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Capitolo 5 Allegato 3 del D.Lgs. 105/2015 (Direttiva Seveso III)

5.2 Rispetto per l’uomo

Assieme al Just-In-Time, il “rispetto per l’uomo” rappresenta una caratteristica distintiva dei sistemi di produzione Toyota, come indicato nell’articolo di Fujio Cho (Presidente di Toyota Motor Corporation). L’approccio del Pensiero Snello ha modificato il punto di vista nei confronti dei lavoratori, che non sono più antagonisti ma risorse in grado di contribuire allo sviluppo ed al mantenimento di un flusso di valore.

La grande sfida legata all’efficacia dei sistemi di gestione, qualunque sia l’obiettivo, sembra essere quella legata al coinvolgimento di tutto il personale per far in modo che ognuno si senta parte di un meccanismo in grado di contribuire al raggiungimento dell’obiettivo.

Nelle “nuove” organizzazioni basate sul Pensiero Snello i lavoratori sono incoraggiati ad aumentare la propria esperienza ed a contribuire al miglioramento del sistema. Vengono coinvolti in una formazione trasversale che li metta in grado di sostituire un collega con un altro ruolo, o supportarlo nel caso in cui sia necessario un bilanciamento dei carichi di lavoro all’interno della squadra per rispondere al mercato.

Come già accennato parlando della metodologia 5S, esiste una componente tecnica (jyutsu) ed una umana (do); secondo questa logica, l’approccio del Pensiero Snello dotato della sola componente tecnica rischia di essere meramente un miglioramento dell’efficienza produttiva in grado di creare un forte stato di stress tra i lavoratori che, a lungo termine, potrebbe minare l’apparente efficientamento ottenuto a causa di assenze per malattie o minor dedizione dei lavoratori per l’obiettivo finale.

Il Pensiero Snello non può essere acquistato come un macchinario; allo stesso modo pensare che la

Lean Manufacturing sia composta solo da tecniche e strumenti è una ricetta per il fallimento (Hafey,

2009).

La componente umana ed il coinvolgimento dei lavoratori diventano argomenti fondamentali nell’implementazione dei sistemi di gestione per la sicurezza; tuttavia, non è sufficiente assegnare un ulteriore ruolo o delle attività relative a quest’ambito per sostenere di aver coinvolto le persone. Il fatto di incrementare i compiti da portare a termine porterà la sicurezza ad essere la prima priorità solo sulla carta, rendendola di fatto una delle tante attività della routine quotidiana.

Un coinvolgimento formale, per assegnazione di un ruolo, non ha nulla a che vedere con la passione per la sicurezza; proprio per questo è importante coinvolgere gente “appassionata alla sicurezza”, in grado di dare il proprio contributo, anche se potrebbe non essere necessariamente nelle posizioni gerarchiche deputate a gestire professionalmente la sicurezza (Hafey, 2009).

Questo approccio, probabilmente più efficace per il raggiungimento dell’obiettivo di un livello di sicurezza elevata, va in contrasto con l’ordinamento giuridico italiano dove le figure che si occupano di sicurezza devono avere formazione specifica, nomina ufficiale ed eventualmente opportuni poteri, partendo da quelli organizzativi di un preposto, con l’obbligo di vigilare, ai pieni poteri direttivi e di spesa del Datore di Lavoro. Non è detto però che queste figure siano necessariamente “appassionate di sicurezza”.

Proprio per questo motivo la ricerca di obiettivi sfidanti sulla salute e sicurezza nasce dalla fase di selezione del personale; secondo Hafey (2009) assumere persone con passione per la sicurezza è uno dei primi requisiti per costruire una sicurezza di prim’ordine.

Secondo l’autore, questa passione diventa anche più importante delle competenze; infatti, qualsiasi manager, indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda, dovrebbe capire che alle persone non importa quanto ne sappia di sicurezza fintantoché conoscono quanto si stia prendendo cura della

loro sicurezza.

In altri termini, la tecnica e la normativa sono la conseguenza - e non la motivazione – dell’attenzione da parte della Direzione nei confronti della salute e sicurezza di colleghi, collaboratori, dipendenti, etc.

Proprio per questo motivo, nei processi di trasformazione verso il Pensiero Snello condotti da Hafey, il coinvolgimento delle persone nella parte bassa dell’organigramma consisteva nel “dare loro il premio del tempo per osservare il proprio lavoro e migliorarlo direttamente” con il risultato di ottenere un miglioramento delle condizioni in grado di rendere sotto forma di importanti dividendi per l’azienda; sia in termini di produttività legati alla riduzione degli sprechi che in termini di sicurezza, relativamente ai costi di possibili infortuni.

Secondo Anvari et al. (2011) esiste un elenco di fattori in grado di creare pericoli nelle aziende; si tratta di:

b) mancanza di controllo;

c) mancanza di informazione e formazione;

d) basso impegno della direzione nei confronti della sicurezza; e) mancanza di consenso sul sistema di gestione sicurezza; f) comportamenti non sicuri dei lavoratori;

g) attività e procedure mancanti o poco chiare.

É interessante notare che l’ultimo fattore è l’unico di natura tecnica, nel senso che una buona comprensione dei processi potrebbe permettere di stabilire in modo sufficientemente oggettivo come sia o non sia corretto operare creando delle procedure chiare e funzionali. In queste condizioni qualsiasi operatore opportunamente formato potrebbe eseguire le operazioni richieste senza creare pericoli.

Al contrario, tutti gli altri elementi sono fattori psicologici e comportamentali che possono essere facilmente controllati dagli strumenti del Pensiero Snello.

Il più evidente è quello del Policy Deployment, in questo caso riferito alle Politiche per la Sicurezza. La struttura stessa di questo strumento richiede la definizione di obiettivi sfidanti da parte della direzione che non potrà tirarsi indietro (punto d)); gli obiettivi saranno poi contrattati con i manager di medio livello e successivamente con responsabili dei reparti, creando una consapevolezza ed un consenso nei confronti del sistema di gestione (punto e)).

La definizione delle responsabilità attraverso la definizione della matrice a X (vedi § 3.2) porterà ad una chiara definizione della catena di responsabilità (punto b)).

Chiarezza degli obiettivi e della linea di responsabilità, uniti al coinvolgimento dei lavoratori nei processi di miglioramento non possono che portare ad una maggiore motivazione del lavoratore (punto a)), con una particolare attenzione alle attività proprie ed altrui, e quindi una riduzione dei comportamenti insicuri (punto f)).

La formazione ed addestramento (punto c)) sono attività applicabili a qualsiasi ambito che fanno parte del Pensiero Snello.

Un ragionamento a parte lo merita l’informazione che, usando gli strumenti della Gestione Visuale tipica del Pensiero Snello, potrebbero risultare più facilmente comprensibili ed assimilabili.

A conferma di quanto sopra, Flannery (2001) evidenzia che la cultura della sicurezza si svolge su 3 dimensioni chiave: comportamentale, psicologica e strutturale, come rappresentato in Figura 5.1. Sostiene inoltre che i sistemi di gestione per la sicurezza considerano solo la dimensione strutturale mentre le tecniche sviluppate dal Pensiero Snello considerano tutte e tre le dimensioni, andando ad agire anche sui fattori in grado di creare nelle aziende quei pericoli appena visti.

In realtà, nel recente standard per i sistemi di gestione della sicurezza (ISO 45001) vengono introdotti anche specifici requisiti per la consultazione e partecipazione dei lavoratori (§ 5.4) e sulla consapevolezza (§ 7.3) pertanto, sebbene lo standard si limiti a dare dei requisiti senza fornire

strumenti operativi, si può ritenere che la limitazione denunciata da Flannery sia, almeno parzialmente, colmata.

A conferma della completezza dell’approccio, il lavoro di Longoni et al. (2012) sostiene che le aziende in cui si sia implementato correttamente il Pensiero Snello e che mantengano un alto livello del clima lavorativo (“rispetto per l’uomo”) hanno dimostrato di avere un miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori.

Gli autori si spingono oltre rilevando come la creazione di un clima positivo non sia sufficiente a garantire il risultato, infatti dove l’applicazione delle tecniche Lean Manufacturing è troppo spinta, i lavoratori sono forzati a dei ritmi troppo elevati e non hanno più il tempo per il “rispetto”; compromettendo la salute e sicurezza dei lavoratori stessi e, probabilmente, anche le prestazioni produttive.

Infine, si è dimostrato, sostengono Longoni et al. (2012), che la percezione sulla sicurezza da parte dei lavoratori è predittiva dello stato futuro del clima aziendale. In altre parole, nel caso in cui il contesto aziendale abbia implementato correttamente il Pensiero Snello (magari testimoniato da qualche premio) e messo in atto un sistema certificato di gestione della sicurezza senza prestare la dovuta attenzione al “rispetto per l’uomo” potrebbe soffrire di qualche difficoltà sul piano del clima aziendale, creando un disinteressamento che nel medio termine potrebbe portare ad un calo delle prestazioni, sia produttive che di sicurezza.