Capitolo 6 Una visione più critica della relazione tra Pensiero Snello e sistemi di gestione della
6.2 Just-In-Time e Takt-Time analysis
Nell’ottica della riduzione degli scarti, il concetto del Just-in-Time punta a ridurre la permanenza del materiale in attesa della lavorazione successiva, facendo in modo che il ciclo produttivo sia sincronizzato garantendo l’arrivo del materiale da lavorare esattamente quando serve; né prima, per evitare soste inutili, né dopo, per evitare fermate della linea.
La produzione Just-In-Time è generalmente vista come un elemento peggiorativo per la sicurezza; infatti l’obiettivo di ridurre il tempo di attraversamento porta inevitabilmente ad un aumento del ritmo di lavoro, quindi a ripetizioni più ravvicinate delle operazioni, ed alla mancanza di un cuscinetto in grado di assorbire eventuali ritardi. Inevitabilmente, il fatto di richiedere un ritmo di lavoro più intenso porta il lavoratore a ricercare delle scorciatoie per alleviare il carico di lavoro, in alcuni casi anche a rischio della propria sicurezza.
Il takt time è definito come il rapporto tra il tempo lavorativo a disposizione al netto delle fermate programmate ed il volume della domanda richiesta o prevista di prodotti (De Toni et al., 2013), ed indica quindi con quale ritmo deve essere realizzata un prodotto per poter soddisfare le richieste provenienti dal mercato.
L’analisi del takt time permette quindi di sincronizzare il ritmo della produzione con il ritmo della richiesta; è altrettanto evidente, nella logica pull e del valore per il cliente, che sarà il ritmo di produzione ad adeguarsi alla richiesta e non viceversa.
Risulta quindi necessario rispondere ad ogni variazione della domanda con un cambio di ritmo immediato.
Evidentemente una variazione di questo tipo può comportare un certo stress per il lavoratore, nonché un aumento del carico biomeccanico con possibili complicazioni di natura muscolo-scheletrica.
La tendenza nell’approccio produttivo del Pensiero Snello a seguire i ritmi di mercato producendo solamente quello che serve, anche in piccoli lotti, comporta una variazione del takt time attraverso una riconfigurazione dei ruoli all’interno della cella di lavoro; anche aumentando o riducendo il personale impiegato nella cella. Ovviamente questa flessibilità è possibile solo attraverso la multi-disciplinarietà dei lavoratori e condivisione delle competenze.
L’interdisciplinarietà dei gruppi di lavoro introduce un ulteriore aspetto estremamente importante per la flessibilità produttiva e la sicurezza. La necessità di allocare le risorse in diverse stazioni della cella di lavoro, comporta un aumento di professionalità, una richiesta di formazione continua con la possibilità di portare il proprio contributo di miglioramento continuo nelle diverse aree produttive, sia per l’aumento del valore che per un miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza.
Il fenomeno, in ultima analisi, può diventare estremamente favorevole per il lavoratore in quanto, essendo competente in diversi ambiti, diventa per l’azienda una risorsa che non è opportuno perdere; la consapevolezza di questa situazione da parte del lavoratore permette di godere di quella parte di salute legata al benessere psico-fisico.
La rotazione delle attività permette di evitare il fenomeno dell’accomodamento al rischio, cioè quell’effetto per cui la ripetizione prolungata della stessa attività comporta una maggiore confidenza con le operazioni di lavoro ed una conseguente riduzione del livello di rischio percepito, con la possibilità da parte dell’operatore di tenere comportamenti non sempre a favore della sicurezza. Per contro, in alcuni soggetti la rotazione può essere percepita come elemento di instabilità, creando una situazione di malessere emotivo dovuto alla necessità di cambiare frequentemente impostazione alla propria mente sulla nuova attività, con un effetto negativo sullo stress (Longoni et al., 2012). E’ evidente che la trasformazione legata all’aumento del ritmo di lavoro e della flessibilità potrà indurre stress positivi o negativi in ciascun lavoratore in base alla propria personalità, rendendo difficile prevederne il risultato finale.
Parallelamente alla riduzione del takt-time diventa evidente come un aumento del ritmo di lavoro debba passare per una riduzione dello sforzo; al netto delle operazioni necessarie per svolgere la propria attività è evidente che una riduzione degli sforzi, legata ad esempio ad una postazione più ergonomica, potrà permettere un aumento del ritmo di lavoro.
Purtroppo però, seppure sia possibile confrontare diversi ambienti in cui si effettua la stessa lavorazione per capire quale sia più vantaggioso, diventa difficile confrontare lavorazioni diverse per stabilire quale sia più gravosa.
Durante il riammodernamento dello stabilimento Motomachi nel 1994, Toyota lavorò per migliorare questo punto debole del sistema, introducendo una valutazione oggettiva dell’impegno necessario al personale che ne esprimesse il livello di fatica percepito dagli operai.
Attraverso una valutazione del livello di fatica e stress dichiarati dagli operatori, Toyota riuscì per la prima volta a misurare oggettivamente il livello di fatica e stress e rendere in questo modo i lavori comparabili, dando così una risposta a chi riteneva che la riduzione del takt time per seguire il mercato creasse problemi legati a patologie muscolo scheletriche.
In piena logica di miglioramento continuo, quando veniva riscontrato un eccessivo carico di fatica, l’attività veniva sottoposta ad un intervento kaizen per sviluppare una soluzione in grado di assistere l’operatore (Womack e Jones, 1996)
Nel processo di valutazione del rischio legato alla movimentazione manuale dei carichi ed ai rischi ergonomici, Hafey (2009) si spinge a definire un metodo snello da seguire durante qualsiasi attività di miglioramento continuo (ad esempio un kaizen blitz) senza l’intervento di tecnici specializzati. In particolare suggerisce di prendere considerazione quattro aspetti:
1. lavorazione fuori dalla posizione neutrale: cioè dove il corpo assume posture non naturali, come, ad esempio, con il busto piegato in avanti, con le braccia sopra le spalle, etc.;
2. sforzi eccessivi: qualsiasi situazione in cui ci sia uno sforzo eccessivo per gestire un oggetto diventa un’opportunità di miglioramento;
3. oggetti pesanti che creano, inevitabilmente, sforzi eccessivi e rischi; 4. azioni ripetitive che influenzano fenomeni di affaticamento.
Usando questi quattro parametri è possibile sviluppare delle attività di miglioramento per ridurre i disturbi muscolo-scheletrici.
Un interessante studio è stato condotto da Womack et al. (2009) ponendo a confronto due stabilimenti produttivi nel settore dell’automobile a livelli diversi di implementazione delle metodologie della Lean Manufacturing ed analizzando 56 postazioni di lavoro in base ai parametri di forza, postura e ripetitività del rischio di disturbo muscolo-scheletrico.
I risultati dimostrano un evidente aumento del ritmo di lavoro, inteso come numero di ripetizioni per unità di tempo nell’azienda Lean ma, nel contempo, una riduzione degli sforzi applicati. É ragionevole pensare infatti che la riduzione dei tempi ciclo si possa ottenere rendendo il lavoro più facile e riducendone gli sforzi.
Riferendosi ai livelli di rischio per la mano, Womack et al. (2009) osservano anche che negli strumenti del Pensiero Snello non vi è nessun elemento in grado di focalizzarsi intrinsecamente su qualità del processo, sicurezza dei lavoratori o coinvolgimento dei dipendenti. Le aziende
potrebbero quindi applicare le sole tecniche per la riduzione degli sprechi trascurando la filosofia di base, con il rischio di aumentare il carico di lavoro. Il fatto di non porre la dovuta attenzione nei confronti di qualità del processo, lotti di piccole dimensioni, supporto dei capi reparto e formazione dei lavoratori potrebbe condurre i soggetti a rischi superiori ed effetti negativi sulla salute e sicurezza.
Di parere contrario lo studio di Brännmark e Håkansson (2012), secondo cui un sistema di Lean
Manufacturing non completamente implementato lascia più autonomia ai lavoratori che possono
ridurre gli effetti negativi della Lean.