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Il Mariano σχολαστικός, cui i lemmi di P e Pl attribuiscono sei epigrammi, è sempre stato identificato col Mariano di cui parla la Suda230, che fa menzione sia degli elementi salienti della biografia marianea sia della sua attività di meta- fraste: Μαριανός, Μάρσου δικηγόρου, τῶν ὑπάρχων Ῥώµης. Ῥωµαῖος µὲν τὸ ἀρχαῖον, µετοικήσαντος δὲ τοῦ πατρὸς Ἐλευθερόπολιν, µίαν τῶν τῆς πρώτης Παλαιστίνης, ἀπὸ ὑπάτων καὶ ὑπάρχων καὶ πατρίκιος γεγονώς, τὸ ἐπιφανέστερον, κατὰ τὸν βασιλέα Ἀναστάσιον. ἔγραψε βιβλία τοσαῦτα· Μετάφρασιν Θεοκρίτου ἐν ἰάµβοις γρν Μετάφρασιν Ἀπολλωνίου τῶν Ἀργοναυτικῶν ἐν ἰάµβοις εχη, Μετάφρασιν Καλλιµάχου Ἑκάλης, ὕµνων καὶ τῶν Αἰτίων καὶ ἐπιγραµµάτων ἐν ἰάµβοις ϛωι, Μετάφρασιν Ἀράτου ἐν ἰάµβοις αρµ, Μετάφρασιν Νικάνδρου τῶν Θηριακῶν ἐν ἰάµβοις ατο· καὶ ἄλλας πολλὰς µεταφράσεις.

Mariano dunque, trasferitosi nella provincia di Palaestina Prima al seguito del padre, “fiorì” (questo il significato di γεγονώς nella Suda) all’epoca dell’imperatore Anastasio (491-518 d.C.) ricevendo vari titoli, verosimilmente onorifici231 (il nome di Mariano non compare nei fasti consulares), e traspo- trasponendo in giambi i principali prodotti della poesia ellenistica.

Cinque dei testi marianei costituiscono un corpus coerente dedicato a luoghi della città di Amasea, nel Ponto, probabilmente scritto in un periodo in cui la città era al massimo dello splendore: si potrebbe pensare che a Mariano, forse in qualità di wandering poet, venne commissionata la composizione del gruppo di epigrammi, vero e proprio unicum all’interno della AP: se infatti troviamo all’interno dell’Anthologia altre serie di carmi tutti incentrati sullo stesso sog- getto, non è invece riscontrabile un altro gruppo di epigrammi, dello stesso au- tore, celebrativi di un “complesso” suburbano come quello di Amasea. Il “ci- clo” di Amasea è di datazione imprecisata: non così l’altro epigramma ascritto a Mariano, AP 9.657. Secondo le ricerche dei Cameron232, questo componi- mento, riguardante la costruzione del palazzo dei Sofiani da parte dell’impe- ratore Giustino II (565-578 d.C.), ha come terminus circa quem per la compo- sizione il 566/567 d.C.: ora, se diamo retta al lemma di attribuzione e alla tra- dizionale identificazione dell’autore col Mariano della Suda, dovremmo pensa- re ad un poeta ultraottantenne all’epoca della composizione di AP 9.657; per dirla in altri termini, coi Cameron, se il Mariano della Suda fosse l’autore di AP 9.657, non sarebbe stato, sotto Anastasio, vecchio abbastanza da ricevere cari-

230 Suda µ 194 Adler.

231 Cfr. PLRE II s.v. Marianus 3.

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che, seppur onorifiche233. Dando credito a Giovanni Zonara, che riporta AP 9.657 ascrivendolo ad Agazia, tornerebbe possibile, in termini cronologici, ri- conoscere in Mariano di Eleuteropoli almeno l’autore della serie su Amasea ma rimarrebbe il problema dei lemmi: si osservi infatti che il Mariano della AP non viene mai designato nei lemmi col nome di una delle sue cariche (come avviene, ad esempio, nel caso di Macedonio234). È stato spesso detto, a ragione, che l’attribuzione di Zonara sia dovuta a confusione, per il fatto che «lo storico avesse a disposizione una copia del Ciclo e pertanto ritenesse opera di Agazia tutti gli epigrammi che vi leggeva»235; oltre a ciò, al momento possiamo sicu- ramente attribuire AP 9.657 a Mariano sulla base della silloge di epigrammi contenuta nel ms. Marc. Gr. Cl. XI 31, che assegna il componimento appunto a Mariano, come i lemmi di P e Pl236.

Ma quale Mariano? Alla luce di tutte le considerazioni che abbiamo fatto l’unica altra strada237, già battuta e condivisibile, è quella di pensare ad un Ma- riano σχολαστικός altrimenti sconosciuto, autore di tutti gli epigrammi a lui attribuiti in P e Pl e contemporaneo di Agazia, escludendo del tutto la possibili- tà che l’autore degli epigrammi sia il Mariano menzionato dalla Suda238. Sulla vita dell’epigrammista, cui Merkelbach e Stauber propongono l’attribuzione anche di anon. AP 9.666 = SGO 11/07/06, possiamo ricavare (lo vedremo nel commento) informazioni dai testi, come il rapporto con la città di Amasea, l’ “infarinatura” di neoplatonismo239, la probabile conoscenza di testi latini240.

233 Cfr. Cameron-Cameron 1966a, 17. 234 Cfr. Geiger 2009, 114.

235 Cfr. Valerio 2014, 109 e n.293. 236 Ivi, 107-108.

237 Quella seguita, oltre che dai coniugi Cameron nei loro lavori “indipendenti” sopra citati del

1967 e del 1993, anche dada PLRE IIIb, s.v. Marianus 1, 829; Merkelbach-Stauber 2001, 372: «Da der im Suida-Lexicon genannte Marianos in Iamben geschrieben hat, dürften die Epigramme aus Amaseia von dem zweiten Marianos stammen, der unter Justin II. Lebte». Anche Schulte 2006, 45 pensa ad un altro Mariano.

238 Questa è oggi l’opinione corrente presso gli studiosi, riassunta ora da Geiger 2009, 113

assieme alle informazioni biografiche che abbiamo riportato.

239 Su cui vd. Merkelbach-Stauber 2001, 367, anche se non pare comprensibilela meraviglia dei

due studiosi nel notare che il “platonismo” marianeo si colloca «zu einer Zeit, zu welcher das Christentum schon seit fünf Generationen die Staatsreligion des römischen Reiches war».

240 Del resto anche nel caso di Mariano di Eleuteropoli si può postulare una buona conoscenza

della filosofia neoplatonica anzi, proprio la sua permanenza nella cittadina palestinese potrebbe averlo messo in contatto con la scuola retorica di Gaza dove, notoriamente, il neoplatonismo era professato e studiato; a maggior ragione poi, nel suo caso, la conoscenza della lingua latina sarebbe comprovata dall’aver trascorso una parte dell’esistenza proprio in Occidente: per la vicinanza dell’opera di mariano di Eleuteropoli con le metafrasi giambiche tardoantiche latine cfr. Geiger 2009, 115-116, con le importanti aggiunte e precisazioni di Agosti 2015b.

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AP 9.626 = Busch 1999, 362 = SGO 11/07/03 = Robert 1948, 77241

Eziologia delle caratteristiche di un bagno: è lo stesso in cui il dio Ἔρως pre- parò un lavacro per la madre.

La sezione del nono libro della AP dedicata ai bagni termali è molto ampia ed è stata indagata in dettaglio, da ultimo, da Stephen Busch242: la descrizione di bagni e terme è uno dei soggetti preferiti dai poeti del Ciclo e si inserisce nella tendenza all’ἔκφρασις di edifici e luoghi cittadini, tramite la celebrazione dei quali, convenzionalmente popolati da figure mitologiche che ne garantiscono la piacevolezza, implicitamente si esalta il committente del restauro o della co- struzione243; in questo caso, come abbiamo già sottolineato e come recita il lemma, il bagno, denominato “Amore” appartiene alla città di Amasea e i versi di Mariano sono ispirati proprio dal nome del complesso termale: il poeta spie- ga così l’eziologia della fonte calda e profumata di Amasea con due episodi legati al dio244.

AP 9.626 è il primo della coppia dedicata alle terme di “Amore”: la seconda coppia, come vedremo, sarà incentrata su un giardino con lo stesso nome, per finire poi con un componimento su una statua del dio: il fil rouge scelto dal po- eta è chiaro e costituisce la peculiarità di questo canzoniere in miniatura245. Bisogna altresì osservare che era consueto denominare i bagni, specie quelli di piccole dimensioni, col nome del dio Eros al fine di sottolinearne la piacevo- lezza, si veda ad esempio, sempre nel Ciclo, Leonzio AP 9.614 = Busch 1999, 314246; per quanto riguarda invece il tema di questo primo componimento gli editori moderni hanno portano a paragone Anth. Lat. 270-71 R.2 = 264-65 Sh.- B. su Baia ed Epigr. Gr. 810 Kaibel = IG XIV 889 = Geffcken 348 (un’iscrizione sui bagni di Sinuessa in Campania); assai simile anche la serie cosiddetta sulle “Acque Materne” di Epigr. Bob. 1, 38 e soprattutto 58 Speyer: del resto «Dass Amor beim Schwimmen das Wasser in Brand setzt, ist ein Mythologumenon, das auch mit den heissen Quellen von Baiae verbunden auf- tritt. Venus verweist hierauf, ohne dass Amor abgebildet gewesen sein muss.»247; oltre a questo, altrettanto tradizionale risulta il tema della divinità

241 Si tratta di un banale errore l’attribuzione, da parte di Robert, del componimento e del

successivo a Macedonio.

242 Cfr. Busch 1999.

243 Cfr. Robert 1948, 75-86; Dunbabin 1989, 12-13. 244 Cfr. Busch 1999, 362.

245 Ibidem; come sottolinea giustamente Busch l’associazione bagno-parco non è infrequente:

ne troviamo esempi in singoli componimenti (cfr. anon. AP 9.680 = Busch 1999, 307-308;

ISalamis 47 = Busch 1999, 192) ma, ripetiamo, il “ciclo” di Amasea non ha paralleli.

246 Cfr. anche anon. AP 9.611 = Busch 1999, 312 e anon. AP 9.784 = Busch 1999, 313; con

questi stessi esempi già Robert 1948, 80.

247 Cfr. Busch 1999, 348; lo studioso (ivi, 345-364) analizza tutti i componimenti che abbiamo

citato in qualità di esempi di testi incentrati sull’eziologia dei bagni e delle loro fonti d’acqua calda.

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(Afrodite e le Cariti) che imprime una speciale caratteristica alle acque del ba- gno248. Il componimento è tramandato anche dalla c.d. Silloge Parisina o Cra- meriana249. Μητέρα Κύπριν ἔλουσεν Ἔρως ποτὲ τῷδε λοετρῷ αὐτὸς ὑποφλέξας λαµπάδι καλὸν ὕδωρ. ἱδρὼς δ᾿ ἀµβροσίοιο χυθεὶς χροὸς ἄµµιγα λευκοῖς ὕδασι, φεῦ, πνοιῆς ὅσσον ἀνῆψεν ἔαρ· ἔνθεν ἀεὶ ῥοδόεσσαν ἀναζείουσιν ἀυτµὴν 5 ὡς ἔτι τῆς χρυσῆς λουοµένης Παφίης.

Eros una volta lavò la madre Cipride in questo bagno dopo che aveva riscaldato la bella acqua con la fiaccola.

e il sudore colando dalla pelle divina assieme alle limpide acque oh, quale primavera di profumo fece esalare!

Da allora sempre ne scaturisce una fragranza di rosa come se ancora l’aurea Pafia si stesse lavando.

v.1 Μητέρα Κύπριν: per l’attributo, consueto per Afrodite, cfr., e.g., Nonn. D. 33.42; Procop. ethop. 3.19-20, 95 Garzya-Loenertz = 6 Amato: µήτηρ ἐγενόµην Ἐρώτων; Ovid. Am. 3.1.43.

τῷδε λοετρῷ: la forma poetica del sostantivo ricorre molto spesso in clausola esametrica250, soprattutto nei componimenti epigrammatici dedicati, ovviamen- te, ai bagni: cfr., e.g., Leont. AP 9.614.1, 9.624.1 (nello stesso caso del nostro). v.2 ὑποφλέξας λαµπάδι: la prima attestazione del composto verbale è in Greg. Naz. carm. 2.1.88.96251, dove ha come oggetto il vino: in epoca bizantina il verbo viene usato in contesti erotici, come già φλέγω in epoca classica ed elle- nistica: si vedano, ad esempio Theod. Prodr. Rhod. Dos. 3.491, ma soprattutto Manuele File de anim. 2.165 Lehrs Ἔρως ὁ δεινὸς ἀκρατῶς ὑποφλέγων e The- odorus Hexapterygus Rhet., Progymnasmata 5.38 ὁ γὰρ λαµπαδοῦχος ἔρως καὶ ὑποφλέγων;. L’azione di Eros come “Badedieners”252 (per cui vd. Epigr. Gr. 810.10 Kaibel παῖς ἐµός ἅς καίει σὺν πυρὶ νηχόµενος; Anth. Lat. 271.2-3 R.2 = 265.2-3 Sh.- B. Illa (scil. Venere) natare lacus cum lampade iussit Amorem |

dum natat, algentes cecidit scintilla per undas; Epigr. Bob. 58.1 Speyer Has

Amor incendit lymphas) ricalca quella consueta, volta a suscitare la passione

amorosa: φλέγω è tradizionalmente usato per il divampare del sentimento e la torcia è strumento erotico indispensabile e altrettanto tradizionale.

248 Non solo testi tramandati nella AP: vd. su questo Robert 1948, 80; Dunbabin 1989, 12-32,

passim; Busch 1999, 289-292.

249 Su cui si veda Cameron 1993, 217 ss.; Maltomini 2008, 29 ss. 250 Cfr. ad esempio Nonn. P. 5.8 con Agosti 2003 ad l.

251 Cfr. Schulte 2006, 47. 252 Cfr. Busch 1999, 363.

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καλὸν ὕδωρ: iunctura apparentemente banale ma che ha dei precedenti illustri, come ad esempio Thgn. 961; Theocr. 1.118; Arat. 217.

v.3 ἱδρὼς… χυθείς: possiamo pensare alla presenza di una statua della dea, assieme a quella di Eros, nel bagno termale, come nell’epigramma di Sinues- sa253: manca qui, ovviamente, ogni riferimento al prodigio della statua che su- da, omen negativo come in Posidipp. 30 A.-B.

Incipit di esametro con ἱδρώς in Il. 5.796; Q.S. 4.355, 6.111; il participio in questa stessa posizione metrica in Nonn. D. 8.245, 10.359, 21.180; Christod. AP 2.101 (proprio la descrizione, la seconda, della statua di Afrodite: qui χυθεὶς è riferito al cinto, che la dea si metterebbe intorno al collo).

ἀµβροσίοιο… χροός: ἀµβρόσιος, come è noto, nell’epica è epiteto di tutto ciò che riguarda la divinità254: così è anche in epoca tardoantica, non solo in conte- sti “classicheggianti” come il nostro (oppure, e.g., Q.S. 2.623) ma anche, ad esempio, in Nonn. P. 4.13, dove riferito, col tipicamente tardo fenomeno dell’Usurpation, ai piedi del Cristo (nella stessa sede metrica del nostro; stesso nesso, ma al plurale, in P. 9.173, 11.113)255; si veda anche Paul. Sil. Soph. 327, 590, 613.

ἄµµιγα: seguito dal dativo è una clausola esametrica molto diffusa da Apollo- nio Rodio in poi: cfr., e.g., A.R. 1.573, 2.983, 3.1405; Nic. Alex. 548; [Orph.]

Lith. 502; [Man.] 4.458; Greg. Naz. carm. 1.2.1.633; Jo. Gaz. 1.195; Theaetet.

AP 7.444.3; Jo. Barb. AP 9.425.1.

vv. 3-4 λευκοῖς ὕδασι: per il nesso di provata caratura poetica, oltre ai paralleli segnalati da Beckby (Il. 23.282 χαιτάων κατέχευε λοέσσας ὕδατι λευκῷ e Diod. AP 7.40.3 = GPh 2168), aggiungiamo Od. 5.70; Hes. Op. 739; Thgn. 448; Aesch. Supp. 23; Eur. Hel. 1336a, IA 1294; Call. fr. 546.2 Pf.; Batr. 81; D.P. 626, 774; [Orph.] H. 59.3; Nonn. D. 16.371, 22.365, 29.292; Q.S. 10.136. v.4 φεῦ͂, πνοιῆς ὅσσον ἀνῆψεν ἔαρ: sulla scorta di Iul. Aegypt. AP 7.599.2 φεῦ, Χαρίτων ἐξαπόλωλεν ἔαρ (nella stessa posizione metrica del nostro) Ja- cobs256 interpreta giustamente il nesso πνοιῆς… ἔαρ come vim odoris, nello stesso senso di Antip. Sid. AP 7.29.3 = HE 272; Jul. Aegypt. AP 7.601.1; anon. AP 7.12.1257. Normale φεῦ come esclamazione di stupore, al contrario del già citato pentametro di Jul. Aegypt.; ἀνῆψεν varia, letteralmente, ὑποφλέγω. v.5 ἀναζείουσιν ἀυτµήν: per ἀναζείω cfr. Livrea a A.R. 4.391: il verbo ζείω e i suoi composti, oltre che ai liquidi, sono spesso usati in riferimento alla pas- sione e non escludo che anche qui giochi il solito double entendre caro agli e- pigrammisti per cui Cipride fa ribollire di passione come fa bollire, col suo la-

253 L’epigramma era inciso su una statua di AfroditeἈναδυοµένη, cfr. Busch 1999, 346-347. 254 Cfr. LSJ s.v.

255 Cfr. Caprara 2005 a Nonn. P. 4.13, 155. 256 Cfr. Jacobs Animadv. II 3, 402.

257 Cfr. ThGL IV 1, s.v.ἔαρ : Quibus locis capiendum eodem modo ut ἄνθος in phrasi χαρίτων

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vacro, le acque del bagno258; in questo verso agisce non solo la memoria del già citato verso apolloniano ma anche, e soprattutto, la clausola di A.R. 1.734 µαλεροῖο πυρὸς ζείουσαν ἀυτµήν (detto della folgore di Zeus).

ῥοδόεσσαν: i commentatori moderni ricordano la testimonianza di Plinio e di Eliano su una fonte profumata grazie al bagno di Era259: nel nostro caso l’odore è quello della rosa, il fiore legato ad Afrodite ed associato alla stagione prima- verile260. L’aition che dà ragione del profumo percepibile dai frequentatori del bagno trova il suo corrispettivo nelle dialexeis retoriche: non si può qui non ricordare la dialexis sull’origine della rosa di Procopio di Gaza (3 Amato), di- venuta rossa perché macchiata dal sangue di Afrodite che si ferì nel tentativo di soccorrere Adone (in Philostr. ep. 1 il fiore è Ἀφροδίτης βαφήν). L’epiteto ῥοδοδάκτυλον si trova riferito proprio alla dea, cfr. Colluth. 99261 ed è, del re- sto, ampiamente usato da Giorgio grammatico nelle sue anacreontee dedicate ad Afrodite, si veda ad esempio 2.33, 3.62 Ciccolella. Per la sede metrica dell’aggettivo ῥοδόεσσαν cfr., e.g., Theocr. 2.148; Nonn. D. 18.353; 40.414262; Dionisio sofista AP 5.81.1 = FGE 155.

v.6 χρυσῆς… Παφίης: leggera variatio della classica iunctura omerica χρυσῆ Ἀφροδίτη per cui cfr., e.g., Il. 19.282, 22.470, 24.699, Od. 4.14; Cypria fr. 5.4 Bernabé; Mimn. fr. 1.1 IEG; Nonn. D. 2.603, 13.358, 24.314, 34.119, 42.417; Christod. AP 2.99 e, in ambito latino, Verg. Aen. 10.16; Ovid. Met. 10.277; Auson. Cupido 88; Claud. Hon. nupt. 74. Come in tutti questi esempi l’epiteto è, ovviamente, esornativo: anche nel caso di epigrammi epigrafici riferentisi a reali immagini della dea, come il citato Cristodoro263, non c’è necessità alcuna di immaginare l’eventuale statua come fatta d’oro.

AP 9.627 = Busch 1999, 363 = SGO 11/07/04

Ancora sul bagno “Amore”: il racconto eziologico delle acque calde del ba- gno termale e delle Ninfe ad esso preposte.

Come sovente accade per le coppie di epigrammi, il secondo riprende la tema- tica del primo aggiungendo particolari nuovi, in una sorta di “riscrittura” cum

variatione, tipica dell’epigramma.

In APl si riscontra, all’interno della sezione dedicata alle immagini di divinità, una serie di componimenti sull’Eros dormiente, in alcuni dei quali è sviluppata

258 Per un’idea simile cfr. la chiusa di Anth. Lat. 270.4 R.2 = 264.4 Sh.-B.: quicumque natavit,

amavit.

259 Cfr. Plin. Hist.Nat. 31.3.22; Aelian. NA 12.30.

260 Per gli specifici odori legati alle divinità in poesia cfr. Lilja 1972, 25-30, in particolare 28

per Afrodite.

261 Con Livrea 1968 ad l.

262 Dove l’epiteto vale “luminoso” in riferimento allo sguardo; stesso significato in Nonno in

riferimento al carnato (11.245) o ai raggi solari (27.12), cfr. Gigli 2003, 861.

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l’idea che la potenza del dio non si placa neppure quando egli è addor- mentato264. I paralleli migliori per il tentativo di vendetta del nostro epigramma però, anche stavolta, si trovano nella produzione poetica latina. Sembra infatti che Mariano riadatti265, come spunto incipitario, la situazione descritta dal poe- ta Modestino in Anth. Lat. 273 R.2 = 267 Sh.-B. De Amore, che, a sua volta, avrebbe tratto ispirazione dal Cupido cruciatus ausoniano266; notevole è pure la vicinanza con Anth. Lat. 873b R.2, dove è Venere che cerca di vendicarsi del figlio267; se, da una parte, è impossibile stabilire rapporti cronologici tra tutti questi componimenti, dall’altra è importante sottolineare come anche in questo caso, analogamente ad AP 9.626, l’idea che sta alla base di tutti questi testi ab- bia trovato una particolare fortuna in epoca tardoantica.

Il componimento è nettamente diviso in tre parti distinte: nella prima è descritta la situazione di partenza, nella seconda compare il discorso delle ninfe e nella terza il capovolgimento della situazione e l’eziologia della sorgente termale e del soprannome delle Ninfe che la presiedono268.

La fortuna di cui questo epigramma ha goduto nell’occidente moderno è enor- me: numerosi sono i rifacimenti e le traduzioni latine di questo testo, sino ad approdare ai due sonetto pseudo-shakespeariani 153 e 154 che ripropongono, a loro volta, una variazione sul tema269.

Τᾷδ᾿ ὑπὸ τὰς πλατάνους ἁπαλῷ τετρυµένος ὕπνῳ εὗδεν Ἔρως Νύµφαις λαµπάδα παρθέµενος. Νύµφαι δ᾿ ἀλλήλῃσι· “Τί µέλλοµεν; αἴθε δὲ τούτῳ σβέσσοµεν,” εἶπον, “ὁµοῦ πῦρ κραδίης µερόπων”. λαµπὰς δ᾿ ὡς ἔφλεξε καὶ ὕδατα, θερµὸν ἐκεῖθεν 5 Νύµφαι Ἐρωτιάδες λουτροχοεῦσιν ὕδωρ v.1 τετυµµένος P πεπεδηµένος Pl em. Brunck

264 Cfr. Stat. Flacc. APl 211 = GPh 3863-3868, Alph. APl 212 = GPh 3578-3583; si veda anche

App. Anth. 3.170 e, all’interno del Ciclo, Gabriel. APl 208.

265 O viceversa: la cronologia relativa dei due poeti è impossibile da stabilire. 266 Cfr. Mondin 2005, 342-344.

267 Cfr. Busch 1999, 364. 268 Ibidem.

269 Non dimentichiamo che, prima del ritrovamento del codice palatino, APl è stata, per secoli,

l’unica Anthologia Graeca conosciuta al grande pubblico in occidente; cfr. Hutton 1941, 385- 403.

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Qui sotto i platani sfinito da un dolce sonno Eros riposava, avendo affidato la torcia alle Ninfe.

Le Ninfe dissero le une alle altre: “Che cosa aspettiamo? Oh se assieme a que- sta potessimo spegnere anche il fuoco del cuore dei mortali.”

Ma poiché la torcia scaldò anche le acque, da quel momento in poi le Ninfe Amorine versano l’acqua calda per il bagno.

v.1 Τᾷδ᾿ ὑπὸ τὰς πλατάνους: sin da Omero, e poi col Fedro platonico, il pla- tano è presente nel repertorio di immagini poetiche tipicamente ellenistiche come elemento cardine del locus amoenus sotto al quale è possibile trovare ristoro e simbolo del “paesaggio” filosofico270. Per l’incipit cfr. anon. AP 10.12.1 = FGE 1388, contenente appunto un invito al passante a ristorarsi. ἁπαλῷ τετρυµένος ὕπνω: ; il participio è correzione di Brunck per il tradito τετυµµένος di P; per questo e per tutto l’attacco situazionale del componimento si veda, e.g., Anite APl 228.1 = HE 734 Ξεῖν’, ὑπὸ τὰν πτελέαν τετρυµένα γυῖ’ ἀνάπαυσον. Planude, difronte alla lezione priva di senso dei suoi antigrafi ha corretto inserendo una clausola assai nota (per cui cfr., ad esempio, Nonn. D. 17.1271) e presente, nel suo modello, a poca distanza, vale a dire nel precedente [Pl.] APl 210.5. Si confrontino il parallelo quasi ad verbum costituito da Anth. Lat. 273.1 R.2 = 267.1 Sh.-B. Forte iacebat Amor victus puer alite somno;

Anth. Lat. 873b.2 R.2 Fessus Amor somnum murmure captus aquae.

vv. 3-4 αἴθε…σβέσσοµεν: αἴθε è la “common late form”272; la sintassi insolita è giustificata con l’uso nonniano273. Per tutto il discorso delle Ninfe cfr. Paul. Sil. AP 5.279.3-4 = 57.3-4 Vians. αἴθε δὲ καὶ κραδίης πυρσὸς συναπέσβετο λύχνῳ | µηδέ µ’ ὑπ’ ἀγρύπνοις δηρὸν ἔκαιε πόθοις, dove il desiderio di placare la passione amorosa, simboleggiata dalla lucerna, è lo stesso che muove la vendetta delle Ninfe; una “fiamma” d’amore preferibile a questa sarà presenta- ta da Mariano in APl 201.

v.6 Νύµφαι Ἐρωτιάδες: ἅπαξ; questa tipologia di Ninfe, “Amorose” o “Amo- rine”, addette all’acqua calda del bagno “Amore”, non sono altrimenti note: Mariano chiude il componimento con l’eziologia della nuova categoria di Nin- fe, inventandone il nome ex novo da quello del bagno. Il nostro hemiepes si rifà ad Od. 13.356; Colluth. 1274.

λουτροχοεῦσιν: il composto verbale ricorre solo qui: esso deriva dall’epiteto λουτροχόος, che in Omero designa una volta lo schiavo addetto a versare l’acqua per il bagno (Od. 20.297), altrimenti il tripode in cui l’acqua veniva

270 Cfr. Hardie 1997, 27-30.

271 Non mancano esempi di clausole affini, come ad esempio Il. 10.2, 24.678 µαλακῷ

δεδµηµένοι ὕπνῳ, sulla base delle quali Jacobs (Animadv. II 3, 402) propose ἁπαλῷ δεδµηµένος ὕπνῳ anche per il nostro testo.

272 Cfr. Baldwin 1985, 71; Cameron 1973, 84. 273 Cfr. Keydell 1959, 73-74*.

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scaldata in vista della preparazione del lavacro (Il. 18.346; Od. 8.435); in Cal- limaco (Lav.Pall. 1 e 15) esso compare in riferimento alle donne argive che devono officiare la cerimonia, designando così da subito il loro compito275. Mariano chiude con una nota solenne che specifica il ruolo delle Ninfe all’interno del bagno “Amore”: potremmo anche pensare all’effettiva presenza di immagini di ninfe sulle strutture del calidario.

AP 9.668 = SGO 11/07/01

Descrizione del parco chiamato “Amore”: esso ha, a tutti gli effetti, le caratte- ristiche tipiche del locus amoenus e chiunque gli passi davanti è invitato ad entrare e a goderne la bellezza.

Sempre all’interno del “ciclo” di Amasea incontriamo la coppia di componi- menti dedicati al parco suburbano della città, che porta lo stesso nome del ba- gno termale. I testi si inseriscono in una nutrita serie ecfrastica su parchi e giardini, di cui diversi esempi sono ascrivibili a poeti tardoantichi276.

Jacobs, a suo tempo, individuò nell’epigramma pseudo-teocriteo AP 9.437 il modello per il testo di Mariano, ma in realtà, più in generale, bisogna notare che la descriptio loci rientrava nel genere degli esercizi retorici praticati a scuo- la e questo fa, sostanzialmente, Mariano componendo un epigramma longum, anche se di lunghezza minore rispetto al modello; è un locus amoenus “non stagionale”277 quello di Mariano anche se, in virtù dell’apertura caratteristica dei poeti tardi verso altri generi di poesia, esso risente delle descrizioni retori- che della primavera altrettanto in voga all’epoca278, anche perché, essendo la primavera, per consuetudine, “la stagione dell’amore”279, essa si prefigurava come la scelta migliore per l’ekphrasis di un giardino dedicato proprio a quel dio. Un valido confronto con un componimento in cui, similmente, il locus

amoenus è connotato dalle caratteristiche della primavera, si può istituire con

l’Amnis (carm. 1 Mattiacci) di Tiberiano.

Nel caso dei poeti del Ciclo inoltre l’ispirazione poetica deriva, ancora una vol- ta, dalla volontà di celebrare in versi280, spesso su commissione, un luogo reale attraverso gli strumenti dell’ἔκφρασις, con tutte le possibilità immaginifiche che essa comporta: nei versi del poeta il luogo descritto si popola, ad esempio,

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