Il Santo Sepolcro è inevitabilmente la meta di ogni crociato; che intenda poi abbandonare la Terra Santa o che intenda rimanervi e proseguire il suo pellegrinaggio, esso è un passaggio obbligato.
Dall'XI secolo l'afflusso di pellegrini al Santo Sepolcro aumentò considerevolmente.329 Il
Santo Sepolcro è stato costantemente il luogo dove trovava la sua conclusione il pellegrinaggio a Gerusalemme.
Pierre-André Sigal descrive dettagliatamente i numerosi riti legati al pellegrinaggio diretto verso chiese note per la presenza di reliquie, in cui avvenivano con una certa costanza miracoli.330 Certamente eco superiore doveva avere, per i fedeli, la possibilità di effettuare un
pellegrinaggio che avesse come meta il Sepolcro del Cristo.
Per comprendere l’importanza che il Sepolcro aveva nella mentalità dell’epoca possiamo ancora rivolgerci a Bernardo di Chiaravalle e al suo De laude novae militiae ad milites
Templi, che dedica ampio spazio al Sepolcro.
Egli afferma che tra i luoghi santi e desiderabili il primo posto spetta inevitabilmente al Santo Sepolcro. La devozione è maggiore per i luoghi in cui Cristo ha riposato dopo la morte che per i luoghi dove egli ha vissuto ed il ricordo della morte di Cristo muove maggiormente gli animi rispetto al ricordo della sua vita.
Inter sancta ac desiderabilia loca Sepulcrum tenet quodammodo principatum, et devotionis plus nescio quid sentitur, ubi mortuus requievit, quam ubi vivens conversatus est, atque amplius movet ad pietatem mortis quam vitae recordatio. Puro quod illa austerior, haee dulcior videatur, magisque infirmitati biandiatur humanae quies dormitionis quam labor conversationis, mortis securitas quam vitae rectitudo. (XI, 18)331
Mentre la vita di Cristo fornisce ai cristiani una regola, un modello di vita, la sua morte è ugualmente necessaria, in quanto redenzione della morte eterna.
Vita Christi vivendi mihi regula exstitit, mors a morte redemptio. Illa vitam instruxit, mortem ista destruxit. Vita quidem laboriosa, sed mors pretiosa; utraque vero admodum necessaria. (XI, 18)332
La Chanson de Jérusalem è una cançon molt saintisme per il contesto in cui è ambientata e per l’obiettivo dei cavalieri che ne sono protagonisti. Essa è la narrazione della conquista della Città Santa, dove il Cristo morì e resuscitò il terzo giorno. I crociati che viaggiano per realizzare il loro desiderio di baciare il Santo Sepolcro possono dirsi felici.
329 Labande, Recherches sur les pèlerins, cit. p. 165.
330Pierre-André Sigal, «Reliques, pèlerinages et miracles dans l'Église médiévale (XIe-XIIIe siècle)», in Revue
d'histoire de l'Église de France, tome 76, n°197, 1990, pp. 193-211. 331 Bernardo di Chiaravalle, Éloge de la nouvelle chevalerie, cit., p. 98.
Anqui orés assaut et molt ruiste melee
Et cancçon molt saintisme – miudre ne fu cantee – Si con la sainte vile fu prise et conquestee, U li cars Damedeu fu plaié et navree
Et mise ens el sepucre et coucié et posee Et d’illuec al tierc jor i fu resuscitee.
Molt puet ci lestre liés qui par bone pensee
Va baisier le sepucre outre la mer salee. (vv. 2019-2026)
Il Santo Sepolcro è stato però insozzato dai Turchi, ed obiettivo dei crociati in pellegrinaggio è “ripulire” ciò che è stato trasformato in stalla.
Grant duel a del sepucre dont Turc ont fait estable. (v. 2032) Et il le vos doinst hui, se lui plaist, conquester
Et le sien vrai Sepucre de paiens delivrer, Dont Turc ont fait estable – bien l’ai oï conter. Bien nos en deveroit en nos cuers tos peser
Que si velt desor nos li deables regner. (vv. 2088-2092)
Già Urbano II, secondo la cronaca di Roberto il Monaco, avrebbe denunciato il saccheggio dei luoghi di culto cristiani da parte dei musulmani (§ 1.1).
L’obiettivo di liberare il Sepolcro dagli “arabi felloni” è quindi una spinta motivazionale per i crociati nel loro cammino di sofferenze.
«Et le verai Sepucre u il fu surexis
Si le deliverrons des felons arrabis!». (vv. 2391-2392)
Anche le donne ribadiscono l’obiettivo di strappare la Terra Santa agli infedeli per purificare e abbellire il Sepolcro, aggiungendo l’intenzione di costruirvi una chiesa degna del divino.
Et le sien vrai Sepucre faire bel et niier
Et deseure establir .I. segneril mostier. (vv. 2513-2514)
Secondo Péron questo ci indica che, nella Chanson de Jérusalem, il Santo Sepolcro è descritto nello stato antecedente la ristrutturazione della basilica avvenuta con la fondazione del regno di Gerusalemme nel XII secolo, ossia nello stato in cui effettivamente si trovava nel 1099, al momento della presa di Gerusalemme. Ciò spiegherebbe anche la distinzione che l’autore fa tra Santo Sepolcro e Monte del Calvario (citato indipendentemente dal Santo
Sepolcro, ad esempio, ai versi 1948 e 7362), dato che quest’ultimo fu inglobato nella basilica del Santo Sepolcro dopo la ristrutturazione latina.333
Tommaso di Marle, più avanti, afferma il suo desiderio di riascoltare la celebrazione della messa nel Santo Sepolcro.
Dex lor doinst raëmplir lor bon et lor pensee De vos prendre et conquerre, que tant ont desiree,
Qu'encor soit el Sepucre mese oïe et cantee. (vv. 3190-3192)
A conti fatti non vi è una descrizione precisa e dettagliata del Santo Sepolcro: all’ascoltatore della Jérusalem doveva evidentemente bastare la rievocazione del luogo e delle vicende neotestamentarie ad esso collegate. Non sappiamo, inoltre, se l’autore dell’opera avesse effettivamente mai messo piede in Terra Santa: comunque nelle descrizioni egli segue in scia le guide di pellegrinaggio, che forniscono pochi dettagli sui Luoghi Santi.
Le uniche informazioni sull’aspetto del Sepolcro derivano da alcuni versi in cui viene detto che i crociati pregano “intorno al Sepolcro” (v. 7659), al cui centro si trova la pietra tombale di Cristo (v. 7662).
L’autore descrive più che altro le preghiere che si tengono al Santo Sepolcro e registra le manifestazioni di fervore dei crociati che, avendo la possibilità di tenervi messa, adorano Gesù inginocchiandosi e baciando la terra, piangendo.
Li vesques de Mautran vait le messe canter Deseure le Sepucre u Dex valt susciter, Et li jentius barnages l'est alés escouter. Aprés le sainte messe, quant ele dut finer, Li uns a baisié l'autre et vait le pais doner. Tot se coucent a terre por Jhesu reclamer. Molt par les veïssiés hautement encliner, Cascuns vait le Seprucer baisier et acoler.
«usee! Dex, aïe!» crïent al relever. (vv. 7881-7889)
L’autore insiste più che altro sul desiderio dei crociati di vedere il Santo Sepolcro, un desiderio che trasforma il Sepolcro in una vera e propria invocazione, secondo un procedimento simile al Jérusalem! come grido di guerra.
L’invocazione al Santo Sepolcro compare sin dalle prime lasse, quelle che descrivono la
controffensiva musulmana dopo le razzie crociate, come modo per ottenere aiuto. A haute vois crioient: «Sains Sepucres avant!». (v. 173)
Sains Sepucres, aïe […] (v. 354)
«Sains Sepucres, aïe! Ferés, franc chevalier!» (v. 415) «Sains Sepucres, aïe! Ferés, franc chevalier!» (v. 1662) Adont fu «Sains Sepucres!» huciés et reclamés. (v. 2530) Li quens s'est escrïés, «Sains Sepucres, aïue!» (v. 4032) «Baron, or del bien faire! Sains Sepucres, aïe!
Mar s'en iront gabant la pute gens haïe!» (vv. 5697-5698) Il escria, «Monjoie, Sains Sepucres, aïe!» (v. 5848)
Il Santo Sepolcro può essere invocato anche come grido di giubilo, come accade dopo la liberazione dei quattordici prigionieri crociati.
Molt i fu «Sains Sepucres!» huciés et reclamés. (v. 3781)
Oppure può servire come grido “motivazionale” per spingere i crociati all’azione.
«Segnor» dist Buiemons «nobile chevalier, Por amor Deu de glore vos vauroie proier, Et por le vrai Sepucre, n’aiés soing d’esmaier!
Mais recevés les Turs au fer et a l’acier! (vv. 757-760) «Saint Sepucre!» escrïerent, «chevalier, ore avant!» (v. 5907)
Il grido si ripete in diversi punti durante la battaglia decisiva di Ramla.
«Saint Sepucre!» escria et trait le brant molu. (v. 8482) «Saint Sepucre!» escria. «Chevalier, ore avant!» (v. 8567) «Saint Sepucre!» escria. [...] (v. 8852)
«Saint Sepucre!» et «Saint Jorge!» hucier et reclamer. (v. 8857) «Saint Sepucre!» rescrie, toute sa gent apielle. (v. 9121)
«Saint Sepucre!» escria. «Or avant, damoisiel!» (v. 9139)
Sin dalle prime lasse l’adorazione del Santo Sepolcro è considerata uno degli obiettivi principali della spedizione: a dirlo, al verso 327, è Goffredo di Buglione, che, come vedremo, fa spesso da “portavoce” dell’ideologia dell’autore.
Et venons d’outre mer le Sepucre querant. (v. 327)
Harpin di Bourges, al momento del tentativo di sortita dei musulmani, una volta iniziato l’assedio, invoca direttamente la città di Gerusalemme, pregando Dio per realizzare il suo desiderio di baciare il Santo Sepolcro e adorare la Santa Croce.
Dans Harpins de Bohorges conmença a proier: «Ahi! Jerusalem! Dex me laist tant vellier Que jo puisse laiens le sepucre baisier Et le crois aoer, estraindre et enbracier U Dex laisa son cors pener et trevallier!
Grant duel ai en mon cuer quant i sont avresier.
Dex me doinst que j'en puise le mien cuer esclairier!» (vv. 1633-1639)
Tale desiderio coinvolge anche il re dei Tafuri, esseri quasi animaleschi e irrazionali che sembrano essere messi ai margini del contingente crociato.
«Segnor» ço dist li rois « molt par sui desirans Que en Jerusalem fust cascuns herbregans. Tant me doinst Dex veïr que g’i soie manans
Et baisier le Sepucre u il fu suscitans!» (vv. 2254-2257)
Il desiderio di adorare e baciare il Sepolcro viene poi ribadito in più punti quando vengono presentate le schiere all’alba del secondo assalto.
Que Dex les laist encore la dedens herbregier
Et son disne Sepucre acoler et baisier. (vv. 3053-3054) Damedes nos doinst vivre tant que conquis t’aion Et baisier le Sepucre par grant affliction
Et quen soient jeté cil Sarrasin felon (vv. 3150-3152) Dex prest no gent vertu qu’i puisons osteler
Et baisier le Sepucre qu’i devons aörer (vv. 3319-3320)
In effetti lo stesso Bernardo rimarca l’importanza della contemplazione del Sepolcro: chi ha quest'opportunità si sente pervaso da una dolcissima devozione. Nonostante sia privo del corpo del Cristo, asceso al cielo, il Sepolcro conserva la sua enorme importanza, soprattutto per il fedele che comprende a pieno il mistero della resurrezione del Cristo, ripercorrendone i passi.
[…] puto quod non mediocris dulcedo devotionis infunditur quominus intuenti, nec parum proficitur cemendo, etiam corporalibus oculis, corporalem locum dominicae quietis. Etsi quippe iam vacuum sacris membris, plenum tamen nostris et iucundis admodum sacramentis. Nostris,
inquam, nostris, si tamen tam ardenter amplectimur quam indubitanter tenemus quod Apostolus ait: Consepulti enim sumus per baptismum in mortem, ut quomodo surrexit Christus a mortuis per gloriam Patris, ita et nos in novitate vitae ambulemus. Si enim complantati facti sumus similitudini mortis eius, simul et resurrectionis erimus. (XI, 29)334
Bernardo racconta la grande gioia dei pellegrini, dopo un viaggio lungo e faticoso, dinanzi alla vista del Sepolcro: ogni sofferenza patita acquista un significato dopo aver ottenuto la propria ricompensa. Il Sepolcro è quindi circondato da una fama meritata, secondo Bernardo, anticipata già da Isaia nel Vecchio Testamento.
Quam dulce est peregrinis, post multam longi itineris fatigationem, post plurima terrae marisque pericula, ibitandem quiescere, ubi et agnoscunt suum Dominum quievisse! Puto iam prae gaudio non sentiunt viae laborem nec gravamen reputant expensarum, sed tamquam laboris praemium cursusve bravium assecuti, iuxta Scripturae sententiam, gaudent vehementer cum invenerint sepulcrum. Nec casu vel subito, aut veluti lubrica popularis favoris opinione, id tam celebre nomen sepulcrum factum esse putetur, cum hoc ipsum tantis retro temporibus Isaias tam aperte praedixerit: Erit, inquit, in die illa radix lesse, qui stat in signum populorum; ipsum gentes deprecabuntur, et erit sepulcrum eius gloriosum. Revera ergo impletum cernimus quod legimus prophetarum, novum quidem intuenti, sed legenti antiquum, ut sic adsit de novitate iucunditas, ut de vetustate non desit auctoritas. (XI, 28)335
È inevitabile vedere quindi l’arrivo dei crociati al Santo Sepolcro come il punto centrale della narrazione. Mentre i crociati si danno al saccheggio della Città Santa, facendo bottino e procurandosi per sé le migliori dimore disponibili, l’autore della Jérusalem racconta il pellegrinaggio nel pellegrinaggio: Goffredo di Buglione, Tommaso di Marle e Roberto di Fiandra si dirigono, a differenza dei propri compagni, al Santo Sepolcro per ornarlo e purgarlo e, di seguito, al santissimo Tempio, posto dall’autore dell’opera nelle vicinanze del Sepolcro, come già detto in precedenza.
Li barnages de France ne s'aseüra mie, Cascuns prist son ostel s'a se maison saisie, Celier, sale perrine, a sa herbregerie.
Que que François se painent de lor cors aaisier – Cascuns saisist maison u palais u celier
U grant sale de piere u tor avant solier; Cascuns d'els se porvoit de l'avoir gaaignier, Por poi que l'uns a l'autre ne se velt corecier – Li bons dus de Buillon ne se valt pas targier Et Robers li Frisons qui molt fist a proisier Et dans Tumas de Marle qui le corage or fier,
334 Bernardo di Chiaravalle, Éloge de la nouvelle chevalerie, cit., pp. 120-122.
Ainc cil troi n'entendirent a establer destrier Ne a prendre maison ne lor cors aaisier, Ains courent le Sepucre faire bel et niier
Et le saintime Temple, que Dex par ot tant chier. (vv. 4882-4896)
L’episodio viene narrato in maniera molto simile da Alberto di Aquisgrana, in cui è presente il contrasto tra i crociati dediti al saccheggio e il gruppo, capeggiato da Goffredo di Buglione, diretto invece al Sepolcro.
Ad hoc denique templum Domini, ut praedictum est, iter suum Tancrado conuertente, pre auaricia ibi propalate pecunie, aliis uero ad praesidium turris Dauid fugitiuos uelociter insequentibus, cunctisque principibus rebus et turritis edificiis inhiantibus, et universo uulgo ad palatium Salomonis tendente, et cedem nimia crudelitate in Sarracenos operante, dux Godefridus ab omni mox strage se abstinens, tribus tantum suorum secum retentis, Baldrico, Adelolfo et Stabelone, exutus lorica et linea ueste, nudatis pedibus muros egressus in circuitu urbis in humilitate processit, ac per eam portam que respicit ad montem Oliuarum introiens, ad sepulchrum Domini Iesu Christi filii Dei uiui presentatus est, in lacrimis, orationibus et diuinis laudibus persistens, et Deo gratias agens quia uidere meruit quod illi semper fuit in summo desiderio.336
Tommaso di Marle, figura esaltata dall’autore della Jérusalem, non è presente nel gruppo descritto da Alberto; manca anche Roberto il Frisone. Sono invece presenti Baldrico, Adelolfo e Stabelone, di cui non sappiamo nulla. Inoltre, solo nella Jérusalem l’obiettivo della visita al Sepolcro è di ripulirlo, mentre questa precisazione è assente nella cronaca di Alberto, dove è descritta solamente la processione.
La centralità della “pulizia” del Santo Sepolcro è visibile dall’appunto del narratore quando descrive l’ingresso dei tre nella chiesa: essi si inginocchiano senza lasciare polvere o sporcizia di alcun tipo.
Cascuns tient en sa main d'un cier paile .I. quartier, Tres devant le Sepucre se vont agenoillier.
Ainc n'i laisierent porre ne festu ne ordier
Ne suie ne busquete, laidure ne porrier. (vv. 4897-4900)
Questi versi dovevano spingere ancor di più l’uditorio a sentirsi coinvolto nella propaganda crociata della Jérusalem: il Santo Sepolcro dove era stato riposto il corpo di Gesù si trovava in uno stato pietoso a causa dei musulmani, motivo in più per prendere la croce e liberare, ancora una volta, la Terra Santa dagli invasori infedeli che trascuravano e profanavano i Luoghi Sacri, come già detto da Urbano II nel suo discorso a Clermont.
I crociati possono, quindi, finalmente realizzare ciò che avevano tanto sognato sino a
quel momento: baciare il Sepolcro, abbracciarne le pietre e piangere per la commozione, per poi dirigersi al Tempio, posto dall’autore della Jérusalem nelle vicinanze del Sepolcro, come già detto in precedenza
Ki veïst les barons le Sepucre baisier Et plorer de pitié, estraindre et enbracier Et puis aler au Temple l'autel aparellier
U Jhesus fu offers quant s'i laisa coucier. (vv. 4901-4904)
La scena mette al centro personaggi molto diversi dai cavalieri della Chanson de Roland: essi crollano di fronte all’emozione di vedere davanti a sé il Santo Sepolcro. Le lacrime di Goffredo, Roberto e Tommaso ivi descritte sono diverse da quelle di Carlo Magno, in quanto manifestazione del proprio fervore religioso e non del proprio dolore.
Citando Luca 2, 21-39, vale a dire l’episodio della Presentazione di Gesù, l’autore introduce lo spostamento dei tre crociati al Tempio, dove si ripete la scena di pulizia della Chiesa, come già avvenuto col Sepolcro.
Toute l’aire escoverent contreval le mostier.
Quant tot çou orent fait mis sont el repairier. (vv. 4905-4906)
Dall’attenzione dei crociati verso la pulizia del Santo Sepolcro si possono dedurre molte informazioni utili riguardo l’interpretazione generale dell’opera.
Alcuni tra i personaggi maggiormente in vista della Jérusalem, che rispecchiano l’ideologia dell’autore, si preoccupano di curare il Santo Sepolcro affinché sia ripristinato il suo stato iniziale, precedente alla presenza dei musulmani, che tanta lordura ha portato al Santo Sepolcro.
Chi ascoltava queste parole doveva quindi essere d’accordo con tale idea: per il Santo Sepolcro è necessaria una cura che perduri nel tempo.
Per fare ciò è quindi necessaria una conquista duratura della Terra Santa: come sarebbe altrimenti possibile prendersi cura del Santo Sepolcro con una spedizione a termine? Senza un controllo stabile del territorio, come impedire che il Santo Sepolcro torni allo stato di decadenza precedente?