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Ipotesi del legittimario escluso dai beneficiar

6. Trust successorio e tutela dei legittimari

6.2 La riducibilità del trust successorio

6.2.1. Ipotesi del legittimario escluso dai beneficiar

inter vivos con effetti post mortem: sulla problematica esperibilità

dell’azione di riduzione

Un disponente, durante la propria vita, fa ricorso ad un trust successorio per pianificare la trasmissione delle proprie sostanze ereditarie per il tempo in cui avrà cessato di vivere a favore di soggetti posti al di fuori del proprio nucleo familiare, nel quale tuttavia esistono legittimari.

Se il valore dei beni conferiti in trust eccede quello della quota disponibile, avremo una ipotesi di trust istituito inter vivos con effetti post mortem lesivo della legittima dai beneficiari del quale il disponente ha escluso i legittimari.

A tale fattispecie, si osserva163, appare assimilabile l’ipotesi in cui il legittimario sia istituito trustee senza che, contestualmente, sia reso destinatario di attribuzioni patrimoniali liberali: infatti, in tal modo, l’erede necessario riceve una mera “proprietà funzione”, strumentale al disegno destinatorio disposto dal settlor e priva, per definizione, di incremento patrimoniale164. Ne consegue che il legittimario-trustee deve essere considerato alla stregua di un legittimario estromesso dai benefici del trust.

Nei confronti di tale ipotesi di trust, la tensione nell’agire in riduzione si avverte in ragione della asimmetria tra il dato normativo e lo schema negoziale impiegato dal disponente; asimmetria che, peraltro, si acuisce ulteriormente laddove all’apertura della successione il trustee non trasmetta immediatamente, in tutto o in parte, i beni in trust ai beneficiari, ostandovi la pendenza di termini iniziali o condizioni sospensive gravanti su di una o più posizioni beneficiarie165.

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163 Cfr. BARTOLI S., Trust, atto di destinazione e tutela dei legittimari, op. cit., p. 259. 164 Cfr. prec. nota 60 ult. parte.

165 Cfr. BARTOLI S., Trust, atto di destinazione e tutela dei legittimari, op. cit., p. 307. Cfr.

altresì l’ipotesi esposta alla precedente nota n. 161 se la posizione di beneficiario, anziché al figlio, venga attribuita ad un soggetto estraneo alla cerchia dei legittimari.

Per comprendere i rilevanti problemi pratici cui cennavamo in apertura del paragrafo precedente, è opportuno partire dal dato positivo.

L’esame delle norme conferma che l’azione di riduzione ex art. 555 c.c. è una impugnativa negoziale di natura personale166. Essa, cioè, si rivolge nei confronti dei donatari167, anche indiretti168, aventi causa del de cuius ed ha per oggetto, sancendone l’inefficacia relativa, gli atti liberali dispositivi compiuti inter vivos in maniera anticronologica169 che, al momento dell’apertura della successione, siano di valore eccedente la quota c.d. disponibile170.

A fronte di tale disciplina positiva, occorre considerare la fattispecie ipotizzata.

In tale prospettiva, la questione della riducibilità di un trust inter vivos con effetti post mortem consimile a quello descritto, si scompone nell’esame dei seguenti problemi operativi:

a) l’individuazione del soggetto passivo dell’azione di ri- duzione e, dunque, la precisazione di quale sia l’atto dispositivo nei cui confronti agire in riduzione;

b) il riconoscimento di chi sia il soggetto nei confronti del quale deve essere valutato l’arricchimento derivante dal trust e, parallelamente, la determinazione di quale sia l’oggetto di tale arricchimento171; infine,

c) la valutazione di quale sia il momento perfezionativo della fattispecie liberale e, correlativamente, la decisione di quale sia il momento rilevante ai fini dello stabilire l’ordine delle liberalità riducibili.

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166 Cfr., per tutti, la summa delle caratteristiche dell’azione di riduzione contenuta in di

CAPOZZI G., Successione e donazioni, op. cit., 2015, p. 523 ss.; Id., Successioni e donazioni,

op. cit., 2009, pp. 325 ss..

167 Cfr. gli artt. 560, 561, 562, 563 c.c. che parlano esplicitamente di riduzione contro il

donatario.

168 Ai sensi, come già detto, dell’art. 809 c.c.. 169 Cfr. art. 559 c.c..

170 Cfr. art. 555 c.c..

171 Dal diverso punto prospettico del legittimario beneficiario, si pone un problema di

Si tratta di questioni intimamente connesse tra loro e, in sostanza, riconducibili alla considerazione per la quale il trust realizza una vicenda negoziale complessa, all’interno della quale convivono più soggetti legati tra loro da una concatenata serie di atti.

Come già evidenziato, nel trust si riconoscono almeno tre distinti atti ai quali partecipano altrettanti soggetti: l’atto istitutivo, nel quale il disponente, unilateralmente172, stabilisce le “regole” del trust, comprese le designazioni beneficiarie; gli atti dispositivi di trasferimento dei beni dal disponente al trustee; gli atti attributivi dei beni compiuti dal trustee a favore dei beneficiari. Del resto, non è escluso che l’atto di designazione dei beneficiari risulti distinto rispetto all’atto istitutivo, poiché è facoltà del settlor riservarsi l’esercizio di tale facoltà in un momento successivo173, facendo così diventare ben quattro i negozi rilevanti.

Ciò premesso, i problemi operativi sono così evidenziabili.

Nel risolvere il profilo della legittimazione passiva, la natura personale dell’azione richiederebbe che legittimato passivo sia il donatario; mentre il carattere di impugnativa negoziale individuerebbe l’avente causa del de cuius. Nella ordinarietà dei casi tali soggetti (donatario e avente causa) si riuniscano nella medesima persona. Tuttavia, così non accade nel trust poiché l’avente causa dal disponente è il trustee, mentre il donatario (indiretto) è il beneficiario174. Chi è, dunque, il legittimato passivo dell’azione di riduzione?

Nessuna delle soluzioni prima facie ipotizzabili appare risolutiva. Contro la prospettabile teoria di introdurre l’azione avverso il trustee potrebbe essere fondatamente eccepito che costui non è mai pienamente assimilabile al donatario del disponente. Come rilevato, infatti, il soggetto !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

172 Secondo la teoria maggiormente condivisa in dottrina. Cfr. prec. nota 57.

173 Cfr. prec. nota 62, 63 e par. 4, testo e note, nella parte in cui si analizza la

compatibilità tra il divieto dei patti successori ed il caso in cui il de cuius abbia nominato il beneficiario per testamento.

174 Cfr. prec. par. 6.1, nel quale abbiamo affrontato il tema del trust come liberalità

nei confronti del quale deve apprezzarsi la liberalità, seppure in via indiretta, non è il trustee, bensì il beneficiario175.

Del resto, ammettere l’introduzione del giudizio nei confronti del gratificato, anche se più d’uno, non esclude l’emersione di inconvenienti parimenti significativi.

Considerato, infatti, che dall’individuazione di chi sia il soggetto legittimato passivo dell’azione dipende il correlato problema di quale sia l’atto oggetto del giudizio di inefficacia, la tesi dell’azione contro il beneficiario conduce a ritenere che l’atto rilevante sia quello intercorrente fra trustee e quest’ultimo.

Tuttavia, tale conclusione appare quantomeno incerta, per almeno due motivi.

Da una parte perché ammette la riducibilità di un atto al quale il disponente non ha mai preso parte176.

Dall’altra, perché determina una paralisi dell’azione di riduzione in tutti quei casi, assai frequenti nella prassi, in cui alla morte del de cuius gli atti attributivi dei beni in trust ai beneficiari non siano ancora stati compiuti dal trustee poiché la posizione beneficiaria è sottoposta ad un termine iniziale o ad una condizione sospensiva ancora pendenti. Sì da lasciare il legittimario in un vuoto di tutela: da una parte, infatti, questi patirebbe una lesione consistente nel non ricevere quanto a lui spettante a titolo di legittima poiché tale patrimonio è confluito in trust durante la vita del de cuius e, conseguentemente, è stato escluso dal relictum; dall’altra, non potrebbe azionare la tutela in riduzione poiché gli atti dispositivi che la tutela in riduzione dovrebbe colpire non sono ancora verificatisi ed addirittura non è certo – quanto meno nei casi di attribuzione finale

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175 Ibidem.

176 E’ evidente, infatti, che il disponente non prende parte al negozio attributivo

compiuto dal trustee a favore del beneficiario. Sul rapporto tra i negozi del trust cfr. prec. nota 146.

condizionata – se mai assumeranno efficacia177. In altre parole, il legittimario si troverebbe inerme a fronte di una lesione che certamente apprezza, ma nei confronti della quale non può agire poiché la stessa rimane “potenziale”178.

Di non spedita soluzione, del resto, appare anche il problema di quale sia il soggetto nei confronti del quale deve essere valutato l’arricchimento derivante dal trust e, parallelamente, di quale sia l’oggetto di tale arricchimento179.

Avendo riguardo al mantenere una piena corrispondenza con l’impoverimento patrimoniale subìto dal disponente-futuro de cuius, dovrebbe concludersi nel senso che il soggetto nei confronti del quale valutare l’arricchimento sia il trustee e, così, che l’oggetto di tale incremento patrimoniale sia quanto esattamente fuoriuscito dal complesso dei beni originariamente appartenenti al settlor.

Tuttavia, è del tutto improprio parlare di arricchimento nei confronti del trustee, con la conseguenza che parrebbe più corretto valutare l’arricchimento con riguardo alla figura del beneficiario e risolvere il problema dell’oggetto individuando quanto questi riceva da parte del trustee.

Tale conclusione appena abbozzata risulta, però, tanto problematica quanto la prima cennata, sol che si consideri la peculiare dinamicità del trust fund180. In tal senso, quest’ultima soluzione favorisce l’aderenza alla !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

177 La dottrina è ferma nel ritenere necessaria la efficacia della lesione affinché possa

esperirsi azione di riduzione: cfr. CAPOZZI G., Successioni e donazioni, op. cit., 2009, p. 301: “perché sussista l’efficacia lesiva, si deve ammettere che la disposizione sia efficace e, quindi,

valida”; nello stesso senso SANTORO PASSARELLI F., Dottrine Generali, op. cit., pp. 263-264 che parla di disposizioni “lesive”.

178 Parla di lesione “almeno a livello potenziale” della quota legittima Trib. Torino

27.12.2011 citata parzialmente da BARTOLI S., Trust, atto di destinazione e tutela dei

legittimari, op. cit., pp. 312-311. La sentenza fa riferimento ad un caso di trust inter vivos

nel quale il futuro de cuius conferì l’intero proprio patrimonio e dai beneficiari del quale escluse uno dei legittimari (la moglie), mentre ne indicò altri (i figli) quali beneficiari da soddisfare allo scadere di un termine di 30 anni ancora pendente al momento della morte.

179 Questione che, come detto (cfr. prec. nota 171), si ripercuote in sede di regole

d’imputazione ex se e collazione.

vicenda economica dal punto di vista della corrispondenza tra l’intento liberale del disponente ed il soggetto che di tale arricchimento effettivamente ne goda, ma non altrettanto può dirsi con riferimento alla diversa prospettiva della equivalenza tra il bene fuoriuscito dal patrimonio del settlor e quello entrato nel patrimonio del beneficiario. Basti pensare alla comune ipotesi di trust in cui siano conferiti denari e venga conclusivamente attribuito al beneficiario un immobile medio tempore acquistato dal trustee servendosi dei poteri di investimento attribuitigli dal disponente.

Infine, il problema dell’ordine delle liberalità riducibili, che si concretizza nel dover individuare il momento perfezionativo della fattispecie liberale sì da poterla “inserire” nell’ordine anticronologico dell’art. 559 c.c..

Ancora una volta a complicare le soluzioni prospettabili è la complessa struttura negoziale del trust. Ci si chiede, infatti, a quale data fare riferimento fra quelle, sovente diverse, dell’atto istitutivo, dei negozi dispositivi o, infine, dei negozi attributivi.

Peraltro, la questione è ulteriormente complicata dalla dubbiosa natura strutturale del trust, se bilaterale o unilaterale, nonché dalla più volte menzionata facoltà del disponente di riservarsi usque ad mortem la facoltà di nominare o modificare i destinatari della liberalità, cioè i beneficiari.

Il panorama, in conclusione, si presenta frastagliato ed appare più che meritevole l’analisi della dottrine che hanno solcato, con ben maggiore profondità, i problemi fin qui solo così brevemente presentati.

6.2.2. Ipotesi c.d. della “costituzione in trust della quota di legittima”: