S’egli qui ci volle foli , per trattenerli me glio con noi ; perche noi qui cerchiam com pagni , che impedivano la noftra folitudine, e fraftornino la di lui compagnia? S’egli qui ci ritirò dagli uomini, perche noi qui voglia mo uomini, e non vogliamo totalmente Dio ? Ah Padri , e Fratelli miei , diftaccamoci da gli uomini, che ci fon da preflò, liccomc lian diftaccati dagli uomini , che ci fono da lun gi . Se fuggimmo da quefti, perche non con- taminaflcro la noftra innocenza , fuggiamo anche da quefti altri, perche non raffreddino il noftro fervore. Quanto meno trattiamo con elsi, tanto più conveniamo con Dio . Lavia moli dunque ; e apprendiamo , che la manie ra di diftaccarci da cfsi è il penfarvi meno, parlargli al rado, converlarvi di paffàggio , c non affezionarci mai . Ma il freciuentareli
AL CHIOSTRO. 109 gira , c raggira per le piazze e per le corti , per le campagne e per le cafe ; fmarrita, mai non fi ferma in un luogo; vagante , mai non fi fiffa in un’ oggetto ? Quando il cuore in_j ogn’inftante fi ftende e fi ritira, ama e difa ma , difidera e fugge , teme c fpera, difsipa- to ne’ fuoi affetti , volubile nelle lue bramo, leggiero ne’ fuoi proponimenti, vuol cento co le , c niuna ne confeguifce ? Col corpo fiam
fuor delle turba , e col penfiere vi ftiam di dentro ; col corpo fiam lungi dalle afiemblee, c coll’affetto vi ftiam da prefio ; col corpo fiam foli , e col cuore fiamo in mezzo agli uomini ! Ma ditemi, perche fi ritira il corpo, fe non fe, perche ftia ritirato il cuore ? Per
che non veggion le pupille, fe non fe , perche non divaghino i penfieri ? Perche s’inceppati-» le labra, fe non fe , perche s’inchiodin gli af
fetti ? E dunque , quando non fi confeguifce un sì bel fine , a che vagliono i mezzi , an corché fieno cotanto buoni ? Quid prodefl fili- indo corporis, fi defit filitudo cordis ? E volete voi
veramente conofcerc fe avete la folitudine del cuore ? Ditemi, chi avete Tempre nel voftro cuore ? Se Iddio folo ? Dunque avete la foli tudine del cuore. Ma fè vi avete altri ? Dun que Iddio vi fta accompagnato ; dunque non
vi fta folo . E come conoicerete, fe Iddio fo lo fia nel voftro cuore , o pur fe vi fia altri con Dio ? 11 conofceretc facilmente , al riflette re in Voi , a chi più fpeflo peniate . Quegli più ardentemente fi ama , che più tenacemen te fi perda. Se fi parla, fe fi cammina, fe fi
s
ito RAGIONAMENTO V. mangia, il pendere va Tempre a chi fi ama. Ogni altro oggetto è nojofo alla mente, quel lo fidamente i’è dilettevole ; ogni altro pen der 1’ è grave , quello fidamente l'è caro; ogni altro dilcorfio 1‘ è paleggierò , quello fidamen te l‘è fitto . Conlìderate ora , a chi Voi più fipeffo peniate. Se a Dio ? Dunque , lui folo effóndo nella voftra mente , egli anche fiolo farà ne! voftro cuore . Ed elféndo così , chi negherà, che la fiohrudinc del cuore ci unifica a Dio , quando ella unicamente confitte nell’ unione loia di Dio col nottro cuore ? Ma (zj
più (petto peniate , o al diporto , che or’ or godette, o al pranzo, che prenderete tra po co, o al negozio , che trattate , o all’argo mento , che frodiate, o alla parentela , elio ancor vi (ìrafcina con legami di fianguc, o all’ amicizia , che pur vi tira con catene di oro; potrete Voi dire , che Iddio fia fnln nel
AL CHIOSTRO. m berfaglio altri che lui; penfìere, che tenga per oggetto altri che lui ; difiderio , che tenda», ad altro fine , che a lui . Egli è argomento dell* Abate S. Bernardo . Deus fpiritus ejl ; /è/a Bernard.
indicitur f'olitudo mentis ; fede ergo folitarius t fecede non corporea fèd intentione, & devotions.
Crifto nel fuo Difcrto fia il noftro efem- plare , da cui apprender polliamo la folitudi- ne, sì nel corpo , sì nel cuore , che offèrvar noi debbiamo , per confervarci diftaccati da gli uomini , e uniti a Dio , nel noftro chio- Uro . Egli è talmente folo , che il Dimonio non à un’ uomo, per cui mezzo polla tentar lo . Ond’ è forzato a girn’ egli fteffò in perfo- na , e tentarlo da faccia a. faccia . Inoltre , non truova ivi cofa a proposto , con cui poflà_> tentarlo ; non un frutto , grato all’occhio , e dilettevole al gufto , con cui tentò il primo Uomo; non un volto, che incanti I’afpetto, ed innamori il cuore , con cui fe prevaricar Salomone ; non un teforo , che adefehi il di fio , ed incateni l’affetto , con cui fe cadero Acan ; c per non trovar’altro, prende in ma no le pietre , e vuol di effe valerli al perfido intento . E perch’egli non à virtù, che poflà fare alle pietre mutar natura, la mendica da Crifto fteffo; e vuole ch’egli con un miraco lo faccia pane di un faftb. Or non è ella una gran felicità la noftra, non trovar nel Difer- to di quello chioftro il comun Tentatore, uno ftrumeuto adatto all’empio difegno , ch’egli cova in ogni ora di perderci , e rovinarci. Qui non lì veggiono inbandimenti fplendidi
ira RAGIONAMENTO V. nelle menfe , non s’incontrano volti amabili per le ftrade, non fi fcuoprono pompe fupcr- be negli appartamenti. Qui non capitan l’Eve, che ci tentino colle attrattive; non i ferpenti, che c' ingannino colle fallacie; non le pianto vietate infomma, che ci allettino colle lor frut- ta . Se il Dimotiio ci vuol tentare, bifognzj che venga egli ftelfo , che combatta a corpo a corpo ; ed al fin fe vuol vincere, dee pri ma da noi mendicare un miracolo , percho Mntch.i.j. poi ci faccia fare un peccato . Die , ut laptdes ijli panes fiant ■ Quanto è povero di armadure l’inferno, quando vuoi combattere in un Di fetto ? Quanto è mifero Lucifero ne’ tuoi di- fegni, quando vuol mettergl’in eiecuzione in un’Eremo! Quanto fono fciocchi, lon vani, fon ridevoli , i fuoi tentativi , quando egli • vuol tentare in una folitudine ! Udite la dot ta penna di Ambrogio, come li mette tutti i
Ambrqf. derifo, ed io difcrcdito. 0 mifera Satbana , d*
Macth*.11’ extrema congrejjìo l Diabelus in deferto tentationis folida. arma non inventi , Deef tilt de paradifo amanitas aroorum, deeft illi confiliatrix Èva , deef illi pomorum fpteiofa deceptio . Quia non mvenit cibtim , quem offerret efurienti , poftulat in cibum Jaxa mutavi. Vndtque exclufus , undique defratt- dat«t,ad pavimenta fe confert. Satis enim mani- fefte oftendtt vaftttatem ftbi eremi reftìtiffe , cura put at propter inopiam rerum dementa pofte conver
ti . cutabat igitttr i„ panem la?ides commutavi
. E
’ anf nChe nella nnftfa Mudine fia di- Dnnri^ * imoni° ’ a^c volte anche vince . Donde ciò mai ? Forfè da altro , che quello
AL CHIOSTRO: 113 armi, che non truova fuori di noi, le truova in noi ? Nel noftro cuore fi fabbrica gl' Idoli, che poi ei propone, per far prevaricare il no ftro medefimo cuore. Si ferve de'noftri pen- fieri, come di reti, entro cui ci faccia cadere nel laccio . Si vale de’ noftri affetti, come di catene , con cui ci tenga fempre in una mifera fcrvitù. E quei mezzi alle noftre perdite, che non truova preflo a noi , li riceve da noi ; quegli {frumenti alle noftre cadute, che notu può rinvenire ne' noftri luoghi , li rinviene con felicità nelle noftre perfone . Ma in Cri- fto non li rinvenne, perche in lui non era la fola folitudinc del corpo, era ancor quella del cuore . Difcaccìò perciò da fe Satanno , e fe
andarlo addietro; vade Sathan-, perche nè fot- Matth.4 to il fuo occhio , nè dentro la fua mente , nè ‘o- in mezzo al fuo cuore , folle altro oggetto , che difturbar gli porcile la cara fohtudioe, ch’egli offervar volea in tutti i modi, perche in tutti i modi fi uniflè a Dio .
Io so, eh’è un Paradifo il Diferto, ed è un Paradifo pur’anche il Chioftro. Così chia-
mollo il Cardinal Pier Damiani . Vere Ciati- Per. Da-
firum efi Varadifus ■ Hic fratti virentia Scriptura- ™an- lcr rttm , praterfluens lacrimarurn undefìtas , quam
de puris affeCftbus amor Hie caeleflis eliquat • Vtc funt arbores credi ijjim# chori Sancì or urn, nullaque efi , qua non multa gaudeat frucltts ubertate. Ma
fe poi in quello Paradifo , quem formaverat Gen.*. s.
Dominus Detis à princìpio , fi penfaffe ad altri,
che a Dio? Se fi godeffe il Paradifo, e non fi amaffe l’Autore, che dal principio il pianto.
U4 RAGIONAMENTO V.
Se la mente ufeifie fuori di elio, e ne andaf- fe vagabonda per le praterie di Samaria , o per le campagne di Babilonia? Se il cuorevo lali daeflo , e ne gifle fmarriro fulle fponde di Averno , e fopra le arene di Cocito ? Oh allora sì , ehe il Paradilò fi muterebbe in In ferno; poiché coloro, che doveano in eflò abi tare, c ftar tutti uniti a Dio, vi abitano, ma ftanno tutti attaccati a Satanno . E potranno allora vantarli di ftar’ efenti dalle incurlioni dell’ Antecrifto , alle quali ftanno efpofte lo Città più lignorili , e le Provincie più popo late ? Nò certamente; perch'eglino dimoftra- no aver la difgrazia di trafportar le piazzo negli Eremi, e di goder le turbe eziandio ne’ Diferti. Nella perfona del Re Antioco, il qua le dovea invadere la Giudea, previde Daniel lo l’Anticrifto ; ma dalle lue feorrerie n’efen-Danicl.u. tò gl’ldumci, i Moabiti, e gli Amoniti ; Ja-
troibit in terrarn glorio/àm , multa cerrnent ; ha autem fola fafoabuntur de manu ejus, Edom , if Alo ab , cr principium filiorum Ammon . E ciò non per altro , allo fpiegar di Girolamo , fe
Perche in quei Paefi dovranno fab- '-J 'D’lert* j in cui abiteranno i Santi. ap. radili. nttc ,rtftus ìdumeam, & Moabita;, ac filios Am-
C. 1. n.4. mon , id efl Arabian, relinquet intatfam, quia il-
tandTT ad cotlf“&unt ■ Vivon tanti e Corti U°rC lellc Cltt? ’ neI cuor de,,CJ con un r nUOr del IV°nd°’ c vivon Romiti, an d?mira tUtt° cle,Vat,° in Dio > che folo fenza ebTi 6 °r° croichc azioni ; lenza ehe affetto dl Consunti, amor di Ami.
AL CHIOSTRO. nS ci, interefle di Patria , obbligo di minifterio, debito di flato, vincolo di profelfione, o con tamini , o ftrafcini , o dibatta , o fconvolga , o fpofti il lor fermilfimo fpirito . Eglino fo no fcogli in mezzo all'onde , che tuttor ti percuotono, mai non però gli fmuovono; fo no fiori tra le fpine , da cui fon cuftoditi , ma non fon lacerati ; fono flelle tra le tene bre , che non offufcano, anzi più tofto rifchia- rano il loro fplendore . Eglino godon per ve rità una perfetta folitudine di cuore , anche_» tra le turbe degli uomini, tra i rumori degli cferciti , tra i concorfi delle reggie , tra le moltitudini delle Città; perche (tanno tra efsi, non vivon però attaccati ad elfi ; con un to tale difpoglio da tutte le creature, vivon fo llmente al Creatore; a cui penfano, cui ama no, e cui preferifcono a tutti i vantaggi , che può loro donar la terra, a tutti i diletti, che loro offerifce il fenfo, a tutti i riguardi, che loro propone il mondo . Ed intanto noi in felici , che viviamo fuor del mondo col cor po , vi viviamo dentro col cuore ; che ftiamo lungi dalle Città colla pcrfona , vi ftiam da_. preflò coll’affetto; che fiam lontani dalle cor ti per fito, vi fiam vicini per attacco. E che maraviglia poi, fe il Dimenio , eh’ e 1’ Anti- crifto de’noftri tempi» tuttora penetra ne’no
ftri recinti, e s’introduce fin nelle noftre dan ze , anzi fi fa largo eziandio ne’ noftri petti, e ci diftacca, e ci difunifee , e ci allontanai
da Dio? . .
ep
n6 RAGIONAMENTO V.
lira converfione, ne’primi anni del noftro ri tiro , eravamo affatto fpogliati da ogni amo re alle creature , che furon da noi lafciate colà ne! mondo , c col corpo , e col cuore. Ma_» ciò che prò ? Sei poi ritornammo ad eflc, e non potendovi , a cagione de’noftri legami» ftare col corpo , vi Iham tutto dì coll’ affetto, e coll’attacco ? Siam per l’appunto come il Nibbio, il quale nella fua gioventù è così de liro, così veloce, così pronto', a far caccia^ di volatili di ogni Torta, che non evvi uccel lo , che polla fcappare dalle fue unghie . Ma poi nella vecchiaia fi fa così lìolido, così len to , così tardo , che appena può prendere, o un verme , o una molca ; anzi alla fine fi fa inabile ad ogni preda, e fi muore mileramen-
S. Gemi- te di fame. /Minus in inventate dijferre à pra-
Eian.lib.4. avlum non ijjidetur ; fed quanto plus uiuit f magis fefe femptr degenerem ojiendit unde fecit n-
dltr» AriUntili,™ __ ______ _n.
'-(S*- J- ■) UHM Jtmn
\um Ariftotilem quoddam genus eft militi > quod in principio aves capit , tandem nix mufcas > &
vcrmìculos - - ? ••
—-Ofea; s. 5.
ani mal. cap.9,
«wtj tcipu , tanaem nix mujcas , cz
& tandem fame perit ; così lafrio
fcritto S. Gcminiano . O pur fumo , permet teteti!’ il dirlo, come gli Afini felvaggi della Mauritania, di cui par che parlafiè Ofea ; Quia
ipfi afeenderunt ad Aflur , Onager folitarius ftbi. „flia». de Sono quelle beftie , allo fcriverc di Ebano,
hift. ani- così veloci a correr nel principio della carrie ra , che pajono anzi volare, che correre. Ma appena fatta pochifsima ftrada , fi fiancano così vilmente , che fi danno anche a piagne re per lo dolore , che fenton nelle piante, e fi lafcian prendere ,e legare a’cavalli. Ha cui
AL CHIOSTRO. 117 fon menati come in trionfo dalle felve nelle Città . Mauri AJìni prirnum ut fi in via/» dede- runt, incredibili celerttate iter conjìciunt , ut evo- lare , non excurrere , videantur : Deinde cito fejfì de vìa , & fpiritus deficiunt, d” pedum tar ditate ad currendum confinili infìjlunt > & acerrimas profun- dunt lacrimas, non tantopere, meo judicìo > ob fti- ttiram mortem •> quarn ob pedum ìnfirmitatem t Opta re ut captivi ad equos alligati trabuntur . Fum mo noi già sì veloci a fuggir dal mondo, e metterci fotto a‘ piedi i fuoi affetti , le fucj aderenze, le fue maffime, che non furon ba- ftevoli a fermarci , nè ragioni di (angue, nè convenienze di robba , nè politiche di flato, nè lufinghe di piacere, nè comodità di cafa . Corremmo , anzi volammo, a ricovrarci in-, quella (agra folitndine » per qui vivere dimen tichi affatto del fecolo , e viver tutti a Dio; a cui promettemmo , anzi offerimmo in per fetto olocaufto, c tutto il noftro corpo, erut to il noftro cuore . Ma deh , perche pofeia-, così fubito , ci fermammo nella generofa car riera , come fe foflìmo già fianchi al gram» cammino, e ci lafciammo forprendere da que gli fleffì nimici , di cui or* or trionfammo? Oh vergogna, che noi facciamo a Dio , cho noi facciamo a noi ftefii 1 Quali che Iddio non ci baffi nel Difetto, dove pure, e ci pafee con manna , e ci difende con nebbia , e ci foftie-ne ancor con miracoli ; vogliamo incontefoftie-nen te volgerci col pendere , e coll’ affetto alle ci polle di Egitto ? Quaff che la noftra ribolli mene folle fiata un ttafporto di animo
preci-n8 RAGIONAMENTO V.
pitofo, ora ci pentiamo di averla fatta ; e non potendola fraftornare col fatto, cerchiamo al meno di correggerla col genio ? Quali che Id dio ci abbia ingannati, chiamandoci alla fua_, cafa, e quivi ci abbia fatti trovare cofe, che non appaghino il noftro cuore; facciam que llo rivolgere alle mendicità della terra , che {limammo imponibili a poter’efler godute con Dio, indegne a dover’ efler pofledute da noi ? Ah Padri, e Fratelli miei, rammentianci de* noftri primi fervori ; di quella naufea , che ave vamo alle cofe del mondo, di quclgufto ,che Pentivamo in quelle di Dio; e facciam’or’ora fcrmifsimo proponimento , di non cercar’ al tri che Dio, in quello luogo , dove non al tri lì può godere perfettamente che Dio. Così noi vivendo nella folitudine del Corpo , vi- veremo diftaccati dagli Uomini , che abban
donammo , Così noi vivendo nella folitudine
del Cuore , vivercmo uniti a Dio , a cui ci conlegrammo.
RAGIONAMENTO VI.
ARGOMENTO.I. Il Silenzio ci fa parlar bene con gli Uo mini .
II. Ci fa parlar meglio con Dio .
Si qnis in verbo non offendit f hic perfeflus ejl Vir . Jacob. 3.
ngua , ed è un gran be- ed è un gran male , le , o pur male , da noi s’ impiega . Con ella lo- 1 noi Djo ; ed offeriamo lizj di lode a quel gran-
c vero Nume , da cui
riceviamo quanto di bene ab biamo in quella vita , e fperiamo quanto di bene afpettiamo nell’ altra : Con ella confef- fiam colpe, che non ci poflono eflère perdo nate , fe da noi non fi confettano ; correggiam traviati , perche pofsiamo tirargli alla diritta ftrada della virtù; configliam dubbio!], affin ché fcaufino il male , e fi appiglino al me glio ; amminiftriam Sagramenti , che an per forma eflènziale le fue parole ; predichiamo su’ pergami , difputiam fulle Cattedre, argo mentiamo ne’Circoli , decorriamo nelle Ac cademie , rifpondiamo nelle Afièmblee ; onde le verità eterne reffino impreffe nel cuore di ehi alcolta , le fcienze maggiori fi acquiftino
rio RAGIONAMENTO VI. dalla mente di chi ode, e le mafsime di fta- to lì apprendano dalia capacità di chi fente, Qual maggior bene ? Ma con erta pure altri beftemmiano ciò , che noi lodiamo ; ed offe- rifcono un’ oltraggio alla Divinità con quello fiefio linimento, che lor fu donato per offe rirle con ella un’omaggio. Con elfa altri fen de in cento brane l’altrui decoro, e feri fee l’al trui fama con mille piaghe ; altri cuopre la-, verità, o pur la tradifce, facccndolì ufualc lo fpergiurare , c famigliare il mentire ; altri con gegna importine, e fpaccia calunnie, le qua li allora anno maggiore lo fmaltimento, quan do fono più nere, e fono ancora più falfe ; al tri machina tradimenti , ed ordifee fellonie, per cui fogliono anche precipitare i troni , e traballar le corone ; altri in lemma infiira fro
di , ed incatena inganni, per cui, o l’amicbia fi vende, o la fedeltà lì calpefta, o la carità lì lacera, o la gratitudine lì dimentica , o in fin la Religione ancor lì trafanda . Qual mag
gior male? Che dunque dovrem far della
Lin-con muraglie,
Domine enfi odi am ori
AL CHIOSTRO; I2f ori
meo> &
ofiium circumfanti/t labiis weis ■ di ces il Profeta . E volea dire, che i denti ,’e le labbra, fon porte, che poflono aprirli, e fer rarli , leccndo che a noi viene in grado ; on de la noftra lingua , o parli con profitto , o taccia con merito. Non è dunque fempre vir tù il tacere , nè è fempre vizio il parlare. E* anche vizio il tacere, quando è debito il par lare . Quello sì, eh’ è nicifiàrio , che prima di parlare li taccia , affinché lì poflà parlar fen- za vizio. E’ quella obbligazione di chi à de bito di elfer Perfetto . Si quis in verbo non of fendi , hie perfettus eft Vir . Così farò io perdimollrarvelo . Il fiienzio ci fa parlar bene con gli Uomini ; e farà il primo punto : Ci fa parlar meglio con Dio ; e farà il fecondo .
In tutti gli Ordini Regolari , che fanno infieme ornamento, e difefa alla Chiefa, è il fiienzio così comandato con premura , come ubbidito con efattezza ; poiché da elio dipen dendo, cd il parlare , che noi facciamo coru Dio nell’Orazione, ed il parlare , che faccia mo con gli Uomini nelle private conferenze, anno {limato i Santi Fondatori di effi , elio per addellrarcì a fare, sì l’uno, come l'altro, con perfezione , era malfarlo in prima tacere con rigorofità . Nella Regola , che a noi die
de il noftro S. Padre Francefco , così leggia
mo : Vt autem Hits omnibus potior orandi detur Reg. Mj