interessi forti). Una garanzia non secondaria, soprattutto a tutela del principio pluralista e del principio di uguaglianza sostanziale, ma anche in vista di una razionalizzazione economica della produzione normativa, all’interno della quale il non-necessario si traduce in costi aggiuntivi e in sprechi di risorse (o in una deviazione di esse non convergente con l’interesse pubblico).

L’apertura dei procedimenti normativi ad analisi qualitative dell’impatto, integrate da adeguate attività di consultazione, presenta potenzialità non trascurabili, che possono essere sintetizzate in tre principali contributi:

1) una conoscenza approfondita dei settori da riformare «grazie a una conoscenza dettagliata e spesso frutto di esperienza diretta»181 dei partecipanti alle attività di consultazione;

2) un apporto di contenuti valutativi inerenti le decisioni da assumere e «le conseguenze che da queste deriverebbero»182;

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