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Vissuto in pieno franchismo, Valente inizia gli studi universitari prima a Santiago de Compostela, come studente di diritto, e in seguito a Madrid per frequentare la Facoltà di Lettere e filosofia. Vivere a Madrid gli permette di conoscere molti scrittori ed artisti non solo spagnoli, ma anche latinoamericani. Come militante convinto antifranchista, Valente lascia forzatamente la Spagna, dove tornerà solo nel 1982, e inizia a viaggiare per tutta l'Europa e l’America Latina, dove coltiva una chiara vocazione ispanoamericanista, grazie anche all'incontro con il poeta José Lezama Lima durante un viaggio a Cuba. È stato lettore a Oxford, al Dipartimento di studi ispanici, esperienza che lo porta a un'evoluzione culturale e politica, potendo apprendere lì una storia della Spagna diversa da quella imparata a scuola.

Precoce come Rubén Darío e Jorge Luis Borges, Valente provò a scrivere i suoi primi versi a quindici anni. Come prodotto che testimonia l'epoca in cui iniziò a interessarsi alla lettura della poesia e a scrivere, il primo poema conosciuto del poeta galiziano è del 1944 ed è un breve romance dedicato alla Vergine Maria.

Il niño de la guerra preferisce la struttura poetica della canzone per la sua caratteristica popolare, la sua brevità, il carattere sintetico e la tendenza all'anonimato.

Valente si avvicina anche ad altre lingue e altre culture per fonderle insieme nella propria opera. Oltre che in Inghilterra, Valente ha vissuto anche a Parigi e Ginevra, ha incontrato poeti europei e americani che ha letto con molta attenzione, come documenta Sánchez Robayna:

Desde Pablo Neruda hasta Stephen Spender, pasando por el checo Miroslav Holub, el también inglés W. H. Auden o el antillano Aimé Césaire. Por su acercamiento a otras lenguas europeas y a sus culturas, con la clara conciencia de que éstas comparten una “literatura única” marcada por su común trasfondo clásico, Valente acabará adquiriendo, acaso como ningún otro en España de la

segunda mitad del siglo XX, la condición de “poeta europeo”.1

Valente si avvicina alla letteratura spirituale spagnola (San Juan de la Cruz e Miguel de Molinos) e alla tradizione mistica senza però essere un mistico. A questo proposito Fernando Lázaro Carreter dice di lui:

La atracción que sobre él ejerció la mística, aquella poesía y aquellas lucubraciones de hombres y mujeres seguros de haber atravesado la linde en vida, y haber gozado ya tras ella la plenitud. Él, tan dudoso, detenido en la esquiva e incierta divisoria, se siente magnéticamente deslumbrado ante tanta convicción, ante tanto testimonio. Pero no es místico, y se queda siempre en el borde infranqueable.2

Valente è molto affascinato dalla mistica perché la vede come un possibile modo per capire il processo di creazione artistica. Arthur Terry ha notato come per Valente poesia e misticismo siano due modi che sfidano continuamente i dogmi preesistenti e che arrivano a condividere lo stesso linguaggio alternativo. Il poeta galiziano si avvicina per questo al misticismo ebraico, attraverso le tradizioni della Kabbalah con la raccolta Tres lecciones de tinieblas del 1980. È qui che Valente esprime in modo più radicale il processo di tensioni e formazioni nel quale la parola prende corpo nella sua poesia. Secondo la Kabbalah Dio, prima della creazione del mondo, era tutto e occupava tutto. Per creare il mondo, Dio si esiliò verso l'interno di sé stesso con l'obiettivo di lasciare lo spazio nel quale creare. Creò, prima di tutto, il Nulla. Per Valente, questo è precisamente lo spazio nel quale il poeta crea prima di ogni altra cosa: lo spazio della creazione, uno spazio dal quale il mondo è assente. Ed è questo lo spazio dell'apparizione della parola. Per lui lo scrivere è uno stato, non

1

J. Á. Valente, Poesía y prosa, Edición e introducción de Andrés Sánchez Robayna, Barcelona, Galaxia Gutemberg, Círculo de Lectores, 2006, pp. 34-35.

2

F. Lázaro Carreter, José Ángel Valente (Círculo de lectores, Madrid, 25 de septiembre, 2000), Alicante, Biblioteca Virtual Miguel de Cervantes, 2012.

un'attività. Dice Terry a questo proposito:

What fascinates him here is the sense in which Kabbalistic teaching sees the divine world as a world of language, the way religious meditation is directed at the actual properties of letters.3

Valente fa anche traduzioni di Keats, Donne, Hopkins, Cavafis, Montale, Celan e Jabés. Per il poeta le traduzione sono sempre state direttamente relazionate con la propria evoluzione creatrice.

José Ángel Valente si riferisce spesso ai suoi poemi come a dei frammenti, e questo è importante per capire l'intero senso del suo linguaggio poetico. Nei suoi saggi egli attacca spesso l'idea che alcuni hanno della lingua come uno strumento, come qualcosa che può essere manipolato, corrotto o usato per interesse. Insiste molto sulla natura materiale delle parole. Secondo Pietro Taravacci4 nei suoi poemi Valente mostra una netta preoccupazione di raggiungere la voce poetica attraverso un percorso di sobrietà linguistica, senza intellettualismi né tecnicismi. Libro dopo libro, Valente scopre una vera e propria scrittura minimalista e frammentaria.

Valente è stato un notevole saggista, autore di un'opera di pensiero critico non facilmente divisibile dalla poesia. Secondo Sánchez Robayna, Valente è il saggista che più è andato a fondo nella riflessione del fenomeno poetico, con un pensiero originale e una mirabile lettura della tradizione. Dice di lui:

Pensamiento y poesía estarán ya para siempre en el poeta orensano fuertemente hermanados, y – en la vieja tradición de Dante y Petrarca, de fray Luis de León y de Quevedo, y en la moderna de Novalis y Coleridge, de Baudelaire y de Leopardi, de Ungaretti y de Eliot – conformarán dos vertientes o expresiones de

3

A. Terry, “Reading valente: A preface to Tres lecciones de tinieblas”, in Hispanic Studies in Honour of Geoffrey Ribbans, Liverpool, University Press, 1992, p. 329.

4

J. Á. Valente, Per isole remote. Poesie 1953-2000, Saggio critico, traduzione e cura di Pietro Taravacci, Pesaro, Metauro Edizioni, 2008.

un solo temperamento creador, sino manifestaciones convergentes e incluso aunadas de la palabra.5

Per quanto riguarda l'opera poetica, Valente scrive sia in castigliano che in gallego, sia agli inizi della carriera poetica che durante gli anni Ottanta e Novanta. Nel 1953 si presenta al “Premio Boscán” con Nada está escrito, una raccolta dal tono lirico e intimista. Non vince, ma si fa conoscere e viene considerato un'autentica rivelazione. È un'opera dal sapore machadiano, dove Valente critica la rassegnazione intellettuale e il fatalismo culturale. Un altro titolo della raccolta è Libro nuevo y Poemas hablados. Al suo interno possiamo ritrovare echi di Garcilaso, toni esistenzialisti, interesse per la canzone tradizionale, un omaggio al mistico San Juan de la Cruz e infine un'allusione ad Antonio Machado. Nada está escrito è un libro inedito ed alcuni dei suoi poemi sono stati ripresi in altri libri successivi, come A modo de esperanza (1955) e Breve son (1968).

A modo de esperanza, con cui il poeta vinse nel 1954 il “Premio Adonais”, ha alcune caratteristiche di Nada está escrito, ma è costruito in modo migliore ed è più unitario. Il linguaggio è più diretto, brusco in alcuni punti. Il poeta riflette sulla morte, un tema profondamente legato a quello del tempo e dell'identità.

Nel 1960 esce Poemas a Lázaro, raccolta che ottiene il premio della critica e nella quale Valente si allontana dal tema del tempo e dove si accentuano i toni realisti, che il poeta preferisce chiamare poesía crítica. Vuole denunciare quello che lui chiama il formalismo temático della lirica spagnola.

Valente è un poeta-critico molto prolifico: pubblica una ventina di raccolte, e scriverà fino all'ultimo giorno. Fragmentos de un libro futuro, datato 25 maggio 2000, uscirà appena due mesi prima della sua scomparsa. È un libro dove la voce poetica, che lotta tra l'impersonalità e il vuoto dell'identità, parla di una comunione con il mondo.

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4.3. José Ángel Valente racconta don Francisco de Quevedo