• Non ci sono risultati.

L’intera struttura narrativa si regge sulla componente epica e mitologica con la quale l’autore ha deciso di sofisticare la realtà storica confinaria. Come ricordato in precedenti luoghi del presente elaborato, questa componente è immessa nel testo per mezzo dell’attitudine mitopoietica del narratore e protagonista Erminio Squarzanti, mediatore degli elementi epici.

Le lingue d’elezione sono quelle dell’antichità, ovvero il latino e il greco, lingue talvolta adottate, in brevi frasi o singole parole, dalle divinità evocate nelle fantasticherie di Squarzanti, oppure rievocate come oggetto di studi liceali e universitari.

La selezione delle due lingue antiche è legata all’impianto epico, con la comparazione di alcune vicende a quelle dell’Odissea omerica: la prigionia sul confino assimilata alla trasformazione in maiali ad opera di Circe («A Giacomo venne in mente l’Odissea. Come i compagni di Odisseo, si sentì tramutato in maiale»243) o il conflitto tra Atena e Poseidone assimilato alla mitologica disputa per il possesso dell’Attica.

Tra le rievocazioni dell’esperienza liceale si citano due delle occorrenze nelle quali Erminio richiama alla mente il professor Viviani intento a impartire lezioni di greco. La prima riguarda la traduzione di un passaggio del mito di Arione, il citaredo, tratto dalle Storie di Erodoto:

«Mentre raccontavo, risentii l’accento veneto di Viviani, lo ricordai elencare e commentare sequele, teorie e sfilze di sinonimi, facendo a noi studenti il vocabolo più adatto a tradurne uno usato da Tucidide, o da Erodoto. / – ‘Τελευτῶντος δὲ τοῦ νόμου ῥῖψαί μιν ἑς τὴν θάλασσαν ἑωυτὸν ὡς εἷχε σύν τῇσκευῇ πάσῃ’. Squarzanti, traduca lei questa parte. / – Sí, professore. ‘Terminato il’… Dunque, qui ‘νόμος’ non vuol dire ‘regola’ o ‘compito’ ma ‘canto’… / – Bene, prosegua.

– La ‘σκευή’ che cos’è? Torniamo un momento indietro, si tratta di capire cosa ha fatto Arione il citaredo prima di mettersi a cantare. Attenzione ai participi, Squarzanti. /– Sí… ‘ἐνδύντα τε πᾶσαν τὴν σκευὴν καὶ λαβόντα τὴν κιθάρην…’. Allora, ‘ἐνδύντα’… Da ἐνδύω, ‘entro in’. ‘Entrato nell’intera… σκευή … e presa la cetra’»244.

243 Wu Ming 1, La macchina del vento, p. 28. 244 Wu Ming 1, La macchina del vento, pp. 52-53.

56 Nel breve passo si descrive il momento in cui il cantore Arione intona l’ultimo canto prima di gettarsi in mare, minacciato dai marinai che volevano liberarsi di lui per impadronirsi di tutte le sue ricchezze. Si tratta del primo omaggio reso al professor Viviani, del quale viene messo in risalto il metodo maieutico d’insegnamento, ma si tratta anche del primo ingresso del lettore tra le memorie adolescenziali che hanno fatto insorgere in Erminio la necessità di affidarsi al mondo mitologico.

La seconda occorrenza riguarda il ricordo della traduzione del passo dei Dialoghi marini di Luciano di Samosata in cui Poseidone promette vendetta a Odisseo per aver accecato il figlio Polifemo. Il narratore, allora studente, traduceva guidato dal professore:

«– ‘Τὰ γοῦν πλεόντων τὸ σωζειν αὐτοὺς καὶ ἀπολύναι ἐμοί ἐστι· πλεῖ δὲ ἒτι’. /– Squarzanti, traduca lei l’ultima battuta di Poseidone. / – Sí, professore… Dunque… ‘θάρρει, ὦ τέκνον… Consolati, figlio… ἀμυνοῦμαι γὰρ αὐτόν… Lo punirò io… ὡσ μάθῃ ὅτι… affinché sappia che…’ / – Trovi una forma meno cacofonica. Lei come direbbe? / – ‘Cosí imparerà che… ‘? / – Bene, Squarzanti, prosegua. / – ‘Così imparerà che… καί εἰ πηρωσίν245 μοι ὀφθαλμῶν ἱᾶσθαι ἀδύνατον… sebbene mi

sia impossibile curare la… πήρωσίν… Ho intuito il senso della frase, professore, ma questo preciso sostantivo non…’ / – Deriva dal verbo πηρόω, Squarzanti, che per coincidenza somiglia al verbo latino, le viene in mente quale? / – Pěrěo, pěris, perii, pěrire. […] Quindi la ‘πήρωσίσ ὀφθαλμῶν’ potrebbe essere la rovina degli occhi, la perdita degli occhi, la morte degli occhi... (…) / – La cecità. ‘Sebbene mi sia impossibile curare la cecità… τὰ γοῦν τῶν πλεόντων… almeno le cose dei navigatori’ / – Sia meno letterale. / – ‘Almeno quel che riguarda i navigatori… τὸ σώζειν αὐτοὺς καὶ ἀπολλύναι… il salvarli e il distruggerli… ἐπ᾿ἐμοί ἐστι… sta a me, spetta a me… πλεῖ δὲ ἕτι·… Egli ancora naviga’»246

In questo passo del romanzo, il narratore svela l’origine delle fantasticherie mitologiche. A causa delle lezioni liceali, Erminio ha iniziato ad associare Poseidone e la prigionia del confino, in quanto vendetta della divinità dei mari verso coloro che hanno osato sfidarlo.

In secondo luogo, il ricorso alle due lingue antiche, latino e greco, avviene quando vengono menzionate le divinità, oppure quando le divinità stesse prendono la parola. Il narratore e protagonista Erminio introduce i numi dell’Olimpo impegnati nel consiglio dei Dodici, il Dodekatheon, durante il quale affrontano una discussione proprio sulla possibilità di un loro intervento in merito alla guerra deflagrata in Europa.

In questo caso, al contrario dei passi letterari tradotti dal giovane Erminio, l’impiego delle lingue antiche non è sistematico. Il greco e il latino negli scambi dialogici delle divinità

245 Il sostantivo riportato nel romanzo presenta un secondo accento sull’ultima sillaba del termine πήρωσις –

εως (che deriva dal verbo πηρόω), forse errore di trascrizione.

57 sono presenti solo in brevi espressioni e talvolta termini e locuzioni in greco vengono traslitterati in caratteri dell’alfabeto latino. Come avviene nel discorso di Atena per esortare l’Olimpo ad intervenire contro il regime fascista. Nel suo intervento esortativo, figurano alcuni termini greci riportati in caratteri latini:

«– Oltre la prossima piega del tempo esistono armi in grado di cancellare intere pòleis!»247; «– Se

abbiamo scampato ogni oblio (…) è perché la technè delle guerre passate (…) era ancora inadeguata»248; «Oggi rischiamo di morire. Noi, e i nostri colleghi di altre koinè!»249

In un altro luogo del testo, è presente l’unica espressione proferita da una divinità riportata in caratteri greci. Hermes ed Atena stanno discutendo sui possibili alleati della loro causa: Odino e le altre divinità nordiche negano il loro sostegno, invece Eolo concede il suo appoggio. Durante questa discussione i due numi vedono un baluginio nel mare, originato dal tridente di Poseidone. All’individuazione del dio marino, esclamano: «– Ο ἱχθύς ἐν τῷ μύθῳ, – disse [Atena]. / – Proprio così, – fece Hermes, stringendo i pugni. – Piscis in fabula»250. Si noti l’adattamento ad hoc della locuzione proverbiale con ἱχθύς / piscis (in riferimento a Poseidone) in luogo di λύκος / lupus, dio dei mari, e l’espediente della replica dell’espressione in latino da parte del messaggero degli dei affinché sia maggiormente fruibile rispetto a quella in greco antico.

L’unico altro termine in caratteri greci proferito da una divinità è ‘Μαλάκες’ (‘stronzi’), imprecazione del greco moderno, espressa da Poseidone. Si tratta di una imprecazione contro tutti gli dèi dell’Olimpo, che avevano complottato contro di lui per impedire lo sbarco di rinforzi militari a Corfù durante le prime operazioni della campagna di Grecia.

«In piedi su uno scoglio, in mezzo alla burrasca, il dio del mare guardò in direzione dell’Olimpo, agitò il pugno e gridò: –Μαλάκες! – Poi ringhiò la sua maledizione, espressa in modo ottativo con funzione desiderativa: – Che la guerra possa presto raggiungervi! Che i mortai fascisti possano bombardare il vostro bel monte!»251

Si osservi, nella cornice introduttiva della maledizione lanciata da Poseidone, la descrizione della modalità enunciativa della divinità (‘in modo ottativo con funzione desiderativa’): questa introduzione al discorso diretto rimanda esplicitamente al sistema verbale greco, che comprende il modo ottativo. Si ipotizza che l’autore abbia, in questo

247 Wu Ming 1, La macchina del vento, p. 72. 248 Wu Ming 1, La macchina del vento, p. 73. 249 Wu Ming 1, La macchina del vento, p. 73. 250 Wu Ming 1, La macchina del vento, p. 130. 251 Wu Ming 1, La macchina del vento, p. 194.

58 modo, provato a rievocare le dinamiche della grammatica greca, trovandosi nell’impossibilità di immettere la lingua ellenica nella totalità dei discorsi attribuiti alle divinità: a causa della complessità del greco antico, il testo sarebbe stato incomprensibile per la quasi totalità dei fruitori.

In aggiunta, il tributo all’epica classica non è circoscritto all’attitudine mitopoietica di Erminio. Ne La macchina del vento è evocato lo stile formulare e iterativo dell’epica per esaltare la solennità di alcuni avvenimenti e per incrementare l’effetto patetico; inoltre c’è il ricorso ad epiteti che nell’epica classica sono tradizionalmente riferiti ad Hermes ed Atena:

«Atena γλαυκῶπις, ‘dall’occhio lucente’. /Atena αἰγίοχος, ‘che indossa l’egida di pelle di capra’, come suo padre Zeus. / Atena che ha ai piedi καλὰ πέλιδα, ἀμβρόσια χρύσεια: ‘Sandali belli, d’oro e che mai si consumano’»252; «Ravaioli suonava il suo strumento. Ravaioli il Cillenio, l’Argicida,

messaggero degli dèi, divino investigatore, protettore dei pastori e dei viandanti, dei transiti e degli scambi, conciliatore del sonno, inventore della zampogna. Il dio che con la sua zanetta aveva ripopolato il mondo dopo il diluvio. / Caramella gli stava accanto. Caramella γλαυκῶπις, dal monocolo lucente. Caramella αἰγίοχος, che indossa il cappotto di pelliccia di capra. Caramella che calza καλὰ πέλιδα, ἀμβρόσια χρύσεια , scarpe Richelieu bicolori nere e oro, indistruttibili»253. Gli epiteti, dunque, caratterizzano anche i doppi delle divinità presenti al confino. o meglio alle due divinità nelle sembianze umane di Guido Ravaioli e del conte de Alcántara. Infatti, i «dopplegänger»254 di Atena e Hermes, che possiedono i canonici attributi delle divinità celati dietro oggetti d’uso quotidiano, sono rispettivamente il conte Gabriele Umberto de Alcántara (soprannominato Caramella perché indossa il monocolo) e Guido Ravaioli, mazziniano romagnolo e docente d’arte.

Gli attributi epitetici sono immessi nel romanzo nel momento in cui il narratore racconta il suo incontro con i numi – non è dato avere certezze circa la natura dell’esperienza, se sia una fantasticheria oppure da ritenere integrata dal narratore nel contesto storico – e sono l’anello di congiunzione tra forma divina e sembianza umana. Servono infatti a orientare il lettore verso alcune caratteristiche emerse nel corso della narrazione: la ‘zanetta’ (il bastone) di Ravioli si tramuta nel bastone caduceo di Hermes, il cappotto di Caramella diventa l’egida di Atena, le scarpe Richelieu diventano i suoi sandali d’oro.

252 Wu Ming 1, La macchina del vento, p. 249. 253 Wu Ming 1, La macchina del vento, p. 304. 254 Wu Ming 1, La macchina del vento, p. 127.

59 Per quanto concerne Ravaioli – Hermes, si apprezza un unico tentativo di caratterizzazione linguistica con l’inserimento del termine del dialetto romagnolo ‘sdétta’255, corrispondente all’italiano sfortuna, disdetta («– (…) L’Italia per i tedeschi è una zavorra, anzi, forse gli porta proprio sdétta come si dice dalle mie parti»256). Peraltro, la parola non è presentata nella forma degeminata che il dialetto romagnolo tende a prediligere. Inoltre, nello svolgimento del medesimo discorso in cui figura il dialettismo si trova anche ‘patacca’257 («Non c’è mica da rallegrarsi, intendiamoci, ché le idiozie di quel patacca non le pagherà solo il regime»258), termine marcato come volgarismo regionale del centro, quindi incongruente all’area emiliano – romagnola a cui dovrebbe appartenere il personaggio.

Data l’esiguità delle occorrenze delle lingue antiche fin qui elencate e l’assenza di ulteriori elementi caratterizzanti si può affermare che non è avvenuta una metodica costruzione del linguaggio delle divinità, in quanto la loro descrizione linguistica è affidata ad un limitato numero di affermazioni in greco e latino o dialetto, a fronte del primeggiante italiano medio.

In ultimo, coerente al tema epico è la filastrocca a pagina 291, la cui menzione conduce ad una dimensione infantile e familiare. In tal modo, si induce il lettore ad assimilare la capacità di Erminio di vedere la dimensione mitologica con la capacità astrattiva dell’infanzia, durante la quale è facile credere che dietro ad una filastrocca si celi un incantesimo d’ipnosi.

«Il Kairos ritardava, rintanato nel guscio della Storia come una chiocciola, e mi tornò in mente la strofetta di quand’eravamo bambini, la serenata che facevamo alle chiocciole perché si mostrassero. Era una forma di ipnotismo, e funzionava sempre: il mollusco si incantava e usciva.

♫ Lumaga lumaghín, tira fóra i to curnín, un par mi, un par ti e un par la vecia ad San Martín!»259. La ‘strofetta’ presenta una diffusione pressoché paneuropea ed affonda le sue origini in riti tesi ad invocare la pioggia e, di conseguenza, la crescita di un abbondante raccolto260. Non a caso è in riferimento al tardare del Kairos – il momento storicamente opportuno, favorevole – che il narratore menziona la composizione infantile, attribuendole in tal modo l’accezione universale di invocazione propiziatoria.

255 Ercolani, Vocabolario Romagnolo - Italiano, p. 395. 256 Wu Ming 1, La macchina del vento, p. 233.

257 <https://dizionario.internazionale.it/parola/patacca> 258 Wu Ming 1, La macchina del vento, p. 234. 259 Wu Ming 1, La macchina del vento, p. 291.

60 Alcuni frammenti vengono ripetuti da pagina 291 fino a pagina 303: in virtù del suo carattere esoterico, la filastrocca assume la funzione di richiamo ipnotico (e benaugurante) del personaggio all’interno della dimensione mitologica, in quanto si verifica l’incontro con Hermes e Atena.

A tal proposito, resta sospeso il quesito circa la natura della dimensione mitologica. Tuttavia, sia essa una rêverie di Erminio oppure una dimensione coesistente al piano della ricostruzione storica, a prevalere sul quesito è il suo ruolo cardinale nell’economia della narrazione, dal momento che il periodico confronto tra storia ed epica alleggerisce i toni in modo da offrire una rilettura meno grave dell’esperienza di confino.

Una strategia che non pare adottata al fine di celare i drammi dell’età fascista, bensì al fine di mantenere alto l’interesse del lettore, sfruttando la natura connotativa del genere epico che si rivolge al «desiderio, desiderio di spazio, di scarti e differenze, di scontro, sorpresa, avventura»261.

61

3 Dialetti e varietà linguistiche

In questo capitolo si propone un approfondimento delle varietà dialettali, regionali e della lingua italiana impiegata da personaggi stranieri all’interno del romanzo.

Si analizzano tutti gli idiomi dei personaggi, sia quelli adottati negli scambi dialogici, sia quelli immessi nel narratum, all’interno del quale, sporadicamente, vengono riportati, col discorso indiretto libero, pensieri e discorsi di personaggi diversi dal narratore Erminio Squarzanti.

Per ogni varietà linguistica individuata si analizzano le circostanze in cui viene impiegata, ma, principalmente, si presenta un’elencazione dei fenomeni caratterizzanti che vengono ripresi nel testo, al fine di valutare l’accuratezza con la quale l’autore ha riprodotto tali idiomi.

In secondo luogo, per ogni varietà, si analizzano le locutiones dei personaggi. Wu Ming 1 ha caratterizzato alcuni singoli personaggi con parlate dialettali o regionali; per questo motivo, si prendono in esame anche le parlate dei singoli personaggi col proposito di quantificare la presenza degli elementi strettamente dialettali, di esaminare la modalità d’impiego dei tratti tipici, ma anche di descriverne il lessico.

Documenti correlati