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L’unica informazione sicura su Isidoro, ossia che era uno σχολαστικός, è rica- vabile dal lemma del componimento a lui attribuibile, vale a dire AP 6.58; è ancora il lemma che riporta il suo soprannome, βολβιθιώτης, sul quale sono state fatte diverse ipotesi interpretative. La più plausibile è, a mio avviso, quel- la che fa riferimento al nome medievale della città di Rosetta (Τβωλβουθίω)575, fondata sulle rovine dell’antica città di Bolbitine, situata sul ramo del delta del Nilo, il Bolbitinico, che da essa avrebbe preso il nome. Saumaise aveva elabo- rato alcune proposte di correzione tra cui Βολβαιώτης, dalla città di Bolbis in Caria576. L’emendamento più interessante è, senza dubbio, quello di Beniamino Stumpo, cui ha dato credito, in tempi recenti, anche Schulte577: Stumpo propo- se di correggere in βολβοθυότου, derivato da βολβός e θυόω, e lo interpretò come un appellativo scherzoso dei lemmatisti, alla stregua di altri che accom- pagnano i nomi dei poeti del Ciclo di Agazia, come ad esempio Leonzio “Mi- notauro”, Giovanni “Barbucallo” o Giuliano “Meteoro”.

Al di là di speculazioni di questo genere, se accettiamo l’ipotesi di un’origine egiziana del poeta potremmo notare, sulla scia delle osservazioni fatte da Four- net a proposito di Dioscoro di Afrodito578, che la personalità di Isidoro, seppur incerta e difficilmente ricostruibile nei suoi particolari, offre però un esempio importante di come all’epoca non solo Alessandria fosse un centro produttore di cultura ma anche altre città del Basso Egitto, e di come evidentemente, ac- canto alla tradizionale Tebaide, culla della poesia tardoantica, anche altri centri nell’Egitto del VI secolo alimentassero quella che, secondo Eunapio, era la mania dei suoi abitanti579; ciò porta giustamente a «ne pas trop caricaturer une opposition entre une Thébaïde poétique et une Alexandrie vouée à d'autres champs des arts libéraux»580.

Abbiamo già detto che l’unico epigramma sicuramente attribuibile ad Isidoro è AP 6.58, collocato in una breve sequenza tratta dal Ciclo (AP 6.54-59); dell’altro componimento (AP 9.11), recante nel lemma la variante ΦΙΛΙΠΠΟΥ, οἱ δὲ ΙΣΙ∆ΩΡΟΥ, possiamo escludere la paternità isidorea sulla base del fatto che non compare in una “Cycle-sequence” ma piuttosto in una serie apparte- nente alla Corona di Filippo, e perché «this epigram is very closely related to Antiphilus XXIX and Leonidas of Alexandria AP IX.12» anche se «there is no means of resolving the doubt about the ascription»581.

575 Cfr. CERP 494.

576 Cfr. Jacobs Animadv. II 3, 332; Schulte 2006, 71. 577 Ibidem.

578 Cfr. Fournet 2007, 108 n. 101. 579 Eunapio, VS 10.7.12.

580 Cfr. Fournet 2007, 108. 581 Cfr. Gow-Page 1968, II, 351.

129 AP 6.58

Endimione dedica il giaciglio, luogo della loro unione, all’amata Selene, poi- ché la vecchiaia ha oramai cancellato ogni traccia dell’antica bellezza. Fittizio componimento anatematico incentrato su un classico soggetto erotico- mitologico, la vicenda di Selene ed Endimione: l’epigramma combina altrettan- ti classici topoi del genere (e non solo), vale a dire la vecchiaia come ostacolo all’amore582 e quello della cortigiana, un tempo bellissima, che da anziana de- dica lo specchio alla divinità. Accanto al nostro si può porre Agath. AP 6.76 = 25 Vians., dove Anchise dedica ad Afrodite l’ultimo suo capello nero583: gli epigrammisti del Ciclo sembrano infatti specializzarsi nei componimenti ana- tematici su soggetto mitologico, nell’ambito del più ampio sottogenere, già el- lenistico, della dedica degli strumenti del mestiere per via della vecchiaia584. Riferimenti all’episodio mitico di Selene ed Endimione si riscontrano nella AP585 in testi di vario genere, dove la vicenda è citata come exemplum mitolo- gico: si vedano gli erotici Phld. AP 5.123 = 14 Sider e Mel. AP 5.165 = HE 4254-4259 o gli ecfrastici anon. APl 337 e Leont. APl 357, due degli epigram- mi dedicati all’auriga Porfirio586. Questi ultimi due componimenti presentano lo stesso esametro iniziale in cui appunto si paragona l’amore che la Vittoria nutre per Porfirio a quello di Selene ed Endimione, come esempio mitologico della passione tra una dea ed un mortale. In questo stesso modo la vicenda è sovente citata da Nonno nelle D., con un paio di varianti di rilievo, già presenti negli scoli ad A.R. 4.57-58: si fa riferimento, stravolgendo la trama consueta, all’insonnia di Endimione587 e al fatto che sarebbe diventato un astrologo; non è improbabile che Isidoro, col suo accenno alla vecchiaia di Endimione e all’inutilità del letto nuziale, tenga presente la versione nonniana del mito.

Λέκτρα µάτην µίµνοντα καὶ ἀπρήκτου σκέπας εὐνῆς ἄνθετο σοί, Μήνη, σὸς φίλος Ἐνδυµίων,

αἰδόµενος· πολιὴ γὰρ ὅλου κρατέουσα καρήνου οὐ σῴζει προτέρης ἴχνιον ἀγλαΐης.

582 Sulla tradizionalità del motivo poetico si veda Strat. AP 12.81 con Floridi 2007, 364. 583 Cfr. Viansino 1967, 67 nota 1, dove si ricorda la comunanza di motivi tra le due storie

d’amore mitiche: del resto esse vengono menzionate assieme nei già citati anon. APl 337 e Leont. APl 357.

584 Cfr. Rossi 2001, 131-133.

585 Non solo nell’epigrammistica greca: cfr., e.g., Anth. Lat. 33 R. = 20 Sh. B. con Pecere 1972. 586 Sul rapporto tra i due testi si veda sotto comm. a Leont. APl 357.

587 Il “sonno” di Endimione era un soggetto assai diffuso nelle arti figurative antiche, cfr.

130

Il letto che ti aspetta invano e la coperta dell’inutile giaciglio ti dedicò, Mene, il tuo amato Endimione,

che si vergogna: la vecchiaia difatti che domina su tutto il capo non salva neppure una traccia della bellezza di un tempo.

v.1 Λέκτρα µάτην µίµνοντα: λέκτρα in incipit di esametro anche, e.g., in [Orph.] Arg. 1322; Nonn. D. 35.282, 47.550. Per la posizione del participio µίµνοντα cfr. Nonn. D. 8.147. L’inizio allitterante introduce subito una nota di amarezza: la Luna non arriva più, come un tempo, a trascorrere del tempo con l’amante, entrato ormai in una stagione ― la vecchiaia ― non adatta all’amore. ἀπρήκτου σκέπας εὐνῆς: ἄπρηκτος è spesso usato, in riferimento al desiderio amoroso “frustrato”, negli epigrammi erotici, cfr. Phld. AP 5.120.3 = 26.3 Si- der; Paul. Sil. AP 5.290.6= 64.6 Vians.; anon. AP 12.145588, e in particolare quando si parla degli effetti della vecchiaia sull’amore, cfr. Strat. 12.240 = 81 Floridi Paul. Sil. AP 5.264.3 = 51.3 Vians.; analogo impiego anche in Nonn. D. 5.408, 42.382 (ἀπρήκτου φιλότητος), 42.173 (ἐπ’ ἀπρήκτῳ δὲ µενοινῇ). Per la clausola σκέπας εὐνῆς si veda Nonn. D. 32.81, 32.96.

v.2 Ἐνδυµίων: in clausola di pentametro anche in Phld. AP 5.123.6 = 14.6 Sider, Mel. AP 165.6 = HE 4259.

v.3 αἰδόµενος: è il senso di vergogna provato da Endimione di fronte al suo aspetto attuale ciò che accomuna il nostro testo agli epigrammi di dedica dello specchio: cfr. [Pl.] AP 6.1= FGE 608-611; Jul. Aegypt. AP 6.18. Il participio a inizio verso ricorre nella AP esclusivamente negli epigrammi tardoantichi, cfr. Christod. AP 2.49, 219; Theosebeia AP 7.559.4; Jul. Aegypt. APl 173.3; anon. APl 354.1: la posizione della parola è del resto amata da Nonno (26x nelle D.; nella P. solo in 4.39).

πολιή… κρατέουσα καρήνου: la movenza richiama da vicino, sul piano pu- ramente formale, Il. 2.117 e 9.24πολίων κατέλυσε κάρηνα, che si ritrova varia- to anche in Triph. 602 πολιοῖσι κατεκλίνοντο καρήνοις. Contenutisticamente c’è l’idea della canizie che ha “conquistato” il capo e lo domina completamen- te: cfr. ἰκάνει nel già citato Strat. AP 12.81.3589.

προτέρης ἴχνιον ἀγλαΐης: stesso nesso in AP 1.15.3 ἀγλαΐης προτέρης ma so- prattutto il già citato Jul. Aegypt. AP 6.18.4 τῆς πάρος ἀγλαΐης (con ἀγλαΐη che

ricorre spesso in fine di verso, soprattutto negli epigrammi tardoantichi: cfr., e.g., anon. AP 1.3.4, 1.13.2, 1.16.4; Paul. Sil. AP 5.270.4, 5.274.4, APl 78.6 =

71.4, 73.4, 28.6 Vians.; Leont. APl 283.2; Agath. AP 7.602.10, 9.154.4 = 23.10, 31.4 Vians.; anon. APl 356.4). Per ἴχνιον nella stessa sede del verso cfr.

Greg. Naz. AP 8.151.2; Maced. AP 6.70.6 = 19.6 Madden.

588 Cfr. Jacobs Animadv. II 3, 332. 589 Con Floridi 2007 ad l.

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SINESIO

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