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Jorge Guillén racconta don Luis de Góngora y Argote

Guillén conosce Góngora attraverso i simbolisti francesi e si avvicina a lui prima come studioso e in un secondo tempo anche come poeta. Sappiamo che il poeta-professore conosce molto da vicino la poesia gongorina e, come ha notato Biruté Ciplijauskaité3, la sua attenzione verso Góngora è abbastanza anteriore al 1927. Infatti nel 1925 Guillén dedica a Góngora la sua tesi di dottorato dal titolo Notas para una edición comentada de Góngora4, rimasta inedita fino al 2002. La tesi si divide in Obras, Genio e Tema Central del poeta barocco, sezione quest'ultima seguita da un'edizione critica del Polifemo.

Come critico, nel 1962 Guillén pubblica, prima in inglese e poi in spagnolo, Lenguaje y poesía: algunos casos españoles5, un saggio sulla storia della poesia spagnola analizzata secondo il linguaggio: dal medievale Gonzalo de Berceo, scrittore in cuaderna vía, al romantico Bécquer ed ai suoi contemporanei, passando per la miglior lirica del Siglo de Oro (il mistico San Juan de la Cruz e Góngora). Guillén, in quanto poeta della luce, si preoccupa molto dell'oscurità gongorina, che secondo il poeta novecentesco è dovuta all'uso massiccio di metafore, allusioni e perifrasi; in Góngora il linguaggio si è convertito in oggetto.

Come poeta, durante tutta la sua vita Guillén è stato accompagnato dalla poesia di Góngora, sin dai tempi dei primi poemi di Cántico. Infatti, fa parte di questa raccolta la décima El ruiseñor dedicata a don Luis. La scelta di questa forma concisa secondo Elsa Dehennin rivela l'intenzione di Guillén di cercare

3

B. Ciplijauskaité, “Un comentarista moderno: Jorge Guillén y su contexto”, in Da Góngora a Góngora. Atti del Convegno internazionale (Verona, 26-28 ottobre 1995), a cura di G. Poggi, Pisa, Edizioni ETS, 1997, pp. 253-269.

4

J. Guillén, Notas para una edición comentada de Góngora, Edición, notas y acotaciones de Antonio Piedra y Juan Bravo, Prólogo de José María Micó, Valladolid, Fundación Jorge Guillén, 2002.

5

il terreno migliore per avvicinarsi a Góngora.

El ruiseñor, pavo real Facilísimo del pío, Envía su memorial Sobre la curva del río, Lejos, muy lejos, a un día

Parado en su mediodía, Donde un ave carmesí, Cenit de una primavera Redonda, perfecta esfera,

No responde nunca: sí.6

È una décima espinela a rima fissa in cui si descrive un luogo perfetto della natura: un usignolo che canta sopra un albero in un giorno di primavera. Secondo Dehennin il paesaggio della décima è molto simile a quello che il peregrino scopre dall'alto di una roccia all'inizio della Soledad primera, un angolo di natura primaverile bagnata dal sole e attraversata da un fiume sinuoso:

Si mucho poco mapa le despliega, mucho es más lo que, desatando, confonde el Sol y la distancia niega. Muda la admiración habla callando, y ciega un río sigue, que luciente

de aquellos monte hijo, con torcido discurso, aunque prolijo,

tiraniza los campos útilmente.7

6

Tuttavia nella décima di Guillén, il panorama da protagonista passa in secondo piano, fa da sfondo al canto dell'usignolo che la primavera e il sole circondano.

Il paragone tra i due paesaggi è dunque piuttosto labile; invece è forte la presenza stessa dell'usignolo in Góngora, che di solito compare insieme ad un corso d'acqua, secondo l'ambientazione tipica del locus amoenus.

Come nota la Dehennin l'usignolo è presente anche nel sonetto gongorino Ya que con más regalo el campo mira del 1583. Qui si chiama Filomena in ricordo delle sue tristi avventure mitologiche: la ragazza venne trasformata in usignolo dagli dei per poter sfuggire all'ira del re Tereo che le aveva strappato la lingua per non farle rivelare la violenza subita:

Ya que con más regalo el campo mira (pues de el hórrido manto se desnuda) purpureo el sol, y, aunque con lengua muda,

suave Filomena ya suspira.8

È un sonetto amoroso nel quale si legge che a introdurre la primavera, insieme al sole che guarda benevolo i campi, è il canto dell'usignolo, inequivocabile segno dell'arrivo della bella stagione.

Ya que con más regalo el campo mira non è tuttavia l'unico sonetto di Góngora ad avere come protagonista l'usignolo. Sono infatti numerosi i componimenti che svolgono questo topos.9 È interessante vederne alcuni.

Oltre al sonetto analizzato in precedenza, ne possiamo trovare altri due sempre appartenenti al repertorio amoroso: Con diferencia tal, con gracia tanta

7

L. de Góngora, Soledades, cit., pp. 84-85.

8

L. de Góngora, Sonetos completos, cit., p. 122.

9

Per uno studio approfondito sul tema vedere A. Gargano, “Il cantar novo e 'l piangere delli augelli. Góngora e l'usignolo”, in La Edad del Genio: España e Italia en tiempos de Góngora, Edizione a cura di B. Caplloch, S. Pezzini, G. Poggi, J. Ponce Cárdenas, Pisa, Edizioni ETS, 2013, pp. 279-294.

del 1584 e Si Amor entre las plumas de su nido del 1603. Il primo sonetto ha al proprio interno la comparazione tra il canto modulato e doloroso dell'usignolo della prima quartina:

Con diferencia tal, con gracia tanta aquel ruiseñor llora, que sospecho que tiene otros cien mil dentro del pecho

que alteran su dolor por su garganta;

e il canto del poeta pietrificato dallo sguardo della donna-Medusa:

y llore sólo aquel que su Medusa en piedra convirtió, porque no pueda ni publicar su mal, ni hacer mudanza.10

È una contrapposizione tra l'usignolo cantore, sebbene muto, e il poeta ammutolito, perché pietrificato.

Nel sonetto Si Amor entre las plumas de su nido il poeta loda la trasformazione della bellezza della donna dalla fanciullezza alla maturità. Il passaggio della donna da aurora a sole provoca l'effetto di produrre il canto degli uccellini e il pianto delle persone, e la lode del poeta è rappresentata dal canto dell'usignolo:

Saludaré tu luz con voz doliente, cual tierno ruiseñor en prisión dura

despide quejas, pero dulcemente.

Diré como de rayos vi tu frente

10

coronada, y que hace tu hermosura cantar las aves, y llorar la gente.11

Un altro sonetto interessante è Entre las hojas cinco, generosa datato 1615. È un sonetto funebre per la morte delle tre figlie di Gómez Suárez de Figuera, terzo duca di Feria. Si immagina che il drammatico evento si realizzi in un luogo simile a quello raffigurato sullo scudo araldico dei Feria, composto da cinque foglie di fico d'India in un campo d'oro. È forte il contrasto tra le mute piccole prede, catturate da una serpe velenosa, la voce piena di dolore ammutolita del padre che un tempo cantava come un usignolo e il bosco che risuona del canto e del pianto del padre a cui gli uccelli fanno eco:

Entre las hojas cinco, generosa si verde pompa no de un campo de oro,

prendas sin pluma a ruiseñor canoro degolló mudas sierpe venenosa.

Al culto padre no con voz piadosa, mas con gemito alterno y dulce lloro,

armonïosas lágrimas al coro de las aves oyó la selva umbrosa.12

Tornando alle opere di Guillén, sempre della raccolta Cántico fanno parte le Soledades interrumpidas. Come García Lorca e Rafael Alberti, anche il nostro poeta si è cimentato con la riscrittura delle Soledades gongorine. Quelle di Guillén però sono scritte in eptasillabi e con una natura molto diversa dalla silva di Góngora. Non è una vera Soledad: qui non c'è nessun peregrino, è il poeta stesso che guarda la natura. È una natura contaminata dall'uomo: non ci

11

Ibidem, cit., p. 146.

12

sono più tronchi ma tavole costruite dall'uomo:

Hay robles, hay nogales, Olmos también, castaños.

Entre las muchas frondas El tiempo aísla prados.

Troncos ya no. Son tablas. Renacen las maderas. ...Y una pared, un porche. Ya es un pueblo: se esfuerza.

Colorines. Reluce, Desordenando el día Más luminosamente, La terca tentativa.

Il paesaggio statico viene attraversato velocemente dal tempo e il futuro è rappresentato dal treno:

Y se desgarra el tiempo... Es el pitido súbito De un tren que allí, tan próximo,

Precipita al futuro.

Fluyan, fluyan las horas: Gran carretera. Van Manando ya las fuentes

Los follajes divisan A los atareados, En su esfuerzo perdidos,

Oscuros bajo el árbol.

Un rumor. Son las hojas Gratas, profusas, cómplices.

Los tejados contemplan Tiernamente su bosque.13

Altri riferimenti a Góngora sono presenti, sotto la sezione Al margen, nella raccolta Homenaje. Si tratta di un'estesa sezione in cui il poeta traccia una sorta di storia della cultura, rivisitando nella veste di chiosatore (“al margen” appunto) testi e autori dalla Bibbia fino ai suoi giorni. Come ha notato Oreste Macrì14 lo stile di Al margen riprende quello della glosa hispánica, ossia la variazione di autori, poesie o parole isolate già esistenti. Allo stesso modo, Guillén attraverso le epigrafi cita alcuni versi, in qualche caso solo il titolo, delle opere degli altri autori per poi svilupparne o modificarne il tema nel proprio testo poetico.

In questa sezione che raccoglie poeti, filosofi e narratori, spicca la parte dedicata a Don Luis: Al margen de Góngora. La prima delle tre brevi poesie dedicate al poeta barocco è Círculo, composta da soli tre versi e preceduta dall'epigrafe “haciendo círculos prefectos” che Guillén riprende dalla Soledad segunda, precisamente dal passo in cui il vecchio pescatore descrive la caccia marina della figlia:

cuando cerca de aquel peinado escollo hervir las olas vió templadamente,

13

J. Guillén, Aire nuestro, cit., I, pp. 42-43 (corsivo mio).

14

bien que haciendo círculos perfectos.15

La poesia successiva, composta da cinque versi, Historia abstracta, ha come incipit un verso della Soledad primera relativo ai primi passi che il peregrino muove nella sera verso la salvezza: “entre espinas crepúscolos pisando”.16

L'ultimo componimento dell'omaggio a Góngora, Intenso octubre, ha come epigrafe un verso dei celebri tercetos gongorinos ¡Mal haya el que en señores idolatra...! datato 1609: “Tenedme, aunque es otoño, ruiseñores”.

¡Mal haya el que en señores idolatra...! è l'unica satira composta da Góngora , il quale, deluso e amareggiato dalle insidie della corte, chiede ai corsi d'acqua che percorrono il terreno dove desidera ritirarsi di serbargli, nonostante il passare delle stagioni calde, gli usignoli e il loro canto:

Tenedme, aunque es otoño, ruiseñores, ya que llevar no puedo ruicrïados, que entre pámpanos son lo que entre flores.

Góngora nomina di nuovo l'usignolo in due terzine successive. Tra gli uccelli che popolano il terreno e cantano per supplire all'assenza dei poeti, l'andaluso si aspetta di trovare l'usignolo che canta qualche verso elegante. Possiamo vedere in queste terzine un'ulteriore metafora dell'usignolo, quella che lo paragona a uno strumento musicale con le piume:

Y cualque madrigal sea, elegante, librándome el lenguaje en el concento,

el que algún culto ruiseñor me cante: prodigio dulce que corona el viento,

15

L. de Góngora, Soledades, cit., vv. 500-503, p. 143.

16

en unas mismas plumas escondido el músico, la musa, el instrumento.17

I tercetos sono considerati fondamentali nel cammino verso le Soledades, come testimonia José María Micó:

Con los tercetos de 1609 se cierra una larga y descuidada fase de su [de Góngora] trayectoria poética en la que asoman o se fraguan calladamente varios elementos sin los cuales resulta imposible hacerse una idea cabal de la génesis de sus proyectos cordobeses de en torno a 1613.18

I progetti di cui parla Micó sono chiaramente le Soledades che sono state composte attorno al 1613.

L'apparizione della critica alla corte nella poesia gongorina coincide con un cambiamento nella vita del poeta che sfocia in un momento di crisi morale: ormai disingannato dalla corte, fonte solo di sofferenza e delusione per uno spiacevole episodio che riguardava un suo nipote, sente forte il bisogno di rifugiarsi nel cosiddetto locus amoenus. Il poeta andaluso in questi tercetos contrappone la vita corrotta della corte alla vita solitaria, che non è solo un luogo concreto, ma è anche uno stato d'animo di cui le Soledades sono una prova.

17

L. de Góngora, Obras completas, cit., pp. 274-278.

18

J. M. Micó, “A mis Soledades voy”, in La fragua de las Soledades. Ensayos sobre Góngora, Barcelona, Sirmio, 1990, pp. 103-122. Ristampato in Id. De Góngora, Madrid, Biblioteca Nueva, 2001, pp. 97-110.

3.4. Jorge Guillén racconta don Francisco de Quevedo y