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Per cominciare, qualche dato: Jacqueline Risset ha pubblicato su «Tel Quel» dal 1965 fino al 1982, anno in cui cessarono ufficialmente le attività della rivista. In totale i testi apparsi sulla rivista sono undici: nove poesie e due saggi, di cui uno su Antonio Gramsci e l’altro su James Joyce178. Tutte le poesie pubblicate tra le pagine di «Tel Quel» (eccetto, come si vedrà in seguito, Poésie et Prose) sono state poi riprese in volume ma, come è stato possibile scoprire grazie al lavoro in archivio, non senza che venissero apportate delle significative variazioni179. Oltre a questi contributi pubblicati direttamente sulla rivista, esiste tutta una serie di articoli o di brevi saggi dedicati all’attività del movimento180, oltre che una raccolta, curata insieme a Alfredo Giuliani, di traduzioni di poesie tratte dalle opere di Denis Roche, Marcelin Pleynet e Jean-Pierre Faye181. A questi lavori va aggiunta la monografia, pubblicata per Seghers nella collezione «Poètes d’aujourd’hui», su Marcelin Pleynet182.

A fronte di questa prima ricognizione appare chiaro il forte coinvolgimento di Risset nel gruppo di Tel Quel. Tuttavia, la questione di come la scrittrice si sia avvicinata alla rivista non presenta risposte certe: se, da un lato, è più che probabile che l’allora trentenne

177 I. van der Poel, Une révolution de la pensée, cit., p. 87.

178 Si tratta, rispettivamente, di Lecture de Gramsci («Tel Quel» n. 42, été 1970, pp. 46-75) e di Joyce

traduit par Joyce («Tel Quel» n. 55, automne 1973, pp. 47-62).

179 I testi ripresi in Jeu (cfr. 1.6 per una trattazione dettagliata) sono: Récit, Après-récit e Jeu; In La

Traduction commence comparirà invece La Petite marque sur l’estomac, («Tel Quel» n. 70, été 1977, pp.

89-92); i testi ripresi in Sept passages de la vie d’une femme sono: Sept passages de la vie d’une femme («Tel Quel» n. 74, hiver 1977, pp. 50-57), 9 poèmes de Mnémosyne, («Tel Quel», n. 84, été 1980, pp. 30- 38), En voyage («Tel Quel» n. 90, hiver 1981, pp. 69-75).

180 Nello specifico: Scrittura e ideologia, «Quindici» XIX, 1969, pp. 15-16; Poesia e testualità,

«L’approdo Letterario», 47, 1969, pp. 97-98 (poi in L’invenzione e il modello, cit., pp. 220-223); Sul lavoro

di Tel Quel e il ‘feticismo del testo’, «Periodo Ipotetico», agosto 1970, pp. 35-36 (poi in L’Invenzione e il Modello, cit., pp. 217-219); La Kristeva in Cina: nonostante quel Confucio maschilista..., «Il Messaggero»,

15 agosto 1976; In quell’oro c’è un monarca, «Il Messaggero», 19 ottobre 1976; Marcelin Pleynet. Critico,

dunque canto, 1977. Tel Quel venti anni dopo, «Pace e Guerra», 22 febbraio 1980; Tel Quel, cit.

181 A. Giuliani, J. Risset, (a cura di), Poeti di «Tel Quel», Torino, Einaudi, 1968. 182 J. Risset, Marcelin Pleynet, Paris, Seghers, 1988.

Risset fosse in contatto con Philippe Sollers, le testimonianze di Marcelin Pleynet sembrano suggerire che la scrittrice avesse indirizzato proprio a lui le prime poesie, forse in quanto segretario della rivista183. Che Risset già conoscesse «Tel Quel» o meno, secondo quanto da lei stessa dichiarato in un’intervista con Francesco Laurenti, la scelta di inviare i propri lavori al segretario di redazione di «Tel Quel» fu influenzata da Francis Ponge, incontrato a Roma in occasione di una conferenza e rimasto positivamente colpito da quei testi così vicini alle sperimentazioni telqueliane184.

Al di là di come sia avvenuto l’incontro con la redazione della rue Jacob, quel che è certo è che il primo testo di Risset, intitolato Poésie et Prose, venne pubblicato nel 1965, sul numero 22185. Dopo l’apparizione, sul numero 25, di una traduzione di Giambattista Vico dal titolo Nature de la vraie poésie e di un componimento, più tardi ripreso in Jeu e intitolato Récit186, sembrava che per Risset fosse arrivato il momento di entrare a far parte a tutti gli effetti del comitato di redazione di «Tel Quel». In realtà questa fase non sarà del tutto priva di complicazioni, specialmente a causa delle già menzionate faide interne al gruppo. Nel 1967, infatti, il comitato di redazione appare sostanzialmente diviso in due blocchi (cfr. 1.1): da un lato, coloro che spingevano verso una presa di posizione maoista (si tratta, lo si è visto, di Sollers, Pleynet e Baudry); dall’altro, coloro che non condividevano l’indirizzo radicale che la rivista avrebbe potuto prendere (Jean-Pierre Faye, Denis Roche, Ricardou e Thibaudeau). Come spiega Philippe Forest187, le tensioni che dividevano il gruppo si tradussero ben presto in antagonismo allorché si trattò di scegliere i due candidati che avrebbero dovuto prendere il posto di Boisrouvray, da tempo lontano dalla rivista e solo nominalmente presente nel comitato di redazione. Mentre lo schieramento capeggiato da Sollers appoggiava la candidatura di Jacqueline Risset e di Pierre Rottenberg, l’ala meno radicale favoriva Maurice Roche e Claude Ollier, due scrittori meno politicizzati di Risset e Rottenberg e piuttosto vicini a Faye. Sarà proprio

183 A questo proposito, cfr. M. Pleynet, À partir de Tel Quel, in I pensieri dell’istante. Scritti per

Jacqueline Risset, Roma, Editori Internazionali Riuniti, 2012, pp. 384-388.

184 F. Laurenti, Il partito preso della traduzione, in «Italianistica», anno XL, vol. 1, gennaio-aprile 2011,

p. 184. Questa versione è anche confermata da quanto la scrittrice dichiara in un’intervista con John C. Stout. Cfr. J. Stout, L’Énigme-poésie. Entretiens avec 21 poètes françaises, cit., p. 263.

185 J. Risset, Poésie et Prose, in «Tel Quel» n. 22, été 1965, pp. 37-42.

186 Si tratta, rispettivamente, di Sur Dante et sur la nature de la vraie poésie, in «Tel Quel» n. 23,

automne 1965 e di Récit, in «Tel Quel» n. 27, automne 1966, pp. 33-45.

187 P. Forest, Histoire de Tel Quel, cit., pp. 282-283. Vedi anche J. Thibaudeau, Mes années Tel Quel,

quest’ultimo a opporre le maggiori resistenze all’ingresso di Risset e Rottenberg188, almeno fino a quando, nel settembre del 1967, di ritorno dalle vacanze estive, Faye non scoprirà che i nomi dei due candidati di Sollers erano già stati aggiunti, a sua insaputa, a quelli del comitato di redazione. L’analisi di Forest non potrebbe essere più precisa: è evidente che l’ingresso di Risset e Rottenberg fu ottenuto tramite un «coup de force»189; allo stesso modo, risulta altrettanto chiaro quanto questa mossa fosse finalizzata proprio a mettere in atto la tanto attesa rivoluzione maoista di Tel Quel.

Nel complesso, Risset non si oppose mai – almeno non formalmente – all’adesione della rivista al pensiero di Mao Zedong. Incoraggiata a firmare, a nome del comitato di redazione, manifesti sempre più radicali, la scrittrice non si tirò mai indietro e questo anche là dove, come indicato nelle Positions du mouvement de juin ’71, la lotta agli oppositori del maoismo raggiunse il suo apice: «Le mouvement compte fermement rallier la majorité des membres et des collaborateurs de Tel Quel trompés par la ligne droitière et révisionniste»190.

Eppure, forse in virtù della lontananza da Parigi, il ruolo ricoperto in quegli anni da Risset all’interno di Tel Quel appare in qualche modo più sfumato. Prova ne è il diradarsi delle pubblicazioni (solo tre negli anni che vanno dal 1970 al 1976) e il moltiplicarsi dei solleciti da parte di Marcelin Pleynet a schierarsi dalla parte dei maoisti191. Se il trovarsi a Roma ha forse consentito a Risset di assumere un atteggiamento più moderato rispetto alle faide interne di Tel Quel, va però sottolineato che il coinvolgimento politico della scrittrice era di diversa natura rispetto a quello della rue Jacob. Come dimostra bene il saggio del 1970 dedicato a Gramsci192 (dunque, in pieno fervore maoista), Risset condivideva con i compagni francesi l’avversione al Pcf, ma non disprezzava affatto il

188 Come nota Forest, in realtà, le riserve di Faye sono soprattutto nei confronti di Rottenberg, giudicato

troppo irruento nel carattere e, quindi, non adatto a far parte del comitato di redazione di una rivista. Su questo punto, cfr. P. Forest, Histoire de Tel Quel, cit., p. 283.

189 P. Forest, Histoire de Tel Quel, cit., p. 285.

190 Tel Quel, Positions du mouvement de juin ’71, cit., p. 141. In questo senso, un’interessante (per

quanto indispettita) testimonianza è quella fornita da Jean Thibaudeau, il quale, riferendosi al caos dei giorni che seguirono l’atto di nascita del movimento, spiega «Aussi, pour ce qui est du comité, je téléphone à Jacqueline Risset, à Rome. Nous sommes tous deux “italiens” […]. Elle est d’accord avec moi. Puis, venant à Paris, et ne me faisant signe, elle va se soumettre aux exigences de Pleynet et Sollers». J. Thibaudeau, Mes années Tel Quel, cit., p. 210.

191 P. Forest, Histoire de Tel Quel, cit., p. 398.

192 J. Risset, Lecture de Gramsci, in «Tel Quel» n. 42, été 1970. In un’intervista successivamente

raccolta nel volume Tel Quel. Un’avanguardia per il materialismo, Sollers non manca di sottolineare l’importanza del pensiero gramsciano in ambito marxista. Tuttavia, facendo leva sul breve periodo di attività del filosofo, il primato teorico sembra essere comunque accordato a Mao. Cfr. M. Charvet, E. Krumm, Tel Quel. Un’avanguardia per il materialismo, cit., p. 34.

Pci, considerato più serio, più strettamente militante, rispetto all’omologo francese193. In questo senso, quindi, sorprende poco che Risset non si sia avventurata in Cina insieme a Sollers, Kristeva, Pleynet, Barthes e Wahl e che, fatta eccezione per i testi programmatici firmati genericamente «Tel Quel», non si trovino nella rivista contributi propriamente militanti.

Su un piano più strettamente letterario, invece, non vi sono dubbi che Tel Quel segnò per Risset la possibilità di un nuovo tipo di letteratura, l’unico a cui sembrasse lecito aspirare dopo Proust e Rimbaud194: « considérer l’écriture comme une activité qui se pense elle-même. C’est-à-dire à ne pas considérer que les écrivains écrivent et que les critiques pensent – pensent sur ce qu’ont fait les écrivains»195. Questa «rencontre de type fraternel»196 fornisce un’importante spiegazione del motivo per cui la scrittrice che, fino a quel momento, aveva tenuto nascosti tutti i componimenti poetici scritti nel corso degli anni, scelse di svelarsi al pubblico tra le pagine della rivista di Sollers.

Attraverso la catalogazione della biblioteca di poesia di Risset è possibile avere una prima idea dei rapporti intessuti con gli altri membri della redazione. Senza alcun dubbio, una delle amicizie più solide fu quella con Marcelin Pleynet, sul quale, come si è detto, Risset scrisse un saggio monografico. In tal senso, la ricerca in archivio conferma – attraverso il rinvenimento di tutta una serie di opere dell’autore a lei dedicate, di lettere o di cartoline – la longevità del rapporto. Lo stesso vale per Sollers, del quale Risset tradusse per la prima volta in italiano Il Parco e Dramma. Ad oltre trent’anni di distanza, nel 2013, fu ancora Sollers a presentare alla Maison de l’Amérique Latine di Parigi quello che sarebbe stato l’ultimo volume pubblicato in vita dalla scrittrice, ovvero Les instants

les éclairs197, segno, questo, di un legame che il tempo non aveva indebolito.

Al nome di queste figure estremamente influenti dal punto di vista letterario, va aggiunto quello di Francis Ponge che, come abbiamo visto, rappresentò nei primi anni di

193 A questo proposito si rinvia all’intervista di Jacqueline Risset con Michele Canonica, in cui, tra

l’altro, la scrittrice afferma: «Il faut se rappeler que le parti communiste français était stalinien et très très fixé complètement sur l’Union Soviétique. Alors que le parti italien avait une curiosité intellectuelle totale, il avait une plus grande culture, il y avait Gramsci. Gramsci a été l’un de premiers écrivains que j’ai lu en arrivant en Italie et j’ai été absolument surprise et pleine d’admiration pour les Lettres de la prison, qui étaient pour moi une espèce de témoignage d’humanité vraiment aussi loin qu’il était possible du Parti Communiste français». Cfr. https://www.youtube.com/watch?v=H8EyFsQmjKQ (ultima consultazione: 10/2018).

194 Cfr. J. Risset, Le bureau de Tel Quel, in «L’Infini» n. 49/50, printemps 1995, p. 192. 195 J. Stout, L’Énigme-poésie. Entretiens avec 21 poètes françaises, cit., p. 263.

196 Ivi, p. 263.

«Tel Quel» un modello imprescindibile. Anche in questo caso, la testimonianza dell’importanza di Ponge nella produzione rissettiana è fornita dalla scelta dell’autrice di tradurre Le Parti pris des choses e altri scritti tratti dal Nouveau Recueil e da La rage de

l’expression e poi pubblicati nella raccolta Vita del testo198; operazione, questa, che consentì al pubblico italiano di conoscere un autore fino ad allora praticamente ignoto. Non solo, ma è proprio all’ideatore dei Proêmes che sarà dedicato, forse non del tutto casualmente, il primo componimento caratterizzato dall’uso del prosimetro (cfr. 1.5).

Con tutta probabilità, vivere in Italia ha fatto di Jacqueline Risset un membro sui

generis della rivista, con le conseguenze sopra evocate, soprattutto in ambito politico.

Tuttavia, è importante sottolineare quanto questo ruolo di redattore oltre confine abbia consentito alla scrittrice di costituirsi come un vero e proprio ponte fra Francia e Italia. Se, fino ad oggi, si è parlato perlopiù di come Risset ha tentato di traghettare la poesia francese contemporanea in territorio italiano, è importante sottolineare come questa operazione funzionasse nei due sensi. Come precisa Forest199, fu proprio grazie a Risset che «Tel Quel» entrò in contatto con le avanguardie poetiche italiane e, in particolare, con alcuni esponenti del Gruppo ’63, con il quale il movimento francese aveva evidenti aspetti in comune. Il ruolo di intermediario tra le due avanguardie è tanto più interessante se si considera che, curiosamente, Sanguineti e compagni nutrivano qualche iniziale perplessità nei confronti dell’avanguardia francese, giudicata eccessivamente «lirica» e, al tempo stesso, dotata di un linguaggio così ricercato da non essere accessibile ai più200.

Risset fu la prima a tradurre in francese Nanni Balestrini, allora ancora ignoto in Francia e pubblicato per la prima volta nella collana diretta da Sollers201. Parimenti, è a Risset che si deve il contatto tra «Tel Quel» e Andrea Zanzotto, contatto che si aggiunge a quello di più lunga data tra Sollers e Sanguineti202. Mentre quest'ultimo pubblicherà diversi testi nella rivista203, la poesia di Zanzotto conoscerà varie traduzioni in francese.

198 F. Ponge, Vita del testo (a cura di P. Bigongiari), Milano, Mondadori, 1971. 199 P. Forest, Histoire de Tel Quel, cit., p. 524.

200 Cfr. J. Risset, Le bureau de Tel Quel, cit., p. 193. 201 N. Balestrini, Tristan, Éditions du Seuil, Paris 1972.

202 Curiosamente, pur essendo presente al convegno di Cerisy del 1963, Sanguineti aveva attaccato

piuttosto violentemente alcune delle posizioni espresse da Sollers durante il suo intervento. Nonostante questo, fu proprio la collana Tel Quel a pubblicare, nel 1963, e per la prima volta in Francia, Capriccio

italiano. L’aneddoto è raccontato in P. Sollers, F. Ponge, Correspondance, cit., pp. 46-47 e, anche se meno dettagliatamente, in J. Thibaudeau, Mes années Tel Quel, cit., p. 97.

203 Capriccio italiano, Tel Quel n. 15; Inferno VIII, Tel Quel n. 23; Pour une avant-garde

révolutionnaire, Tel Quel n. 29; L’Opéra di Pekin, Tel Quel n. 48/49. A queste pubblicazioni vanno

La vicinanza con questi autori, d’altronde, non è priva di implicazioni per quanto riguarda l’evoluzione della poesia di Risset – e, in misura minore, quella di «Tel Quel» – che con il gruppo italiano condivide l’urgenza di una messa in discussione dei canoni poetici tradizionali.

Ancora una volta, una prima e concreta testimonianza della rilevanza che questa triade ebbe su Risset è riscontrabile nei dati forniti dal lavoro in archivio: i volumi di Zanzotto occupano una parte cospicua della biblioteca di poesia di Risset, per un totale superato solo da Rimbaud e Leopardi204 . Per di più, l’operazione di catalogazione della biblioteca ha portato alla luce del materiale che, almeno nella prima fase di compilazione bibliografica, non era emerso: si tratta di un numero della rivista «Liberté» in cui figurano delle traduzioni ad opera di Jacqueline Risset di alcune poesie di Zanzotto tratte da

Pasque205. Queste traduzioni non costituiscono soltanto la prova di un interesse di Risset per l’attività del poeta veneto: insieme al materiale pubblicato sono state rinvenute delle bozze dattiloscritte che ne costituiscono l’inedito lavoro preparatorio, lavoro che costituisce un’importante prova di analisi testuale in grado di fornire una prima chiave di lettura per comprendere in che modo il lavoro di Tel Quel potesse incontrare quello delle avanguardie italiane.

Per quanto riguarda Sanguineti, invece, oltre ai diversi articoli a lui dedicati206, segno visibile di un imponente studio teorico, in archivio sono state rinvenute diverse pagine di appunti che accompagnavano i volumi posseduti da Risset e che costituiscono un interessante materiale altrettanto inedito. Ancora più rilevante è il reperimento, all’interno del volume Segnalibro. Poesie 1951-1981207, di un foglio dattiloscritto contenente una traduzione che Risset fece del Novissimum Testamentum e che, per qualche motivo, non vide mai le stampe.

204 Nello specifico, i volumi di e su Zanzotto ammontano a 45, quelli di e su Rimbaud a 51, quelli di e

su Leopardi a 68.

205 A. Zanzotto, Poèmes, traduzione francese di Jacqueline Risset, in «Liberté» n. 110, mars-avril 1977. 206 Tra i più importanti si ricorderà Edoardo Sanguineti: ce lapsus qui nous habite, in «Critique» n. 447,

1984, pp. 617-27; La perdita dell’aureola: Sanguineti baudelairiano, in L. Giordano (a cura di),

Sanguineti: ideologia e linguaggio, Salerno, Metafora Edizioni, 1991, pp. 109-116; 703; Eleganza di un ballerino all’Hotel des Palmes, in «Il Manifesto», 29 marzo 2010.