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Invero, quale che sia la direttrice che s’intenda seguire, la risposta

Lavori in rete e nuove precarietà: come riformare il welfare state?

4. Invero, quale che sia la direttrice che s’intenda seguire, la risposta

all’interrogativo di come riformare il welfare state, specie per i lavori in rete, richiede un percorso piuttosto complesso e un approccio per così dire multilivello, che non abbandoni necessariamente gli strumenti del passato, ma semmai li migliori e li integri con stru- menti nuovi. Si tratta, cioè, di ripensare in toto il nostro sistema di protezione sociale, non con semplici aggiustamenti marginali, ma con un mix di politiche, tra loro complementari, che veda il coinvol-

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gimento attivo di tutti i soggetti (finanche l’utente/consumatore). Bi- sognerebbe, ad esempio, anche ipotizzare un nuovo sistema redi- stributivo che tenga conto del valore complessivamente creato dal- l’economia digitale, in modo tale che i benefìci derivanti dal pro- gresso tecnologico siano ripartiti equamente tra aziende, lavoratori e consumatori, proprio in termini di maggiori tutele sociali. La di- sintermediazione consentita dalle piattaforme digitali reca un be- neficio netto e indiscutibile per l’utente/consumatore, consentendo- gli, fra le altre cose, un’informazione precisa sulla qualità del servi- zio e abbassandone il costo. E allora appare convincente la soluzio- ne di chi suggerisce di ridefinire gli schemi assicurativi imponendo, nel caso del crowdwork, sia ai requesters che alle piattaforme, prelievi fiscali o previdenziali obbligatori destinati a finanziare con la fisca- lità generale o con il sistema previdenziale una previdenza sociale di base.

Nella logica di un ripensamento complessivo del welfare state, e passando a un piano ancora più generale, appare poi ineludibile un coinvolgimento delle imprese in termini di maggiore responsabiliz- zazione, perché si facciano promotrici, anche per il loro interesse economico, di finalità etiche e sociali, nonché carico di quei rischi che sono generati all’interno del rapporto di lavoro per effetto delle norme che incrementano il profitto e la flessibilità a scapito della si- curezza sociale. Così come non è più rinviabile un rinnovato prota- gonismo sindacale idoneo a portare all’implementazione di formule nuove di welfare sociale e contrattuale, oltre che di innovativi per- corsi di riqualificazione delle competenze professionali.

Tutto ciò sempre in un’ottica sistemica, mantenendo comunque ben salda la dimensione istituzionale del diritto alla sicurezza so- ciale: Ferrajoli da tempo ci ha avvertiti che quel che può fare la dif- ferenza è una restaurazione del ruolo di governo della sfera pubbli- ca e della sua separazione dalla sfera privata contro le tendenze pervasive della seconda rispetto alla prima.

Insomma il necessario approccio complessivo ai dilemmi del fu- turo del welfare (a partire dal grave problema del suo finanziamen- to, oramai non più riconducibile al solo gettito contributivo) deve recuperare principi universalmente ancora validi (sin dal principio di solidarietà) e declinarli ai nuovi bisogni sociali, integrando vecchi e nuovi strumenti, senza rassegnarci alla narrativa dominante che vuole l’ultima rivoluzione tecnologica del mondo del lavoro incom-

patibile con le tutele, il servizio pubblico e un welfare economica- mente e socialmente sostenibile.

Il percorso è molto lungo e difficile, ma sicuramente non occorre fermarsi: è necessario discuterne e, parafrasando un economista, «cercare ancora» le soluzioni che potranno dare risposta ai bisogni del futuro.

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Vorrei prima di tutto ringraziare gli autori del numero monogra- fico della Rivista giuridica del lavoro che oggi presentiamo dedicato ai cambiamenti del Diritto del lavoro nell’economia delle piattaforme digitali. I saggi, tutti di ottimo livello, forniscono una panoramica completa delle problematiche coinvolte in questo mutamento epo- cale delle tecnologie e dei modi di lavorare, analizzando i problemi e sforzandosi anche di offrire possibili soluzioni. Gli interventi di questa mattina hanno fornito altri contributi importanti al dibattito, con relazioni che sollecitano tantissime riflessioni. Non ho il tempo necessario per poter approfondire i temi che sono stati analizzati e voglio quindi limitarmi a mettere in evidenza alcune questioni che, a mio giudizio, richiedono ulteriori approfondimenti.

In primo luogo vi è il rapporto tra la tecnologia ed il potere. L’in- novazione tecnologica può essere utilizzata in modi e con finalità molto diverse. Ed è quindi importante sapere chi è colui che effetti- vamente è in grado di dominarla e di indirizzarla a determinata scopi. Ed è anche necessario comprendere se i destinatari di questa tecnologia sono in grado di controllarne il contenuto o sono soltan- to soggetti passivi di un potere che viene esercitato da altri senza al- cun condizionamento.

Un’altra area problematica è quella dell’identificazione del lavoro subordinato nelle piattaforme digitali e, più in generale, nell’ambito delle organizzazioni produttive fortemente condizionate da queste nuove tecnologie, anche se non operanti tramite piattaforme. Mi sem- bra infatti che in queste situazioni alcuni degli indici tradizionali

* Università degli Sudi di Chieti-Pescara «G. D’Dnnunzio».

Valerio Speziale

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