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Ipotesi c.d della “costituzione in trust della quota di legittima”:

6. Trust successorio e tutela dei legittimari

6.2 La riducibilità del trust successorio

6.2.2. Ipotesi c.d della “costituzione in trust della quota di legittima”:

all’art. 549 c.c.

L’ipotesi della costituzione in trust della quota di legittima configura tale diversa situazione: durante la propria vita il disponente istituisce un trust a beneficio di un futuro legittimario conferendovi un valore

corrispondente alla quota riservata con la previsione che tale patrimonio venga attribuito dal trustee all’individuato beneficiario solo al verificarsi di eventi futuri, certi o incerti, ancora pendenti al momento di apertura della successione.

Il pensiero va, ad esempio, all’ipotesi in cui un imprenditore abbia in età avanzata un figlio minore e utilizzi lo strumento di origine inglese per trasmettergli l’azienda di famiglia, ma, al contempo, impedire che il fanciullo ne entri in possesso prima del raggiungimento di una determinata maturità, anagrafica o sociale181.

Nei confronti di tale ipotesi l’applicabilità dell’azione di riduzione è, se possibile, ancora più dubbia.

I problemi cui dare risposta, pur essendo gli stessi della fattispecie analizzata al paragrafo precedente, appaiono, infatti, ulteriormente aggravati dalla circostanza che sono riunite in unicum le persone del legittimario e del beneficiario.

Si pensi, su tutti, al problema della individuazione del soggetto passivo dell’azione di riduzione.

All’evidenza, nel caso di specie, è escluda in radice la possibilità di prospettare l’azione contro il beneficiario del trust, pena cadere nella contraddizione logica di riconoscere l’esercizio di un’azione contro se stessi. Nondimeno, ciò non vale a conferire validità alla tesi dell’azione di riduzione introdotta avverso il trustee: anche nel caso in esame, infatti, tale tesi è suscettibile di incontrare i medesimi problemi di coordinamento tra la valutazione formale-giuridica e sostanziale-economica ravvisati nel capitolo precedente.

Vi è, poi, un ulteriore argomento che sembra assorbente nei confronti della ipotesi della “costituzione in trust della quota di legittima”.

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181 Si pensi al raggiungimento di una soglia d’età superiore ai 18 anni, oppure, al

conseguimento di una laurea magistrale. Simili ipotesi, del resto, possono essere ricondotte a quella finalità “assistenziale” alla quale il Legislatore si è dimostrato particolarmente sensibile con l’emanazione della Legge c.d. sul “Dopo di noi” (cfr. prec. par. 1 testo e nota 53).

Considerato che il trust in esame realizza una donazione indiretta a favore dello stesso legittimario, appare prima facie paradossale l’idea che costui agisca in riduzione di una donazione rivolta in suo favore. Verrebbe da dire, semmai, che egli debba procedere all’imputazione ex se, piuttosto che all’azione ex art. 555 c.c..

Nondimeno, si avverte chiaramente la lesione subita dal legittimario: egli, pur essendo “chiamato” nella quota riservataria, non può assumerne il libero godimento perché la stessa è “prigioniera del trust”.

Tale lesione, tuttavia, appare essere ben diversa rispetto quella prodotta dall’ipotesi di trust del paragrafo precedente: in questo caso la lesione, più che risolversi in un attentato al valore della misura dovuta in riserva, appare attenere al rapporto giuridico che il legittimario instaura con i beni.

Ma allora, se la fattispecie adesso presa in esame è dissimile dalla precedente, sì da produrre una lesione apparentemente diversa alle ragioni del legittimario, nonché da rendere l’azione di riduzione ancor più complicata, se non addirittura illogica, perché non pensare ad una tutela alternativa182?

Fra le soluzioni astrattamente ipotizzabili, potrebbe anzitutto annoverarsi la rinuncia da parte del legittimario alla posizione beneficiaria, condividendo l’opinione di chi sostiene che tale posizione si acquisiti ipso iure al momento della designazione. Tuttavia, tale percorso, oltre ad essere certamente farraginoso, non porterebbe certo il legittimario a risolvere i suoi problemi, bensì a trovarsi nella ipotesi vista nel paragrafo precedente, che certo non è di spedita soluzione183.

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182 E’ un dubbio sul quale si è interrogato, sia pure senza dare risposta, anche DE

NOVA G., I trust, la collazione e la tutela dei legittimari, relazione presentata al Congresso

Nazionale dell’Associazione “Il trust in Italia”, Milano, 2002, reperibile sul sito

www.academia.edu, § 4, “la tutela del legittimario non coincide necessariamente con

l’esperibilità di un’azione esattamente conforme all’azione di riduzione contro una donazione lesiva. Ed allora è possibile pensare ad un’azione a tutela del legittimario che si adatti a quel particolare modo di gratificare un terzo che è il trust”.

183 Specie qualora, come sovente accade, le regole del trust prevedano che in caso di

rinuncia da parte del beneficiario istituito, l’attribuzione del trust fund venga deviata a favore di altro soggetto.

Dal canto nostro vogliamo proporre una diversa soluzione: ritenere gravami sulla legittima vietati ai sensi dell’art. 549 c.c. tutti quei pesi, termini o condizioni che ostacolando l’erogazione immediata al legittimario della quota di legittima conferita in trust.

Frettolosamente potrebbe replicarsi che trattasi di ipotesi di lavoro eccessivamente “fantasiosa” se, con la dottrina assolutamente maggioritaria184, ci si arresti dinanzi al noto rilievo secondo cui il secondo “binario della tutela dei legittimari”185, cioè l’art. 549 c.c., sia utilizzabile con unico riferimento agli atti mortis causa.

Eppure, militano convincenti considerazioni a favore di tale ipotesi ricostruttiva, che trovano entrambe ragione nella dottrina studiosa dei trust testamentari186.

Come abbiamo rilevato187, è merito di tale dottrina aver evidenziato la distinzione tra l’ipotesi lesiva di destinazione orientata a vantaggio di terzi, con relegazione del legittimario a figura estranea al disegno destinatorio, rispetto a quella di trust indirizzato a beneficio di costui che, tuttavia, vincoli i beni oggetto della quota riservataria al verificarsi di eventi futuri certi o incerti (ipotesi c.d. della “costituzione in trust della quota di legittima”188).

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184 Complessivamente debitrice dell’opera e delle parole di CICU A., Successione legittima e dei legittimari, op. cit., p. 181 : “la norma colpisce pesi e condizioni imposti col testamento: si invece essi fossero posti in negozi Inter vivos, anche se riguardassero beni che verranno poi a costituire la quota di legittima, non ricadono sotto la norma; il deprezzamento che ne derivasse ai beni sarà tenuto in conto nella formazione della quota di legittima. Imposti invece per testamento, essi devono considerarsi come nulli”.

185 L’espressione è mutuata da SARACENO M., Destinazione dei beni e tutela dei legittimari, op. cit., par. 1.

186 Cfr. BARTOLI S., Trust, atto di destinazione e tutela dei legittimari, op. cit.; BARTOLI S., Trust, atto di destinazione e tutela dei legittimari, op. cit.,; BARTOLI S. - MURITANO D., Le

clausole dei trusts interni, Torino, 2008; CALVO R., Il “trust” testamentario, in AA.VV., Diritto

delle successioni, a cura di CALVO R. – PERLINGIERI G., I, Napoli, 2008, pp. 63 ss.; FRANCO R., Trust testamentario e liberalità non donative: spiragli sistematici per una vicenda delicata, in Riv. Not., 2009, pp. 1449 ss.; PORCELLI G., Successioni e trust, op. cit.; ROMANO C., Il trust e

l’atto di destinazione testamentario,op. cit.; ROMANO C., Riflessioni sul vincolo testamentario di

destinazione ex art. 2645 ter c.c., op. cit.;SARACENO M., Destinazione dei beni e tutela dei

legittimari, op. cit..

187 Cfr. nota prec. n. 158.

188 Adotta tale terminologia MOSCATI E., Trust e tutela dei legittimari, op. cit., p. 24 che

Tali orientamenti, tuttavia, si sono spinti oltre la mera differenziazione fenomenologica ed hanno prospettato, accanto alla stessa, una speculare diversificazione dei rimedi esperibili.

In particolare, al legittimario escluso dai beneficiari di un trust il cui valore ecceda quello della disponibile, che ricalca l’ipotesi del paragrafo precedente, gli autori in parola hanno riconosciuto la possibilità di agire in riduzione ex art. 554 c.c..

Mentre, con riferimento alla ipotesi della costituzione in trust della quota di legittima, parte di tal dottrina ha evidenziato come la disposizione istitutiva testamentaria possa a pieno titolo rientrare nel giudizio di nullità a norma dell’art. 549 c.c.189.

Giova fin d’ora rilevare come il divieto di pesi e condizioni, previsto dalla richiamata disposizione, per comune opinione, debba intendersi non già limitato all’onere e a disposizioni condizionali in senso tecnico, ma vada esteso ad ogni disposizione che diminuisca, vel in quantitate vel in tempore, i diritti riservati ai legittimari, “o comunque modifichi la loro posizione giuridica rispetto ai beni assegnati alla riserva oppure li assoggetti a vincoli in ragione dell’attribuzione di tali beni”190. La norma in oggetto appare, dunque, finalizzata a colpire qualsiasi disposizione che, pur non incidendo sul valore quantitativo della legittima, limiti il pieno godimento e la libera disponibilità dei beni attribuiti al legittimario. Si parla, al

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Louisiana, che ne assoggetta la validità alla previsione nell’atto istitutivo dell’obbligo del trustee di corrispondere con regolarità al legittimario le rendite, predeterminate nell’ammontare, e sempre che la durata del trust non ecceda la vita del legittimario.

189 Cfr. PORCELLI G., Successioni e trust, op. cit., p. 218; ROMANO C., Riflessioni sul vincolo testamentario di destinazione ex art. 2645 ter c.c., op. cit., p. 183; BARTOLI S. - MURITANO D., Le

clausole dei trusts interni, Torino, 2008, p. 122; BARTOLI S., Trust, atto di destinazione e tutela

dei legittimari, op. cit., p. 259. Gli autori precisano comunque che siffatta sanzione

colpirebbe unicamente gli schemi negoziali che non ricalchino gli istituti interni della divisione operata dal testatore ai sensi degli artt. 713, II e III co., 733 e 734, nonché della cautela sociniana e del legato in sostituzione di legittima.

190 Così MENGONI L., La successione necessaria, op. cit., 1984, pag. 100. V. anche MENGONI

L., La successione necessaria, op. cit., 2000, p. 90 che parla di “condizioni, dilazioni, modus o

riguardo, di una lesione qualificata o “qualititativa” della legittima, che viene pregiudicata nella consistenza giuridica e, di riflesso, economica191.

Siffatti caratteri parrebbero ricorrere nel caso in cui il testatore vincoli la destinazione di beni destinati a formare la legittima: il legittimario non conseguirebbe la titolarità dei beni all’apertura della successione, realizzandosi una conversione giuridica, non consentita dall’ordinamento, del diritto reale alla legittima in diritto obbligatorio192.

La estensibilità dello spettro normativo in esame, in conclusione, parrebbe avvalorare la soluzione prospettata dalla dottrina: un trust testamentario avente ad oggetto la quota di legittima che ne ritardi nel tempo l’attribuzione al legittimario ovvero subordini la stessa alla pendenza di condizioni di qualsiasi genere è nullo ex art. 549 c.c.193.

Da tali spunti, a nostro avviso, è possibile ricavare i seguenti argomenti idonei a suffragare l’opportunità di verificare la fondatezza dell’ipotesi di !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

191 Cfr. ROMANO C., Riflessioni sul vincolo testamentario di destinazione ex art. 2645 ter c.c., op. cit., p. 183 e nota 43 dove l’A. afferma: “Mentre la lesione meramente quantitativa è esposta all’azione di riduzione”.

192 Ibidem.

193 In realtà Contra FRANCO R., Trust testamentario e liberalità non donative: spiragli

sistematici per una vicenda delicata, op. cit., che propone una inapplicabilità del divieto in

esame quando il trust abbia scopi meritevoli di tutela (i.e. protezione di incapaci) in ragione di una auspicata lettura in chiave assiologica del dato normativo.

Contra, con argomentazioni apparentemente di maggior spessore, anche SARACENO M., Destinazione dei beni e tutela dei legittimari, op. cit., par. 2.1, secondo il quale “non pare

condivisibile l’opinione di chi ritiene che l’art. 549 c.c. trovi applicazione allorché il disponente «designi il legittimario o quale beneficiario delle sole rendite dei beni costituiti in trust ovvero gli attribuisca beni capitali o una quota indivisa dell’asse, ma solo subordinatamente all’estinzione del trust»” (in nota 56 l’A. chiarisce che la frase citata è di PORCELLI G., Successioni e trust, op.

cit., pag. 216, e che in tal senso si esprimono anche BARTOLI S. - MURITANO D., Le clausole

dei trusts interni, Torino, 2008, pag. 122). In tali casi, secondo l’A. il legittimario

beneficiario delle sole rendite oppure beneficiario finale del trust è un avente causa a tutti gli effetti inter vivos dal trustee e non riveste, a nessun titolo, la qualifica di erede: il che di per sè sufficiente sarebbe ad escludere che il legittimario sia istituito nella quota di legittima o in rebus certis in funzione di quota direttamente dal de cuius, difettando pertanto il fondamentale presupposto di applicabilità dell’art. 549 c.c. e orientando piuttosto la tutela del legittimario verso l’esperibilità dell’azione di riduzione.

A tale critica, la dottrina ripara considerando il beneficiario-legittimario di un trust testamentario come un legatario del de cuius, al quale dunque spetta il rimedio del 549 c.c., posto che anche nei confronti di un legato in sostituzione/conto di legittima può trovare applicazione detto divieto (per approfondimenti in questo senso v. ROMANO C., Il

trust e l’atto di destinazione testamentario,op. cit., pp. 171 ss.; ROMANO C., Riflessioni sul

vincolo testamentario di destinazione ex art. 2645 ter c.c., op. cit., p.. 182-183; BARTOLI S., Trust,

lavoro prospettata, cioè l’applicabilità dell’art. 549 c.c. all’ipotesi di costituzione inter vivos della quota di legittima in trust.

La prima considerazione è di metodo.

Dall’esame della dottrina sui trust testamentari, a nostro avviso, occorre fare tesoro del seguente insegnamento metodologico: laddove vi sia una pluralità di fattispecie negoziali ipotizzabili, se a queste corrisponde una diversità di lesioni prodotte in capo ai legittimari, è ragionevole differenziare specularmente i rimedi.

La seconda considerazione, invece, ha natura sistematica ed è la seguente.

Dal momento che l’ipotesi di costituzione in trust della quota di legittima istituita per testamento è nulla ex art. 549 c.c., postulare che la medesima fattispecie, solo perché trova origine in un atto inter vivos anziché in atto mortis causa, sia insensibile al precetto di cui all’art. 549 c.c., significa accettare la conclusione che il nostro ordinamento penalizzi maggiormente l’atto testamentario rispetto ad un atto inter vivos avente – in sostanza – i medesimi effetti.

Ebbene, questa pare a noi una conclusione davvero irragionevole, sol che si consideri come la disciplina dell’atto di ultima volontà, da una parte, sia ispirata al principio di conservazione, sicché la nullità è l’ultima ratio, e dall’altra, sia figlia di un’ispirazione marcatamente individualistica, tradotta da più indici normativi nel rispetto pressoché integrale della volontà dell’individuo proiettata al di là della morte194.

Conclusivamente, poi, una ulteriore notazione finale.

Siamo nell’epoca dei negozi alternativi al testamento, atti inter vivos che proiettano i propri effetti post mortem: l’adeguamento applicativo della !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

194 Che il vigente sistema successorio sia improntato alla più ampia tutela

dell’autonomia testamentaria, che trova unico limite nell’esigenza di salvaguardia dei diritti dei legittimari, lo rileva TULLIO A., La successione necessaria, op. cit., p. XXII. Del resto, per un’articolata esposizione del principio dell’autonomia testamentaria si veda BONILINI G., Autonomia negoziale e diritto ereditario, in Riv. Not., 2000, pp. 789 ss., spec. 795- 199. D’obbligo, infine, il riferimento alla celeberrima Preface di TROPLONG, Droit civil

expliquè. Des donations entrevifse des testaments, I, Bruxelles, 1855, laddove con formula

disciplina testamentaria ai medesimi, sembra davvero un tema meritevole di essere indagato195. Nella specie, sotto il profilo del coordinamento tra le norme in materia di tutela dei legittimari e la fattispecie di trust.

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195 MARINARO G., La successione necessaria, op. cit., a pp. 154 ss. e spec. pp. 168, 171, 179

ritiene auspicabile un’estensione, seppur richiesta de iure condendo, dell’art. 549 c.c. ai pesi nascenti da donazioni e, in generale, da atti tra vivi, specie nei casi in cui l’azione di riduzione non arriva a tutelare il legittimario a causa della natura non patrimoniale del peso (es. la nomina di curatore speciale ex art. 356 c.c. su beni spettanti al minore a titolo di legittima). Conf. MENGONI L., La successione necessaria, op. cit., 2000, p. 222 nota 138.

CAPITOLO SECONDO

IL SISTEMA

1. Lo stato dell’arte: opinioni dottrinali in tema di riducibilità di un trust

inter vivos con effetti post mortem

Le questioni che abbiamo sinteticamente tratteggiato in conclusione del capitolo precedente sono state e sono tutt’ora oggetto di un serrato dibattito dottrinale men che mai sopito. Anzi, fra le varie teoriche permangono distanze assolutamente considerevoli che obbligano un lavoro come il presente a non poter prescindere da una attenta analisi dei risultati cui gli studiosi sono finora giunti.

Nel definire questo “stato dell’arte”, cioè nell’evidenziare le differenti posizioni dottrinali formatesi nella materia che ci occupa, accompagnandole dagli argomenti richiamati in loro favore, sarà ripercorsa la tripartizione in questioni delineata nel Cap. I, par. 6.2.1, lungo le direttive della quale la dottrina ha mostrato di muoversi con maggiore frequenza.

Saranno, dunque, affrontati singolarmente:

1) il problema del soggetto legittimato passivo dell’azione di riduzione;

2) il problema dell’oggetto della liberalità;

3) il problema dell’ordine delle liberalità riducibili.