Nella Jérusalem permane quindi, in alcune lasse, la descrizione classica del cavaliere francese delle chansons de geste: un’armatura scintillante e preziosa che rispecchia i valori di chi la indossa, in una kalokagathia medievale.
In effetti l’importanza del vestiario nella società medievale a livello simbolico è rimarcata da Pastoureau, per cui ogni elemento nel vestito medievale aveva un significato ben preciso: il tessuto, le forme, i colori, la fattura, le dimensioni, gli accessori e anche il modo di portare il vestito sono segni convenzionali, sempre fortemente codificati, che esprimono valori ben precisi.259 Secondo Le Goff "nelle opere letterarie l'abbigliamento e l'alimentazione indicano
lo status sociale dei personaggi, simbolizzano le situazioni della trama, sottolineano i momenti significativi del racconto".260
Nella Chanson de Jérusalem i vestiti dei componenti delle diverse armate hanno significati ben precisi, e sono rivelatori delle personalità dei tre gruppi militari presenti nell’opera: Francesi, Saraceni e Tafuri. Lo spazio riservato al vestiario è ben più ampio delle descrizioni fisiche dei crociati, che si limitano a qualche notazione fugace. In questo la
Chanson de Jérusalem si confà perfettamente al modello tradizionale delle chansons de geste,
in cui le descrizioni di personaggi sono ridotte all'osso e solo nelle opere tardive vi è un'evoluzione verso effetti pittoreschi.261 Le descrizioni sono quindi ridotte a non più di un
singolo verso quando il crociato viene nominato, specificando perlopiù il nome del guerriero, la provenienza e un attributo del carattere.
Nell’episodio dell’eremita del Monte degli Ulivi, il vescovo di Mautran invita i crociati di dirigersi dall’eremita a piedi nudi e vestiti di lana.
«Segnor» ço dist li vesques «certes, ains est vertés. Or en venés o moi: se vos ne l'i troés Jo vos otroi a tos qu'ens en .I. fu m'ardés.
Mais nus piés et en langes cascuns de vos venés.» (vv. 4380-4383)
Si tratta di un passaggio che ci rende ancora più chiara l’ideologia del poema: i “nuovi” cavalieri esaltati dalla Jérusalem devono svestirsi dei loro abiti tradizionali e “vestirsi” di umiltà, recandosi dall’eremita nei panni di pellegrini. Le Goff ha parlato di "ambivalenza della nudità dei corpi umani durante il Medioevo", per lui "la nudità, malgrado tutto, oscilla tra
259 Michel Pastoureau, «Pratiques et symboliques vestimentaires». In Médiévales, n°29. L'étoffe et le vêtement, sous la
direction de Michel Pastoureau, 1995, p. 5.
260Jacques Le Goff, «Osservazioni sui codici di abbigliamento e alimentari nell'Erec et Enide», In Jacques Le Goff, Il
meraviglioso e il quotidiano nell'Occidente medievale, Bari, Laterza, 2010, p. 83.
261Bernard Guidot, «Cinquante ans d'études épiques en France et en Suisse», in Cinquante ans d'études épiques:
actes du Colloque anniversaire de la Société Rencesvals (Liège, 19-20 août 2005), Ginevra, Librairie DROZ S.A., 2008, p. 155.
bellezza e peccato, innocenza e perversione".262
I crociati devono “seguire nudo il Cristo nudo” (nudus nudum Christum sequi), un’istanza al centro dei movimenti spirituali del XII secolo, come evidenziato da Vauchez.263
Romaine Wolf-Bonvin descrive in un saggio il significato simbolico della “nudità mascherata”, dell’essere, appunto, en langes. Si tratta di vesti indossate storicamente in processioni solenni dai penitenti, per il battesimo, ma anche per chi era torturato. Chi indossava tali vesti era considerato praticamente nudo. Si tratta di una formula che ricorre in numerose opere: Tristano è, ad esempio, en legne, sanz chemise (v. 3568) nel Roman de Tristan en
prose.264 E in altre opere letterarie essere en langes sans chemise significa essere penitenti,
pellegrini, come ne Le Chevalier au Barisel.265 Il cavaliere si avvicina così al povero,
all’eremita.266
Come prescrive Bernardo di Chiaravalle, i vestiti dei crociati nella Jérusalem devono essere e sono frugali. Discende direttamente dal modello espresso nel De laude, ad esempio, la descrizione dell’abbigliamento del vescovo di Mautran: egli non indossa né zendado (drappo di seta) né zibellino, ma sulla pelle porta il cilicio.
N’estoit mie vestus de cendal ne de sable
Mais le haire a la car – nel tenés mie a fable. (vv. 2030-2031)
Viene rievocato lo stato di nudità dal vescovo di Mautran in occasione della veglia che precede l’elezione miracolosa di Goffredo di Buglione. I crociati devono ancora porsi in maniera umile nell’incontro con Dio, che sceglierà chi sarà il re di Gerusalemme.
Et vellons anquenuit trestot conmunement
Nus genols et nus qeutes sor le nu pavement. (vv. 5190-5191)
I crociati devono vegliare con le ginocchia nude sul nudo pavimento, in una posizione di sofferenza, necessaria per fare in modo che Dio si mostri disposto a dare un re ai suoi milites. La nudità nella Jérusalem rientra così nella nuova atmosfera spirituale dell'epoca, dando il giusto esempio a chi voleva prendere la croce.
Già qui possiamo vedere come l’eroe gerosolimitano rappresenti una novità per il panorama delle chansons de geste, essendo espressione della spiritualità già espressa nel De
laude che lo porta a privarsi delle vesti di essere sovraumano e a, come detto già in precedenza,
“vestirsi di umiltà”, oltre che, in maniera più generale, di “umanità”, risultando un essere umano
262 Jacques Le Goff, « Nudo o vestito?» in Jacques Le Goff, Il corpo nel Medioevo, in collaborazione con Nicolas
Truong, Traduzione di Fausat Cataldi Villari, Roma-Bari, Laterza, 2005
263André Vauchez, La spiritualità dell’Occidente medievale, Milano, Vita e Pensiero, 2006, pp. 76-77 264The Romance of Tristran by Beroul and Beroul II: A Diplomatic Edition and a Critical Edition by Barbara
N. Sargent-Baur, Toronto-Buffalo-Londra, University of Toronto Press, 2015, p. 205.
265 Le Chevalier au Barisel, conte pieux du XIIIe siècle, a cura di Félix Lecoy, Parigi, Honoré Champion, 1955, p. 12.
266Romaine Wolf-Bonvin, R., «Un vêtement sans l’être: la chemise», in Le nu et le vêtu au Moyen Âge, XIIe-XIIIe
che ha paura dei pericoli della spedizione.
Il cavaliere che prende parte alla crociata è un eroe di stampo diverso dal cavaliere
della Chanson de Roland in quanto è un crociato, un crucesignatus. È caratterizzato da costumi
frugali, se non monacali, non avendo nulla comune con i baldanzosi e superbi cavalieri criticati da Bernardo. La differenza tra l’eroe della Jérusalem e quello della Chanson de Roland dipende innanzitutto dalla missione intrapresa dal primo, che è, in prima istanza, un pellegrinaggio, seppur armato.
Il diverso peso delle componenti della conquista e del pellegrinaggio è ciò che determina le diverse definizioni di crociata che si sono date in sede storiografica nel corso degli ultimi decenni. Già H.E Mayer, seppur minimizzando all’estremo il ruolo di Gerusalemme nel pensiero di Urbano II, sottolineava l’importanza che il popolo dava alla destinazione della prima crociata, a causa della sua potenza evocativa e di ispirazione in un clima escatologico. Jean Richard, nella sua definizione della crociata, inserisce tra gli elementi che la caratterizzano l’indulgenza plenaria dovuta alla visita del Santo Sepolcro.267 Quest’ultimo elemento, la
dimensione di pellegrinaggio, è ciò che trasforma la spedizione in Terra Santa da “semplice” guerra santa a crociata a tutti gli effetti, come afferma anche Jonathan Riley-Smith.268
Jean Flori critica, però, gli storici sopraccitati, in quanto li accusa di ignorare o, comunque, ridurre l’importanza della seppur citata dimensione escatologica della spedizione e del suo valore meritorio ed espiatorio, affermando che, così facendo, si sottace la componente popolare e spontanea della crociata, rendendola, interpretazione a cui Flori è contrario, un fenomeno deciso unicamente dall’alto, dipendente unicamente dalla decisione del papa.269
L’idea di guerra santa ha il suo momento di piena popolarità in Occidente prima della fine del XI secolo, vale a dire, per l’appunto, poco prima della prima crociata, quando i papi della riforma gregoriana non esitano a promettere la ricompensa dei martiri a chi avrebbe perso la vita per difendere gli interessi del Papato.
Per Flori sono le chansons de geste a sfruttare a loro volta questa idea, considerandole una forma di propaganda per la guerra santa, confermando l’idea di base che sorregge questa stessa tesi. C’è da aggiungere, però, che la crociata non è una semplice guerra santa, ma la guerra santa per eccellenza, in quanto si tratta di combattere contro gli infedeli per liberare la città santa di Gerusalemme, ossia la terra del Salvatore e il suo sepolcro. La crociata per tale ragione, secondo le parole del papa, è stata ordinata dal Cristo stesso e non dalla volontà papale: il pontefice non farebbe altro che diffondere l’appello divino. I crociati che rispondono all’appello di Pietro l’Eremita, o di altri predicatori ispirati, in effetti, non seguono direttive papali.270
Secondo Carl Erdmann, "la Crociata di Urbano II non rappresenta un inizio di qualcosa di nuovo, ma piuttosto il punto più alto di uno sviluppo", in cui "il pellegrinaggio si caratterizza
267 Flori, «Pour une redéfinition de la croisade», cit., p. 334.
268Jonathan Riley-Smith, The First Crusade and the Idea of Crusading, Londra, Continuum, 2003, p. 22.
269 Flori, «Pour une redéfinition de la croisade», cit., p. 335.
come un elemento aggiuntivo" e non ne costituisce l'elemento essenziale.271 Erdmann non
accorda un ruolo decisivo a Gerusalemme nella formazione dell'idea di crociata, negando "che l'XI secolo conoscesse già un entusiasmo per la Terra santa, dal momento che questo concetto non si era neppure formato" e "solo con la prima Crociata e la fondazione del Regno di Gerusalemme la Palestina è divenuta anche terra santa dei cristiani.272
Se Flori da una parte accetta l'idea di Carl Erdmann di vedere la crociata come una guerra santa parte di un movimento generale di riconquista cristiana che si amplifica nel corso del XI secolo, dall’altra non minimizza il ruolo che Gerusalemme e i luoghi santi hanno nel pensiero dei predicatori della crociata, a cominciare da Urbano II, e nella stessa mentalità collettiva dei crociati che rispondono all'appello. Secondo Flori è la destinazione che dà ad una guerra santa le caratteristiche della crociata, essendo all'origine di molte caratteristiche che mancano in altre guerre sante, come la dimensione emozionale creata dalla parola "Gerusalemme" nel subconscio dei cristiani e nella dimensione di dovere vassallatico dovuto al Signore-Cristo (la cosiddetta Vendetta di Nostro Signore), che, comunque, da sole costituiscono un salto di qualità ma, per Flori, non bastano a determinare il salto qualitativo da guerra santa a crociata.273
La conquista della Città santa da parte dei crociati avrebbe poi comportato la piena affermazione di Gerusalemme come centro del mondo, testimoniata dalla centralità gerosolimitana nelle mappe di XII secolo, quando a Gerusalemme vengono riconosciute alcune connotazioni paradisiache (alter Paradisus deliciarum), diventando il luogo in cui si concentrano tutte le delizie terrene.274 Nelle carte che raffigurano unicamente Gerusalemme
prevalgono i luoghi di culto legati alle vicende della storia sacra (Getsemani, Cenacolo, Mons
Gaudii), a dimostrazione che i viaggiatori diretti nella Città Santa erano pellegrini interessati
unicamente ai luoghi conosciuti tramite la storia sacra.275
Gerusalemme stimolava l'immaginario della società medievale anche per un altro motivo: tra i popoli latini dell'Occidente cristiano, caratterizzati da una vita sedentaria e da una conoscenza molto limitata dal mondo, Gerusalemme nel Medioevo è la sola città universalmente conosciuta. In una società prima di tutto cristiana, nessuno ignora questo nome e le reminescenze sacre che le erano legate.276
È Urbano II a gettare le basi del concetto di "Terra Santa" col suo appello al sinodo di Clermont. È questo orientamento deliberato verso i luoghi santi, quello che Winkler ha definito "tropismo a rendere tale una crociata e a determinare altre componenti dell'idea di crociata, come la dimensione escatologica. Seppur conosciuta in maniera superficiale, la cultura biblica era una componente importante della spiritualità del tempo, in cui Gerusalemme occupa un
271 Carl Erdmann, Alle origini dell’idea di crociata, Spoleto, Centro italiano di studi sull’alto medioevo, 1996 p. 341. 272 Ivi, p. 301.
273 Flori, «Pour une redéfinition de la croisade», cit., p. 346.
274 Luigi Russo, «Spazi e aspirazioni del pellegrino tra Mezzogiorno e Terrasanta nei secoli XI-XIII», in Reti Medievali Rivista, Vol 9 (2008), Firenze University Press, p. 11.
275 Ivi, p. 13.
posto importante, sia come luogo di salvezza acquisita dalla croce, sia come luogo di inizio della predicazione di Gesù, sia come "bozza" della "seconda Gerusalemme" che verrà alla fine dei tempi e anche come luogo in cui si manifesterà l'Anticristo nella battaglia finale che porterà alla distruzione di Satana. L'intera storia della salvezza converge verso lo scontro avente come suo scenario la città di Gerusalemme. Malgrado il predominio, nella Chiesa, a seguito di Agostino, di un'interpretazione puramente simbolica e spirituale dei testi dell'Apocalisse di Giovanni in relazione ai tempi della fine, ai tempi di Urbano II non mancano interpretazioni "storicizzanti", tipiche della Chiesa dei primi secoli. Questa dimensione escatologica nel Medioevo può caratterizzare solamente guerre sante dirette verso la Palestina.
Pascasio Radberto afferma, nel IX secolo, che la Gerusalemme terrestre fu scelta da Dio per portare l'immagine della Gerusalemme celeste fino a quando un discendente di Davide l'avrebbe dominata per sempre.
Istam vero terrenam Jerusalem... elegit quidem ad tempus, sed ut figuram coelestis Hierusalem portaret, quousque venisset ille de semine David, qui in ea Rex in aeternum sederet.277
Henri de Lubac, in merito all’esegesi medievale, afferma che “nel solo nome di Gerusalemme è riassunta tutta la storia del popolo ebraico, e vi è contenuta la sostanza dell'Antico Testamento; perciò, tutta la Chiesa di Cristo, e tutta l'anima cristiana, e tutta la città di Dio - e ugualmente tutto il mistero della «Virgo singularis» - cosicché la spiegazione di Gerusalemme racchiude «in nuce» la spiegazione totale della Scrittura e l'esposizione totale del mistero cristiano.”278
A questa dimensione escatologica si aggiunge, per l'appunto, la dimensione del pellegrinaggio, a cui si deve anche il "ritardo" nell'elaborazione del termine “crociata”, che, come detto già in precedenza, viene definita, fino a metà di XIII secolo, peregrinatio, via e iter, ossia termini che indicavano il pellegrinaggio. Gli stessi crociati, oltre che milites Christi, vengono definiti peregrini, come lo stesso Graindor de Douai, presunto rimaneggiatore della
Jérusalem.279Gli autori contemporanei a Graindor fanno fatica a distinguere pellegrinaggio e
guerra santa, fondendo spesso i due concetti in un unico termine.280
Diretta specificatamente verso Gerusalemme e, più precisamente ancora, verso i Luoghi santi, la spedizione a cui fece appello Urbano II era de facto un pellegrinaggio e ne aveva gli stessi caratteri. Sebbene tale spedizione, nel discorso a Clermont e nelle lettere papali, fosse riservata ai soli guerrieri, questi diventano, prendendo la strada per Gerusalemme, ipso facto
peregrini. Guerra santa e pellegrinaggio sono quindi due dimensioni intimamente legate
nell'idea di crociata, ed è proprio la loro combinazione a costituire la specificità di tale concetto,
277 Pascasio Radberto, Expositio in Matthaeum, I:1, PL, 120, col. 68, In The History of Jerusalem: The Early Muslim Period (638-1099), a cura di Joshua Prawer, Haggai Ben-Shammai, New York, New York University Press, 1996, p. 334.
278 Henri-Marie de Lubac, Esegesi Medievale. I quattro sensi della scrittura, Vol. 2, Milano, Jaca Book, 2006, p. 303. 279 Flori, «Pour une redéfinition de la croisade», cit., p. 347.
che combina le caratteristiche dei due fenomeni sino ad ora slegati. La crociata è un pellegrinaggio perché ne ereditava i vantaggi, ossia essa forniva le medesime ricompense spirituali, era considerata ordinata da Dio e, pertanto, fornita del sostegno celeste.
Secondo Jean Flori, la crociata era pensata come forma di penitenza, compiuta in stato devozionale, in cui non era contemplato alcun interesse personale o ricerca della gloria, almeno nella teoria, come precisa il discorso di Clermont (occorre dire comunque che, nella sua argomentazione, Flori si riferisce genericamente a tutte le versioni del discorso di Clermont riportati dalle cronache, nonostante vi siano differenze tra queste). Questo, secondo Flori, costituisce la vera innovazione attuata da Urbano II: la guerra santa diventa una crociata perché è anche un pellegrinaggio e, in quanto tale, rivela un aspetto meritorio e penitenziale.281
Diversi papi, già prima di Urbano II (come Stefano II, Leone IV, Giovanni VIII e Leone IX), promettono, in maniera non equivoca, il regno celeste ai soldati che combattevano per la Chiesa, ma l’appello al sinodo di Clermont dichiarava senza alcuna ambiguità che la spedizione verso Gerusalemme fosse l'equivalente del processo penitenziale, dispensando da ogni altra forma di paenitentia.282 Il carattere penitenziale della crociata è accordato anche in concili
successivi, come nel caso del concilio di Reims del 1148, in piena seconda crociata, convocato da papa Eugenio III.
Poenitentia ei detur ut in Hierosolimis aut in Hispania in servitio dei per annum permaneat283
La difficoltà del viaggio medievale rende ogni pellegrinaggio un pellegrinaggio penitenziale, un’opera di penitenza che il viaggiatore intraprende nel suo itinerario per la devozione, per necessità o per gusto di avventura, costellata nel suo percorso di continue fatiche e pericoli. La peregrinatio religiosa, nello specifico, era finalizzata alla visita di tombe sante o santuari.284
Risulta quindi naturale per i crociati assimilare le loro imprese guerriere ad opere di penitenza.285 I documenti ecclesiastici relativi alla Crociata intendono le spedizioni contro gli
infedeli come 1) un'opera penitenziale 2) una commutazione di opere penitenziali date per i peccati commessi o 3) un equivalente della penitenza.286
Il ruolo "protettivo" della Chiesa nei confronti dei partecipanti risulta una conseguenza della crociata e non un elemento fondante di quest'ultima, secondo Flori. Tra guerra santa e crociata vi è quindi mutazione ideologica, perché la seconda aggiunge alla prima dei caratteri nuovi, che risultano primariamente dalla sua destinazione, la tomba di Cristo, luogo santo per eccellenza per la Cristianità in un'epoca in cui il pellegrinaggio era ormai divenuto un elemento
281 Flori, «Pour une redéfinition de la croisade», cit., p. 348.
282 Cyrille Vogel, «Le pèlerinage pénitentiel», In: Revue des Sciences Religieuses, tome 38, fascicule 2, 1964, p. 147. 283 Sacrorum Conciliorum nova, et amplissima collectio, Tomo XXI, a cura di Giovanni Domenico Mansi, Venezia,
ed. Antonio Zatta, 1776, p. 717.
284 Vogel, «Le pèlerinage pénitentiel», cit., p. 113. 285 Ivi, p. 145.
fondamentale della spiritualità medievale. Per tale ragione la crociata in epoca medievale può essere prescritta come forma di penitenza. La crociata è la dimostrazione dell'avvenuta mutazione dottrinale della Chiesa sul tema della guerra: la lotta armata per la liberazione dei luoghi santi non solo è lodevole, ma è un vero e proprio atto di penitenza, da cui scaturiscono indulgenze e riti particolari.287
Per tali ragioni è da smentire categoricamente, come ha fatto Luigi Russo, la tesi secondo cui il grande afflusso di cavalieri crociati in Outremer sia dovuto principalmente ad una possibilità di ascesa sociale negata in un "sovraffollato" Occidente.288
L’immagine della crociata dalle fonti storiche è una prova fedele di quanto la spedizione fosse effettivamente vissuta come un pellegrinaggio. I pellegrini erano soliti usare grida di battaglia religiosi, cantavano salmi, ogni opportunità era colta per sentire messa, ascoltare sermoni, venerare reliquie e visitare tombe; i crociati erano devoti, praticavano il digiuno e si flagellavano, e il loro obiettivo principale era raggiungere Montjoie.289
Arrivati a destinazione, pellegrini e crociati si toglievano le calzature e visitavano i luoghi santi, esprimendo la loro devozione con pianti, prostrazioni frequenti e baci. Era ritenuta obbligatoria anche una visita al Giordano e un bagno in esso. Pellegrini e crociati condividevano anche gli obiettivi oltre che le pratiche: erano in cerca di indulgenza, molti erano mossi dal desiderio di pregare nei posti dove poggiò il suo piede Gesù, o avevano preso la via per Gerusalemme con il fine di adempiere a un voto, ed entrambi avevano le stesse protezioni dalla chiesa.290
Prima della perdita della Città Santa nel 1187 gli obiettivi del pellegrino e del crociato coincidevano e lo stesso uomo poteva essere sia l'uno sia l'altro. Non dobbiamo però confondere le due figure: i crociati, a differenza dei pellegrini, erano armati ed erano combattenti reclutati per un'opera che prevedeva un'indulgenza che si dintingueva da quella del pellegrino.291
Sebbene i crociati rimanessero figure ben differenti dai semplici pellegrini, in quanto guerrieri, negare che la loro mentalità fosse influenzata dall’idea del pellegrinaggio