Dei tre gruppi tendenzialmente endogamici su cui era fondata la società mbaya-guaikurú (nobili, guerrieri, schiavi, o, per meglio dire, stranieri) ne rimanevano due: i nobili (i Kadiwéu) e gli schiavi, che all’epoca di Boggiani erano essenzialmente Chamacoco, con poche eccezioni rappresentate da antichi prigionieri paraguaiani. Sui Mbaya-Guaikurú nel xviii secolo e inizio del xix, cfr. Vangelista 2001.
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scientifica internazionale relativa ai gruppi etnici con i qua- li Boggiani entrò in contatto e al riguardo intrattenne una corrispondenza con Alfred Métraux (Scotti 1964, pp. 33-34). È dunque di un certo interesse rilevare che, per quanto ri- guarda Boggiani e i Kadiwéu, Scotti non citò mai Claude Lévi-Strauss, i cui scritti tra gli anni ’50 e ’60 del Novecento erano ormai patrimonio della comunità scientifica.
Trent’anni prima delle analisi di Pietro Scotti, nel 1935 Claude Lévi-Strauss aveva trascorso un breve periodo a Nali- ke – il villaggio principale dei Kadiwéu – dove nel 1892 Bog- giani aveva passato più di due mesi. Lévi-Strauss non era inte- ressato ai seni conici delle donne kadiwéu, né ad altri dettagli di tal genere, mentre dedicò particolare attenzione – proprio come Boggiani – alle loro pitture corporali. Il suo scopo era di interpretare questi grafismi nel loro significato culturale e sociale. Le riflessioni a questo proposito di Claude Lévi- Strauss furono pubblicate in un articolo del 1945, nella ri- vista “Renaissance”, fondata a New York da un gruppo di intellettuali francesi in esilio. Lo stesso articolo avrebbe poi costituito il capitolo xiii di Anthropologie structurale, volume pubblicato a Parigi nel 1958 (Lévi-Strauss 1958). Il 1945 è un anno importante per la diffusione dell’opera di Boggiani, il quale era già molto conosciuto in Paraguay e in Argentina. In effetti, nello stesso 1945, insieme alla pubblicazione a New York dell’articolo di Lévi-Strauss, vi fu l’edizione della tradu- zione in portoghese del libro del nostro autore (Viaggi d’un
artista nell’America Meridionale. I Caduvei), che era uscito a
Roma nel 1895. L’edizione brasiliana, per la Livraria Martins Editora di São Paulo, era stata curata da Herbert Baldus, che ne aveva anche scritto l’introduzione (Boggiani 1945). Forse nel 1935 l’antropologo francese già conosceva il libro di Bog- giani e certamente l’avev a letto al suo ritorno in Francia; del resto una copia del libro, nella prima e sinora unica edizione in italiano, si trovava nella biblioteca dell’allora Musée de l’Homme a Parigi.
Lévi-Strauss non apprezzò il testo del viaggiatore italiano. In Tristes tropiques lo definì “un gracieux journal de route” (Lévi-Strauss 1955, p. 178)5, ma i disegni in esso pubblicati 5. Nell’edizione italiana del 1960, “gracieux” è tradotto con “interessante” (Lévi-Strauss 1960, p. 170).
Chiara Vangelista
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attirarono la sua attenzione: si trattava degli stessi grafismi che nel 1935 Lévi-Strauss aveva visto nei visi, nei corpi e nelle ceramiche dei Kadiwéu. Un disegno tratto da I Caduvei fu riprodotto sia in Anthropologie structurale, sia in Tristes tropiques (fig. 2): è il ritratto a matita di una giovane sposa, cognata del capo del villaggio, disegnato a Nalike nel 1892 (Boggiani 1895, p. 155).
Gli appunti visuali del pittore italiano e dell’antropologo francese sono posti a confronto in Tristi tropici, in due figure che riproducono due motivi di pittura corporale molto si- mili tra loro, nonostante la diversa qualità del segno dei due autori (cfr. fig. 3). Grazie alle osservazioni di Boggiani, Lévi- Strauss ebbe la possibilità di comprovare la continuità delle pitture kadiwéu, nella tecnica e negli aspetti formali. Una continuità che suscitava riflessioni approfondite su questa estetica etnica, tali da portarci oltre alla semplice fruizione dell’esotismo, fornendo anche, in questo modo, una possi- bile risposta alle domande del pittore italiano. Conosciamo il pensiero di Lévi-Strauss a proposito di tale questione, svi- luppato nell’articolo pubblicato in “Renaissance” e ripubbli- cato in Anthropologie structurale. Secondo Lévi-Strauss quelle decorazioni erano per i Kadiwéu il mezzo attraverso il quale l’essere biologico diventa un individuo sociale. Il grafismo rappresenta il passaggio con il quale “il viso riceve la sua dignità sociale”. “Nel pensiero indigeno la decorazione è il viso, o per meglio dire crea il viso”. Di conseguenza, la deco- razione stabiliva la gerarchia sociale. Scrive Lévi-Strauss, sem- pre nel 1945: “l’arte è legata intimamente all’organizzazione sociale; i motivi e i temi servono per esprimere differenze di casta, privilegi di nobiltà e gradi di prestigio” (Lévi-Strauss 1966, pp. 286-292 passim).
In questo ambito un’attenta lettura del libro di Boggiani avrebbe suscitato in Lévi-Strauss un ventaglio più ampio di considerazioni sulla connessione tra la pittura corporale e la gerarchia sociale, perché Boggiani aveva notato, nelle sue spedizioni del 1892 e del 1897, che tanto le nobili kadiwéu come le loro schiave chamacoco si dipingevano e si facevano dipingere il viso e il corpo, senza nessuna differenza tra le signore e le schiave, e che ogni disegno era unico, sebbene tutti seguissero uno schema simile. In Tristi tropici e nel capito- lo xiii di Antropologia strutturale Lévi-Strauss non annota se le
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signore e le schiave si dipingessero nello stesso modo (anche se fa cenno alle differenze di casta) e potremmo rimanere con il dubbio se ai suoi tempi le Chamacoco e le altre even- tuali schiave si dipingessero, o non si dipingessero, oppure se Lévi-Strauss avesse considerato tutte le donne dipinte come Kadiwéu.
Vi è infine un terzo aspetto da considerare. Come si può vedere nella fig. 3, vi è una notevole differenza tra l’abilità grafica di Boggiani e quella di Lévi-Strauss. Nel suo diario, Boggiani annota la preoccupazione per la scarsezza di carta da disegno a sua disposizione; egli conservava ogni pezzettino di carta, tenendolo al riparo dai furti dei Kadiwéu (Boggia- ni 1895; Scotti 1964). Per Lévi-Strauss, al contrario, la carta non sembrava essere un problema, ma era invece complicata la riproduzione dei disegni. L’antropologo allora optò per un’altra soluzione, come scrive in Tristi tropici:
Provai allora a tracciare dei visi su fogli di carta sugge- rendo alle donne di dipingerli come se fossero i loro propri volti; il successo fu tale che rinunciai presto ai miei goffi disegni. (Lévi-Strauss 1960, pp. 177-178)
L’osservazione dei modi in cui le donne kadiwéu disegnava- no sui fogli di carta i motivi che erano solite realizzare sulla superficie del corpo aprì a Lévi-Strauss un nuovo campo di ricerca, che non era stato percepito da Boggiani e che per- mise all’antropologo francese, nell’articolo già citato (Lévi- Strauss 1944-45), di scrivere pagine fondamentali sulle for- me di rappresentazione degli esseri umani e degli animali in diverse culture tribali, non solo americane (Lévi-Strauss 1966, pp. 275-300). L’importanza attribuita da Lévi-Strauss a quell’esperimento con le donne kadiwéu è sottolineata dalla scelta di uno di questi disegni come illustrazione della co- pertina della prima edizione di Tristes tropiques (Lévi-Strauss 1955).
4. Trasformazioni e reinterpretazioni grafiche dei disegni