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Pianificazione ereditaria e principi del diritto successorio

Costatata, a tal punto, la superiorità competitiva della pianificazione ereditaria realizzata a mezzo del trust nel perseguimento degli scopi successori delusi dal sistema successorio classico, è ora opportuno interrogarsi sui possibili punti di collisione tra tale nuovo fenomeno negoziale ed i principi del diritto delle successioni.

Infatti, come ammonisce in termini generali la più attenta dottrina avendo riguardo a qualunque strumento inter vivos idoneo piegarsi alla causa della pianificazione ereditaria, la contrattualizzazione della successione non può essere una soluzione non adeguatamente ponderata.

Dalla constatata immutevolezza del sistema successorio77, seppur la stessa non sia di per sé condivisibile, se ne deve trarre un ammonimento.

Siamo nell’epoca della costituzionalizzazione e della

giurisdizionalizzazione del diritto civile78. E la successione mortis causa è stata appena sfiorata da quei fenomeni, intesi come lettura del codice civile attraverso giudizi di legittimità costituzionale che, essendo a tutti gli effetti giudizi di valore, fanno si che la giustificazione assiologica diventi una parte essenziale della regola, in maniera tale da assegnare !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

76 Cfr. GRAZIADEI M., Diritti nell’interesse altrui. Undisclosed agency e trust nell’esperienza giuridica inglese, op. cit., p. 267.

77 Cfr. prec. par 1.

78 Sul passaggio dal sistema dei “valori legali” a quello dei “valori costituzionali” v.

FALZEA A., Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica, I, Teoria generale del

diritto, Milano 1999, pp. 463 ss., ove, per riconoscere alle regole costituzionali natura

prescrittiva e non meramente programmatica, l’A. si sofferma sull’ottatività quale peculiare caratteristica che connota i “principi” costituzionali, nella loro peculiare dimensione assiologico-ideale. Sulla natura di immediata percettività che connota le norme costituzionali v. anche l’insegnamento di Salvatore Pugliatti, il quale raccomandava costantemente all’interprete di uniformare il proprio atteggiamento alla regola secondo cui la Carta Costituzionale “deve immediatamente conseguire il massimo

grado possibile di attuazione”, così testualmente PUGLIATTI S., La retribuzione sufficiente e le

norme della Costituzione in Riv. giur. lav., 1949/1950, I, p. 190, poi ripreso nelle pagine di

PERLINGIERI P., Salvatore Pugliatti ed il “principio della massima attuazione della Costituzione”, in Rass. Dir. Civ., 1996, pp. 807 ss.

all’ermeneutica un ruolo decisivo79. Come è successo all’interno della teoria del contratto e della disciplina della responsabilità civile, tramite la valorizzazione delle clausole generali e del principio di ragionevolezza, alla luce dei principi costituzionali80.

Questo criterio ermeneutico di fondo che caratterizza in maniera sempre più incisiva ogni vicenda applicativa del nostro ordinamento, risulta invece meno evidente nel mondo delle successioni.

Come se l’interprete pratico e teorico non si riconoscesse in questa materia un potere capace di incidere sulla concreta determinazione del precetto di legge, riconoscendo nel contesto della vicenda successoria una inesorabile preminenza del ruolo del legislatore.

Con la conseguenza che, seppur possa sembrare quanto meno singolare questo atteggiamento sostanzialmente passivo sia della dottrina che della giurisprudenza, preoccupate entrambe di conservare un assetto patrimoniale ed una struttura familiare che non appartengono più alla realtà dei modelli sociali e culturali condivisi, appare quantomeno opportuno approntare lo studio delle successioni con un metodo più rigoroso, fuori dalle tentazioni e dai richiami che in altri settori dell’ordinamento favoriscono le evasioni dal dato positivo.

Nell’ambito che ci occupa, dunque, postulare senza un adeguato supporto argomentativo che il trust risolva la questione individuata in apertura del presente lavoro, senza tener conto dell’esistente e tutt’ora vigente impianto di norme disposte dal Libro II del Cod. Civ., finirebbe nel risolversi in una illusione vana nonché pericolosa81.

Considerato, inoltre, che è la stessa Convenzione de L’Aja sul Riconoscimento dei Trust, precisamente all’art. 15 lett. e), ad ammonire !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

79 Cfr. GROSSI G., L’identità del giurista, oggi, op. cit., par. 7, nel quale l’illustre A. fa

emergere anche il consequenziale ruolo di “artefice del diritto” della Corte Costituzionale.

80 V. per tutti, anche per i preziosi riferimenti bibliografici, VETTORI G., Contratto giusto e rimedi effettivi, in Persona e Mercato, 2015, 1; Id., Regole e principi. Un decalogo, ivi, 2015, 2;

Id., Controllo giudiziale del contratto ed effettività delle tutele. Una premessa, ivi, 2014, 3; BENEDETTI G., Oggettività esistenziale dell’interpretazione. Studi su ermeneutica e diritto, Torino, 2014.

l’interprete che un trust non può violare le norme imperative previste dall’ordinamento giuridico dettate in materia di testamenti, devoluzione mortis causa dei beni ed istituto della legittima, la conclusione testé raggiunta in ordine alla necessità di verificare scrupolosamente la possibilità di “sopravvivenza” del trust nel diritto successorio interno, risulta maggiormente avvalorata82. Peraltro, atteso il carattere meramente esemplificativo dell’elencazione contenuta nel predetto art. 1583, nonché la stretta affinità tra le disposizioni dettate in materia di successioni e quelle previste in tema di donazioni ed, infine, tenuto presente che si è assunto a paradigma d’indagine il trust costituito inter vivos con effetti post mortem, non v’è dubbio che un ulteriore limite sia segnato dalle norme imperative vigenti in materia di donazioni.

In aderenza a queste doverose premesse, l’analisi di un trust a mezzo del quale il disponente regoli il passaggio generazionale dei propri beni attribuendoli durante la propria vita ad un trustee e prevedendo che questi, dopo la morte del disponente, li trasferisca a sua volta ai beneficiari, richiede di confrontarsi attentamente con il divieto dei patti successori di cui all’art. 458 c.c., con le norme poste in tema di istituzione fedecommissaria ed, infine, con l’istituto della successione necessaria, segnatamente nella parte dei rimedi posti a tutela dei successori riservatari.

All’esame delle prime due questioni saranno dedicati unicamente i prossimi paragrafi, poiché ormai non si dubita, sia in dottrina sia in !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

82 Secondo PORCELLI G., Successioni e trust, op. cit., p. 156 nota 2, un problema di

osservanza da parte di un trust successorio delle norme imperative del nostro diritto interno, si porrà solo nel caso in cui, ai sensi dell’articolo 46 legge 218/1995, risulti applicabile la legge italiana. In argomento, BARTOLI S., Trust, atto di destinazione e tutela dei

legittimari, op. cit., pp. 241-241, precisa come nei confronti di un trust interno il disposto

dell’art. 15 della Convezione sia, a ben guardare, superfluo: facendo in tal caso, per definizione, difetto di un conflitto fra leggi di ordinamenti diversi, l’esigenza che tale negozio rispetti le norme imperative in questione discende, trattandosi di negozio inter

vivos, dalle generali previsioni di cui agli articoli 1418 e – nella misura in cui si veda il

trust inter vivos sia un negozio unilaterale – 1324 c.c..

giurisprudenza, che il trust successorio non violi il divieto della delazione contrattuale o quello dell’istituzione fedecommissaria.

Sulla questione relativa alla dialettica tra la fattispecie di trust in esame e le norme interne poste a tutela dei legittimari, invece, si concentrerà l’intero successivo svolgimento poiché – come vedremo – è foriera di particolari problemi ancora insoluti nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale, al quale il presente lavoro aspira ad offrire un contributo.