Ursula Hirschmann e Lazar Fundo sono i due personaggi caratterizzati linguisticamente da una parlata incerta, dovuta al fatto che l’italiano rappresenta per entrambi la seconda lingua.
Hirschmann è tedesca. L’idioma che l’autore le ha attribuito rappresenta un tentativo di riproduzione degli errori tipici del parlante lingua tedesca, il quale trasferisce il diverso ordine della frase (SOV, soggetto-oggetto-verbo) nella seconda lingua, ovvero l’italiano, lingua che presenta una sintassi basata sull’ordine SVO (soggetto-verbo-oggetto).
Si veda il seguente passaggio nel quale la moglie di Eugenio Colorni racconta la sua esperienza di attivista socialista nella Germania in cui si stava affermando il nazismo:
«La risento che dice, costruendo le frasi un po’ all’italiana e un po’ alla tedesca: – I sozialisti italiani hanno come tutti gli antifascisti in Europa fatto errori, ma più dignità dei nostri hanno dimostrato. Quando dopo il fuoco del Reichstag furono incarcerati, alcuni capi della Spd ai compagni più giovani di fare il saluto nazista raccomandavano! Il nazismo durerà poco, dicevano, alzate la mano e Heil, Hitler, dite, così potrete tornare a casa, a continuare la vita di partito. (…) / E Pertini, scuotendo la testa: – Eh, cara Ursula, anche qui ne abbiamo dette e fatte di belinate, non molto diverse da quelle che racconti… / E Ursula che si mette a ridere: – Questa parola non l’ho mai sentita prima: Belinate! Cinque anni che sono in Italia e ogni giorno ne imparo una nuova. Cosí tanti sinonimi avete! Il tedesco è più povero»364
Dal passo emerge una parlata con ordine marcato del verbo, spostato nella conclusione della frase. Tuttavia è bene evidenziare il fatto che questo dettaglio dell’idioma della Hirschmann è impiegato arbitrariamente: non è stato applicato in tutte le occasioni in cui sarebbe stato possibile farlo.
Per quanto riguarda la caratterizzazione linguistica di Fundo, si osserva una maggiore ricercatezza: sono più numerosi i dettagli che rimandano ad incertezze o errori dovuti alla conoscenza non perfetta della lingua italiana.
363 <https://dizionario.internazionale.it/parola/impapocchiare> 364 Wu Ming 1, La macchina del vento, pp. 200-201.
93 Il primo passaggio in cui prende parola Fundo avviene durante un dibattito sul possibile ruolo delle divinità, qualora, ipoteticamente, avessero deciso di prendere una posizione politica nella contemporaneità:
«– Non potevo fare di meno di sentirvi – disse Fundo nel suo italiano leggermente impreciso. / – Io dico così: anche Ares può solo essere fascista. / – Naturalmente! – risposi subito. (…) / – E allora, – mi incalzò Fundo, – io dico che Atena anche è antifascista! Nell’Odissea è contro Poseidone, e in altri miti sfida tante volte con Ares e lo umilia»365
Oltre alla posposizione della congiunzione ‘anche’, si osservano le espressioni ‘fare di meno’ e ‘sfida con’, costruite analogicamente sulla base di altre locuzioni come ‘privarsi di’ e ‘combattere con qualcuno, battersi con qualcuno’.
Nella seguente affermazione di Lazar Fundo, si nota, invece, l’inversione dell’ordine nome-aggettivo:
«– Se dire la storia rovina la lettura, – intervenne Fundo, – significa che è un mediocre libro»366 In ultimo, si vedano gli interventi di Fundo durante un dibattito sul romanzo di H. G. Wells, La macchina del tempo con Pertini e Squarzanti:
«– So solo che loro non li sfrutta nessuno, – obiettò Fundo, – perché sono essi, i Morlocchi, la classe dominante, anzi, la specie dominante, e gli Eoli sono la specie dominata. Quella che Sandro chiama borghesia non lavora, è vero, ma solo perché è tenuta all’ingrassamento, e quello che Sandro chiama proletariato lavora, ma lavora quasi da allevatore, e ogni tanto prende un borghese e se lo pappa. A me sembra una società postrivoluzione: non si è evolsa da un lotta di classe senza sbocco, ma dalla dittatura del proletariato. / – Una dittatura, – commentai, – che si è protratta tanto a lungo da aver prodotto differenze biologiche. / – Certissimo! – disse Fundo. – Anche secondo Carlo Marx la dittatura del proletariato può essere una misura soltanto d’emergenza, soltanto promissoria, e mentre il proletariato dittatoria deve costruire le condizioni per non esserci più dittatura e nemmeno proletariato. Se la dittatura del proletariato non costruisce le condizioni, va che finirà male. Che questo venga detto in un libro del 1895, quarant’anni prima dello stalinismo, è davvero remarcabile! / (…) – No, non mi convince, – disse Pertini. – Mi sembra più l’esito che Marx ed Engels chiamano la comune rovina delle classi in lotta. / – Non tanto comune, se sono evolsi in due specie distinte, – disse Fundo. / Stavolta lo corressi: – «Evoluti», non «evolsi». / – Grazie, Erminio, non problematevi a dirmi quando sbaglio»367
365 Wu Ming 1, La macchina del vento, p. 169. 366 Wu Ming 1, La macchina del vento, p. 228. 367 Wu Ming 1, La macchina del vento, pp. 229-230.
94 Dal passo emerge la creazione analogica di verbi denominali quali ‘dittatoria’, col significato di ‘governare come dittatore’, e ‘problematevi’, col significato di ‘farsi problemi’; oltre all’impiego errato di ‘evolsa/evolsi’ come participio passato del verbo evolvere.
In più, si nota l’impiego scorretto della preposizione ‘per’ in luogo della congiunzione ‘perché’ al fine di attribuire valore finale alla frase.
Infine, l’uso di ‘rimarcabile’ sembra basarsi sul francese ‘remarquable’, termine dal quale deriva anche l’aggettivo italiano ‘rimarchevole’368.
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Conclusione
La macchina del vento di Roberto Bui, in arte Wu Ming 1, è un romanzo storico ibridato con narrazioni di carattere fantastico e fantascientifico. Si tratta di una ricostruzione fittizia della reale esperienza confinaria vissuta sull’isola di Ventotene da importanti figure che si opposero al fascismo. Nell’isolamento, i reclusi di Ventotene, intellettuali di ogni partito politico avverso al regime, hanno, per primi, avuto la visione del dopoguerra e della necessità di organizzare la Resistenza.
Per quanto riguarda l’ambiente nel quale si svolge la vicenda, l’autore dimostra una approfondita conoscenza dell’ordinamento e della conduzione del confino da parte delle autorità fasciste e una altrettanto dettagliata cognizione delle condizioni di vita dei reclusi. Infatti, nella narrazione trovano spazio descrizioni dell’organizzazione degli spazi, della gestione delle cucine, degli appelli e delle punizioni, nonché alcuni casi esemplificativi di abusi e di malasanità.
Queste descrizioni, che talvolta si arricchiscono di particolari anche comici, contribuiscono ad avvicinare il lettore al punto di vista dei personaggi, rendono piacevole la fruizione del romanzo con tutte le informazioni accessorie che si acquisiscono con la lettura, grazie alle quali prendono avvio riflessioni sui temi centrali del romanzo: la privazione delle libertà fondamentali, le conseguenze odierne dei dibattiti politici avviati sull’isola di confino, come il manifesto Per un’Europa libera e unita e la successiva nascita dell’Unione Europea, e il ripresentarsi di una visione del mar Mediterraneo, simile a quella fascista, di mare esclusivamente italiano ed europeo, da chiudere e difendere.
In merito alle scelte linguistiche, le varietà dialettali, attribuite ai personaggi al fine di caratterizzarli, contribuiscono a restituire l’atmosfera unica che si pensa potesse esserci nel confino di Ventotene, dove furono recluse alcune delle menti migliori di due generazioni dell’epoca nonché personalità fondamentali dell’antifascismo.
I toni colloquiali e l’interferenza dei dialetti durante i dibattiti raccontati nel romanzo rispondono perfettamente all’esigenza di un linguaggio mimetico, di una simulazione credibile del parlato quotidiano degli intellettuali, i quali, seppur colti, potevano verosimilmente far ricorso ad espressioni dialettali, adatte a conferire coloritura alle conversazioni.
Lo scopo dell’autore di costruire un racconto unico sull’esperienza confinaria dal quale emergesse la capacità di prefigurazione che avevano avuto i protagonisti di questa esperienza pare raggiunto. Come afferma lo scrittore stesso in una intervista del collettivo
96 Tersite Rossi del maggio 2019, egli si è servito del racconto del confino di Ventotene per parlare della carica prefigurante di cui erano dotati gli intellettuali sull’isola, gli unici che avevano iniziato a prepararsi a dirigere la Resistenza, quando, in Italia, nessuno aveva intuito che ci sarebbe stata e nessuno aveva intuito neppure la caduta del fascismo. In ultimo, il racconto è un omaggio alla letteratura stessa, capace di proiettare in avanti, nel futuro, sia gli scrittori sia i lettori ed è per questo che Bui afferma che l’isola è la letteratura nella allegoria di fondo del suo romanzo, perché la letteratura è strumento di prefigurazione, di visione e allargamento dei confini cognitivi, in particolar modo nel momento in cui i confini fisici sono invalicabili369.
Dunque, si comprende l’imprescindibilità di elementi della sfera fantastica e fantascientifica quali la mitologia e le teorie sul viaggio nel tempo, espedienti utili per indicare al lettore la corretta chiave di lettura del racconto: anche gli eventi irreali servono a veicolare il messaggio che il fascismo può cadere e con la sua caduta ci sarà l’avvento dei partigiani e della Resistenza. I protagonisti Erminio e Giacomo e le dimensioni fantastiche e fantascientifiche di cui sono principali rappresentati, nonché divulgatori all’interno della narrazione, sono essi stessi dei visionari in cerca di nuove vie di fuga dal tempo in cui vivono, attraverso i miti dell’antichità oppure attraverso macchinari futuristici che sfidano la logica. A ben vedere, anche la morte di Giacomo, accompagnata dalla consapevolezza del fallimento delle teorie relative al viaggio nel tempo, altro non è altro che una riuscita via di fuga “dall’attrito quotidiano” con quel tempo in cui dominava il fascismo.
369 <https://www.youtube.com/watch?time_continue=1029&v=7-Wj0_axHiY&feature=emb_logo>
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