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Gli istogrammi, questi sconosciuti

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Di Nicola Martello

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dell’istogramma, in conseguenza dell’elevato numero di pixel molto chiari (FFiigg.. ❸).

Ancora, una fotografia in controlu-ce – in cui una parte della foto è ri-dotta a una silhouette nera e il re-sto è molto chiaro – avrà un ire-sto- isto-gramma a sella, con le colonne ac-cumulate a sinistra e a destra, e quasi del tutto assenti al centro, nell’area corrispondente alle mez-ze luci (FFiigg.. ❹).

È importante che nell’istogram-ma le colonne vicino agli estremi siano decisamente ridotte, poiché corrispondono a zone completa-mente nere o bianche, in cui i dettagli sono andati completa-mente perduti. Sebbene la regola generale affermi che una foto ben bilanciata debba avere un istogramma più o meno unifor-me, ci sono alcuni casi che fanno eccezione.

I fotografi più esperti sanno che i n a l c u n e s i t u a z i o n i è m e g l i o esaltare o smorzare la luminosità della scena, per produrre foto che sono definite, rispettivamente, sulle basse luci o sulle alte luci.

Ad esempio, in un’inquadratura in cui il soggetto è bianco e lo sfondo è un campo innevato, de-vono dominare le alte luci, altri-menti la neve apparirebbe gri-giastra (FFiigg..❺).

Di contro, in una foto notturna de-vono prevalere le basse luci, per conferire una tonalità profonda al-la scena oscura (FFiigg..❻).

Di conseguenza, nel primo caso l’istogramma mostrerà il grosso delle colonne spostato a destra, mentre nel secondo le righe verti-cali saranno raggruppate sulla si-nistra. Anche in queste situazioni è importante che le colonne in prossimità degli estremi siano ri-dotte, per contenere le zone prive di dettagli (ovvero completamente bruciate o nere).

Alcune fotocamere evidenziano nel display con un lampeggio, con un motivo a zebra oppure con un colore vivace, le zone

completa-mente bianche o nere, prive di dettagli. Il fotografo può così cer-care di migliorare il bilanciamento luminoso cambiando i valori di esposizione (Ev), di velocità di scatto e di diaframma oppure usando il flash, nel caso di contro-luce. Ma per essere sicuri di otte-nere il risultato migliore quando l’’inquadratura è irripetibile, è

be-ne impiegare la tecnica del bracketing, ovvero scattare più fo-to senza spostare la fofo-tocamera ma cambiando gradualmente il valore di esposizione. Le macchine foto-grafiche più sofisticate compiono in automatico quest’operazione, eseguendo da sole tre, cinque o anche sette scatti con esposizioni differenti. Si ha così la libertà di

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scegliere in seguito la foto miglio-re, osservando con calma gli scatti sul monitor del computer oppure stampati su carta. Addirittura, se si dispone di Adobe Photoshop CS2 o di Ulead PhotoImpact 10, è pos-sibile costruire un’immagine Hdri (High Dynamic Range Image), ot-tenuta in automatico dalla combi-nazione delle varie fotografie. Le immagini Hdri hanno una profon-dità colore molto superiore ai ca-nonici 8 bit, caratteristica che con-sente di mantenere i dettagli an-che nelle zone solitamente sovrae-sposte o troppo scure. Il software esegue un bilanciamento non li-neare per produrre alla fine una foto a 8 bit per canale.

L’istogramma non è disponibile soltanto nelle fotocamere, ma an-che in tutti applicativi per il fotori-tocco degni di questo nome. I software grafici non si limitano a presentare il grafico con la distri-buzione della luminosità, ma per-mettono anche di intervenire per correggere eventuali errori di esposizione. In Adobe Photoshop Elements 3.0, ad esempio, trovia-mo la finestra Livelli con il coman-do Migliora/Regola illuminazio-ne/Livelli… (FFiigg..❼).

In sostanza, agendo sull’istogram-ma si cerca in genere di estendere la gamma delle tonalità chiare e scure della foto, al fine di sfruttare appieno l’intervallo disponibile nel-lo spazio cromatico digitale, dal bianco più puro al nero più

profon-do. Si lavora spostando i tre piccoli triangoli posti sotto l’istogramma:

quello a sinistra influenza le zone più scure, scurendole ulteriormen-te, il triangolo centrale modifica le aree di luminosità intermedia, mentre quello a destra interviene sulle zone molto chiare, permetten-do di schiarirle ulteriormente. Man mano che si trascinano questi cur-sori il software aggiorna l’immagi-ne, permettendo all’utente di osser-vare l’effetto in tempo reale delle correzioni (FFiigg..❽).

Per alleggerire le aree più scure, oppure diminuire la luminosità delle alte luci, bisogna ricorrere ai cursori posti più sotto, nella scala denominata Livelli di out-put: il triangolo sinistro si occupa delle ombre, quello destro delle aree più chiare. In questa finestra troviamo anche i contagocce che p e r m e t t o n o d i

compensare vel o c e m e n t e vel ’ e -ventuale domi-nante. A questo fine si sceglie il selettore croma-t i c o p i ù a d a croma-t croma-t o p e r i m p o s t a r e n e l d o c u m e n t o un punto che de-ve dide-ventare ne-ro, grigio neutro oppure bianco.

Appena ricevute queste informa-zioni, il software

trasforma l’immagine di conse-guenza, agendo separatamente sui diversi canali.

Concludiamo con due consigli.

Quando si apportano modifiche in un software di fotoritocco, è buona regola impiegare un livello sepa-rato che in Photoshop Elements può essere creato con il comando Livello/Nuovo livello di regolazio-ne/Livelli…. Con questo approccio è possibile stabilire l’intensità d e l l ’ intervento semplicemente regolando la trasparenza del layer appena generato (FFiigg..➒). Inoltre bisogna tenere sempre presente che è di gran lunga preferibile ot-tenere un’esposizione ben bilan-ciata direttamente al momento dello scatto poiché, come abbiamo già detto, i dettagli persi nelle zo-ne totalmente bianche o zo-nere non sono più recuperabili.

❼ ❽

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