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Averil e Alan Cameron per primi590 hanno identificato il Sinesio autore di APl 267 con il personaggio celebrato da una statua e dai versi di Giovanni Barbu- callo che ne commemorano le doti in campo militare e giuridico591. La batta- glia cui questo giurista avrebbe preso parte sarebbe quella del 540 d.C., durante l’avanzata di Cosroe in Siria592. La composizione di APl 38 da parte di Gio- vanni Barbucallo presuppone una presenza ancora in situ della statua cui l’epigramma fa riferimento, e quindi permette di fissare un valido terminus an-

te quem per Sinesio e per la dedica della statua al 551, anno del disastroso si-

sma che distrusse, tra le altre, proprio la città sede della famosa scuola di dirit- to. Il nostro Sinesio, stando all’identificazione dei Cameron, sarebbe stato allo- ra σχολαστικός a Berito, e qui egli avrebbe dato prova anche del suo valore mi- litare meritandosi, dopo i fatti del 540, un’effigie commemorativa; dopo il 551 si perdono le sue tracce ma si può ipotizzare, da APl 267, che si sia trasferito nella capitale dell’impero.

L’attività poetica di Sinesio si concretizza in un componimento epigrafico, composto su commissione, che accompagnava una statua di Ippocrate, fatta erigere col permesso della municipalità cittadina, da Eusebio di Bisanzio, per onorare la propria attività di esegeta delle opere ippocratiche593.

APl 267

Una raffigurazione di Ippocrate, interrogata, rivela che il suo dedicante è Eu- sebio di Bisanzio, studioso delle opere ippocratiche che riceve così ben più o- nore che se avesse fatto erigere un’ immagine di se stesso.

Sulla tradizionale forma dialogica dei componimenti epigrafici abbiamo già avuto modo di soffermarci: qui Sinesio nobilita il suo testo rifacendosi dichia- ratamente al modello ormai classico per questo tipo di componimenti, vale a dire Posidipp. APl 275 = 142 A.-B.: notiamo dunque «uno degli aspetti che ca- ratterizza più decisamente l’epigrafia in versi dei secc. IV-VI», vale a dire «l’ampliamento delle possibilità offerte dal dialogo fra un enunciatore ed un enunciatario e soprattutto l’estensione di tale dialogo alla sfera degli epigrammi celebrativi e a quelli dell’epigrafia monumentale»594. Tale ampliamento fa sì che dalla veste ellenistica del dialogo, sfruttata per i nuovi intenti encomiastici

590 Cfr. Cameron-Cameron 1966a, 12.

591 Cfr. PLRE IIIb s.v. Synesius 2, 1213; Calderini 1993, 93 ss.: la PLRE sottolinea come la

menzione delle capacità militari e giuridiche del laudandus nell’epigramma del Barbucallo sia «an unusual combination»: vd. sotto il comm. all’epigramma.

592 Cfr. CAH XIV, 75; Procop. Pers. 2.9-10. 593 Cfr. PLRE IIIa s.v. Eusebius 1, 467. 594 Cfr. Agosti 2010b, 168 (cvo. suo).

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emerga inoltre, quale giustificazione della rappresentazione e del testo che l’accompagna, l’importanza cruciale che, in quest’epoca riveste l’idea della preservazione del “libro”, per cui chi si dedica a questa attività è degno di rice- vere i massimi onori595. Il testo apre, in Pl, una serie di epigrammi dedicati alle figure-simbolo della medicina greca, che in epoca tardoantica viene “traghetta- ta”, grazie all’allestimento di traduzioni e commentari, verso la sopravvivenza in mani latine e arabe596.

Ὁππόθεν ὁ στήσας; —“Βυζάντιος.” —Οὔνοµα δὴ τίς; — “Εὐσέβιος.” —Σὺ δὲ τίς; —“Κώιος Ἱπποκράτης.” — Τοῦ δ’ ἕνεκεν γέγραφέν σε; —“Λόγων χάριν ἡ πόλις αὐτῷ τῶν ἐς ἐµὲ γραφίδων ἀντιδέδωκε γέρας.” — Καὶ τί µὴ αὐτὸς ἑὸν τύπον ἔγραφεν; —“Ὅττι γεραίρων 5 ἡµέας ἀνθ’ αὑτοῦ κρέσσονα δόξαν ἔχει.”

Da dove proviene il dedicante? ― “Da Bisanzio” ― Il suo nome? “Eusebio” ― E tu chi saresti? ― “Ippocrate di Cos.”.

E per quale motivo ti ha fatto rappresentare? ― “La città gli ha conferito il dono della mia immagine in cambio dei suoi scritti.”

E perché non ha fatto rappresentare una sua effigie? ― “Perché onorando me al posto suo ne ricava una fama maggiore”.

vv.1-2: È consuetudine, sin dall’epoca ellenistica, che il tipo dell’ekphrasis dialogata sia utilizzato per esprimere e spiegare il significato recondito della rappresentazione, soprattutto nel caso di opere allegoriche597: l’esempio più famoso e studiato di questo è la statua lisippea di Kairos descritta dai versi di Posidipp. APl 275 = 142 A.-B., modello dichiarato del nostro598. La derivazio- ne posidippea è infatti segnalata dalla ripresa delle identiche domande (Οὔνοµα δὴ τίς; / Σὺ δὲ τίς; ), nelle stesse posizioni dei due versi, cfr. Posidipp. APl 275.1-2 = 142.1-2 A.-B.: nel nostro caso ― come vedremo ― il concetto che si vuole esprimere è quale sia e che valore abbia il vero γέρας per Eusebio. Κώιος Ἱπποκράτης: per la clausola cfr. anon. APl 269; si veda anche Posi- dipp. 63.10 A.-B. Κῷος ἀνήρ, il celebre ritratto di Filita.

595 Fondamentale su questo Agosti 2010a.

596 Per la situazione della medicina in epoca tardoantica cfr. Nutton 20132, 299-317. 597 Cfr. Prioux 2007, 137-138.

598 Cfr. Prioux 2007, 218 ss.; per gli esiti latini della figura del Kairos nell’epigramma cfr.

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v.3 Λόγων χάριν: sulla base di questo la PLRE definisce Eusebio retore e l’immagine di Ippocrate «a reward for his oratory»599; Agosti600 pensa invece, a ragione, ad opere di carattere filologico-esegetico come dei commentari. v.4 γραφίδων ἀντιδέδωκε γέρας: abbiamo già notato la predilezione per i composti in ἀντι- nel caso di Teeteto: qui il composto indica la reciprocità dell’onore, dato e ricevuto; come verrà chiarito nel distico successivo infatti, «per il filologo il γέρας più alto è costituito dall’immagine del ʽsuoʼ autore»601. Per il valore di γραφίς al plurale nel senso nonniano di “quadri, dipinti” cfr. Agath. AP 4.4.1 = 3.1 Vians.602, ed è così che va intesa questa immagine di Ip- pocrate dunque, non come una statua.

v.5 κρέσσονα δόξαν ἔχει: vana sarebbe stata la gloria derivante da un’immagine personale dunque, di certo, da rifuggire, come spiega Agazia stesso proprio nel secondo proemio al Ciclo603. La chiusa ed il messaggio gene- rale del nostro epigramma rientra nel notissimo topos dell’opera letteraria che è in grado di eternare la fama del suo autore più efficacemente e a lungo rispetto alla precaria materialità dell’arte: nel codice espressivo dell’ekphrasis epi- grammatica il testo ha il compito di dar voce all’immagine di Ippocrate e farle esprimere il principio che la statua, muta realtà materiale, non sarebbe in grado di veicolare604.

599 Cfr. PLRE IIIa, 467; similmente anche Jacobs Animadv. III 1, 18: «Eloquentem fuisse, ex

hoc ipso carmine apparet; sed quid fuerit, quod Hippocratem inprimis imaginis honore dignaretur, ignoramus». Per epigrammi epigrafici dedicati a retori e sofisti si veda Robert 1948, 94 ss.; Puech 2002, che non riporta il nostro testo.

600 Cfr. Agosti 2010a, 20. 601 Ibidem.

602 Cfr. le osservazioni di Mango 1986a.

603 Cfr. Agath. AP 4.4 = 3 Vians.; cfr. Agosti 2010a, 17. Per la corretta interpretazione di

questo testo si veda Magnelli 2008a.

604 Cfr. Mattiacci 2013 passim (soprattutto 209 n. 11 sul motivo oraziano dell’Exegi monumen-

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