• Non ci sono risultati.

De’ ragionamenti pastorali fatti al chiostro da monsignor Giuseppe-Maria Perrimezzi ...

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "De’ ragionamenti pastorali fatti al chiostro da monsignor Giuseppe-Maria Perrimezzi ..."

Copied!
592
0
0

Testo completo

(1)
(2)
(3)
(4)

T

(5)

RAGIONAMENTI

PASTORALI

FATTI

AL CHIOSTRO

DA MONSIGNOR

GIUSEPPE-MARIA PERRIMEZZI

PEi MINIMI DI S. FRANCESCO DI PAOLA

Vefcovo di Oppido.

PARTE PRIMA.

ALV EMINENTISSIMO

principe

GIAMBATTISTA

CARDINAL SALERNI.

/ zti t,Li«

■IN NAPOLI MDCCXXIV. Nella Stamperia di Antonio Muzio Erede

di Michele Luigi.

or

Con Cioeno^i do' Superiori

(6)
(7)

ALL' EMINENTISSIMO

PRINCIPE

GIAMBATTISTA

CARDINAL SALERNI.

L’ AUTOR E.

ON è foltanto onorata am­

bizione la mia, di voler Que­

lle carte col gloriofo volino

nome fregiare , PRINCIPE

EMINENTISSIMO ; è pur’

anche giullizia, che al

me-defimo volino nome di far pretende, e la

penna, che le vergò, ed il Conl’elTo, che

(8)

cria le accolfe . Non à dubbio , che qua­

lunque Opera , ancor ragguardevole , di

riputato e valent’ Uomo di lettere , recar

li debba a fregio , il portar nella fronte_j

un nome , di cui , e la Repubblica delle

lettere , e la Compagnia de’ Letterati, van

cotanto, e con ragione, fuperbe; poiché

la fama delle voRre illuftri azioni fu sì fo-

nora , che penetrò eziandio ne’ paeli, che

fon da noi lontani , e di collume , e di

clima : anzi fu ancor’ accolta tra gente_j,

ch’è da noi aliena, e di religione, e di fe­

de. E fu sì grande il vantaggio, che ne_

acquiftò la Chiefa, che il

fupremo Gerar­

ca di effa, in premiando il voRro merito

con quell’ onore , eh’ è il maggiore , la_,

Chiefa Reffa può dare , fi dichiarò, elfer

quello troppo inferiore ad adequarlo , ed

egli Reffo renderli perciò impotente a più

adequata mente rimunerarlo.

Efpreflioni così forti, come fmcere_,,

ballan fol’ effe, a formar di Voi un’ elo­

gio, altrettanto per Voi gloriofo, quanto

vien elio inteffuto da quella bocca, in cui

ìa verità à il fuo trono , e pubblicato in

quel luogo , in cui la giuRizia ritiene il

(9)

\

fuo foggio. È pure fon’ effe inferiori a qua­

lunque efagerazione, con cui poteffe inai,

o lingua parziale applaudervi, o impegna­

ta penna lodarvi. Poiché chi non sa, quan­

to Voi colla penna fudafìe , per ifchianta-

re in prima dal cuore dell’Oriente le fcif-

me, co’ volili eruditilììmi libri ; e quanto

pofcia faticafte pur’ anche colla lingua_,,

per ifveller la refia da’ primi capi del Set­

tentrione , co’ voftri dotti e zelanti di-

fcorfi? E ne redo sì ben fervita la Chie-

fa, che Eccome nell’ Oriente mandò Ella,

addottrinate da Voi , nuove ed agguerri­

te falangi, per ridurre quei popoli Travia­

ti al fuo feno , così dal Settentrione ac-

colfe Principi umiliati tra le fue braccia,

che aggiunfero nuove corone al fuo capo.

(10)

vo-luto per premio delle fatiche , già fofte-

nute in tanti sì lunghi , sì travagliofi, e

sì replicati viaggi. Parlo foltanto di que­

gli evidenti pericoli , a cui fovente lpo-

nefte la voftra vita, or camminando tra’

paefi , ove l’aere contaggiofo minacciava

a’ Paftaggieri in un refpiro la morte ; or

valicando monti, e felve , in cui gli uo­

mini eran delle belve più inumani , e le

fiere eran dell’ altre fiere più fiere ; or

comparendo tra’ popoli fedotti, ed in cit­

tà fofpettofe , in cui 1’ abito era un pro­

cedo per

convincervi ,

ed il difcorfo era

una confefsione per condannarvi.

E pure Iddio sì miracolofamente pro­

teggere lì degnò i voftri pericoli , come__,

pur troppo vifibilmente benedifie i voftri

travagli . Vi confervò Tempre illefo tra__,

mille rifchi, e vi ridufie trionfante su tut­

ti gl’ incontri. Anzi, eftendo la voftra fa-

iute cagionevol molto , non meno a ri­

guardo delle veghie per tanti anni fofte-

nute già negli ftudj, eh’ eran sì continui,

come propj, del voftro Inftituto, che a_»

cagion delle rigidezze, che fono sì infepa-

rabiii , come men conofeiute , nella vo­

(11)

fra Religione ; pur

Voi

ritornavate

Tem­

pre da que’ viaggi sì peno/ì , e sì intem-

peftivi, con temperamento più gagliardo,

e con afpetto più profperofo. Segno ma-

nifefto, eh’ erano a Dio sì gradite le vo-

ftre fatiche , come al Tuo divin Vicario

riufeivano accette ;

e

che ficcome quefti

le coronava con elogj inceflanti, così egli

le approvava con maraviglie perenni,

con miracoli cotidiani.

Qualora fo io parola del voftro me­

rito , AMPISSIMO CARDINALE , al

qual’ altri pretenderebbe di far giuftizisLu,

in dedicando al voftro nome, altre Opere,

di Voi più degne j

non.

ò certamente bi-

/ògno di andarlo mendicando dalle glorio-

fe gefta di tutti i Voftri ; ritrovandone in

Voi folo tanto, che bafta ad adequar tut­

to quello fenza diminuzione, ed a forpaf-

far qualunque altro eziandio con eccelfo.

E pure tra’ voftri genero/ì Antenari ve_,

n’ à tanti, che acquiftaron colla Chiefs

non meno , che colla Patria , capitale sì

fmifurato di merito, ch’eifi foli baftereb-

bono a farne andare fa/lofa qualunque-.

(12)

E 1

da ogni uom,

che

fìa. delle antichità del

noftro Regno anche mezzanamente infor­

mato , che fin dal tempo del Re Carlo

primo furon nella volira cafa fignorie di

più feudi , e baronaggi di molte terre.,?

Che fin dal tempo llelTo afeefero i voftri

Maggiori a’primi onori del real Configlio,

ed alle prime cariche di quelle nollre Pro­

vincie ? Che dal medefimo Re ne furon_>

pur’ anche Cavalieri armati , perche fen­

duti infigni nella gloria dell’ armi , e Mi-

niftri ne’ fupremi tribunali eletti, perche

nella feienza delle leggi peritifiìmi, fenza

mendicarne dalla protezione il fuffraggio,

e nell’ amminììlwinne della giulìizia in­

corrotti , fenza fofferirne da qualunque.,

violenta palfione perturbamento?

E pure con gloria di antichità mag­

giore fi leggon negli archivi del Regno

tre illuftri Baroni di volira cafa, annove­

rati tra que’ Baroni , i quali, fotto del Re

Guglielmo il buono , contribuiron molto

nella gloriofa fpedizione di Terra fanta^;

e furon’ eglino Landolfo, Ugo, e Baldo.

Indi in foccorfo de’ Fiorentini, nelle ri­

volture de’ Frefcobaldi, Gafparo fu

man­

(13)

dato con Gualterio franzefe, e ne ripor­

tò egli quella laude di gran Capitano-,"che

dalle penne, di que’ tempi gli fu giufta-

mente attribuita. Pofcia Tommafo Saler-

ni fu Maeftro Razionale della gran Corte,

carica molto {limata in quella Ragione^,

ficcome il fu prima Matteo, che fu pur’

anche Cavalier di Rodi ; e colla carica di

Ciambellano, cofpicua pur’ anche in que’

tempi , unì ancor quella di Camerlengo

della cafa reale.

Ma per riftrignerci a quel merito,

che colla Chiefa acquetarono i voftri. Mag­

giori, ci lì para à’avanti quello Stefano,

che nel pontificato di Martino quinto fu

Prelato Referendario , e che fu di sì ma-

ravigliofa deprezza ed efficacia ornato,

che arrivò a componer gli animi del Pa­

pa , e del Re Alfonfo, eh’ eran difeordi,

ed a metter fine alle lor differenze, che_.

fembravano interminabili . Egli perciò

fcriffe una elegantiffima Orazione, che ad

Alfonfo mandò, perche fortiffie della men­

tovata concordia l’effetto difiderato. Sic­

come pure un’ altra Orazione recitò nel

gran Concilio di Firenze, per la unione^

(14)

della Chiefs Greca colla Latina ;

per II,

quale altresì Voi, PRINCIPE EMINEN-

TISSIMO, imitando gli efempli de voltn

Antenati , e colla penna , e colla lingua,

vi liete cotanto, e sì gloriofamente , affa­

ticato . Ed oltre a quelli , fuvi un’ altro

Stefano, il quale fu ancor Prelato, e col

Vicariato dell’ Imperio in Camerino finì

di vivere ,

Nella gloria delle lettere non fi vuol

tacere , quanto infigne fu quel Niccolò,

il qual nato da Francefco-Maria, e da Lu­

crezia Azzia , Dama delle più chiare fa­

miglie

di

Napoli,

fi rendette pofcia cele­

bre in tutte le fcienze , e colle lìampe_,,

fin dall’anno i 510. immortalò ilfuonome.

Ed in quella delle armi abbiam la Iplen-

dida teibmonianza, che fa il celebre Mat­

teo di Capua di Georgino Salerni , nella

relazione , eh’ egli fcrilfe al Re Ferrante,

lotto cinque di Luglio Mei 1490., che nel­

la real Cancellarla fi conferva , in occa-

fione di render conto di quanto nella-,

guerra di Otranto fi era fatto ; ove tra’

più valorofi Cavalieri, che in quella fpe-

dizione fi eran renduti ragguardevoli col

(15)

lor

coraggio, annovera Georginp, di

cui

efalta l’intrepidezza non men nell’impren­

dere , che la fortezza nel fottenere, le più

ardue e perigliofe azioni , che partoriron

quella maravigliofa vittoria, tanto più pre­

giata, quanto meno afpettata. Senza che

pattar fi voglia in filenzio quel Gafparo,

il

quale da Martino quinto , in età trop­

po acerba , Capitano de’ Cavalli leggieri

eletto , diè pruove in poco tempo di va­

lore invincibile, e di ben confumata pro­

dezza .

_

Ma che an che fare tante glorie del

voftro ftluftre Cafato cnn quelle più lu-

minofe, con cui Voi le ornatte, AMPIS­

SIMO CARDINALE, e nella gloria del­

le lettere , in cui vi rendette Maettro sì

riputato, ed in quella della Chiefa, in cui

fiete Principe sì eminente , ed in quell’

ancora dell’ armi, ove , fe non operafte-,

col brando , operafte certamente col feli­

no, ed eflinguendo le fcintille di quelle—,

difcordie, che partorir poteano fiamme-,

inettinguibili a’ danni della Chiefa, e pre­

venendo que* torbidi , che poteano

offii-fcare il fereno di quella pace, eh

è i P1U

(16)

bell’

ornamento , e della Repubblica , e,

della Chiefa ? Chi non farà dunque per

approvare il mio cordìglio , in dedicando

a Voi quelle piccole mie fatiche, quando

fi fappia, che in Voi fien così maraviglio-

famente unite , e fcienza , che fa cono-

fcerne il dono, e potenza, che può farne

protegger l’Opera, e benignità , che

farne gradire 1’ offerta ?

Si aggiugne pofcia il particolar rifpet-

to della penna, che vergò quelle carte»,;

e vo dir di me fìelfo, non potendo io cer­

tamente dimenticarmi di quell’antica bon­

tà, che vi

degnafle

di aver per me in ogni

dato, in cui amendue

ci

ritrovammo ; on­

de la dolce e viva memoria

di

tanti miei

e tutti ancor fortiflìmi , doveri , è fiata»,

fempre in me un’ acuto incitamento a dar­

vi alcun’ argomento , febben tenue e mi­

fero , qual’ appunto provvenir potea dal­

la mia debolezza , dell’ infinita gratitudi­

ne, che dee nutrire un cuore, a Voi per

tanti riguardi obbligato . E quantunque»,

da me in altre mie Opere lìafi anche da­

to al mondo un qualche faggio della mia

riconofcenza, ancor quando

Voi

non

era­

(17)

vate per anche falito a quell’ altezza di di­

gnità , in cui ora liete ; pur chi non sa,

che chi profelfa di effer grato, mai noru

fi fazia di confelfare almeno il fuo debito,

quando egli foffre la dura nicilfità di non

poter foddisfarlo ?

E per venir finalmente al ConfelTo,

ove accolti furono quelli Pallorali Ragio­

namenti , par che tutti i riguardi, che in

elio fi unifcono, cofpirino infieme a fargli

volare fotto la vollra amorevole e beni-

gnilfima protezione. Effi furon recitati in

un Chioftro ; ed un Chioftro fu pur’ an­

che il primo teatro, in mi le volìre vir­

tù rapirono Earner di tutti , e le volfre

fcienze meritarono l’approvazione univer-

fale . Furon detti nella Provincia di Co-

fenza ; e quella fu per 1’ appunto quella^

fortunata Città, che ricevette in prima_.

la vollra nobil famiglia, e con effa aggiun-

fe nuovi splendori a quelle tante, che la

decorano, e portò pofeia al mondo la vo­

llra degnilfima perfona , colla quale ornò

di nuove glorie i fuoi già gloriofi e alte­

ri colli. Furono infine uditi da’Padri Mi­

nimi di S.Francefco di Paola, verfo iqua­

(18)

li Voi reditalle da’ voftri piilììmi Antena­

ti la Aima e V.amore , ficcome col Santo

Fondatore la venerazione e la pietà .

Tutti quelli motivi mi fan certamen­

te fperare , che debbano efler da Voi,

PRINCIPE BENIGNISSIMO , di buon’

occhio mirate quelle mie debolezze , e

compatito ancor 1’ ardimento , che io di-

moftro in dedicarvele . Pervadendomi

fenz’ alcun dubbio , che non guarderete

nè la piccolezza del dono, nè il poco me­

rito di chi vel fa ; ma conlìderarete sì be­

ne, ed il contenuto dell’Opera, che tut­

to

è a feconda dW

voftra religioftflìma_,

(19)

A CHI LEGGE.

OPO i Pagi on amenti Pafiorali al Po­ polo , dopo i Ragionamenti Pettora­ li al Clero , che già accogliefie con generofità tutta vofira , convien che ora, con pari pazienza , riceviate i Ragionamenti Pafiorali al Chio- firo . Furon efifi da me recitati nel Ohiojlro j quando io ebbi l’onore di

governare in etfo 5 comc ben creder potete : Onde , fé non poffon dirfi Pafiorali perche non gli recitai da Vefiovo, debbono alme»'dirfi cost , perche in qualità di Religiofo Prelato furono detti ..

ffentimenti fono tutti di fpirito , e le ma fìnte fon tutte di perfezione ; perche fi parlava a perfone , che di fpirito debbon fare profeffione , e della perfe­ zione fon tuttora obbligati a far l'de qui(lo .. 1 difetti, che fi correggono ,, fi /oppongono , ma non fi credono-,

e chi corregge, il più delle volte dirizza il ragiona­

mento , quando egli parla in Comunità , non a quel­ lo , che fi fa , ma a quello , che fi può fare . E fe pur'anche talar fi fipeffe , che i difetti realmente vi fofero f onde alcun debole pote/fe ritrarne occafione di fiondalo ; quando non pere gli /ente nprefi, dee pren­ derne motivo di edificazione „

(20)

e tra, quelle * che fon rìlafciate, dice il Serafico Boi- tor S.Bonaventura, che in quelle non fi difetta mai,

ed in quefle fi pecca fempre. Ciò farebbe un far cre­ dere gli uomini, che compongon quelle, non uomini , ma angeli -, e gli uomini, che forman quefle, non uo­ mini , ma dimonj • d-ja differenza è, perche nelle une fi pecca, e fi corregge, e fi riprende , e ancor fi ga- fliga ; nelle altre fi pecca , e fi laficia correre. Non è

dunque offefia , che alle 'Religioni fi rechi, il fiuppor- re,che in effe mancar fi poffa a quel debito , che an­ no coloro, che Le compongono , di offer perfetti. E’ si bene laude , che ad effe fi apporta, il dimofirare, che alla umana debolezza , che ne' Chiofiri eziandio fi foffre, fi dia follievo e ajuto con opportune correzio­

ni , ed alle stolte con pene ancor niciffarie .

fife fio per l' appunto io dir vi debbo , fie fiete

Vomo del Secolo . Ma fie fiere Vomo del Chiofiro , io •ui dico , che quanto qui leggerete , tutto è ordinato

et quella perfezione , alla quale fiete Voi obbligato, ed alla quale , io pur va credere, che Vnì camminia­ te • Qffì non fi aguzza la penna per ferir peccati , che non fi debbon fupporre in luoghi fiantificati ; ne fi rende acrimoniofo l'inchioflro per amareggiar perfione, che fi debbon creder perfette „ Solamente lo file fi di­ rizza a pugner difetti, e imperfezioni, che pofion ta­ lora ancor ritrovarfi, a ccigion della vofira imperfet­ ta natura, in chi fa profiffone difaniità, ed afpi- ra a perfezione di vita .

fila fe mai, per inganno del cornuti Nimico, fi trovaffer tra' Qhioftri ‘Uomini, che aveffer mafifme di Secolo, e feguitafferò coftumanze di Mondo, io que- fìi priego a fipecchiarfe in quefii Ragionamenti j affin- fhc CQftoJcttWQ, quanto ‘vadano errati ne' lor

(21)

ù> e quanto fieno perìcolofe le lor condotte . Iddio vi truffe da quel mondo, in cui nafcefle , non per rite­ nerne le colpe > e per fleguitarne le corruttele . Tento egli fantifcar Voi nelle fue cafe , non profanar con Voi le fue cafe. Voli'egli rendervi migliori, sperava­ te buoni -, farvi buoni, sgravate malvaggi -, e tutti volle che fofle perfetti falmen con pr occur are , fe a tutti non foffe dato il farlo , della perfezione T ac­ quato .

Riflettete dunque con feriefà , ed il debito in cui flètè , ed il pericolo , in cui vi trovate . Dna vita comune coti quelli, che fon nel Secolo , a Voi nonba- fla ; fi eflgge una vita , che fio. particolare nelle vir-

tìjt , e che fia tutta di fpirito , e niente di mondo . Dna vita , che (la diflinta da quelli , che fon nel mondo , ficcome ne portate difiinte le veflfe fepara-

te ne abitate le cafe . Vna. «vita , che abbia tutta la

fua mira al Cielo, al cui acquifto afpirafte, quando facefle nel chioflro l'ingrefifo ; onde nulla in effa ab­

(22)

TAVOLA

DE’RAG IONA MEN TI.

RAGIONAMENTO I.

ARGOMENTO.

I. Nella Religione fi entra a patire, non a godere

II. Si entra a patire per Dio , per godere con Dio . fol.i.

RAGIONAMENTO II.

ARGOMENTO.

I. Quanto e di S,enfiale non dev'entrare nel petto di chi vive nel Chioftro .

II. Quanto è di Senfhìlc non dee fermarfi nel cuore di chi

muore nel Mondo. fol.2O.

RAGIONAMENTO III.

AR G 0 ME NT 0.

I. Chi profefa Religiofo Infittito , della Perfezione dee farne unoftentato ac qui ft o , non folt amo averne uno,

ancorch’effìcace, difo .

II. Dee farne l'acquifo per debito indifpenfabile, che ne contrae nella fua Profejfone , non per folo confi fio , che glien venga impoflo dalla fua Regola . fol.42.

RAGIONAMENTO IV.

A RGOMENT 0.

(23)

ftac-TAVOLA

fiacco da tutto quello , che non è Iddio l

IL Deve avere attacco a tutto quello , ch'è Iddio, fol.71,

RAGIONAMENTO V.

ARGOMENTO.

I. La fotìtudine del Corpo ci dìfiacca dagliUominì. II. La Solitudine del Cuore ci unifice a Dio . fol.93.

RAGIONAMENTO VI.

A RGOME NTO. I. il Silenzio ci fa parlar bene con gli 'Uomini.

II. Ci fa parlar meglio con Dio . fol. 119.

RAGIONAMENTO VII.

ARGOMENTO.

I. Nella Meditazione fi truovan'armi per combattere l II. Si truovan forze per vincere . fol. 148.

RAGIONAMENTO Vili.

AR GOMENTO.

I. Chi cammina alla Eerfezione, non creda mai di aver finito.

II. Creda fempre di non avere ancor cominciato, fol.

176-RAGIONAMENTO IX.

ARGOMENTO.

I. La perfezione dell'Umiltà confifte non /blamente nell

apparecchiarfi al difprezzo , ma ancor nel difide-

(24)

tavola

11. Non Soltanto nel dfiderarlo , quando non fid }

ma

ancor nel goderne t quando fi a. fol.205.

RAG ION AMENTO X.

AR GO MENTO.

I. Per ubbidir fienza errore ffi riguardi nel Superior ? che comanda , Iddio , ch’è infiallibile nel fino conoficere . , II. Per ubbidire con gaudio , fi riguardi Iddio , eh'è im­

peccabile nelfiuo volere . fol.234.

RAGION AMENTO XI.

ARGOMENTO.

I. Chi è Povero per elezione , dev'effer povero nel poffeffbf e ancor nell*affetto ,

II. Chi è Povero per elezione , deve patire nell'effer po­ vero. fol.26$,

RAGIONAMENTO XII.

ARGOMENTO. 1. Per efifier Gafio nel corpo , bifiogna fuggire i

li,

Pereffer Caffo nel cuore „ bifiogna orare . {0I.297.

RAGIONAMENTO XIII.

ARGOMENTO. I. "La Mortificazione efleriore paga le colpe.’

II. La Mortificazione interiore compera le virtù.pQÌ.327.

RA~

(25)

*

tavola

RAGIONAMENTO XIV.

ARGOMENTO.

I. Chi cadde, fperì di non più cadere .

II. Chi non vuol cadere , terna, di cadere .

fol.355-RAGIONAMENTO XV.

ARGO ME NT O-.

I. Le Scienze f acquiftino , per farne a Dio il dono . II. Si efercitino ,per darne a Dio il guadagno. fol.382.

RAGIONAMENTO XVI.

ARGOMENTO.

I.

La Carità > eh'e della nofira. Religione Vimprefa , ci ob­ bliga ad amar Dio con amore più puro .

II. Ad amare il Rroffitna con amore più attivo. fc.l.409.

RAGIONAMENTO XVIL

ARGOMENTO.

I. Nell’Elezioni, in cui concorriamo, dobbiamo effer lì­ beri dalle pacioni degli altri, che ci violentanti fuori. II. Dobbiamo effer liberi dalle nofire propiepajfioni , che

ci tiranneggiati dt dentro.. fol.436.

RAGIONAMENTO XVIIL

ARGOMENTO. 1. Nelle noftre Elezioni dobbiamo effer

Mente.

(26)

Dob-TAVOLA

11. Dobbiamo ejfier tutti di un Cuore . fol.463.

RAGIONAMENTO XIX.

^NGOAIEATO.

I. Le Prelature non fi cerchino , ma fi meritino i

II. Si fuggano con umiltà, ma non fi rifiutino con ofiina~ acione. fol.490.

RAGIONAMENTO XX.

(27)

EMINENTISSIMO SIGNORE .

A

Ntonio Muzio , publico Padrone di Stampa in quella Pedeliflìma Città, fupplicando cfpone a V. Em. co­ me defidera (lampare due Tomi di Ragionamenti al Cbio-

ftro di Monfignor Giisfcppe Maria Perrimeli Eefcovo di Oppido.

Intanto la fupplica a volerli commettere alla Polita re vi­ none , che Pavera a grazia , ut. Deus.

R.D. Nicolaus Rollio 11. J, & S. Eh. D. revideat, & referat. Neap. 4. Decemb. 1712.

EONIlFRltlS EPISCOPIO CASTELEANENS. VIC. GEN.

D.Petrus Marcus Giptius Can. Dep.

EMINENTISSIME DOMINE.

A

Uthoritate Eminenti» Veftt» legi Librutn , cui ti- . tuius Ragionamenti al Cbioftro, ab Iiluflriflìmo , & Re-

verendiffimo D. fofepho-Maria Perrimezzi EpiPcopi Oppidi

compofitum , & in eo nihil reperi, quod (idei dogmatibus,

ac bonis moribus adverfetur ; imo omnia in eo allerta Sa- crarum Scripturarum , & Saniìorum Patrum telìimonio roborata Punt. Quare (ì Eminenti» Veflrx vifutn fuerit, polle typis mandari cenfeo. Neap, die itf.Julii 1717.

Humillimus, & Obferjuentifftmus Servus D.Nicolaus Pollio U-J. D. & S. Th. Magifter.

Attenta fupradibìa relatione Imprimatur . Neap. 20. Maji 172.4. EONVPRIVS EPISCOPIO CASTERLANENS.VIC. GEN.

(28)

EMINENTISSIMO SIGNORE l '

A

Ntonio Muzio , publico Padrone di Stampa in quella Fedeliflìma Città , fupplicando efpone a V. Em. co­ me de/ìdera /lampare due Tomi di Ragionamenti al Chie­

fly o di Monflgnor Giufeppe-Maria Pcrrimcggi pefcovo di Oppido.

Intanto la fupplica a volerli commettere alla lolita rcvi-

fione, che l’averà a grazia , ut Deus.

R.P.Tbomas Paganus Congr.Oratorii vidcat,& in flcriptis referat. MAZZACCARA R. ULLOA R. ALVAVEZ R.

GIOVENE R. PISACANE

R.

111. MIRO abfens

Provifum per S. E. Neap. i.Martii 17ZJ.

Cafarns,

EMINENTISSIME PRINCEPS

M

Axiraa animi voluptatc, Eminentia Tua jubento, percurri Opus omnigena eruditone refertum , cui titulus Ragionamenti al Cbioftro, ab llluftriflìmo , ac Re- verendiflìmo Domino Jofepho-Maria Perrimezzi Oppidi Praefule meritiffimo, mira ingenii maturiate , fententia- rum gravitate , ac religioni prudentia concinnarum. Et licut illud ad excolendos Rehgiofos animos, ad pietatem fovendam , & ad majorem Divinte Majeflatis culcum pro- movendum fummoperè prodefle judico , ita nihil in eo deprehendi, quod Ctefareas, vel Regine Majeflatis huroa- nas jura quodammodo offendat . Opus ergo prseclarum , clariffimo dignum Aurore, ut prselo, atque JErernitati mandetur , fi Eminenti^ Tuae Jibuerit, digniflìmum cen- feo . Ex Aìdibus Congregationis Oratorii Tertiodecimo RaJendas Augufli mdccxxjv.

Eminentise Tuae

Httmillimus , ac Obfequentifs. Famulus

Thomas Paganus Congr.Oratorii

Tifa fupradifta relatione Imprimatur ; verùm ante publications fervctur Regia Pragmatica .

MAZZACCARA R. ULLOA R. ALVAREZ R>

GIOVENE R. PISACANE R. IH. MIRO abfens Provifum per S. E. Neap. zz. Augnili i724-

(29)

RAGIONAMENTO I.

ARGOMENTO.

I. Nella Religione fi entra a patire, non a godere.

II. Si

entra a patire per Dio, per godere con Dio.

A bella forte , che

abbiana tutti

noi, di aflrftere più da prefio al , trono di Dio in terra , e di vì­

vere a fpefè di lui, come

(30)

eminentissimo signore

:

a Ntonio Muzio , publico, Padrone di Stampa in quella

/V Fedeliflìma Città , Applicando efpone a V. Em. co­

me defidera (lampare due Tomi di Ragionamenti al Ckio»

ftr0 di Monfignor Gittfeppe-Maria Pcrrimc^i FefcQvo di Oppido.

Intanto la Applica a volerli commettere alla lolita revi­ sione , che l’averà a grazia , ut Deus .

R.P.Tbomas Paganus Congr.Oratorii vidcat,& in fcriptis referti.

MAZZACCARA R. ULLOA R. ALVAVEZ R. GIOVENE R. PISACANE R’. 111. MIRO abfens

Provifum per S. E. Neap. i.Martii 172.;.

Cafarus,

EMINENTISSIME PRINCEPS

M

Axima animi voluptate, Eminentia Tua jubentej, percurri Opus omnigena eruditone refertum , cui titulus Ragionamenti al Cbìoflro , ab llluftriffiino , ac Re- verendiffimo Domino Jofepho-Maria Perrimezzi Oppidi Prcefule meritiffimo, mira ingenii maturitate , fententia- rum gravitate , ac religiofà prudentia concinnatum. Et licut illud ad excolendos Reiigiofos animos, ad pietatem fovendam , & ad majorem Divinte Majeftatis culcum pro- movendum fummoperè prodefie judico , ita nihil in eo depre'hendi , quod Ctefarese , vel Regite Majeftatis huroa- nte jura quodammodo offendat . Opus ergo prseclarum clariffimo dignum Auftore, ut prtelo, atque ALternitati mandetur, fi Eminentiae Tuae Jibuerit, digniffimum cent- feo . Ex TEdibus Congregationis Oratorii Tertiodecimo Kalendas Augufti mdccxxjv.

Eminentiae Tute

Humillimus , ac Obfequentifs. Famulus

Thomas Paganus Congr.Oratorii Fifa fupradiffa relatione Imprimatur 5

ferz/etur Regia Pragmatica . tterUm ante publicationem MAZZACCARA R. ULLOA K. ALVARF7 n

GIOVENE R. PISACANE R. Hi

Provifum per S. E Nean ■>■> ."MIRO abfens F u Neap. zi. Augnili I?24.

Cafarus.

(31)

RAGIONAMENTO I.

ARGOMENTO.

I. Nella Religione fi entra a patire, non a godere.

II. Si entra a patire per Dio, per godere con Dio. Qjd viilt venire pofl; me, abne^et femetipfìtm , &

tollat Qrucem fuam , & fequatur me . Lucae 9.

bella forte , che abbiam tutti noi, di aflìftere più da prefìo al

trono di Dio in terra , e di vi­ vere a fpebè di lui , come Do- meftici più confidenti, nella_, fua cafa ; ella è, fe ben fi confi­ derà , una grazia sì fpeziale, che ficcome tutti non furon fat­

ti degni di ottenerla, così noi, che la ricevemmo, deggiam tuttora , e prezzarla a proporzion dei fuo merito, e corrifponderla a mifura della no- ftra obbligazione. Quanti vivon nel mondo , for­ fè con quella innocenza, che in noi non è ; e fer- von pur’ anche l’Altiflìmo con quella efattezza., colla quale da noi non è fervito ? E pur’ eglino, lungi da quelle mura fagrate , c fuori dal nqftro divin convitto, divagan nel fecolo, ov“ è continuo

(32)

a

ragionamento

I.

il pericolo di difpiacere a Dio , e quali Temprò prolfima l’occafione di offenderlo. Potea pure il grande Iddio chiamar’ efii a lervirio nella lua ca­ fa , potea dar loro quc’lumi', che a noi donò; fiche , abbandonando gli Uomini, ff ricovraflero a vivere tutti a lui, ed a viver tutti con lui. E non per tanto , con configlio altilfimo della fua impe­ netrabile Provvidenza, lafciolli nell’atrio , ad at­ tendere ad impieghi men confidenti ; e noi Icelfe, perche entralfimo fin nelle camere più fegrete , a trattare con lui affari di fua premura, e di lemma noftra importanza . Non è dubbio, chefea tutti aveffe Iddio dato a conofcere l’eccellenza del no- ftro flato, il mondo farebbe in un tratto pervenu­ to al fuo fine ; poiché ciafcuno, conofcendo la lua fallacia,

c

la ficurezza, che fi gode nella cafa di Dio , fubitamentc arebbe rifoluto di abbandonar l’uno , e di ritirarli nell’altra . Ma non per quello non è mafhma la grazia, che Iddio a noi fece , o che a tanti altri negò; con far conofcere a noi quel­ le verità , che ad altri tenne occulte; e far con ciò, che noi facelsimo quella degna rifoluzione di ve- ftir la fua fagra divifa ,e di abitar nella Divina fua cafa , che altri non fece, forfè non per mancanza di coraggio , ma fol di ajuro . Quella fchietta. , e vcrifsima confidcrazione è apprefio di me di tanto pefo , che io fovente fento fpandermi di toflòre il volto , e palpitarmi il cuore nel petto al riflettere , quanto mal da me fi corrifponda alla finezza di una grazia sì fpeziale, e qUanfo meno io prezzi la diftinzione ui un favore sì legnalato

E

fe

in

tutti i tempi ciò per avventura mi accade ’

fpenmcnto non però con più fortc injpuif0

(33)

nir-AL CHIOSTRO.1 3 nirmi, quando confiderò il fine , per cui Iddio mi chiamò in fila cafa , e poi rimiro il modo, con cui vivo in fua cafa. Quafi che nella fua cafa non altro avefsi io a cercare , che, o il mio comodo, o il mio vantaggio , o il mio piacere , tutt’altro mi rincrefce,che non fi ordina a contentare il mio fenfo , e ad appagare il mio difio . E pure nella-, fua cafa non mi chiamò Iddio al godimento , ma al patimento ; neppur volle, che in ella avefsi io a contentar le mie brame , ma a crocifiggerle. Perche anche Voi fiate a parte di quello mìo in­ terno rammarico, che poi al fine riufcirà pur’ an- che noftto comun coninolo ; contentatevi , o Pa­

dri, e Fratelli, che in quefto giorno io vi pro­ ponga quelle due fole verità, dalla pruova delle quali verrem poi tutti aconofcere quel, che Iddio da noi pretele , chiamandoci alla Ina cafa -, quel, che Iddio da noi riceve , abitando nella fua cala. Son’ effe : Nella Religione fi entra a patire, nom» a godere ; farà il primo punto : Si entra apatite per Dio, per godere con Dio ; farà il fecondo .

Se nella cafa della Religione noi non cntriam da Padroni, ma fol tanto da Servidori ; quefto fol balla, perche ci rendiam pienamente conviti­ ti , che noi entriamo in elfa a patire , non a gode­ re. Lofteffonome di fervitù porta feco il pati­ mento; poich’ eflendo ella di miferie piena , co­ me chiamolla il Principe della Romana eloquen­

za , ornnis fervitus mifera, efi , ne fiegue, che fia.. Ci'c. Phi uno flato di angolce , ed un’ efercizio di pene.1*?-10,

E tanto più poi » quando noi qui entrammo, non per violenza altrui, ma per noftra fola elezione ;

ch’è quanto dire , eh' effendo noi liberi nel

(34)

2

ragionamento

i

.

il pericolo di difpiaccre a Dio, e quali fempreò prolfima l’occafione di offenderlo . Potea pure il grande Iddio chiamar’effi a Servirlo nella lua ca­ fa , potea dar loro que’ lumi , che a noi dono ; fiche , abbandonando gli Uomini, fi ncovrafiero a vivere tutti a lui, ed a viver tutti con lui. E non per tanto , con configlio altilfimo della fua impe­ netrabile Provvidenza, lafciolli nell’atrio , ad at­ tendere ad impieghi men confidenti ; e noi fcelie, perche entraflimo fin nelle camere più fegrete , a trattare con lui affari di fua premura, e di lemma noftra importanza . Non è dubbio, che fe a tutti avefle Iddio dato a conofcere l’eccellenza del no- ftro flato, il mondo farebbe in un tratto pervenu­ to al fuo fine ; poiché ciafcuno, conofcendo la fua fallacia, e la ficurezza , che fi gode nella cala di Dio , fiibitamcntc arebbe rifoluto di abbandonar

l’uno, e di ritirarti nell’altra . Ma non per quefto

non è maflima la grazia, che Iddio a noi fece, che a tanti altri negò; con far conofcere a noi quel­ le verità, che ad altri tenne occulte; e far con ciò, che noi facefsimo quella degna rifoluzione di ve- ftir la fua fagra divida, e di abitar nella Divina fua cafa , che altri non fece, forfè non per mancanza di coraggio, ma fol di ajuto. Quella fchietta, , c vcrifsima confìderazione è appreffo di me di tanto pelo , che io fovente fento fpandermi di roffòre il volto, e palpitarmi il cuore nel petto, al riflettere, quanto mal da me fi corrifponda alla finezza di una grazia sì fpeziale, e quantomeno to prezzi la diftinzione di un favore si fegnalato . fi le in tutti i tempi ciò per avventura mi accade, Sperimento non però con più forte impulfo avve­

(35)

nir-AL chiostro

:

3 ninni, quando confiderò il fine , per cui Iddio mi chiamò in fua cafa , e poi rimiro il modo, con cui vivo in fua cafa . Quali che nella fua cafa non altro avefsi io a cercare , che, o il mio comodo, o il mio vantaggio , o il mio piacere , tutt’ altro mirincrefce, che non fi ordina a contentare il mio fenfo , e ad appagare il mio difio . E pure nelku fua cafa non mi chiamò Iddio al godimento , ma al patimento ; neppur volle, che in effà avefsi io a contentar le mie brame , ma a crocifiggerle. Perche anche Voi fiate a parte di quefto mio in­ terno rammarico, che poi al fine riulcirà pur’ an­ che noftro comun confinolo ; contentatevi , o Pa­ dri, e Fratelli, che in quefto giorno io vi pro­ ponga quefte due fole verità , dalla pruova delle quali verrem poi tutti aconofcere quel, che Iddio da noi pretefe , chiamandoci alla fua cafa ; quel, che Iddio da noi riceve , abitando nella fua cafa. Son’ effe : Nella Religione fi entra a patire , noto a godere ; farà il primo punto : Si entra a patire per Dio, per godere con Dio ; farà il fecondo .

Se nella cafa della Religione noi non entriam da Padroni , ma fol tanto da Servidori ; quefto fol bafta, perche ci rendiam pienamente convin­ ti , che noi entriamo in effà a patire , non a gode­ re . Lofteffonome di fervitù porta feco il pati­ mento; poich’ eflendo ella di miferie piena , co­ me chiamolla il Principe della Romana eloquen­

za , ornnis fervitus mifcra. ejt, ne fiegue, che fia.< cìc.Phi- uno flato di angofee , ed un’efercizio dì pene . hP-1O- E tanto più poi , quando noi qui entrammo, non per violenza altrui , ma per noftra fola elezione ; eh’è quanto dire , eh’ effendo noi liberi nel

(36)

4

ragionamento

I.

do, preferimmo alla libertà , che godevamo in

eflò, la fervitù , a cui ci foggettammo nel Chio-

ftto . Ma quello, anzi che ci mitighi il noftro pa­

tire, più tofto ce l’accrelce ; poiché, allo fcrive-Ambrof. re di S. Ambrogio, Servitù; hberis omni jtippiicio

Offe3. gravior ; effendo elfo un lervir di perlone , cheu

non nacquero per lervire ; e perciò loro fi rende altrettanto più penoio, quanto fùgià più libero il lor fervire . Ma quello, che più da predo con­ vince chi men fi arrende, fi è il riflettere la con-

dizion del Padrone , nella cui cafa fiam noi entra, ti a lervire. Egli è un Padrone, che non ìftiè mi­ ca nel mondo per godere . Tutto il fuo vivere fù un’ intreccio di angofee infieme, e di pene . Nac­ que tra le miferie, ville tra le afflizioni, morì tra le Croci. In maniera, che alla perfine , fé voll’en- trare in quella gloria, eh’ era pur fua , gli fù di uo­ po prima paflar per le molte avverfità , patir mol­ te ambake , e foftxncYe ftravagantiflime peno» lac.14.16, Nonne li ac oportmt pati Qhnfium, & ita intrare in glo­

riano fuamì Or come mai potrà aver fronte il Servi­

dore di voler’egli conleguire ciò, che confeguiE non volle il fuo Padrone ? O pure, com’egli po­ trà efler mai di sì grofiolana mente, che creda..-, potere aver luogo in quella gloria lenza fuo alcun difaggio , quando, ed il Signor di effa ; e ’fino Sovrano, vi entrò con tanti Ih enti ? Nò certamen­ te , non è da crederli da Como, che à fior dì lenno incapo, e lume di fede nell’animo; perche, Nota J0.1n.i3.i6 ejf J trains major Domino fuo . E tanto più verooeno-

fa , anzi temeraria, e fcandaiofa , farebb? poi la nolrra pretenzione, quando noi voleffimo ancor’

avere la sfacciataggine di foflenerla in cafa di quel

(37)

me-AL CHIOSTRO. s

medelìmo Padrone , cui Riamo in attuai fervigio feguendo infìeme , ed imitando s eh’ è quanto di­ re , in faccia fua voler noi godere, quando egli pena j alla fua vifta voler noi oziare, quando egli inda; e quafi quali a fuo difpetto voler noi {guaz­ zare , quando egli in fino boccheggia, agonizza-, e muore.

E le noi pur fìamo sì dilìcati di genio, chc_s pretendiamo elfer membri coronati di fiori lotto un Capo coronato di fpìne;ch'era lo fconcerto ben “

vergognofo , che rinfacciava a tutti gli antipatici

del patire il grande Abate di Chiaravalle ; pudeat fub Capite fptnofo membrum effe delicatum ; fe noi di­

co pur fatuo di quefto genio in quell’ ora , ram- mentianci almeno di qual genio eravamo, allora

quando venimmo a ricovrarci tra quelle muri- , e per qual fine fuggimmo gli aggi del mondo, per vivere tra Vorridczzc di quello Chioftro . Sù , eiafeuno un’occhiata a fe ftefio, e veda qual fu,

e veda qual’ è ; e con un confronto tutto a propo­

sto , e tutto a tempo, o fi uniformi alla bella_i idea , che allor fi formò del viver fuo , o fi ver­

gogni della lconcertatifsima copia , che or fi dis­ vela nel fuo operare . Allora egli, non a dubbio, concepette alti difegni di Calvarj, e di Croci ; allo­ ra formò in fe ftefto vaghe profpertive di carnifi- cine j e di piaghe ; allora potè dire di fe medefitno quello, che di un Sacerdote, che voglia corri- fponderealla fua divina vocazione , fcrilfe Pietro

Blefefe : Sacerdotem hoc [entire eportet , quoti & i» pct. Bie£ Chrijìo ]efu , non foium ut [e per humilitatem , exina- epilhxj.

niat, fed ut Qrucifixtonem Domini reprafentans mata e]tts

portet

in torpore fuo} & in ara cordis feffnm

(38)

Reg. Mi-

li im. cap. 2. mini. 2.

6 RAGIONAMENTO I.

Domino cruciai . E perche dunque prefentemente non fare quanto allora fi determino di patito ? Perche ora fgomentarfi alle goccie , quando allo­ ra fi folDÌravan diluvi di fangue ? Perche ora pal­ pitate a’ flagelli , quando allora fi mendicavan patiboli ? E in fatti, fe il grande Arfenio , già dalla imperiai Corte di Teodofio ritiratoli nel fuo Diferto, a fe fteflocotidianamente dimanda; Arfini, ad quid venifii ? Se il grande Abate di Chia- ravalle , dagli aggi della fua cafa lontano , e fe- polto nel folitario fuo Chioftro , fovente fe fteflo interroga ; Bernar'de, ad quid veniftft Bene à ragio­ ne, così l’un , come l’altro , di rifponderfi , o

dirli;

Vt crucifìgar ; ut cruciftgar. E vuol’altro li­ gnificare la Penitenza, che qui noi venimmo a fare delie pallate colpe, che già nelfecolo com­ mettemmo ? Non pofsiam negarlo , che interro­ gati, guandogiàcercavamo veftir le fagre lane, che or ci ncuoprono , perche voler noi qui addof- farle , perche volere qui vivere ? Per far peniten­ za de’noftri peccati, era la noftra ingenua riipo- fta ; ed è per l’appunto conforme a quello, che», la noftra Santa Regola c’ infinua , dover noi aver nell’ animo , quando il noftro rigidifsimo Inftitu- tocerchiam di abbracciare . Ad lume

Ordinerà Mi-

nimorum, Quadragefimalis vita zelo t & mafins poe- nitentia intuitu , migrare cupientes. £ fi può dar pe­ nitenza , fenza patimento di chi la fa ? Si può go­ dere , dove fientra per tormentarli ? Si può non patire, dove fi viene per piagnere? Quella fo­ la confolazione può darli, il non eflèTvi con-t h &lcon-t; ? aw‘°n? n Qi’nd*’ a ciò Per avventura allu-Joo.6.9.

dendo il Pazientino , dicea

Et qui caepit,

(39)

*--AL CHIOSTRO. 7

ìpj£ me conferat •.. h<ec rnibiJit conjolatio , ut affligcns 7t,e dolore , non pareut . E \ uol dire ; Io così avida­

mente chieggio la perfeveranza delle mie peno, che , fuor della loro continuazione , non truovo altro follievo, che mi conloh . Difidero, cho Iddio non perdoni a’ miei patimenti , perche per­ doni a' mìei peccati ; che non balli quella mano, con cui mi sterza, perche tenga alzata anche quel­ la , con cui mi aflolve ; che profiegua tuttora a fardi me lcempio crudele, perche infine faccio verlo ci me pietà amorofa. E quello volea pur’

anche dire Tertulliano ; omne deliftum, aut venia Termi. de expurigit, aut piena ; venia ex cajììgatione, pcena. ex \CIt- damnattone. Iddio, o perdona 1 noftri falli, o li punifce ; fc li perdona , qui ci dà aa patire ; fe li pu mice, ivi ci darà da penare ; -uezfia ex cajligatio- ne , pcena ex damnattone . Se qui dunque vogliam foddisfare de’ noftri falli ij fio, qui biiogna pati­ re , fe qui bramiam pagarne le pene , qui è nicil- fario penare ; le qui vogliam farne la penitenza.,, qui deggiamo avidamente cercare il patimento.

(40)

8

ragionamento

I.

tra le mendicità , ed a refpirare tra le miferie . Il noftro fine fù di farci Santi ; di acquiftare quella^ perfezione, alla quale ci obbligammo nella no- ftra folenne profeflìone; di camminar continuo, e pervenire a quella intima unione con Dio, nella quale eflenzialmente la perfezione confitte , e co­ me in fuo ultimo grado, fi contiene la Santità- Or come pofsiam noi farci Santi ? Anzi, a dir me­ glio ; come può Iddio fantificarci ? Forfè in altro modo , che fia diverfo da quello, con cui fantifi- cò il fuo propio figliuolo ? E’ pazzia il penfarlo . Veggiam dunque; com’egli fantificò il fuo fi-Joan.1o.56 glio • Quem Paterfanttificavit, fentiam per mez­ zo dell’Evangelifta Giovanni ; Santtificawt euni-, hoc efi, fanxìt facrificari pro mando , afcoltiam per Theophyl. la Chiofa, che ne fa Teofilato . Dunque fantifi-

cazione, e pafsione furo» finonimi in Crifto; e quando egli dal Divino fuo Genitore fù fantifica- to nel mondo, non fù altro , che l’efler dato alle pene , alle carneficine , alle morti. Sull’Aitar del­ la Croce fi offerì in perfettifsimo olocaufto, per mezzo di una piena di dolori per gli peccati degli uomini; e ciò fù l’efler fantificato dal Padre. Qaem Pater fanffificavit. Santtificavit eum , hoc efi, fanxìt facrificari pro mando . Efler noi Santi, e non pattar per la ftrada del patire; voler fantificarci, e fuggire il taglio del dolore ; efler perfetti, e non voler’ ettere tr.bulati ; egli è sì fattamente impof- fibile, come voler’ etter mondi , fenza entrare neh acqua, che ci purifichi; volere fpiccare al Cielo,1 volo fenzaaver penne, che ci formino 1 ali ; voler nfplendere col luftro delle virtù, fen­ za pattar per le fiamme, che c’illuftrino le azioni.

(41)

AL CHIOSTRO. 9 Qui fiarn noi in un campo di battaglia, dove non mancan mai, o imbofcate fegrete, che ci apparecchiano colle infidie le cadute , o aflàlti {coverti, che ci minacciano colle violenze le per­ dite , ofcaramucce, che ci debilitano l’efercito, o zuffe, che ccl tagliano a pezzi. Ora inforgo una paffionc al di dentro, e tutto ci mette in ri­ volta ; ora una perfecuzione al di fuori, e tutto ci rivolge in confufione. Gli appetiti, non per­ fettamente domati , da una parte c’inquietano co’loro infiliti; le occafioni, non totalmentej fuggite, da un’altra ci moleftano co’lor folleti- chi. La Povertà ci fa patire , or colla viltà del ci­ bo , or coll’incomodità del veftito, or colla du­ rezza del letto ; la Caftità ci fa languire , or fat­ tola vemenza delle tentazioni, che ci tiranneg­ giano , or fotto il pefo delle mortificazioni, che ci difiànguano ; l’Ubbidienza ci fa penare , or col fare cofe contrarie al noftro genio, or collo {fare, dove noi vorremmo , or col non ottenere quello, che noi sì anziofamente vogliamo. E in tanto puoffi non patire tra tante contraddizioni, e tan­ te angofce ? Ma dall’altra parte puofsi eficr Santo

fenza tante contraddizioni, e tante angofce ? Sen­ za effe fi può vivere in Religione ? E fi può vive- re in Religione fenza voler’ efler Santo ?

Ma parliam pure più da predò a ciò , che pifi intimamente fi attiene alla noftra fantificazione. Ditemi ; confifte in altro , almeno integralmen­ te , la noftrt

virtù ? E le efercitarfi dr chiunque fia

Par. 1.

Santità che nel polleuimento virtù pofion mai, o acquiftarfi , o , noi, fenza patire? Nò, rifponde l’Autore di que' Sermoni, che van

(42)

fot-]

JO

ragionamento

i

.

fotte nome di S. Zenone , Vefcovo di Verona. ; Ve, No» wrwes poffunt 'ft virtù!", rerum dtjctpll-

■deI^'M«2» cotwerjwnemque) quufi quxdam follicitam “• ter, Patientia cufiodiret. E veniamo al particola­

re delle virtù, che fonpiù propie del noltro na­ to , e fono comeeflenziali al noftro Pagro Inltitu-

to. Pofsiam noi oflervar la Povertà, lènza pati- re ? Avere tutto il noftro comodo, lenza che nulla ci manchi ; avere quanto ci viene in voglia di avere, onde di nulla abbisogniamo ; e voler dimoftrar di efler Poveri ? E’ polsibile ? Almeno colla perfezione di una intiera efattezza lopra-, l’oflervanza del voto ? E pure a ciò è tenuto, chi è tenuto a dover’ efler perfetto. Inoltre : Pofsiam noi olfervar Caftità, lenza patire ? E le corrifpon- denze di genio, che ci convien fuggire, e le con- verlàzioni di piacere , che ci bifogna lafciarc, e

le occhiate lubriche , che ci è nicifsità di frenare; fenzalc quali cole paffa pericolo, o di macchiarli, o almen di appannarli, il rerfo Ipecchio della pu­ rità di noftra vira; fon’elle colè, che poffòn di leggieri adempierli, lenza ribrezzo del fenfo, e fenza mortiheazion della carne? Più ancorai : Pofsiam noi offervare l’Ubbidienza, fenza pati­ re ? E quando deggiamo operare alla ritrofa del­ la volontà, che ricalcitra j anzi a difpetro dell’ intelletto, che ripruova ; e puredeggiamfarlo, non folamentc con fommettere il genio, ma_, pur anche il giudizio? E quando liam mandati, dove noi non abbiam compiacenza di ftare ■ o

pu-7t,a “ lod--E quando ci fara negato

che crediamo che et fta giuftamente dovuto; re­ ad.

(43)

AL. CHIOSTRO. XI reftando, o pofpofti a chi dovremo precedere, o repelliti Cotto dei moggio , quando dovrem ri- fplendere fepra il doppiere ? Senza una dura vio­

lenza y che ci converrà fare al noftro cuore j al noftro fenfo? ai noftro fteffo giudizio, puofsi mai tutto ciò perfettamente offervare ? E pure deggiam’ oflèrvarlo , per effèr perfetti in quella., virtu , eh e la perfezione di tutte le altre religio- fe virtù. Che dirò della Pazienza , della Man- fuetudine, dell’Umiltà , della Raffègnazione , della Modeftia, del Silenzio, in fomma delia.» Carità , ch’è l’infegna della noftra Minima Reli­ gione? Notici converrà fovente patire , e Rife­ rire, per non romperla con chi forfè ci darà anche occafionc di perderla ? E la Mortificazione , sì in­ terna , sì efterna , puofsi ella mai praticare fen- za un continuo patimento , e della carne, e del fenfo ? E la Vita quarefimale, effènziale al no­ ftro Inftituto , come fi oflèrverà fenza patire ? Il dover paflàre le fettimane , ed alle volte anche i mefi, lènza veder nella menfa un piccolo pendo­ lino , che ci riftori almeno, fe non ci fazii. Il dover far palio nell’ olio , che ci debilita , nel Ta­ le , che ci macera, e nell’aceto , checieftenua; onde pofeia le podagre , che c’ inchiodano , le alme , che ci foffocano, i calcoli, che ci crucia­ no, le falfedini, che ci allebbrifeono, le febbri cttiche , che ci uccidono ? Quelta è la maggior penitenza, che noi ci prefiggemmo, in voler vcftire le noftre lane . E quella maggior peniten­ za puofsi mai ella adempiere fenza una mafsima pazienza, in Riferendone gl’ incomodi , i di­

faggi , le penurie, i malori , le pene, le lidie

(44)

»or-tiene

12

ragionamento

i

.

morti ? Foenìtentia indiga admodum eft F attentiti, s. Anno- dicea perciò S. Antioco, <w« c»)«r operamperfict

ch.hon1.78 neutiquam pojfit. Patientia Fanitentiam perficit, &

(am , velut indice, efientat , prainfigni F attenua, redimitam. E con maggior chiarezza vicn detto

S.Zcn.Ser- ne’ Sermoni attribuiti al Vefcovo S. Zenone, ir.on.d’ePa- ~^rof ectofila Fatientia eft , ad quam prorfius rei omnts

fpeèìat, dubìum quippe cum nonfit, Spem, Fidem , }uftitiam, Humilitatem , Caftitatem, Frobitatem, Concordia, Charitatem , omnes artes , omnefqtte virtutes confiate non pofie fine eruditione, & frano • Eft enim matura fiemper , humilif, cauta, prudens, previde!, omni necejfitate contenta, quavisturbatio-

num tempefiate tranquilla. ..

Ecco dunque quanto nella Religion fi pati" fee, quanto appunto nella Religion fi travaglia., per acquiftar virtù, per far penitenza de’ peccati,

per divenir perfetto , per farfi Santo » per eflèr fi- mileaDio, che nella Religione è il Capitano, è il Maefìro, è il Signor nofìro . Ala ciò è altro, che patire per Dio ? Tutti patifeon neimondo, « quanto fon’efsi più grandi, tanto piùgrande- mente patifeono . Chi à nel mondo tutte le cole a fuo modo ? Chi non à nimici, da cui non ab­ bia a temere ? Chi à Miniftri da cui non abbia a loipettare ? Chi à Servidori, di cui non abbia., a dubitare ? Le fbagioni contentan tutti ? Le cani’ pagne fon Tempre fertili ? Le flotte ion fempre ricche? I Popoli fon fempre fedeli? Gli Eferciti fon fempre Vittorio!] ? Le Corone fon fempre co- antl • Tutti ounque nel mondo temono, e tut- JX'-'T” fien pur’efli Principi, Rc, tapc- n. fico pur Vefcovi, Cardinali, Pontefici;

(45)

AL CHIOSTRO; 13 lien Nobili, Cavalieri, Magnati; tutti ftan nel

mondo, an bilogno del mondo , e debbon paga­ re al mondo la penfion del dolore , ed il tributo del pianto . E quando altro non folle , quel nemo fìia forte contcntus, non bafta a comprovarci, che tutti patirono, non meno perciò, che anno, che lor fembra poco , che per quello, che non_> anno , che lor lembra tutto ? Ma che però ? Non tutti patìfcon per Dio . Chi patifce fotto la tiran­ nia dell’amore , per cui ofterifce in vittima il cuore, c mai non ottiene per gradimento uno fguardo ; chi fotto quella dell’ ambizione , per cui fi ftrugge in tutte Tore, e mai non vede quel momento, in cui Ila chiamato a regnare; chi fotto quella dell’avarizia , per cui Tempre fuda_» per fatollarfi, e Tempre lì truova più affamato ; chi fotto quella della gloria , per cui femore tra­ vaglia per rilplendere , e Tempre lì Tcorge attor­ niato di fumo ; chi in Tom ma fotto quella del di­ letto , per cui tutto fa per viver contento , c pur Tempre vive infelice . Privilegio egli è quello di chi vive in Religione , e vive a Dio , il patir tut­ to per Dio. E le lìa così , ione dimando Voi fteffì; come già il Patriarca S. Ignazio di Lojola dimandò una volta un Fratello Coadiutore della—. Tua Compagnia, che troppo lentamente fatica­ va , per adempiere un’affare, che gli era ftato impello dall’ ubbidienza. Fratello, diflègli, Voi per chi faticate ? Per Dio , rifpofe il Fratello . E per Dio, ripigliò il Santo , faticare sì freddamen­ te ? Per un Padron così grande , per un Signor così buono, per un Padre così amorofo, andar così lento, così (vegliato, così tepido , nel fer­

(46)

r-i4 RAGIONAMENTO I.

virlo ? Padri, e Fratelli miei, Voi per chi patite? Vigilie sì tediofe , attinenze si lunghe , macera­ zioni sì continue, digiuni, flagelli, cilizj, per chi Voi li {ottenete ? Difaggi di povertà , adatti con­ tro alla continenza , umiliazioni di cervice, an-

negazioni di volontà , incomodità di ftanza, di veftimento, di cibo ; Voi per chi l'abbracciate ? Per Dio, direte tutti. Ediodirovvi, che tanto batta, per godere con Dio . Patir per Dio è il medefimo che goder con Dio. Son felici i pati­ menti, fon beate le calamità, quando fifoffron per Dio . Così fperimentollo l’Appoftolo in fej medefimo , e così in lui cel fe veder l’Autore de’ S.Zen.Ser. Sermoni, che portano il nome di S.Zenono. de jova. Clumat de profundis & ? et ulu s obrutus ccilumitatibus

bedtis, cum pro nomine Domini Idtrones in itinenbus t latrones inCivitatibus patiatur , cttm à iudais virgis ter cafus^nctufragio trino diluitur, cum infimi populifu­ ribonda temperate lapideis imbrìbus feliciter grandi-natur •

Qual’ è la contentezza, quale il godimento, che noi in quefto mondo poffiarn mai pretende­ re nella feguela diCrifto, e poffiarn ritrovato nella fua cafa ? Se penfate, che fien’ elfi pafìàtem- pi di fecolo, intrecciati da giuochi, conviti, o teatri, per cui nel mondo fi penla , che fellamen­ te fi viva felice ? Voi v’ingannate . E’quefta una felicità da Epicurei, e non da Appoftoli, la cui vita Voi feguitate ; la felicità vortra è quella , che dee appagare il voftro cuore, non foddisfare il voftro fenfo; Voi dovete effer felici , qua| fon felici gli uomini, e non qual fono li bruti. E qual pm vera felicità da uomo, che il mettere in

(47)

AL CHIOSTRO. iS vo l’anima fua ; e metterla in falvo con coftituir- la in atto di dominar continuo alla carne rubelle, onde quefta fe le riconolca in ogni ora , e le fi profeflì, luggctta ? E quefta è quella felicità, che porta feco il patire per Dio j il perche ìlno-

ftro Divin Maeftro ebbe a dirci ; inpatientia wftra. Luc.n.19. pojjidebitis anitnas veflras ; ed il moral Dottore eb­

be a fpiegarci , quid efl animas pojfldere, nifiperfe- s £ìe in omnibus vivere , cunciifque mentis motibus, moral.

quaflexarce suirtutis, ? E qual più vero godimento , che il renderfi capace di tutti que’ doni, che in quefta vita può ricevere un’ anima, che fi è data a fervir Dio perfettamente in uru Chioftto ? Quelli fon quc’ beni, che Voi preferi-fte a’ fallaci di quefta terra ; fon quelli , che per confeguirli, eligefte di viver fequeftrati da tutti i Voftrì, fepolti in quefte celle , e morti a tutto il mondo j fon quelli , che per ritrovarli, Voi delle di calcio a grandezze di calato , a ricchezze di cala , a tenerezze di Genitori, a comodità di paefe, a libertà di arbitrio, e v’imprigionafte vo­ lontari tra quefte mura , fchiavi di amore del noftro Dio , c dì chi tiene il fuo luogo nella no-

ftra Comunità. E pur lappiate , che honorum, fi Antioch qua in nobis funt, cardo & caput, patientia. ejì . Que- eit- loc. fii doni , per parlar più chiaro, fon le virtù , al cui efercizio , e continuò, ed indefefto , Voi confegrafte , e ’t voftro Audio , e ’1 voftro amo­ re ; fon le virtù , al cui acquifto Voi dirizzato , e ’1 voftro difiderio , e ’1 voftro travaglio ; fon le virtù , nel cui pofl'efìo confitte la felicità di un’ Domo, e confifte infieme la perfezione di un-» Santo. Onde i’Appcftolo S.Giacomo, per di­

(48)

i6 RAGIONAMENTO I.

notare, che dal patire diramatali le virtù tutte, quando il patire è per Dio , che delle virtù tutte è la fonte ; ditte, che nel patire confitte , e la fe­ licità , e la perfezione di chi tutto vive per Dio ,

Jacob,i.4.e vive a Dio. Patientia opus perfeclum babet . E fpiegal’Autor de’ Sermoni, che portano il nome

Ser.de Pa- di S. Zenone -, QuiaPatientia non tantum in multi-

plìcandis virtutìbus tandem ponti, quam in finiendis -

E le à tutte, e le àtutte in alto grado ; fiche ne poflieda, ed il novero, e la perfezione ; ondej nonfolamente non gliene manchi pur* una , ma ancora che neppur’ad una di effe manchi il fuo ultimo grado, eh'è il più perfetto -, non tantum

in multiplicandis vtrtutibus Laudem ponit, quam in finiendis. E perche la contentezza di chi vive vita

Spirituale, eh’ è per l'appunto di chi vive vitaj Religi^fe, non iftà in altro, che nei poffedimen- to di queWe vere virtù, ai cui confeguimento egli ordina tutto il viver fuo ; perciò , le il noftro pa­ tire per Dio porta a noi un’ intero, e perfetto ac- quifto delle vere virtù, ci porta pur’anche un_. certilfimo, e lineerò godimento delia vera feli­ cità.

LaveraBeatitudineèdoppia, dice Agofti- no, una è quella, cheli fpera, l’altra è quella , Auguftùi; che fi gode. Beatitudo duplici modo tenetur, fipe , & Contcf.io. ret Quetta è perfetta , e fi ottien nella Patria-, ; quella è imperfetta, e fi à nella via. La Beatitu­ dine della Patria confitte nel veder Dio ; la Beati­ tudine deliaca confiftc nel patire per Dio. Sic­ come dunque fon diverfi i Paefi, così pure deg- gionoeflèr varie le maniere del vivere di chi vi abita. Patire nell’uno, e nell’altro, non fi può;

(49)

gode-AL CHIOSTRO. X7 godere in amendue non fi deve . Che fa dunque Iddio , per confervar l’ordine tra elfi, e per man­ tenere ancor tra elfi la diftinzione , ed il divario ? Fa sì, che nella via il patire fia godere , ed il go­ der fia patire ; affinché poi nella Patria tutto il luogo fi dia compiutamente al godere . E da che provviene , che tante Anime grandi, Anime bel­ le , Anime care a Dio, fpafimano per patirò

ed abborrifcono rifolutamente il godere ? Senti­ te le dolci fclamazioni della gran Terefa di Gic-. su; aut Morì . Afcoltate le ri Coluto

iftanze dell’altra Amazone del Carmelo , la gran Maddalena de’ Pazzi ; Pati, non Mori. L’una_> allora vuol celiar di patire , quando dee celiare di vivere ; 1’ altra non vuol finire di vivere , perche non abbia a finir di patire . Quella non vuol mo­ mento di vita, in cui non fia per lei un’Inferno di pena ; quella vuol che fia eterno il tuo vivere, perche fia eterno il fuo penare . La Prima ìnfom- ma non là capire, Ce fi polla mai per lei dare un tempo, in cui viva , e non peni ; La Seconda», non Ca Ccegliere tra il patire , ed il morire qual fia la maggior pena ; c pure alla morte preferiCce la pena , perche quella fia ficcome Cenza follievo di fine , così Cenza Cperanza di Collicvo . E ad e Ce ru­ pi così patetici di chi Cpafima per patire , pershe Voi ancor non ardete , difiderando pene , e non gioje, nel volito Chioftro ? Perche palpitate al Colo CoCpetto del travaglio , e non piùtofto tre­ mate al pericolo del godimento ? Perche impal­ lidite, quando vi Covraftanno dolori, anguille , perCecuzioni, anche morti; e non anzi piagne­ te quando vi fi affollano acclamazioni, dignità,

(50)

g«n-is

ragionamento

i

.

grandezze , onori, preferenze, premj, corone ?

Aut pati, aat mori. Pati, & non mori.

Ma io so, che forfè talun di 01 patifc » pur non gode ; e so ancora, die talun altro o fe gode , e pure non è beato . Ma lapete V > perch’è ciò ? Perche quegli patifce, ma nolo per Dio ; qucfti gode, ma non in Dio . Patiice, o perche la niciflità lo ftrafeina , o perche 1 mte- refle i 1 trabalza , o perche l’amor propio l’incate­ na . Patifce, ma fenza merito ; perche patilcej fenza virtù . Le angofee di Saulle, che cerca per pietà un, che l’uccida; le fmanie di Antioco, a cui è un’ Inferno la ftefla vita ; le palpitazioni di Caino , a cui ogni foglia è una factta, ogni creatura un Carnefice ; fono eiempj troppo vul­ vari , per dimoftrar le pene di un Religioso, che nel fuo Chioftro patifce, ma non patifce per Dio.

Vn‘ Anima dannata è la più propia a dichiararne i tormenti , e cotidiani, e proliflì, ma fenza il follievo della Grazia , che gli ailegerifee, e fen­ za la fperanza della Gloria , che gli addolcifceu • Pena il Dannato, ma lenza afpetrar mercè del fuo penare ; perche non pena per Dio, ancorché da Dio fiacondannato alle fue peneIl Rcligio- fo pena, ma fenza fperarpremio al fuo patirò ; perche non patifce per Dio , ancorché da Dio non fia condannato a’fuoi dolori . Unaloladif- ferenzaevvi non però , che il Dannato pena in un Inferno , il Rcligiofo in unParadifo, qual’ cflèr dovrebbe il fuo Chioftro; ma quello ferve dannosiCf§ l a .fura Eena» mutandoli in fuo danno in Inferno il Paradifo, quando fi tratto

(51)

AL CHIOSTRO; ip unParadifo, nelChiodro , peniate Voi, che fa mai egli Beato ? Egli lèmpre in podi di onore * in maneggi di dima , in funzioni di tutto plau- fo ; riverito nelle piazze , ammeflo ne’ palagi, adorato fin nelle Corti ; i Domeftici 1’ amano, gli Stranieri l’oflcquiano , i Principi il difidera- no. Che più bella beatitudine può mai idearli ji mondo ? Il mondo , sì bene ; ma non già chi è fuori del mondo . Beatum d'txerunt Populum , cui hxc funt. Ma non è queda la beatitudine ; che fi gode nella cafa di Dio ; e fe alcuno perciò vi chiama beati, v’ inganna . Popule mens , cjtti te

beatum dicunt, ipfite decipiunt ; vi dirò con Ilaia . Iftì.s-is Non è quefta la beatitudine de’Servi di Dio; el­

la confide nelle abiezioni , che fi tollerano con piacere, nelle penurie , che fi foffrono con con­ tentezza , nelle perfecuzioni , che fi foftengono con indifferenza, nelle infermità , che fi fenton con giubilo , nelle contraddizioni, che fi rice­ vono con intrepidezza , nelle perdite , che fi fanno congioja, nelle confufioni, nelle ingiu­ rie , nelle contumelie , negli affronti , negli fcherni, che fi divorano con avidità . Beati e ft is, cum maledixerint vobis homines, & perfecuti uos fue- rìnt , dixerint omne malum adverfum vos . Que- fto è il godere con Dio ; cioè il patire per Dio. Quefto è un infoino fapore , che dà Iddio al pa­ timento, quando fi fodicne per amor fuo. Chi il provò , di leggieri mi crederà . Chi finor noi provò, il pruovi ; e veda, fe veramente il patir fia godere , quando il patire è per Dio, ed il go­ dere fi vuol folameute con Dio.

(52)

RA-RAGIONAMENTO II.

argomento

.

I. Quanto è di Senfuale non dev’ entrare nel pet­ to di chi vive nel Chioftro.

II. QuJhto è di Senlìbile non dee fermarli nel cuore di chi muore nel Mondo.

Spiritfts eft, qui vivificat ; Caro non prtdeft quidqu am.

Joan. 6.

HI vive nel Chioftro, vive al­ lo Spirito ; Chi vive nel Mon­ do , vive al Senfo . E perche chi vive nel Chioftro, è morto nel mondo ; tanto bafta a pro­

vare, che ttccom’ egli deve tut­ to vivere alio fpirito , così tut­ to deve morire pur’ anche al fenfo .E pure ciò non ottante ,cerchiati) noi Tem­ pre , o di non fuggir, come veleno, ciò, che in

etto è di fenfuale , o di feguitar, come alimento, ciò, che in etto è di fenftbile. Morti alle delizie, vogliam pafcerci di piaceri ; i quali, fe non fo­ no mortiferi , non fono almeno proficui, alla_. vita fpirituale, che debbiam menate in un luo­

go , dove dee tutto fpirarc aria di fpirito, e nul­ la di fenfo. Segueflratidal Popolo, vogliam vi­ vere tra le Turbe, ove, fe non fono oggetti ,che ci contaminino gli affetti, fono almeno dilcorfi, chc ci perturbanoi penici. Sepelliti nella foli- tudme, vogliamo fpaziar ntlle piazzc , nel,c

cafe,

(53)

AL CHIOSTRO. 21

cafe , fin nelle Corti ; dove , ole apparenze c’in­ cantano gli {'guardi, o le corrifpondenze ci fve- ghiano le paffioni, o le maffime ci fconvolgono 1 fentimenti. Io non parlo già, che al fenfo li rompano le redini, che il mantengono in freno ; fich’ effo corra sfrenato tra’ prati della luffuria a cogliere i fiori, che più viftofi l’innamorano, ed acalpeftare le foglie , che più folte l’arreftano. Non dico , che fi fciolgano ad eflo le catene , che il tengono in dovere ; onde libero da’ legami, cerchi oggetti, che provvochino le fue tendenze, e volti , che fi accattivino i Tuoi amori . Quefto nò ; Tra le noftre ftrettezze non può mai effo

avere tanto di libertà , che corra a fuo modo ; e_> infin precipiti tra’ quei fatali dirupi, che fon fuo­ ri da’ noftri recinti, e lontani dalle noftre claufu- re . Ma fe non può farlo il corpo , non può farlo la mente ? Se non fon libere le azioni, non fono liberi i penfieri, non fono liberi ancora gli affet­ ti ? jDìvo più ; fe il Scnfo non può tanto fare, che ci vinca , rapprefentandoci ciò , eh’ è di fenfua- le ; non ci può almeno infiacchire, allcttandoci con ciò, eh’è di fenfibile ? Con quefto non fi rom­ pono ad elio le redini, ma fi allargano ; non fi fciolgono le catene, ma fi rallentano. E pure di­ vina voce c’intima ; che Spiritus efi , qui vivificati Caro non prodefi quidquam ; e vuol dire : Quanto è di Senfuale non dev’ entrare nel petto di chi vive nel Chioftro ; e farà il primo punto : Quanto è di fenfibile non dee fermarli nel cuore di chi muore nel Mondo; e farà il fecondo.

Tutto quello, che in le contiene putida, e feoverta fenfualità , io so bene, cheficcome da

(54)

23

ragionamento

ir.

5.3

Voi apertamente fi conofce, così pur’ anche da.» Voi rifolutamentc fi fogge . S’egli neppure dee comparire tra le noflre labbra ; or come mai po­ trebbe aver l’ardimento di tentar l’entrata nel noftro cuore ? Fornicatiti, & omnis immunditiat aut avaritia , nec nominetur in vobis , fìcut dee et San-

AdEphef. fcrivea l’AppoftoIo agli Efesj ; e volcalor ' ’ dire : Siete Voi confegrati a quel Dio, al cui co­

rpetto non può comparire oggetto, che fia me­ no che mondo ; egli vi à ricevuti per feguaci nel­ la fua fcuola , e per famigliari nella fua cafa^ ; egli vi à fegregati dalla carne, e dal fangue, af­ finché dell' una non Tentiate le punture , e dell’al­ tro non contragghiate le macchie ; egli vi à fccl- ti tra le lagune del fecolo corrotto, c tra le puz- zanghere del mondo, che tutto immondo ; on­ de abbiate a fervido con purità di affetti, c con

fatuità di parole. Neppur dunque dee nominarli tra Voi immondezza di fenfo , non che praticar­ li ; neppur fentirfi, non che vederli ; non ne do­ vete fapcre neppure il nome , non che conrraer- ne il lezzo, o ritrarne la deformità. Omnis im-

mnnditia, nec nominetur in Vobis . Voi feguito l’Agnello puriffimo, che fi fvenò, per non mac­ chiai ; ed il fuo fangue lavò le ftole dell’ inno­ cenza , con cui fon veftiti i fooi Seguaci Fato corte al Giglio delle convalli, il cui candore fa feorno agli altri fiori di primiera grandezza, che gli forman corona Fiffatc gli fguardi a ’Jlaj luce del mondo, che ficcome non è foggia ad occafo, che totalmente l’ofcuri rrJ6 foggiate ad eee.iffi, che

(55)

efie-AL CHIOSTRO. 23

c liete Voi anche Santi ; e ficcomc fù detto, non dabis Sanffum tuuw videre corruptionem -, così pur' anche a Voi io dico ; omnis immunditia, nec nomi­ netur in njobis, ficut decet Savetos . Così egli a’ fuoi Efesj ; e così anche io a Voi, Padri, e Fratelli miei Dilettiflìmi : Se putore di fenfo non dee tra noi nominarfi, come potrà mai tra noi fentirfì* Le noftre rigorofe attinenze c’ infegnano a mor­ tificarne , non ad alimentarne , i folletichi. Le noftre ifpide lane ci ammonifcono a ribatterne, non a fecondarne, gli ftimoli . I noftri lunghi filenzj ci obbligano a rifiutarne, non a gradirne, gl’inviti. Lungi da ogni umano confortio , ci viene infin proibita ogni fpiritual parentela, e

ciò, non ad altro oggetto, fe non fe , ut oculum Reg. m

;-

fcandalizantem ernant, ó” omnem compaternitatem, ac fufpettum confortium , & prauum conflium penU

tus furiant. Privi di ogni genial compagnia, cì fi rende vietata in iftraniere cafe anche l’cfpitali-

tà mendicata ; e ciò, non per altro, fenonfe,

ut omnis crapula tollatur occafio . E potrem poi apri- Reg- Mi­ re il cuore , per dare in etto ricetto a que' diletti, nìm.cap.7 che anno un perpetuo bando, e da’ noftri fguar- '3i' di, e da’ noftri difeorfi ? Potremo dar luogo nell’ animo a quegli oggetti, le cui fpezie , come fu- nefte , le fuggono le noftre pupille, e le cui at­ trattive , come profane, non fan nominarle lo noftre labbra ? Omnis immunditia, nec nominetur in 'b'obis, ficut decet Sanfios.

Riferimenti

Documenti correlati

Maria e Giuseppe sono cresciuti insieme, come sposi e come genitori, senza mai dubitare dell’amore: se si dubita che l’amore sia Amore, infatti, già non è Amore; se

ALTAMENTE TOSSICO PER GLI ORGANISMI ACQUATICI, PUÒ PROVOCARE A LUNGO TERMINE EFFETTI NEGATIVI PER L'AMBIENTE ACQUATICO.... Composizione / Informazioni

Tipo classificazione: Classificazione per genere fotografico Archivi dell'Immagine - Regione Lombardia THESAURUS [1 / 3]..

Tipo classificazione: Classificazione per genere fotografico Archivi dell'Immagine - Regione Lombardia THESAURUS [1 / 2].

È il momento in cui i genitori di una sezione si incontrano con le docenti per ricevere informazioni sul progetto educativo della scuola nella sua quotidiana realizzazione e

ESERCIZIO 2 Quando le cellule sono esposte a radiazioni, alcuni cromosomi si spezzano in due parti. La parte lunga è quella che contiene il centromero. Se due parti lunghe o

Nixon a Washington Facnte nol campagna lt (4 (Dio pati Bone peu cataene|.___ tre ia | -_ 1 Il racconto della mamma disperata che accompagnava a distanza la figlioletta

Ma a parte il cambiamento di corpo che fa sempre soffrire un pochino, é giusto che si scelgano per gettarli nella mischia della prossima offensiva proprio quegli ufficiali che